Lavoro/Ferrera

Maurizio Ferrera – La societa’ del Quinto Stato – Laterza (2019)

Nei paesi nordeuropei, la transizione alla condizione di adulto e’ rapida: meta’ dei ragazzi e delle ragazze esce di casa fra i diciotto e i venticinque anni.
I sostegni alle famiglie con figli sono generosi ma si esauriscono al compimento dei vent’anni. In compenso lo Stato aiuta direttamente i giovani che costituiscono unita’ di convivenza autonome.
Chi frequenta l’universita’ ha una borsa di studio. Tutti possono accedere a sussidi abitativi. Quando escono di casa, i ventenni o poco piu’ hanno la possibilita’ di mantenersi, formare presto nuove unioni e fare figli (in media entro i trent’anni). Anche l’inserimento lavorativo e’ rapido e organizzato dai servizi pubblici; gli studenti combinano precocemente studio e lavoro, seguono programmi di formazione e orientamento. […]
I paesi continentali come Germania e Francia hanno un modello piu’ imperniato sulla famiglia. I sostegni per i figli a carico possono estendersi fino ai venticinque anni; la vita con i genitori dura un po’ piu’ a lungo, anche se quasi mai oltre i
trent’anni. Il familismo non impedisce pero’ l’inserimento lavorativo. La scuola e’ congegnata in modo da accompagnare i giovani verso quelle professioni di cui le imprese hanno maggior bisogno.
Nei paesi germanici piu’ della meta’ dei ragazzi segue percorsi di istruzione con una forte componente professionale gia’ nella scuola secondaria, per poi entrare nelle imprese come apprendista. La transizione scuola-lavoro e’ governata in modo relativamente efficace.
Rispetto a quelli del Centro e Nord Europa, il modello di gioventu’ sudeuropeo (e italiano in particolare) ha due spiccate anomalie: l’iperfamilismo e l’assenza di percorsi ordinati di inserimento lavorativo. L’uscita dalla famiglia e’ molto tardiva: fra i venticinque e i trentotto anni meta’ dei giovani italiani vive ancora in casa, record assoluto in Europa […]
Sul fronte dell’inserimento lavorativo la distanza rispetto agli altri paesi e’ colossale: nelle scuole del Sud Europa si fa pochissimo orientamento, soprattutto nello snodo cruciale fra medie inferiori e superiori. In Italia l’alternanza obbligatoria fra scuola e lavoro e’ stata introdotta nel 2015: con una legge, ma senza risorse, senza organizzazione, sperando nell’iniziativa spontanea e volontaria di insegnanti e imprese.
Peraltro la legge del 2015 e’ stata depotenziata nel 2018.
I corsi di prima formazione sono pochi e mal gestiti, questa funzione e’ praticamente delegata alle aziende. Il costo del lavoro per i contratti stabili resta fra i piu’ alti del mondo.
E’ anche per questo che la quota di studenti che riescono a trovare un impiego subito dopo la maturita’ o la laurea e’ inferiore al 50%. E solo a un terzo di questi viene offerto un contratto stabile.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139790
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-del-quinto-stato-di-maurizio-ferrera/
https://maurizioferrera.wordpress.com/2018/07/16/il-quinto-stato/
Ferrera

Geoeconomia/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Laterza (2019)

Oggi le condizioni internazionali sono chiaramente meno favorevoli alla democrazia rispetto agli anni dopo la fine della Guerra Fredda.
Negli anni Novanta le democrazie liberali occidentali non avevano rivali quanto a potere militare, economico e ideologico, e la democrazia all’occidentale era generalmente vista come «l’unica scelta sulla piazza». A vent’anni di distanza, tuttavia, l’equilibrio del potere a livello mondiale e’ mutato. L’influenza mondiale dell’UnioneEuropea e degli Stati Uniti e’ diminuita, mentre la Cina e la Russia sembrano in costante ascesa.
E con l’affermazione di nuovi modelli autoritari in Russia, Turchia, Venezuela e altri paesi, la democrazia non appare piu’ inattaccabile come un tempo […] l’ascesa di Trump, gia’ in se’, puo’ rappresentare un problema per la democrazia mondiale.
Tra la caduta del Muro di Berlino e la presidenza Obama, le varie amministrazioni americane hanno mantenuto in generale una politica estera favorevole alla democrazia.
Le eccezioni non sono mancate: laddove erano in gioco gli interessi strategici dell’America, come in Cina, in Russia e in Medio Oriente, la democrazia e’ sparita dall’agenda. Ma in gran parte dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa orientale e dell’America Latina, le amministrazioni statunitensi hanno usato la pressione diplomatica, l’assistenza economica e altri strumenti di politica estera per combattere l’autoritarismo e favorire la democratizzazione durante l’era post-Guerra Fredda.
Il periodo 1990-2015 molto probabilmente e’ stato il quarto di secolo piu’ democratico nella storia del pianeta, e una delle ragioni e’ che le potenze occidentali, in linea di massima, hanno sostenuto la democrazia.
Tutto questo ora potrebbe cambiare.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Lavoro/Ricolfi

Luca Ricolfi – La societa’ signorile di massa – La Nave di Teseo (2019)

Quello dell’istruzione e’ l’unico settore della societa’ italiana in cui la produttivita’ e’ in costante diminuzione da oltre mezzo secolo.
Che cos’e’ la produttività dell’istruzione?
Una definizione informale ma intuitivamente chiara e’ la seguente: la produttivita’ e’ l’inverso del numero di anni necessari per raggiungere un determinato grado di organizzazione mentale.
Supponiamo di assumere, come metro, il livello di organizzazione mentale – conoscenze, padronanza del linguaggio, capacita’ logiche – di un diplomato di terza media del 1962, l’ultimo anno prima dell’introduzione della scuola media unica. A lui erano occorsi otto anni di studio per raggiungere quel livello. Quanti ne occorrono oggi per raggiungere un livello comparabile? […]
Ognuno avra’ la sua risposta, la mia ad esempio
e’ che per ottenere quel livello di organizzazione mentale oggi siano necessari da un minimo di cinque anni in piu’ (se si e’ frequentato un buon liceo classico) a un massimo di tredici anni in piu’ (se occorre addirittura un dottorato di ricerca per recuperare pessimi studi precedenti). E se proprio devo buttare li’ un numero, giusto per fissare le idee, direi che otto anni in piu’, rispetto agli otto anni necessari a conseguire la licenza media, e’ gia’ una stima piuttosto benevola dell’abbassamento della produttivita’ dell’istruzione intervenuto negli ultimi cinquant’anni, dalla fine degli anni sessanta a oggi […]
Insomma: in mezzo secolo la produttivita’ dell’istruzione e’, come minimo, dimezzata […]
L’ingente massa di tempo libero regalata dall’aumento della produttivita’ del lavoro non e’ stata usata per innalzare il livello culturale delle persone, la loro sensibilita’ artistica, la loro capacita’ di vivere in modo saggio, piacevole e salutare.
Specie in Italia, dove anche i livelli di istruzione formale sono rimasti bassissimi, il maggiore tempo a disposizione e’ stato impiegato essenzialmente per ampliare lo spettro dei consumi.
Anziche’ usare la cultura per riempire il tempo libero, si e’ scelto di usare i consumi per “attrezzarlo” […]
Di qui l’impressionante sviluppo di beni, servizi e attivita’ il cui scopo primario e’ di aiutarci a “consumare tempo libero”: iPod per la musica, iPad per Internet, smartphone un po’ per tutto, dai messaggi alle foto agli acquisti online; ristoranti, bar, pub, piadinerie, focaccerie, bistrot, paninoteche, gelaterie, tavole calde piu’ o meno etniche, wine store, cocktail bar, sushi bar; spa, palestre, massaggi, centri yoga; corsi di meditazione, cucina, ballo afroamericano, break dance; acquisti online, mercatini dell’usato, mercatini dell’artigianato; maghi alle feste dei bambini, animatori nei villaggi turistici; fiere del formaggio, del risotto, del tartufo, del cioccolato; concerti in piazza, festival di ogni genere e specie, spettacoli all’aperto, megaschermi per gli eventi sportivi e musicali; senza dimenticare l’ampio mondo delle discoteche e dei locali in cui si beve, si ascolta musica, si balla (e qualche volta si sballa) […]
Il tempo libero che il progresso tecnologico ci ha regalato non solo non e’ di tutti, ma e’ inestricabilmente intrecciato al consumo.

Info:
https://luz.it/spns_article/intervista-luca-ricolfi-societa-signorile-massa/
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/01/05/ricolfi-signorile-massa/
https://sbilanciamoci.info/societa-signorile-di-massa-o-societa-signorile-e-basta/

Capitalismo/ Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

Secondo l’Economic Policy Institute di Washington DC, nel 1965 la remunerazione di un amministratore delegato negli Stati Uniti era ventiquattro volte superiore a quella di un lavoratore medio; nel 1978 il rapporto era 35 a 1; nel 2007, 277 a 1; e nel 2010, due anni dopo l’inizio della recessione globale, 243 a 1.
Secondo Raghuram Rajan, ex capo economista del FMI, ancora piu’ preoccupante e’ l’allargamento del divario verificatosi non solo tra i miliardari (che rappresentano lo 0,01% piu’ ricco della distribuzione mondiale del reddito) e il resto della popolazione, ma anche tra il reddito degli appartenenti al 90° percentile (vale a dire chi guadagna piu’ di quanto guadagni il 90% della popolazione) – per esempio gli alti dirigenti – e sia chi si trovi al fondo della scala retributiva sia chi appartenga alla classe media, i cui guadagni sono rimasti di fatto immutati a partire dagli anni Ottanta […]
La disuguaglianza abbraccia dimensioni diverse – come testimonia l’attuale dibattito sui suoi aspetti sociali, politici, economici, di genere, di razza, di salute, di accesso ai livelli di istruzione, ecc. – la cui rilevanza e’ cambiata significativamente dal punto di vista sia storico sia geografico. In molti casi le catagorie di cui oggi facciamo uso sarebbero apparse prive di significato in epoche precedenti e ancora oggi molte forme di disuguaglianza sono lontane dall’essere riconosciute universalmente […]
Le persone, poi, possono avere opinioni molto differenti , non solo sul grado di disuguaglianza da considerare accettabile o inaccettabile ma anche – e si tratta di un punto dirimente – su quali disuguaglianze siano o non siano importanti, giacche’ ognuno mettera’ valori diversi al centro del proprio universo morale.
Poiche’ gli esseri umani sono animali sociali e la disuguaglianza indica, per definizione, una dimensione razionale, le discussioni sull’uguaglianza e sulla disuguaglianza riguardano a loro volta la struttura di una societa’ […]
Una delle tematiche della piu’ ampia questione della diseguaglianza, tuttavia, fa da sostegno e al contempo si affianca alle altre forme di disuguaglianza.
Ci riferiamo alla disuguaglianza economica .
In pochi negherebbero che essa pone sfide drammatiche alle societa’ moderne, siano queste economicamente avanzate o meno sviluppate.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci

 

Stato/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie diseguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Il fatto che le classi popolari e medie versino tasse di entita’ significativa ovviamente non costituisce di per se’ un problema.
Se si intende finanziare un livello elevato di spesa sociale e d’investimenti nel settore dell’istruzione, e’ inevitabile che tutti vengano coinvolti. Tuttavia, per far si’ che le imposte siano ben accette e’ indispensabile che il sistema fiscale sia trasparente ed equo. Quando le classi popolari e medie hanno l’impressione di essere maggiormente tassate rispetto alle classi piu’ ricche, vi e’ il rischio che il consenso all’imposizione tributaria e il contratto sociale su cui si fondano le societa’ socialdemocratiche inizino a sgretolarsi. Per questo, l’incapacita’ da queste ultime dimostrata di superare lo Stato nazionale e di promuovere forme transnazionali di giustizia fiscale ne costituisce il principale fattore di fragilita’ […]
Si possono distinguere tre grandi categorie di imposta progressiva: sul reddito, sulle successioni e quella annuale sulla proprieta’.
Queste tre tipologie hanno ciascuna la propria giustificazione e vanno intese come complementari le une alle altre.
In linea di principio, l’imposta progressiva sul reddito grava sull’insieme dei redditi percepiti nel corso di un dato anno, qualunque sia la loro fonte – redditi da lavoro (salari, pensioni, redditi da lavoro autonomo ecc.) o redditi da capitale (dividendi, interessi, affitti, profitti ecc.) –, in modo da permettere a ognuno di contribuire alla spesa pubblica in funzione delle sue capacita’.
L’imposta sulle successioni – che generalmente comprende anche le donazioni – si applica al momento delle trasmissioni patrimoniali, permettendo di ridurre la perpetuazione intergenerazionale dei beni e la concentrazione dei patrimoni.
L’imposta annuale sulla proprieta’ – detta anche imposta sulla ricchezza, o imposta sul capitale, o imposta sul patrimonio – viene riscossa ogni anno sulla base del totale dei beni posseduti, un dato che puo’ considerarsi un indice di capacita’ contributiva piu’ rivelatore e duraturo (e in certa misura meno facilmente manipolabile) rispetto al reddito annuale […]
A partire dagli anni ottanta e novanta del secolo scorso, l’aumento del debito pubblico e’ l’esito (in parte) di una strategia deliberata, volta a ridurre il peso dello Stato. L’esempio tipico e’ dato dalla strategia di bilancio seguita da Reagan negli anni ottanta: si sceglie di ridurre fortemente le imposte sui redditi piu’ elevati, con un aumento del deficit e la conseguente diminuzione della spesa sociale.
In molti casi, la riduzione delle imposte ai contribuenti piu’ ricchi e’ stata poi finanziata con la privatizzazione di beni pubblici, il che in sostanza corrisponde a un trasferimento “gratuito” dei titoli di proprieta’ (ovvero, si abbassano le tasse per 10 miliardi di dollari ai piu’ ricchi, che utilizzano poi questi 10 miliardi per acquistare i beni in questione). Questa strategia e’ proseguita, negli Stati Uniti e in Europa, fino a oggi e risulta strettamente legata alla traiettoria di aumento delle disuguaglianze e di concentrazione crescente della proprieta’ privata.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Il populismo e’ una rivolta contro la struttura pluralista delle relazioni partitiche non nel nome di una «democrazia senza partiti», ma nel nome del governo di una «parte» che merita un superiore riconoscimento perche’ e’ oggettivamente quella
«buona».
I populisti sostengono di essere dei semplici e oggettivi rappresentanti dei bisogni del popolo qui ed ora, al contrario dei partiti politici che proiettano i loro programmi e le loro soluzioni in un futuro piu’ o meno distante […]
Il populismo coltiva l’ambizione epistemica di dare risposta ai problemi oggettivi che istintivamente i cittadini avvertono ed esprimono, senza orpelli ideologici; chiama in causa «dati» e questioni tangibili, non interpretazioni «predigerite» fatte dai politici.
La sfiducia negli «intellettuali» e negli «esperti» dell’establishment, combinata con la convinzione che vi siano una bonta’ e una saggezza ancestrale nel popolo, e’ un tonico per il populismo.
Queste idee sono andate a braccetto con il populismo fin da quando esso ha fatto la sua apparizione sulla scena politica delle democrazie, negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento.
La rivoluzione tecnologica ha conferito a questo mito antico la certezza della sua realizzazione.
Alcuni esempi vicini a noi possono aiutare a comprendere la specificita’ di questo fenomeno.
Beppe Grillo comincio’ la sua carriera politica piu’ di dieci anni fa con una retorica corrosiva contro la democrazia dei partiti e nel nome di un governo dei molti e per i molti; secondo tale retorica gli esperti avrebbero potuto fare meglio dei politici nel promuovere l’interesse generale che il popolo chiedeva e voleva. Il controllo sui pochi – affermava Grillo – avrebbe potuto essere esercitato piu’ facilmente qualora la politica non fosse stata indiretta e partitica e avesse potuto rendere il governo del tutto trasparente agli occhi dei cittadini.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Societa’/Allievi

Stefano Allievi – La spirale del sottosviluppo. Perche’ (cosi’) l’Italia non ha futuro – Laterza (2020)

Secondo l’International Migration Outlook dell’OCSE (OECD 2019), gia’ dal 2016, con nemmeno lo 0,8% della popolazione del pianeta, l’Italia e’ all’ottavo posto nel mondo per numero di emigrati verso paesi industrializzati.
Il livello di istruzione degli emigrati italiani e’ elevato, molto piu’ della media degli italiani che rimangono in Italia. Hanno un titolo di studio medio-alto (il 52,6% possiede almeno il diploma) e, contrariamente a quanto accade in Italia, la differenza di genere e’ a favore degli uomini: il 55% di laureati contro il 45% delle donne.
I laureati sono in crescita rapida e costante: nel 2004 erano circa il 10% degli expat italiani, oggi sono quasi un terzo […]
Perche’ partono? Non solo per cercare e trovare lavoro.
Detta cosi’ e’ una spiegazione riduttiva.
Partono anche perche’ non trovano lavoro adeguato in Italia, o perche’ lo trovano a salari piu’ bassi, con condizioni piu’ incerte, in situazioni piu’ precarie, con prospettive di mobilita’ ascendente minori, con progressioni di carriera piu’ lente […]
Oltre al lavoro, pero’, contano anche altri fattori.
Un welfare piu’ protettivo ed efficiente, ed effettivamente universalistico; che vuol dire, anche a parita’ di condizioni di lavoro e di salario: scuola per i figli, possibilita’ di lavorare per le donne che sono anche madri (e infatti le donne che partono sono in aumento, e quasi equivalgono agli uomini, ormai), sicurezza e tranquillita’ per il futuro. Un ambiente di lavoro e di vita piu’ meritocratico e attento alla qualita’, meno immobile, con regole certe, e una maggiore attenzione alla parita’ di genere […]
Un laureato non si trova a proprio agio, e ha meno probabilita’ di essere valorizzato, in un paese in cui il suo ministro dell’Istruzione e’ un diplomato. Un brillante studente con un master in economia non fa volentieri il sottoposto di un dirigente diplomato con una visione piu’ ristretta della sua – o lavora per sostituirlo (sempre che non sia gia’ il dirigente a non volerlo, precisamente per evitare di essere sostituito).
Un individuo che ha scavato le sottigliezze del linguaggio vive con difficolta’ le grossolanita’ del parlato comune, e ancor piu’ la vuotezza imbarazzante del parlato politico della sua classe dirigente.
Chi ha imparato ad amare la bellezza non sopporta l’offensiva di una bruttezza dilagante. Chi si e’ abituato con fatica a ragionare sottilmente tra alternative possibili si trova in minoranza in un paese dove viene valorizzata mediaticamente e politicamente la vuotezza dello slogan privo di contenuto.
E potremmo continuare.
Ricchezza chiama ricchezza. Bellezza chiama bellezza. Cultura chiama cultura. Apertura mentale chiama apertura mentale. Cosmopolitismo chiama cosmopolitismo. Intelligenza chiama intelligenza.
In Italia, spesso, si ha la sensazione che non rispondano.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139868
http://www.avantionline.it/la-spirale-del-sottosviluppo-pesa-sul-futuro-dellitalia/

Economia di mercato/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano . il Saggiatore (2019)

Supponiamo che io vi dica che esiste una macchina in grado di dirigere un paese meglio del governo, di usare la logica meglio di qualsiasi altro essere umano e di funzionare in maniera autonoma.
Supponiamo che io vi chieda di affidare tutte le decisioni importanti della vostra vita a questa macchina.
Supponiamo che io vi dica che sareste piu’ felici se cambiaste i vostri comportamenti in maniera tale da anticipare le decisioni della macchina.
Vi mettereste a ridere, spero.
Adesso, pero’, provate a sostituire la parola macchina con «mercato».
Per trent’anni, milioni di persone hanno permesso alle forze di mercato di gestire le loro vite, modellare i loro comportamenti e annullare i loro diritti democratici.
C’e’ perfino una religione dedicata a venerare il potere e il controllo esercitati da questa macchina: si chiama scienza economica.
Elevando il mercato allo status di uno spirito guida autonomo e sovraumano, durante gli ultimi trent’anni, potremmo aver creato le condizioni per accettare un controllo delle macchine sugli esseri umani nei prossimi cento.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Europa/Kelton

Stephanie Kelton – Il mito del deficit. La Teoria Monetaria Moderna per un’economia al servizio del popolo – Fazi (2020)

La politica italiana negli ultimi anni ha continuato a essere dominata dallo spettro dello “spread“ – il differenziale tra i tassi di interesse dei titoli di Stato italiani e quelli dei titoli di Stato tedeschi –, in base all’assunto errato secondo cui i tassi di interessi sono fissati dai mercati, i quali necessitano di essere “rassicurati“ dai governi per mezzo di politiche fiscali “responsabili“, quando in realta’ […] i tassi di interesse sui titoli di Stato sono una variabile che dipende sempre dalla politica monetaria della banca centrale (anche quando quest’ultima sceglie, per ragioni politiche, di lasciare che siano i mercati a determinare i tassi,come ha spesso fatto la BCE in passato).
La risposta della BCE alla crisi determinata dalla pandemia lo ha reso ampiamente evidente.
Da marzo, la BCE ha intensificato il suo programma di acquisto titoli e oggi sta effettivamente finanziando il disavanzo pubblico dell’Italia, acquistando praticamente tutte le obbligazioni italiane di nuova emissione; di conseguenza, nonostante un significativo aumento del deficit e del debito pubblico, i tassi di interesse sulle obbligazioni italiane sono scesi a livelli record.
Cio’ dimostra, al di la’ di ogni dubbio, che la BCE puo’ sempre impedire che l’aumento del deficit (o dei livelli del debito) spinga all’insu’ i tassi di interesse.
Se lo avesse voluto, la BCE avrebbe potuto scegliere di stabilizzare i tassi di interesse italiani durante le turbolenze politiche del 2018-2019, consentendo cosi’ il regolare svolgimento del processo democratico, invece di lasciare che i mercati obbligazionari influenzassero l’agenda politica […]
Allo stesso modo, proprio come la BCE sta oggi creando denaro per sostenere gli sforzi nazionali per combattere la pandemia, avrebbe potuto fare lo stesso in passato per aiutare i governi a combattere la disoccupazione e altre piaghe sociali invece di insistere affinche’ riducessero i loro livelli di deficit e di debito.

Info:
http://osservatorioglobalizzazione.it/recensioni/il-mito-del-deficit-kelton/
https://www.lafionda.org/2020/09/27/il-mito-del-deficit/
https://fazieditore.it/catalogo-libri/il-mito-del-deficit/
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19308-brian-cepparulo-il-mito-del-deficit-stephanie-kelton-e-la-nuova-frontiera-della-mmt.html

Capitalismo/Foer

Franklin Foer – I nuovi poteri forti. Come Google, Apple, Facebook e Amazon pensano per noi – Longanesi (2018)

Negli ultimi dieci anni il giornalismo ha iniziato a dipendere in maniera pericolosa da Facebook e Google.
Le big tech forniscono alle testate giornalistiche una quota enorme del loro pubblico, e di conseguenza dei loro ricavi.
Questa situazione conferisce una grande influenza sul giornalismo alla Silicon Valley, che ha sfruttato al massimo il proprio potere.
La dipendenza genera disperazione, una folle e sfacciata caccia ai clic su Facebook, uno sforzo senza sosta per rientrare negli algoritmi di Google, e porta i mezzi d’informazione a sottoscrivere accordi terribili, che sembrano necessari per l’autoconservazione, ma in realta’ consentono a Facebook e Google di controllarli ancora piu’ saldamente […]
Facebook puo’ decidere che i suoi utenti preferiscono i video ai testi, o che vogliono leggere piu’ articoli di propaganda a loro ideologicamente gradita che notizie pure e semplici.
Quando Facebook cambia direzione in questo modo, o quando
Google modifica qualcosa nel suo algoritmo, il traffico web diretto ai mezzi di informazione subisce un contraccolpo immediato, con l’effetto a catena che ne consegue […]
Il problema pero’ non e’ solo la vulnerabilita’ economica, ma anche il modo in cui le societa’ tecnologiche dettano gli schemi di lavoro, il modo in cui la loro influenza puo’ modificare la morale di un’intera professione sulla base delle loro necessita’, magari abbassando gli standard di qualita’ o riducendo le tutele etiche

Info:
http://www.mangialibri.com/libri/i-nuovi-poteri-forti
https://luz.it/spns_article/franklin-foer-intervista/
https://www.anobii.com/books/I_nuovi_poteri_forti/9788830451117/01b615ecf78e1d30ad