Stato/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo Spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Secondo l’OCSE, dagli anni Ottanta la diseguaglianza economica e’ cresciuta del 33% in Italia (il dato piu’ alto fra i paesi OCSE).
Al punto che nel 2016 i sette paperoni nazionali hanno una ricchezza pari ai 20 milioni piu’ poveri, il famigerato 1% detiene il 25% del reddito nazionale e il 20% delle persone piu’ ricche possiede piu’ di quanto detenuto dal 67% della popolazione […]
Il problema e’, senz’altro, globale. Alcune delle misure necessarie – come la chiusura dei paradisi fiscali, dato che il 50% delle aziende italiane quotate in borsa ha una presenza in un paradiso offshore – possono essere portate avanti principalmente a livello europeo. Ma molte altre possono e devono essere messe in campo a livello nazionale. Non e’ un intervento divino che ha reso l’Italia il paese piu’ iniquo fra le democrazie dell’Europa occidentale, con la piu’ grande forbice di ricchezza fra chi ha troppo e chi troppo poco. Ma chiare scelte politiche: la detassazione delle grandi eredità – laddove, come ha dimostrato Piketty, i grandi patrimoni si trasferiscono non per merito ma per eredita’; la detassazione della prima casa anche per i piu’ abbienti; un sistema fiscale iniquo che schiaccia lavoratori, autonomi e partite IVA ma che abbassa la tassazione sui profitti d’impresa e inventa condoni fiscali sempre piu’ improbabili; e poi l’assenza di una vera tassazione patrimoniale, di natura fortemente progressiva e non punitiva, capace di mettere in circolazione la ricchezza accumulata nelle mani di pochissimi e tenuta ferma a moltiplicarsi attraverso investimenti finanziari improduttivi […]
Oltre all’economia la grande ricchezza puo’ bloccare la democrazia. Lungi dall’essere solo un problema economico e sociale, questo e’ infatti un problema politico di primo piano. Chi accumula una posizione economica dominante acquisisce di fatto anche un potere decisionale che mina alla radice l’autonomia dei singoli cittadini, permettendo quelle forme di cattura della democrazia nazionale da parte delle grandi oligarchie di potere che sequestrano la sovranita’ popolare e snaturano il senso stesso della rappresentanza politica.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
https://www.sns.it/it/evento/terzo-spazio
https://www.estetica-mente.com/recensioni/libri/lorenzo-marsili-yanis-varoufakis-terzo-spazio-oltre-establishment-populismo/73210/
http://www.mangialibri.com/libri/il-terzo-spazio

 

Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Il venir meno della certezza di una prosperita’ sempre crescente, l’incertezza della globalizzazione, l’immigrazione di massa e lo scontro con l’Islam radicale hanno messo a nudo i nervi scoperti della diffidenza verso gli stranieri, che siano alle porte della nazione o si tratti di paesi stranieri.
Evidentemente, la nazione fornisce a molte persone una fonte politicamente potente e storicamente radicata d’identita’ «solo qui».
Di recente e’ emerso qualcosa che somiglia a un movimento internazionale che collega i vari gruppi nazionalisti e conservatori, una sorta di «internazionale xenofoba» […]
C’e’ tuttavia qualcosa di distintamente ossessivo nell’idea di un’internazionale xenofoba. Questi gruppi sono preoccupati di porre l’accento sull’autonomia e la sovranita’ nazionale e non sulla cooperazione.
Nonostante la personale vicinanza di Trump e Putin, il primo ha dichiarato che le relazioni tra i loro paesi sono dopo molti anni ai loro minimi; e, nonostante il suo sostegno alla Brexit, Trump non esonera il Regno Unito dalle sanzioni commerciali che ha imposto ai paesi europei.
Anche se Orban e la Lega si considerano in qualche modo alleati, Orban catalizza il sostegno in Ungheria rifiutando le richieste dell’UE di aiutare l’Italia nell’affrontare la questione dei rifugiati, mentre la Lega critica l’UE per non aver fatto in modo che l’Ungheria e i suoi vicini offrissero quell’aiuto.
Entrambe le parti sfuggono all’evidente contraddizione implicita nel rivolgere le loro ire contro l’Unione Europea […]
L’internazionale xenofoba e’ il prodotto dei tentativi da parte di vari imprenditori politici di plasmare, politicizzare e brandire le identita’ sociali per riempire il vuoto lasciato dal declino di quelle che hanno forgiato la democrazia del XX secolo.
Cio’ puo’ essere fatto sia persuadendo gruppi di persone a ritenere la loro identita’ assolutamente prioritaria, sia imponendo la propria identita’ sugli altri, che vanno trattati come estranei, nemici dell’identita’ protetta. Nazione ed etnia sono le armi piu’ potenti dal punto di vista emotivo per questo scopo, e sono usate sia dai gruppi conservatori predominanti sia dagli aspiranti leader delle stesse minoranze etniche radicali.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa – Bollati Boringhieri (2016)

Da una parte, l’Europa neoliberista, cioe’ quella che il neoliberismo (che, non dimentichiamolo, e’ una politica e non una semplice teoria economica) sta modellando a marce forzate con lo smantellamento dei diritti sociali, delle politiche pubbliche, dei valori di solidarieta’, per renderla a immagine della globalizzazione finanziaria.
Dall’altra, l’Europa democratica, o meglio della democratizzazione, che implica una rivalorizzazione e una reinvenzione dell’Europa sociale, perche’ la negazione delle dimensioni sociali della cittadinanza e’ il cuore delle strategie di de-democratizzazione.
La prima, bisogna riconoscerlo, e’ piu’ reale della seconda, perche’ si concretizza in un enorme apparato di strutture, di istituzioni, di discorsi egemonici.
La seconda invece e’ largamente virtuale, in quanto esiste soltanto sotto forma di resistenze e di iniziative eterogenee, il che pero’ non vuol dire che sia utopistica o che rappresenti soltanto un vuoto ideale. Perche’ la sua esistenza rinvia alle contraddizioni quanto mai reali della prima.
Si puo’ dire che in questo momento l’Europa democratica sia “scomposta” dalle istituzioni e dalle politiche dell’Europa neoliberista, ma che la sua ricomposizione, o la sua “costituzione” nel corso dello sviluppo della crisi non sia impensabile.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Capitalismo/Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

L’obiettivo della teoria economica divenne l’allargamento delle opportunita’ di impiego e la promozione della crescita poiche’ si desiderava ingrandire la torta piuttosto che distribuire fette piu’ uguali per tutti, nella convinzione che con una torta piu’ grande a tutti sarebbero toccate fette piu’ grandi, e che fosse la dimensione assoluta delle fette a contare piuttosto che quella relativa.
Oggi, questa visione e’ messa fortemente in dubbio.
La ricerca economica si e’ interessata solo di recente alla distribuzione personale dei redditi, e uno dei motivi, se non il principale, e’ che i paesi economicamente sviluppati stanno attualmente vivendo un allarmante grado di disuguaglianza.
La disoccupazione prolungata, la riduzione dei salari, un crescente accumulo di ricchezza da parte di pochi individui associata ad una stagnazione dei redditi del resto della popolazione, una scala sociale piu’ ripida e un accesso all’istruzione ostacolato dalle piu’ difficili condizioni finanziarie sono tra i fattori principali che nel XXI secolo hanno portato la distribuzione del reddito al centro della scena.
Inoltre, la globalizzazione non ha prodotto cio’ che prometteva in termini di crescita e uguaglianza tra paesi, e sta influenzando in modo deciso – e non sempre positivo – i processi economici e distributivi all’interno delle singole nazioni. Dunque, la disuguaglianza economica e’ in prima linea nel dibattito politico odierno, probabilmente perche’ i movimenti sociali emersi hanno costretto gli economisti a rivolgervi lo sguardo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci

Geoeconomia/Formenti

Carlo Formenti – Oligarchi e plebei. Diario di un conflitto globale – Mimesis (2018)

Tutti hanno sentito parlare del fenomeno dei contractors, cioe’ dei professionisti della guerra (quasi sempre ex soldati di professione con esperienza nei corpi d’elite) che affiancano le
truppe americane, inglesi e di altre nazioni in varie operazioni sul campo.
Meno note sono le dimensioni del fenomeno: i contractors sono quasi 60.000 sui soli teatri del Medio Oriente (dal Libano all’Afghanistan) e circa 40.000 in Africa. Un vero e proprio esercito di mercenari che forse sono ancora piu’ numerosi, ove si tenga conto del fatto che il Pentagono e’ reticente nel dare cifre precise in merito, mentre agenzie come la Cia o la Nsa si guardano bene dal darne.
Un esercito che, alle imprese che ne vendono i servigi, garantisce un giro di affari che probabilmente si aggira intorno ai cento miliardi di dollari.
Perche’ stupirsi se nell’era in cui tutto viene privatizzato il fenomeno si estende anche alla guerra?
Prima c’erano gli eserciti di leva, poi i militari di mestiere al servizio di un determinato Paese, infine ecco i mercenari al servizio del miglior offerente.
Fra l’altro, cosi’ si evitano i contraccolpi dell’opinione pubblica quando il prezzo in vite umane di una guerra tende a farsi troppo alto […]
Ma gli imprevisti sono dietro l’angolo: in primo luogo perche’ questa gente e’ al servizio di imprese private e non di qualche Stato e, com’e’ noto, gli interessi delle multinazionali ignorano i confini geopolitici e le regole della guerra […]
Dopo la medievalizzazione dell’economia con il ritorno della lex mercatoria arriva la medievalizzazione della guerra con il ritorno di Lanzichenecchi e capitani di ventura.

Info:
https://www.carmillaonline.com/2018/05/15/le-nuove-pelbi-globali-dentro-la-crisi-sistemica/
https://www.sinistrainrete.info/libri/16175-carlo-formenti-oligarchi-e-plebei.html

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Il lavoro non venne piu’ visto come la via verso l’elevazione morale, bensi’ come un mezzo per “guadagnare di piu’”.
E questa era la sola cosa che contava […]
La capacita’ di accaparrarsi una quantita’ maggiore di ricchezza fini’ per essere considerata come l’unico mezzo per riconquistare quella dignita’ umana perduta in seguito alla trasformazione degli artigiani in operai dell’industria. Col risultato di far cadere nel vuoto qualsiasi appello alla nobilta’ del lavoro. Il prestigio e la posizione sociale dipendevano ormai dal livello di reddito, non gia’ dall’operosita’ e dalla dedizione al proprio mestiere.
Questa metamorfosi del conflitto di potere per la qualita’ della vita sociale in mera competizione per una quantita’ maggiore di ricchezza, considerata come l’unica espressione del desiderio di autonomia e di autoaffermazione individuale, ha influenzato profondamente lo sviluppo della moderna societa’ industriale. […]
Ha inculcato nei lavoratori non tanto lo «spirito del capitalismo» quanto, piuttosto, la tendenza a considerare il valore e la dignita’ dell’uomo in termini puramente monetari. E ha proiettato irreversibilmente l’aspirazione alla liberta’ nella sfera del consumo, determinando in larga misura il passaggio a una societa’ imperniata su quest’ultima anziche’ su quella della produzione.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Economia di mercato/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Al marchio e all’azienda viene riservato un vero e proprio culto.
Del resto la religione – come suggerisce l’etimologia stessa della parola – lega, coalizza. Diventata imprenditrice, la religione unisce le pecorelle – non soltanto gli impiegati, ma anche i fornitori e i clienti della ditta – in una reale comunione, sotto forma di puntuali adunate, saloni pubblici o cerimonie.
Il motociclista che venera un determinato marchio fino al feticismo e socializza con i suoi simili in occasione di grandi raduni, ne e’ un esempio perfetto.
Insomma, la religione s’impone come una formidabile modalita’ di manipolazione […]
Questa teologia d’impresa si riassume con un grafico ascensionale che testimonia il passaggio della merce dal semplice status di «prodotto» a quello, salvifico, della «religione del marchio» (brand religion).
Secondo questo approccio, un «prodotto» smette di essere designato come tale – un dolciume, un maglione, una consolle per videogiochi, un tavolo… – e viene piuttosto assimilato al suo «concetto di marchio».
Una volta etichettato, il prodotto genera una sensazione o, in gergo tecnico, un «valore emozionale aggiunto». Non e’ piu’ un fazzoletto, non e’ piu’ un orologio, non e’ piu’ un semplice te’, perche’ il fazzoletto, l’orologio e il te’ – una volta associati ai marchi Kleenex, Rolex e Lipton –, irradiano calore, sicurezza familiare, garanzia di fiducia, persino sentimento materno.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa
https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Stato/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

La diffusione del lavoro nero non e’ un fenomeno recente in Italia.
Dal dopoguerra ad oggi lo sviluppo dualistico dell’economia italiana e’ strettamente legato alla persistenza di ampi settori produttivi dediti all’elusione e all’evasione contributiva […]
L’evasione contributiva pesa sulle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici, che vengono privati di quella quota del salario funzionale al calcolo della pensione. Si tratta di un fenomeno antico che continua ad essere rappresentato nel dibattito pubblico con formule caricaturali, che finiscono spesso e volentieri per relegarlo a un tratto caratteristico e specifico del Mezzogiorno.
Un tentativo volto a dipingere l’Italia come un paese attraversato da una divisione antropologica tra un Nord sviluppato e un Sud culturalmente avvezzo all’irregolarita’ e al malaffare.
Questa diffusa tendenza a rappresentare in forma stilizzata e folcloristica i problemi di fondo dello sviluppo economico e sociale del paese ha funzionato come strumento per sviare l’attenzione dagli intrecci tra economia formale ed economia informale. In breve, e’ servita come arma di distrazione di massa per spostare lo sguardo dalla direzione consapevole dello sviluppo del capitalismo italiano, che si nutre del rapporto opaco tra economia regolare e sfruttamento e lavoro nero.
Infatti il fenomeno del lavoro irregolare non e’ mai stato una prerogativa del Mezzogiorno […]
Una prassi che attraversa trasversalmente la penisola, dalle campagne pugliesi e siciliane sino alla “moderna” Emilia-Romagna […]
Un vero e proprio cancro che corrode l’economia e lo sviluppo del paese e genera effetti distributivi distorti, a vantaggio dei profitti e delle rendite e a discapito dei salari e del welfare.
Una dinamica che, come abbiamo gia’ visto, e’ stata fotografata dal “New York Times” nell’inchiesta che ha raccontato la diffusione del lavoro a domicilio nel settore del lusso delle aziende tessili pugliesi. Una storia di sfruttamento, in cui donne di ogni eta’ lavorano per i grandi marchi del Made in Italy per salari che si aggirano tra i 5 e i 6 euro orari. Un viaggio nel passato che non passa, che e’ presente e futuro per generazioni schiacciate dal peso della disoccupazione e della sottoccupazione, costrette a obbedire a condizioni lavorative paragonabili a quelle delle prime industrie tessili inglesi.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Capitalismo/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Agli inizi degli anni Ottanta la rivoluzione neoliberale scatenata da Margaret Thatcher nel Regno Unito e da Ronald Reagan negli Stati Uniti costitui’ l’ultimo grande racconto “politico” del Novecento.
Adottata dalle classi dirigenti occidentali, ispiro’ le politiche applicate per diversi decenni in Europa e negli Stati Uniti.
Dal 2008 questo grande racconto non riesce piu’ ad illudere, e i governanti sono condannati a gestire e a tenere sotto controllo un’opinione pubblica ribelle e resa consapevole dagli effetti concreti della crisi finanziaria.
La deregulation del mondo, di cui quella finanziaria non e’ che un elemento, ha un suo prolungamento nel discredito delle istituzioni politiche. In risposta ai problemi che si moltiplicano in tutti i campi – terrorismo e mobilitazione antiterroristica, catastrofe climatica, crisi migratoria, crisi del modello della sovranita’ statale, rivoluzione digitale e comparsa di nuovi attori non statali con i GAFAM [Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft] – si consolida uno storytelling della sfiducia e del discredito.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Geoeconomia/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Nell’agosto del 1971 il governo americano dichiaro’ la fine della convertibilita’ del dollaro in oro e inauguro’ un’era della politica e dell’economia mondiale destinata a durare fino ai nostri giorni.
La resurrezione del capitalismo finanziario sotto l’egida del dollaro e della potenza americana […] e’ in buona parte dovuta alla fine di Bretton Woods e del gold dollar standard in favore della nascita di un sistema fondato unicamente sul dollaro, il dollar standard attuale.
Essendo fondato sul fiat money prodotto dalla Federal Reserve, imposto al resto del mondo tramite l’acquisto piu’ o meno forzato di buoni del Tesoro Usa, i T-bond, e garantito da null’altro che dalla potenza americana, questo sistema e’ stato chiamato «Us Treasury standard» […]
La fine della convertibilita’ del dollaro in oro concentrava nelle mani di un unico paese la politica monetaria mondiale, e lo rendeva percio’ arbitro del destino economico delle altre realta’.
O meglio, consentiva agli Stati Uniti di confiscare il denaro delle altre nazioni, attraverso il potere di signoraggio sul dollaro e la manipolazione del suo valore.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/