Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

In Italia c’e’ stata una fase (piuttosto lunga) durante la quale la compressione dei salari e’ diventata una specie di orgoglio nazionale.
Si pensi al compiacimento con cui l’allora premier Matteo Renzi suggeriva alle aziende estere di investire nel Paese, perche’ «abbiamo i salari piu’ bassi d’Europa».
Dal 1990 al 2020, i salari nei Paesi Baltici sono piu’ che triplicati. Nei Paesi dell’Europa centrale sono raddoppiati. In Germania sono aumentati del 33 per cento e in Francia del 31. In Italia, in quegli stessi anni, sono diminuiti del 2,9 per cento.
«Il reddito di cittadinanza va abolito perche’ e’ un disincentivo al lavoro», continuano a dire. Eppure, il primo, vero disincentivo al lavoro e’ un lavoro mal pagato […]
Lavorare e’ diventato a tal punto il perno morale della societa’ che lasciare morire di fame una persona disoccupata appare, spesso, piu’ legittimo che consentirle di vivere senza lavorare.
Da questa logica ha origine l’antagonismo al salario minimo, la volonta’ di riformare in senso restrittivo il reddito di cittadinanza e la proposta di accorpare l’Ispettorato del lavoro al ministero del Lavoro, per costringere le persone a lavorare nelle condizioni esistenti, senza muovere un dito per migliorarle.
Il fatto e’ che difficilmente la disaffezione al lavoro potra’ essere placata da politiche coercitive […]
Una politica oltranzista rischia dunque di peggiorare la situazione e di creare solo nuove ragioni per disertare tutto: il sistema produttivo, il sistema politico e le loro leggi morali […]
C’e’ un unico modo efficace per costruire una relazione salariale: introdurre forme di retribuzione diretta, indiretta e differita in grado di offrire una contropartita a chi vende la propria capacita’ di lavoro.
Lo abbiamo detto prima: perche’ una relazione esista, e’ necessario ascoltare il lavoro: alzare i salari, aumentare gli organici, la sicurezza del e sul lavoro, introdurre un salario minimo legale, contrastare il lavoro sommerso e il dumping contrattuale, introdurre un congedo genitoriale paritario e nuovi servizi per l’infanzia, abolire tutte quelle forme di lavoro gratuito che abituano gli studenti a lavorare gratis.
Bisogna, inoltre, potenziare le misure di welfare universalistico, perche’ migliorare la qualita’ del lavoro significa anche consentire alle persone di dire di no al lavoro povero. E’ quello che e’ accaduto in Spagna, dove la ministra del Lavoro Yolanda Diaz ha voluto una riforma complessiva del mercato del lavoro che va in direzione opposta e contraria rispetto quanto e’ accaduto agli ultimi quarant’anni.
Non e’ fantascienza: e’ possibile.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Un’utile fotografia della situazione l’ha offerta il V Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, che descrive la condizione lavorativa in Italia nei mesi immediatamente successivi alla pandemia.
Per il Censis, i lavoratori sono profondamente insoddisfatti: l’82,3 per cento di essi e’ scontento e ritiene di meritare di piu’, un dato che aumenta sino all’86 per cento tra i giovani e all’88,8 tra gli operai.
Nonostante questa insofferenza, il 56,2 per cento degli occupati non e’ propenso a lasciare il proprio impiego […]
C’e’ una latente, sommersa, ma intensa insoddisfazione verso il proprio lavoro. Prevale tra i lavoratori l’idea di meritare di piú e che il lavoro non dia il riconoscimento necessario per generare identita’ e appartenenza […]
E’ un quadro di certo non rassicurante, che indica una normalita’ lavorativa segnata dall’insicurezza e dall’insoddisfazione, nella quale il desiderio di cambiare e’ scoraggiato esclusivamente dalla paura di non trovare un altro impiego.
Il rapporto Censis del 2023 integrava questa lettura con un’analisi ancora piu’ inquietante, in base alla quale circa una persona su due, se potesse, cambierebbe lavoro. Il 57,7 per cento delle persone con al massimo la licenza media, il 45,7 per cento dei diplomati ed il 37,9 per cento dei laureati. Un’irrequietezza e un’insofferenza diffusa verso il proprio lavoro che, con intensita’ diversa, coinvolge i tanti e diversi protagonisti del lavoro in Italia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Lavoro/Bottini

Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il lavoro del lavoro – Il Sole 24 Ore (2023)

L’internet delle cose e la robotizzazione di parte delle produzioni hanno ridato corpo all’idea che il lavoro possa cambiare natura fino a scomparire in un chimerico appalto alle macchine.
Sarebbe l’era del work without jobs, del lavoro senza posti di lavoro.
Benvenuti nell’era dell’ozio creativo, dove a lavorare saranno le macchine che pagheranno anche le tasse e consentiranno all’intera umanita’ di liberarsi dalla fatica, dagli impegni, dalla schiavitu’ del tempo, dalle metriche e dai loro ritmi ossessivi sulle catene di montaggio.
Per ora piu’ da salotto che da laboratorio. E, a dire il vero, e’ anche uno dei piu’ clamorosi tuffi nel passato. Perche’ e’ proprio la cultura della Grecia classica, nucleo base del pensiero occidentale moderno, ad aver teorizzato il disprezzo del lavoro manuale (e della fatica) da affidare agli schiavi per consentire ai cittadini l’esercizio della speculazione e del sapere, insomma il lavoro buono, quello intellettuale.

Info:
https://www.ilsole24ore.com/art/il-lavoro-lavoro-AEtnOaWD
https://www.ilriformista.it/il-lavoro-del-lavoro-dallo-smart-working-ai-rider-il-libro-guida-per-non-cadere-nella-trappola-tra-nostalgia-e-cambiamento-360872/

Lavoro/Fana

Marta Fana – Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Se a qualcuno sfuggisse il perche’ le privatizzazioni siano state l’abiura del ruolo strategico dello Stato nell’economia a favore della proprieta’ privata e quindi della ricchezza privata e non piu’ condivisa, socializzabile (almeno fino al prossimo salvataggio…), basta soffermarsi su un punto quanto mai semplice: le privatizzazioni sono la rappresentazione esplicita della ritirata della capacita’ dello Stato di creare lavoro e indirizzare lo sviluppo economico anche nel settore industriale, come del resto era stato per tutta la seconda meta’ del Novecento […]
Le societa’ passate in mano ai privati ansiosi di guadagni tempestivi hanno in molti casi avviato piani di esuberi e contrazione dell’occupazione, distruggendo lavoro ma aumentando i profitti […]
Si sa, il fine ultimo delle imprese non e’ di certo quello di garantire solidarieta’ e protezione ai piu’ deboli, bensi’ vendere solo a chi e’ in grado di sostenere il prezzo del bene o del servizio di cui ha bisogno […]
Il dato politico da tenere a mente e’ che la presenza dello Stato nell’economia negli ultimi trent’anni non si e’ nei fatti ridotto, ma ha spostato l’asse del proprio intervento a favore delle imprese e del capitale e a discapito della spesa sociale per i lavoratori, gli studenti, i disoccupati. Basta ricordare quanto, durante la crisi, lo Stato ha speso per il salvataggio delle banche.

Info:
https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Come l’acqua evapora da una teiera che rimane per troppo tempo sul fuoco, cosi’ l’energia e la dedizione, in un operatore sanitario, lentamente lasciano spazio a un inaridimento emotivo, puntellato dal cinismo e dalla frustrazione, quando viene negato il tempo per riprendersi e riposare.
Per questo, Christina Maslach non descrive il burnout come una questione individuale, ma come un problema istituzionale. «Il burnout non deriva dalle persone in se’, ma dall’ambiente in cui lavorano»: dalla decisione aziendale di non fornire organici adeguati, salari adeguati, turni di riposo adeguati, per esigenze di bilancio.
In questo contesto, lo scarto tra le priorita’ organizzative dell’azienda sanitaria e le esigenze del personale trasforma il luogo di lavoro in un posto potenzialmente pericoloso, tanto per gli operatori quanto per i pazienti […]
La sanita’ nazionale italiana ha subito tagli per circa trentasette miliardi di euro in soli dieci anni, fondi che sono stati risparmiati bloccando il turnover e tagliando i costi del personale, impedendo cosi’ di sostituire i medici che andavano in pensione e di allineare le retribuzioni dei medici italiani agli standard europei […]
Tra il 2010 e il 2020, in Italia, hanno chiuso i battenti undici aziende ospedaliere, cento ospedali a gestione diretta, centotredici pronto soccorso (di cui dieci pediatrici) e sono state disattivate ottantacinque unita’ mobili di rianimazione. Chiusure che hanno implicato la perdita di quasi trentasettemila posti letto, ventottomila dei quali ordinari e quasi diecimila di day hospital: ma se i posti letto nelle strutture pubbliche sono stati drasticamente tagliati (− 38 684), quelli nelle strutture private sono aumentati (+ 1747) […]
Negli stessi dieci anni, nonostante le assunzioni fatte durante la pandemia, il Servizio sanitario nazionale ha perso circa trentamila professionisti. Le attivita’ di guardia medica hanno subito un taglio di settecento medici, che ha portato a circa millecinquecento interventi in meno di guardia medica ogni centomila abitanti.
In generale, la riduzione dell’offerta sanitaria nell’assistenza territoriale ha prodotto una sanita’ meno equa, meno pubblica, meno sostenibile, indotta negli anni verso un lento declino attraverso interventi finalizzati a una riduzione progressiva delle risorse umane e strutturali, che non sono state percepite dal cittadino nell’immediato ma che, nel corso degli anni, hanno raggiunto quell’effetto moltiplicatore oggi ben evidente grazie alla pandemia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

In generale, dagli anni Ottanta in poi, la priorita’ in Italia non e’ stata quella di risolvere problemi come l’assenza di tutele, le paghe basse, i turni massacranti o l’elevato lavoro nero, ma la necessita’ di creare un mondo del lavoro flessibile, in grado di permettere alle aziende di attrarre personale all’occorrenza per dismetterlo quando non serve piu’, allontanando il ricordo del «posto fisso» che per le imprese rimanda a un’inutile rigidita’ del mercato del lavoro.
Il lavoro non era dunque presentato come un diritto ne’ come un dovere: era un dono, un favore che le aziende facevano a chi lavorava, e un’occasione per fare nuovi amici e nuove conoscenze […]
Un’utile fotografia della situazione l’ha offerta il V Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, che descrive la condizione lavorativa in Italia nei mesi immediatamente successivi alla pandemia.
Per il Censis, i lavoratori sono profondamente insoddisfatti: l’82,3 per cento di essi e’ scontento e ritiene di meritare di piu’, un dato che aumenta sino all’86 per cento tra i giovani e all’88,8 tra gli operai.
Nonostante questa insofferenza, il 56,2 per cento degli occupati non e’ propenso a lasciare il proprio impiego […]
C’e’ una latente, sommersa, ma intensa insoddisfazione verso il proprio lavoro. Prevale tra i lavoratori l’idea di meritare di piu’ e che il lavoro non dia il riconoscimento necessario per generare identita’ e appartenenza […]
E’ un quadro di certo non rassicurante, che indica una normalita’ lavorativa segnata dall’insicurezza e dall’insoddisfazione, nella quale il desiderio di cambiare e’ scoraggiato esclusivamente dalla paura di non trovare un altro impiego.
Il rapporto Censis del 2023 integrava questa lettura con un’analisi ancora piu’ inquietante, in base alla quale circa una persona su due, se potesse, cambierebbe lavoro. Il 57,7 per cento delle persone con al massimo la licenza media, il 45,7 per cento dei diplomati ed il 37,9 per cento dei laureati.
Un’irrequietezza e un’insofferenza diffusa verso il proprio lavoro che, con intensita’ diversa, coinvolge i tanti e diversi protagonisti del lavoro in Italia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Lavoro/Fana

Marta Fana -Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Lavoro povero e sfruttamento caratterizzano oggi anche il settore pubblico, grazie a una sempre piu’ diffusa precarizzazione dell’organico delle pubbliche amministrazioni e al contempo all’esternalizzazione e privatizzazione della produzione e distribuzione dei servizi pubblici.
Si va dalle cooperative appaltatrici di servizi di cura, pulizia, manutenzione, refezione scolastica alla privatizzazione di pezzi sempre piu’ consistenti di settori tradizionalmente – e non a caso – statali, come il trasporto pubblico e le poste.
La grancassa mediatica a uso e consumo dei governi per anni non ha fatto altro che stigmatizzare i lavoratori del pubblico come fannulloni, assenteisti, furbetti del cartellino […]
L’esternalizzazione dei servizi pubblici e’ la rappresentazione nitida di come lo Stato abbia abdicato alla sua funzione di garanzia del pieno esercizio dei diritti individuali e collettivi, che in questo caso riguardano congiuntamente sia i lavoratori chiamati a prestare servizio sia i cittadini che di questi usufruiscono. Lo strumento privilegiato degli appalti viene giustificato dalla necessita’ di tagliare la spesa pubblica. In realta’ a diminuire e’ la spesa sociale – sanita’, scuola, trasporti pubblici, asili, ecc. – ma anche quella relativa a tutti i servizi funzionali allo svolgimento delle attivita’ amministrative: archivi, pulizie, manutenzione, giardinaggio, ecc.
Per aggiudicarsi gli appalti e fare utili, le imprese appaltatrici si comportano esattamente come nel settore privato, scaricando il risparmio sul prezzo richiesto in sede di gara sui lavoratori. Quando il cambio d’appalto non implica direttamente un taglio delle retribuzioni e modifiche al contratto, la strategia e’ quella di ridurre le ore lavorative cosi’ da dover comunque pagare meno i lavoratori. Il carico di lavoro pero’ non diminuisce […], una gestione da predatori da parte dei privati, favorita dal potere politico che governa lo Stato e le sue diramazioni amministrative, nella negazione totale di qualsiasi principio di dignita’ del lavoro, ma soprattutto dei lavoratori.

Info:

https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Quando si parla di lavoro, tuttavia, il punto di vista dell’offerta non viene mai preso in considerazione.
L’idea di fondo, infatti, e’ che il lavoro vada accettato con entusiasmo e gratitudine, a prescindere da tutto il resto.
Il fatto che in molti casi sia pagato poco, sia solo parzialmente in regola, o non consenta una vera indipendenza economica o abitativa e’ irrilevante, perche’ la semplificazione politica vuole che ci sia, da un lato, un imprenditore a cui «nessuno ha mai regalato nulla» – che si e’ «spaccato la schiena» con sacrifici e abnegazione e che si e’ guadagnato da vivere con tanta voglia di lavorare – e, dall’altro, dei perdigiorno che non hanno voglia di fare nulla nonostante il buon cuore di chi offre loro un’opportunità […]
L’idea di fondo era che il lavoro e’ sempre una fortuna, anche quando e’ privo di retribuzione.
Per anni, del resto, la creazione di un modello produttivo fondato sulla precarieta’ e lo smantellamento dei diritti ha sedotto la politica piu’ di quanto l’abbia preoccupata […]
In generale, dagli anni Ottanta in poi, la priorita’ in Italia non e’ stata quella di risolvere problemi come l’assenza di tutele, le paghe basse, i turni massacranti o l’elevato lavoro nero, ma la necessita’ di creare un mondo del lavoro flessibile, in grado di permettere alle aziende di attrarre personale all’occorrenza per dismetterlo quando non serve piu’, allontanando il ricordo del «posto fisso» che per le imprese rimanda a un’inutile rigidita’ del mercato del lavoro.
Il lavoro non era dunque presentato come un diritto ne’ come un dovere: era un dono, un favore che le aziende facevano a chi lavorava, e un’occasione per fare nuovi amici e nuove conoscenze.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html

https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Lavoro/Bottini

Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il lavoro del lavoro – Il Sole 24 Ore (2023)

Non ci chiediamo mai perche’ una zucchina costi un nonnulla cosi’ come i pomodori o anche certi tipi di carne.
A fronte di un beneficio evidente per il consumatore vi e’ un sacrificio evidente – uguale e contrario – da parte del lavoratore che raccoglie frutta e verdura o che macella la carne. O che fa molto altro ancora […]
E’ la faccia nell’ombra del lavoro italiano.
Non piace a nessuno vederla bene.
Ma se da un giorno all’altro sparisse si bloccherebbe il Paese, ibernato in un paradosso di una sorta di pandemia dovuta alla legalita’ […]
Del resto, gli immigrati sono l’8,5% della popolazione e il 10% della forza lavoro italiana (circa 2,6 milioni).
Per lo più – dati ministero del Lavoro 2021 – sono ingaggiati con contratti di apprendistato (aumentati del 43,1%), ma sono in aumento anche i contratti di lavoro a tempo determinato (+18,4%) e i contratti di collaborazione (23%). Molto forte l’incremento degli altri contratti (contratti di inserimento lavorativo, contratti di agenzia a tempo determinato e indeterminato, contratto intermittente a tempo determinato e indeterminato, lavoro autonomo nello spettacolo) con un incremento che arriva al 34,4 per cento.
Per gli immigrati dunque, sommerso a parte, rimane prevalente il ricorso a contratti a tempo.
Ma la fotografia del lavoro degli extracomunitari non e’ univoca. C’e’ il degrado delle baraccopoli di Rosarno, San Ferdinando e Foggia, ma anche le finte coop a Saluzzo o Treviso o ancora Latina e Fondi e non solo nel profondo Sud. E non solo nel settore agro-industriale […]
Un mondo a parte e’ anche quello legato al lavoro di cura: le badanti sono due milioni e equivalgono a 18,8 miliardi di valore aggiunto e a qualcosa piu’ di un punto di Pil, ma solo la meta’ affiora nel mondo del lavoro regolare, delle regole, dei diritti, dei contributi […]
Immigrati sono i mungitori della Pianura Padana, i pastori delle regioni del Centro Italia, i giardinieri delle medie citta’, i magazzinieri di mezza Italia.
Dietro al grande bacino del lavoro sommerso ci sono sfruttatori, ispettori che non vedono, sindacalisti e professionisti collusi, caporali, mediatori di varie fogge (immigrati compresi) per le questioni immobiliari o per quelle relative ai permessi di soggiorno o per la gestione dei trasporti.

Info:
https://www.ilsole24ore.com/art/il-lavoro-lavoro-AEtnOaWD
https://www.ilriformista.it/il-lavoro-del-lavoro-dallo-smart-working-ai-rider-il-libro-guida-per-non-cadere-nella-trappola-tra-nostalgia-e-cambiamento-360872/

Lavoro/Formenti

Carlo Formenti – Felici e sfruttati: Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro – Egea (2011)

La crisi degli anni Settanta e il conseguente indebolimento delle classi lavoratrici e delle loro rappresentanze sindacali e politiche spianano la strada al piu’ radicale e rapido processo di ristrutturazione che il capitalismo abbia messo in atto nel corso della propria storia, accompagnato e sostenuto dalla svolta neoliberista che i governi di tutto il mondo occidentale mettono in atto a partire dagli anni Ottanta, seguendo l’esempio delle amministrazioni Reagan e Thatcher rispettivamente negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Ad agire da catalizzatori del cambiamento sono soprattutto due fattori: il processo di deregolamentazione/globalizzazione dei mercati finanziari e la rivoluzione tecnologica innescata dal diffondersi dei personal computer e dalla loro successiva messa in rete attraverso Internet e il Web.
Decentramento produttivo, terziarizzazione e finanziarizzazione dell’economia, impresa a rete, frammentazione e individualizzazione del lavoro, smaterializzazione dei prodotti, migrazione della produzione di valore nel settore ICT, centralita’ della produzione di informazioni e conoscenze […] hanno provocato in tempi brevissimi quella che puo’ essere definita senza esagerazioni una catastrofe del lavoro […]
Alla disoccupazione tecnologica strutturale si sommano poi altri fattori che accelerano la perdita di dignita’ socioculturale e di peso politico/sindacale del lavoro dipendente.