Capitalismo/Mattei

Clara E. Mattei – L’economia è politica – Fuoriscena (2023)

Per disarmare il dissenso e disinnescare il pericolo che il sistema vada in crisi, l’austerita’ assume tre diverse forme di coercizione, spesso profondamente interrelate tra loro: fiscale, monetaria e industriale […]
L’austerita’ fiscale si impone con il taglio delle spese sociali (salute, istruzione, casa eccetera) e con una tassazione regressiva: crescono le imposte sul consumo, che colpiscono maggiormente i piu’ poveri, mentre calano le tasse sui redditi delle persone benestanti […]
L’austerita’ monetaria si manifesta attraverso l’aumento continuo dei tassi di interesse: buone notizie per i creditori, cattive invece per le famiglie che dipendono dai prestiti per la propria sopravvivenza quotidiana e che si troveranno a dover pagare in molti casi mutui piu’ alti. Inoltre, il maggior costo del denaro fa crescere anche le spese del governo per i servizi sociali, che dunque saranno tagliate, e colpisce il mercato del lavoro. L’alto costo del denaro, infatti, fa rallentare l’economia: meno opportunita’ e una maggiore disoccupazione minano il potere contrattuale dei lavoratori.
Infine, l’austerita’ industriale e’ visibile nell’intervento diretto dello Stato sul mercato del lavoro, privatizzando, abbattendo diritti acquisiti e indebolendo i sindacati. Le tre anime dell’austerita’ – fiscale, monetaria e industriale – si rafforzano a vicenda e lavorano all’unisono per spostare continuamente le risorse dai lavoratori ai detentori di capitale […]
Una copiosa letteratura dimostra che l’austerita’ non ha quasi mai «funzionato», anzi, di rado ha portato i risultati auspicati (stimolare la crescita, ridurre il debito). Perche’ continua a essere la linea d’azione preferita dai governi? Come mai e’ ancora cosi’ forte?
Il motivo e’ che il capitale richiede una protezione costante e le politiche di austerita’ sono particolarmente efficaci nel calcificare le relazioni di classe. L’austerita’ garantisce le migliori condizioni possibili affinche’ i profitti salgano alle stelle.
La vera misura dell’efficacia dell’austerita’ sta dunque nella sua capacita’ di imporre e rinforzare una struttura di classe, di servire e soprattutto proteggere l’ordine capitalistico, proprio quell’ordine che sta alla base della crescita economica. In questo senso, l’austerita’ non e’ mai stata un calcolo irrazionale.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/

Economia di mercato/Padoa-Schioppa

Padoa-Schioppa E. – Antropocene – il Mulino (2021)

Se da una parte e’ necessario immaginare un mondo interconnesso, nel quale vi siano diverse istituzioni che cooperano per affrontare le crisi ambientali, dall’altra occorre dunque ripensare l’economia.
Nel XX secolo due modelli si sono sostanzialmente affrontati: il modello economico del socialismo reale e quello del liberismo, peraltro bilanciato efficacemente, specie dopo la Seconda guerra mondiale e sino agli anni ’70, con lo sviluppo delle forme di protezione dello stato sociale, dalla sanita’ alle pensioni alla scuola e alla protezione dalla disoccupazione, promosse essenzialmente con sistemi di tassazione ispirati al criterio della progressivita’.
Dopo il crollo delle economie a socialismo reale il modello liberista si e’ trasformato in un modello iperliberista (neoliberismo), nel quale le dimensioni della finanza sono enormemente aumentate superando di alcuni ordini di grandezza quelle dell’economia reale, e nel quale il dogma di una salvifica capacita’ del mercato di autocorreggere i propri errori non e’ mai stato messo seriamente in discussione […]
La predominanza dell’aspetto finanziario non solo ha generato una irrealistica aspettativa di crescita, basata sull’idea che l’economia potesse sfuggire ai vincoli fisici ed espandersi all’infinito, ma ha anche spinto il mondo dell’economia e della politica a guardare a breve termine, su un orizzonte temporale ristretto (quante volte e’ capitato che il giudizio dei mercati facesse licenziare un manager sulla base di un risultato trimestrale, ignorando una strategia pluriennale).
E questa visione a corto raggio di sicuro non aiuta ad affrontare i problemi ambientali dell’Antropocene.
Inoltre la finanziarizzazione esasperata dell’economia ha contribuito anche alla crescita delle diseguaglianze sociali.

Info:
https://disf.org/bibliografie-tematiche/9788815291820
https://www.letture.org/antropocene-una-nuova-epoca-per-la-terra-una-sfida-per-l-umanita-emilio-padoa-schioppa
https://pikaia.eu/storia-ecologica-europa-padoa-schioppa/

Capitalismo/Magatti

Chiara Giaccardi, Mauro Magatti – Supersocieta’. Ha ancora senso scommettere sulla liberta’ – il Mulino (2022)

La societa’ dei consumi – nata gia’ nel dopoguerra e cresciuta poi con la globalizzazione – non e’ un fenomeno spontaneo, ma il frutto di un preciso disegno perseguito dalla parte piu’ militante degli interessi economici.
Fin dai primi decenni del ’900, di fronte ai rapidi miglioramenti della produttivita’, si capisce la necessita’ di mettere al lavoro il desiderio soggettivo, per alimentare (illimitatamente) la crescita economica.
Un’idea messa nero su bianco da Paul Mazur, fondatore di Lehman Brothers, in un articolo del 1927 apparso sull’«Harvard Business Review»: «Bisogna insegnare alla gente a volere cose nuove, anche prima che le cose vecchie siano state consumate del tutto. Dobbiamo formare una nuova mentalita’. I desideri dell’uomo devono mettere in ombra le sue necessita’».
Temporaneamente accantonato per le drammatiche vicende degli anni ’30 e ’40, tale programma di azione venne ripreso nel dopoguerra con rinnovata determinazione.

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Lavoro/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

I sindacati e le legislazioni del lavoro sono stati i primi bersagli dei governi che si rifacevano al neoliberismo.
La desindacalizzazione nella gran parte dei paesi capitalisti sviluppati ha avuto senza dubbio cause oggettive, come la deindustrializzazione e la delocalizzazione delle fabbriche in regioni e paesi a bassa remunerazione, senza tradizione di lotte sociali o sottomessi a regimi autoritari.
Ma essa e’ anche il prodotto di una volonta’ politica di indebolimento del potere sindacale che si e’ tradotta, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, in una serie di misure e di dispositivi legislativi che limitavano il potere di intervento e di mobilitazione dei sindacati.
A partire da allora, la legislazione sociale si trasformo’ in una direzione molto piu’ congeniale ai datori di lavoro: ridefinizione verso il basso dei salari, soppressione dell’indicizzazione sul costo della vita, accresciuta precarizzazione degli impieghi, ecc.
L’orientamento generale di queste politiche e’ lo smantellamento dei sistemi che proteggevano i salariati dalle variazioni cicliche dell’attivita’ economica e la loro sostituzione con nuove forme di flessibilita’ che permettessero ai datori di lavoro di regolare in maniera ottimale i loro bisogni di manodopera sul livello dell’attivita’, riducendo allo stesso tempo il piu’ possibile il costo della forza-lavoro.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Economia di mercato/Formenti

Carlo Formenti – Felici e sfruttati: Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro – Egea (2011)

Fino ad oggi, nessuno aveva mai immaginato che le idee potessero essere oggetto di appropriazione privata, anche perche’ la loro libera circolazione rappresentava il presupposto indispensabile di tutte le innovazioni scientifiche, tecnologiche e culturali, una sorta di «materia prima gratuita», un bene comune che – al pari di altri commons come l’aria, l’acqua, la biosfera ecc. – rappresenta una condizione primaria di esistenza del processo economico pur restandone – o meglio: dovendone necessariamente restare – al di fuori […]
1) tutte le innovazioni culturali della storia sono sempre avvenute grazie alla liberta’ di attingere al patrimonio culturale accumulato dalle generazioni precedenti, onde poterlo rielaborare creativamente […]
2) da quando esiste l’istituto della proprieta’ intellettuale – cioe’ dai primi del Settecento – i governi hanno sempre cercato di limitarne la durata temporale, allo scopo di equilibrare il diritto dei creatori di sfruttare economicamente – per un ragionevole periodo di tempo – i prodotti del proprio ingegno con il diritto dell’umanita’ di rientrare in possesso di tali prodotti per poterne inventare di nuovi.
Tutto questo finche’ gli interessi dell’industria culturale […] hanno indotto i governi a estendere a dismisura la durata e l’area di applicazione dei diritti di proprieta’ intellettuale, fino a scardinarne il senso e lo spirito originari: da garanzia temporale di equo profitto a garanzia di monopolio illimitato.
In questo modo […] siamo passati da un regime di cultura libera a un regime del permesso; ma un regime di questo genere evoca i diritti di esclusiva feudali piu’ che le leggi della libera concorrenza e del moderno mercato capitalistico, e’ il regno della rendita piuttosto che il regno del profitto.

Info:
https://www.puntopanto.it/2011/05/recensione-felici-e-sfruttati/
https://www.rifondazione.be/aurora/num30/A3020.pdf

Capitalismo/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

Come capitale umano, il soggetto e’ al contempo responsabile di se’ stesso ed elemento di un insieme che puo’ essere strumentalizzato e di cui si puo’ fare a meno […]
In secondo luogo, la disuguaglianza, non l’uguaglianza, e’ lo strumento e la relazione tra i capitali concorrenti […] Nella legislazione, nella giurisprudenza e nell’immaginario popolare la disuguaglianza diventa normale, persino normativa.
Una democrazia composta da capitale umano e’ costituita da vincitori e vinti, non prevede un trattamento o una protezione paritari […]
Il terzo punto e’ che quando tutto e’ capitale, scompare la categoria del lavoratore, cosi’ come la sua forma collettiva, la classe […]
Allo stesso tempo viene smantellata la stessa ragione d’esistere dei sindacati, delle associazioni di consumatori e di altre forme di solidarieta’ economica all’infuori dei cartelli tra capitali […]
Quarto, quando esiste soltanto l’homo oeconomicus, e quando l’ambito politico stesso viene rappresentato in termini economici, sparisce la base della cittadinanza che si occupa della cosa pubblica e del bene comune […]
Quinto, quando la legittimita’ e il compito dello Stato sono legati esclusivamente alla crescita economica, alla concorrenza globale e al mantenimento di un rating di credito forte, i timori sulla giustizia della democrazia liberale passano in secondo piano.

Info:

https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/

Lavoro/Somma

Alessandro Somma – Abolire il lavoro povero – Laterza (2024)

Da un lato il dovere di lavorare, dall’altro il diritto alla sicurezza sociale: si potrebbero sintetizzare cosi’ i termini del patto di cittadinanza cui rinvia la Costituzione italiana, che aggiunge pero’ alcune condizioni destinate a renderlo un veicolo di emancipazione. Due di queste attengono alla sfera individuale e concernono il rispetto della libera scelta dei lavoratori circa il modo di assolvere al dovere di lavorare, quindi la garanzia di una retribuzione sufficiente a condurre una vita dignitosa quale contropartita per il suo adempimento.
Altre condizioni riguardano la relazione tra capitale e lavoro e in ultima analisi l’equilibrio tra mercato e democrazia. Il dovere di lavorare si giustifica invero solo se i lavoratori prendono parte alla definizione dell’indirizzo politico generale, ovvero se sono loro assicurate forme di partecipazione democratica ulteriori rispetto a quelle contemplate dalla rappresentanza politica suffragistica: in particolare la rappresentanza di interessi attraverso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e il ricorso allo sciopero politico.
Il dovere di lavorare deve poi costituire la contropartita per un impegno dello Stato a promuovere attivamente la piena e buona occupazione, e in tal senso a rendere effettivo il diritto al lavoro. Cio’ richiede innanzi tutto di adottare le misure contemplate dal cosiddetto compromesso keynesiano, ovvero incisive politiche redistributive e robusti investimenti pubblici. Richiede poi programmazione e al limite pianificazione economica, oltre che iniziative destinate a creare e conservare posti di lavoro.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/

Economia di mercato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

La teoria dominante sulle ragioni dell’esistenza delle societa’ di consulenza nelle economie capitalistiche e’ che assolvono a uno scopo «funzionale», consentendo ad altre organizzazioni di aumentare i loro profitti o raggiungere altri obiettivi.
Secondo questa visione, i consulenti sono esperti il cui ruolo e’ trasferire conoscenze tra le organizzazioni, utilizzare determinati approcci gestionali per aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi o fornire competenze qualificate addizionali. In altre parole, sono «esperti, risorse aggiuntive e facilitatori» che creano valore sfruttando le proprie competenze e vendendo conoscenze tecniche o manageriali.
In termini economici, il corollario sarebbe che le societa’ di consulenza esistono perche’ creano «economie di scala» in certe tipologie di conoscenze manageriali, settoriali o tecniche che altri chiamano «economie di conoscenza».
L’industria della consulenza – l’«offerta» – e’ una risposta a una «domanda» da parte di altre organizzazioni economiche, che scelgono di assumere consulenti con l’obiettivo di migliorare i processi e aumentare l’efficienza, riducendo cosi’ i propri «costi di transazione».

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html

Capitalismo/AA.VV.

AA VV – Rapporto sulle disuguaglianze nel mondo – La Nave di Teseo (2019)

La disuguaglianza nelle diverse regioni del mondo e’ molto variabile.
Nel 2016 la percentuale di reddito nazionale assorbito dal 10% dei massimi detentori di reddito del paese era il 37% in Europa, il 41% in Cina, il 46% in Russia, il 47% in Stati Uniti e Canada, e circa il 55% in Africa subsahariana, Brasile e India.
In Medio Oriente, la regione con la maggiore disuguaglianza secondo le nostre stime, il 10% dei massimi detentori di reddito del paese acquisisce il 61% del reddito nazionale.
Nei decenni recenti, la disuguaglianza dei redditi e’ aumentata in quasi tutti i paesi, ma a diverse velocita’, il che sta a indicare che le istituzioni e le scelte politiche influiscono sulla formazione della disuguaglianza.
A partire dal 1980, la disuguaglianza dei redditi e’ rapidamente aumentata in America settentrionale, Cina, India e Russia. In Europa essa e’ cresciuta con moderazione […]
La disuguaglianza economica dipende in larga parte dalla distribuzione non omogenea della proprieta’ del capitale sia pubblico sia privato.
Il nostro studio documenta come, a partire dal 1980, si siano verificati ingenti trasferimenti patrimoniali dal settore pubblico al privato in quasi tutti i paesi, siano essi ricchi o emergenti. Nonostante un incremento notevole della ricchezza nazionale, quella pubblica e’ ora in rosso o prossima allo zero nei paesi ricchi. Una situazione, questa, che riduce la capacita’ dei governi di far fronte alla disuguaglianza e che ha sicure, importanti ricadute sulla disuguaglianza economica fra gli individui.
Nei decenni trascorsi, i paesi sono diventati piu’ ricchi ma i governi sono diventati poveri. Il rapporto tra il capitale privato e il reddito nazionale consente di capire quale sia la ricchezza complessiva controllata dagli individui in un paese in rapporto al capitale controllato dallo stato. La somma del capitale privato e di quello pubblico corrisponde alla ricchezza nazionale. Il rapporto tra capitale privato e capitale pubblico e’ una determinante cruciale del livello di disuguaglianza.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/18217-nicolo-bellanca-l-ideologia-del-capitalismo-ideologico-sull-ultimo-libro-di-piketty.html

Finanziarizzazione/Marcon

Giulio Marcon – Se la classe inferiore sapesse. Ricchi e ricchezze in Italia – People (2023)

«La classe dirigente che ha fatto l’Italia era una classe dirigente che viveva molto del prestigio locale. Aveva rapporti con le casse di risparmio locali, con i dirigenti dell’economia della comunita’, o la chiesa, la politica locale […]
Questo da’ il senso che sei classe dirigente e che ti legittimi nella comunita’ locale di riferimento.
Oggi tutto questo non c’e’ piu’. In un’epoca in cui si fa impresa facendo produrre gli abiti in Cina, si usano gli ingegneri dell’India (in India) per la gestione di un centro di calcolo e si fa gestire il proprio portafoglio finanziario da una societa’ di Londra, i Marzotto e gli Olivetti non sarebbero piu’ possibili».
I ricchi globali, senza rapporto con il territorio e la societa’, si sentono in qualche modo deresponsabilizzati […]
La seconda novita’ e’ che la finanza ha sopravanzato l’economia reale. Si diventa sempre di piu’ ricchi con la finanza che, giorno dopo giorno, ha invaso anche il territorio dell’impresa tradizionale. La finanza è globalizzazione in se’ […]
«Non c’e’ piu’ lavoro, non c’e’ piu’ industria, c’e’ solo finanza. Anche dove c’e’, i manager, i presidenti, i membri dei Consigli di amministrazione badano a portare a casa utili e non a creare posti di occupazione.
E’ molto piu’ facile fare soldi con la finanza che con un’azienda dove, su 100 milioni di fatturato, maturo 5, al massimo 10 di utile: con la finanza, se ne metto 100 in Borsa, ne porto a casa 6-7 senza battere ciglio, senza fare niente […]
La terza trasformazione – la distruzione dei valori pubblici, della collettivita’ – e’ stata causata dal modello neoliberista impostosi nelle nostre societa’ dagli anni Ottanta a oggi.
Con la riduzione del ruolo dello Stato, la svalorizzazione del lavoro (precario e senza diritti) e la privatizzazione di tutto quello che puo’ essere privatizzato, il modello neoliberista ha distrutto l’idea di pubblico, di bene comune, di istituzione, di fiscalita’, di collettivita’ in nome di un’ideologia che ha declinato nel modo piu’ efficace l’assunto di Margaret Thatcher: «Non esiste la societa’, esistono gli individui», con i loro interessi e i loro egoismi […]
Accanto a queste trasformazioni di carattere strutturale (globalizzazione e finanziarizzazione della ricchezza, distruzione dei beni pubblici), vi sono altre cause di cui tener conto e che hanno colpito in pieno anche la classe imprenditoriale: la degenerazione dell’etica, dello spirito civile e della politica come bene comune; la decadenza dell’istruzione e della formazione; l’imbarbarimento della comunicazione pubblica, prima con la tv e oggi – ancora peggio – con il web e i social; la mutazione antropologica delle societa’ del consumo (da economia di mercato a societa’ di mercato), in cui “cittadino” e’ diventato sinonimo di consumatore e “persona” sinonimo di cliente, nel trionfo di un narcisismo di massa, che da malattia individuale e’ diventata patologia sociale […]
L’eredita’ e’ sempre di piu’ la motivazione principale non solo dell’accumulazione e della conservazione della ricchezza, ma anche della crescita delle diseguaglianze. Il rendimento del capitale accumulato (ed ereditato) sale a un tasso sensibilmente superiore a quello della bassissima crescita degli ultimi decenni […]
Il che significa che chi ha ingenti patrimoni vedra’ crescere la propria ricchezza molto di piu’ non solo di chi ha unicamente redditi (che difficilmente crescono oltre il tasso di crescita dell’economia), ma anche di quella diffusa classe media proprietaria che possiede solo la casa (spesso, di modesto valore) in cui vive.
Questo implica una «gravissima diseguaglianza nella distribuzione a lungo termine…

Info:
https://altreconomia.it/se-la-classe-inferiore-sapesse-chi-sono-i-ricchi-e-perche-continuano-a-essere-ammirati/
https://www.lafionda.org/2024/01/09/se-la-classe-inferiore-sapesse/
https://www.ossigeno.net/post/se-la-classe-inferiore-sapesse
https://altreconomia.it/perche-sappiamo-cosi-poco-dei-ricchi/