Populismo/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel neoliberalismo – Derive Approdi (2016)

Il termine populista descrive meglio tre aspetti fondamentali del campo politico in cui oggi si schierano molti movimenti sociali:
1) l’opposizione fra 
un Noi che raggruppa la quasi totalita’ del corpo sociale e un Loro che rappresenta un’infima minoranza;
2) l’assenza di una analisi della composizione di classe interna al Noi, per cui il conflitto e’ giocato sul terreno delle rappresentazioni politiche e simboliche piu’ che su quello socio-economico;
3) il depotenziamento della coppia oppositiva destra/sinistra, che appare riassorbita nella coppia elite/popolo.
L’ultimo punto chiama in causa il tema della «ambiguita’» ideologica del populismo e del suo linguaggio politico: non e’ un caso se molti movimenti populisti prendono accuratamente le distanze dai partiti tradizionali […]
Cio’ si spiega con il fatto che il risentimento nei confronti del ceto politico, percepito in blocco come una casta corrotta che – a prescindere dalle ideologie – rappresenta esclusivamente gli interessi delle oligarchie, e’ una delle piu’ potenti spinte motivazionali delle rivolte popolari degli ultimi decenni, e rappresenta quindi uno strumento decisivo per raccogliere ampi consensi trasversali.

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Societa’/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

In tutte le democrazie elettorali occidentali il sistema politico si configurava come un conflitto tra sinistra e destra di tipo classista, incentrato sul problema della redistribuzione.
I partiti socialdemocratici (intesi in senso ampio: dunque, il partito democratico negli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti socialdemocratici, laburisti, socialisti e comunisti in Europa) venivano votati dagli elettori socialmente piu’ svantaggiati, mentre i partiti di destra e di centrodestra (quali il partito repubblicano degli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti cristiano-democratici, conservatori e liberal-conservatori in Europa) raccoglievano i suffragi degli elettori socialmente piu’ avvantaggiati […]
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, in tutti i paesi analizzati il sistema politico sopra descritto si e’ progressivamente logorato. I nomi dei partiti in qualche caso sono rimasti gli stessi (cosi’ e’ accaduto negli Stati Uniti per i partiti democratico e repubblicano, evidentemente ritenuti inossidabili nonostante i numerosi cambi di identita’); in altri casi, si e’ avuto un accelerato rinnovamento delle sigle, come e’ avvenuto in Francia e in Italia negli ultimi decenni. Ad ogni modo, che il nome dei partiti sia rimasto lo stesso o meno, la struttura del conflitto politico nelle democrazie elettorali occidentali tra il 1990 e il 2020 non e’ confrontabile con quella del periodo 1950-1980. Nel dopoguerra, in tutti i paesi analizzati, la sinistra elettorale era il partito dei lavoratori; negli ultimi decenni e’ invece diventata – un po’ dovunque – il partito dei laureati, che raccoglie consensi tanto maggiori quanto piu’ e’ elevato il titolo di studio degli elettori; in questo modo, gli elettori meno istruiti – che
pure hanno ridotto di molto la loro partecipazione alle urne – hanno progressivamente smesso di votare a sinistra, determinando cosi’ un completo ribaltamento dell’effetto istruzione sul voto.
E quando si verifica un cambiamento cosi’ radicale, in tanti paesi diversi e con una dinamica che dura da piu’ di sei decenni, non puo’ trattarsi soltanto di un abbaglio […]
La disaffezione delle classi popolari si spiegano con il fatto che partiti e movimenti politici non hanno saputo rinnovare la propria piattaforma ideologica e programmatica in modo da adeguarla alle nuove sfide socioeconomiche emerse nel corso dell’ultimo mezzo secolo, riconducibili soprattutto alla diffusione dell’istruzione e alla globalizzazione economica.
Con l’accesso senza precedenti all’istruzione universitaria, la sinistra elettorale e’ diventata il partito dei laureati e di chi ha avuto successo negli studi (la “sinistra intellettuale benestante”), mentre la destra elettorale ha continuato a essere votata – anche se meno di un tempo – da chi possiede redditi e patrimoni elevati (la “destra mercantile”). In questo modo, le due compagini che si sono alternate al governo hanno iniziato ad adottare politiche sociali e fiscali non troppo dissimili.
Inoltre, con lo sviluppo di scambi commerciali, finanziari e culturali su scala globale, tutti i paesi sono stati condizionati da una concorrenza sociale e fiscale sempre piu’ agguerrita, a tutto vantaggio dei gruppi che dispongono del capitale umano, di competenze e/o finanziario piu’ elevato e strutturato. Per contro, i partiti socialdemocratici non hanno mai messo a punto un programma di redistribuzione che andasse al di la’ dei rispettivi confini nazionali. In un certo senso, non hanno mai tenuto conto della preoccupazione espressa da Hannah Arendt quando, nel 1951, osservava che la regolamentazione delle forze incontrollate dell’economia globale sarebbe stata possibile soltanto a patto di sviluppare nuove forme politiche transnazionali.
Invece, a partire dagli anni ottanta-novanta del secolo scorso, i partiti socialdemocratici hanno fortemente contribuito a promuovere la liberalizzazione dei flussi di capitale, senza scambio di informazioni e nella totale assenza di norme e tasse comuni (nemmeno tra Stati membri dell’Unione Europea).

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Populismo/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano – il Saggiatore (2019)

Il meme del Kekistan e’ la prova che e’ emersa una nuova base razionale del fascismo: una nuova forma di tecnoconservatorismo, che si oppone ai diritti delle donne e delle minoranze etniche e si basa apertamente su principi antiumanisti.
La sua pericolosita’ non risiede nella capacita’ di mobilitare qualche migliaio di militanti fascisti vecchio stampo, bensi’ nella capacita’ di creare sinergie fra tre sezioni della destra che negli ultimi trent’anni, secondo i sociologi, operavano normalmente una contro l’altra: l’«estrema destra» (i fascisti dichiarati) la «destra radicalpopulista», che tendenzialmente evitava la violenza e costruiva la sua base elettorale facendo appello alla nostalgia e all’insicurezza culturale diffuse fra la classe operaia, e la stessa destramoderata […]
Detta in parole povere, l’estrema destra e’ un work in progress.
Ha successo quando ha per le mani un’unica grande rivendicazione intorno a cui polarizzare l’elettorato; il gruppo fascista piu’ piccolo ed estremista e’ sempre pronto a gravitare verso il partito populista di successo, e moltissimo dipende da come reagiscono i partiti tradizionali.
In tutta Europa, i partiti populisti di destra stavano imparando come surclassare i centristi, paralizzati dalla loro fedelta’ a un sistema economico che non funzionava.
Il risultato e’ il panorama che abbiamo sotto i nostri occhi oggi: partiti populisti di destra governano in Polonia, in Ungheria e in Repubblica Ceca, e in Austria e in Italia all’interno di coalizioni. E quando conquistano il potere statale, o i privilegi parlamentari che derivano da risultati elettorali a doppia cifra, fanno cio’ che fa Trump: usano i meccanismi dello Stato democratico per legittimare incitamenti all’odio, paralizzare l’applicazione delle leggi contro i fascisti dichiarati e colpire le comunita’ di migranti con repressioni ed espulsioni.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Capitalismo/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel liberismo – Derive Approdi (2016)

L’economia reale e’ sempre piu’ controllata da oligopoli e monopoli (anche per l’assenza di legislazioni antitrust realmente in grado di limitarne il dominio).
Ma il vero problema […] e’ politico, visto che sono le decisioni politiche a determinare in che misura le imprese possono esercitare il potere di mercato.
Del resto, potere di mercato e potere politico si rafforzano a vicenda, come dimostra il fatto che la grande svolta verso la disuguaglianza e’ coincisa con la sterzata a destra della classe politica americana, la quale:
1) ha deregolamentato l’attivita’ bancaria ed evitato di disciplinare gli eccessi della finanza «creativa»;
2) ha ridotto il potere contrattuale dei lavoratori smantellandone le organizzazioni sindacali;
3) si e’ progressivamente integrata con le elite economiche grazie alla crescita dei contributi elettorali, all’attivita’ delle lobby e alla pratica della revolving door (lo scambio di ruoli fra manager pubblici e privati).

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Capitalismo/De Benoist

Alain DeBenoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

La maggioranza degli elettori ha avuto molte occasioni di constatare che, almeno da trent’anni, i partiti di sinistra realizzano politiche di regresso sociale che non hanno niente da invidiare a quelle della destra […]
Ogni vittoria della sinistra corrisponde obbligatoriamente a una sconfitta del socialismo».
Assistiamo, in effetti, alla fine non soltanto del socialismo istituzionale, ma anche della socialdemocrazia, che si e’ dissolta nel liberalismo e ormai serve solo a produrre il rivestimento “progressista”, che permette alla sinistra di essere in sintonia con le recenti evoluzioni del capitalismo.
Piu’ la sinistra aderisce al sistema vigente, di cui il popolo sperimenta la malvagita’, piu’ il popolo se ne allontana; piu’ il popolo si allontana dalla sinistra, piu’ quest’ultima ostenta il suo disprezzo per il popolo.
Questo divorzio, che non e’ tipico della Francia ma si trova ovunque, e’ ora consumato.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Capitalismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

La crescita di una cultura di sinistra di ispirazione edonistico-libertaria (radical chic) ha ugualmente contribuito a separare i partiti di sinistra dagli strati popolari, i quali hanno assistito con stupefazione prima all’emergere, e poi all’insediamento mediatico, di una sinistra mondana e arrogante portata, piu’ che a tutelare gli interessi della classe operaia, a difendere la “omogenitorialita’”, i clandestini, l’“arte contemporanea”, i diritti delle minoranze, il discorso sugli “stereotipi di genere”, il “politicamente corretto”, le fobie corporali e la sorveglianza permanente del comportamento altrui.
Il liberalismo culturale confluiva cosi’ nel liberalismo economico che, al fine di permettere l’espansione senza fine del mercato, cerca di distruggere tutte le forme tradizionali di esistenza, a cominciare dalla famiglia, che e’ una delle ultime isole di resistenza al regno del solo valore commerciale.
Gli eredi del Sessantotto, i quali un tempo gridavano «vietato vietare» e «godere senza ostacoli» (due slogan tipicamente liberali), hanno dal canto loro compreso rapidamente che i loro desideri potevano essere soddisfatti meglio dal capitalismo liberale e sono cosi’ passati senza difficolta’ dal “godere senza ostacoli” al “consumare senza limiti” e dall’utopia della globalizzazione della societa’ senza classi all’utopia della globalizzazione neoliberale.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Populismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

Abbiamo […] assistito alla quasi scomparsa delle famiglie sociologiche, in cui si votava alla stessa maniera di generazione in generazione. Ancora alla meta’ degli anni Sessanta, piu’ si era cattolici, piu’ si votava a destra e, sul piano sociale, piu’ ci si identificava con la classe operaia, piu’ si votava a sinistra.
Da molto tempo non e’ piu’ cosi’.
La volatilita’ elettorale non ha smesso di accentuarsi, a tal punto che non e’ raro incontrare persone che, nel corso della loro vita, hanno praticamente votato per tutti i partiti […]
A questa apparente “destrutturazione” dell’elettorato corrisponde, al livello degli stati maggiori politici e delle squadre di governo, un prodigioso spostamento verso il centro, cui per natura spinge il bipartitismo.
Convinti che le elezioni “si vincono al centro” […] e non avendo ancora compreso che le classi medie si stanno decomponendo, i grandi partiti continuano, come all’epoca del “trentennio glorioso”, a far convergere al centro i loro discorsi per raggiungere
gli elettori esitanti, il che li porta a formulare programmi sempre piu’ simili […]
Alcuni se ne rallegravano, in nome dei benefici del “consenso […] Ma se il consenso fa sparire il dibattito stesso, allora allo stesso tempo sparisce la democrazia perche’, per definizione, essa implica, se non la pluralita’ dei partiti, almeno la diversita’ delle opinioni e delle scelte, insieme con il riconoscimento della legittimita’ di un conflitto tra queste opinioni e queste scelte[…] Se le une e le altre non si distinguono piu’ ne’ sugli obiettivi e nemmeno sui modi di raggiungerli, insomma se i cittadini non si vedono piu’ presentare alternative reali e vere possibilita’ di scelta, allora il dibattito non ha piu’ ragion d’essere e il quadro istituzionale che gli permetteva di avere luogo diventa un guscio vuoto, dal quale non e’ sorprendente vedere allontanarsi una maggioranza di elettori. Il prezzo del “consenso” e’ la diserzione civica […] Non si deve infatti dimenticare che […] il voto e’ anzitutto una modalita’ di rappresentazione e affermazione di se’.
Ora, e’ chiaro che l’elettorato, se ha la sensazione che non gli venga offerta alcuna alternativa dai partiti che si disputano il potere, non potra’ che disinteressarsi di un gioco politico che non gli permette piu’ di esprimere, attraverso il suffragio un’appartenenza o un’affiliazione. […]
Crescera’ allora il rischio di veder realizzare non una societa’ pacificata dal “consenso”, ma al contrario una societa’ pericolosa e potenzialmente belligena, in cui non ci si dovra’ sorprendere di vedere un ritorno vigoroso, in forme talvolta patologiche, di altre modalita’ di affermazione identitaria (religiosa, etnica, nazionale ecc.), che non deriveranno da chissa’ quale desiderio di “pericolosa purezza”, ma saranno la conseguenza logica del fatto che ormai non e’ piu’ possibile affermarsi come cittadini.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Populismo/Fukuyama

Francis Fukuyama – Identita’.La ricerca della dignita’ e i nuovi populismi – Utet (2019)

Il mondo e’ diventato molto piu’ ricco grazie ai guadagni di produttivita’ e alla globalizzazione dal 1988 al 2008, ma questi guadagni non sono stati distribuiti equamente.
Quelli che rientrano nei percentili tra il ventesimo e il settantesimo hanno avuto consistenti incrementi in reddito, e ancora maggiori sono stati quelli per il novantacinquesimo percentile. Ma la parte della popolazione globale attorno all’ottantesimo percentile ha conosciuto o stagnazione o guadagni marginali. Questo gruppo corrisponde in larga misura alla classe lavoratrice nei paesi sviluppati, cioe’ a persone con istruzione da scuola superiore o di livello minore. Pur rimanendo questi in una condizione economica molto migliore di quelli che si trovano sotto di loro, hanno perso terreno in misura significativa rispetto a chi rientra nel 10 per cento di vertice della distribuzione. Il loro status relativo, in altre parole, e’ precipitato bruscamente. […]
In queste circostanze ci si sarebbe aspettato di assistere alla massiccia ripresa di una sinistra populista in quei paesi soggetti ai piu’ alti livelli di disuguaglianza.
Fin dalla Rivoluzione francese, la sinistra si e’ definita come il partito dell’uguaglianza economica, intenzionata a usare la forza dello stato per redistribuire la ricchezza dai ricchi ai poveri. Ma all’indomani della crisi finanziaria globale si e’ assistito a una situazione pressoche’ opposta: l’affermarsi di forze nazionaliste populiste di destra in molte parti del mondo sviluppato. Questo si e’ verificato piu’ che in ogni altro luogo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, due paesi nei quali la deindustrializzazione aveva devastato la vecchia classe operaia. […]
Come si spiega che la sinistra non sia riuscita a capitalizzare il crescere della disuguaglianza sociale, e che il suo posto sia stato preso dalla destra nazionalista? Non si tratta di un fenomeno inedito: i partiti di sinistra perdono a favore dei nazionalisti da ben oltre un secolo, e proprio in quelle circoscrizioni povere o della classe operaia che in teoria sarebbero dovute essere la loro più solida base di sostegno.
Nel 1914 la classe lavoratrice europea non si schiero’ sotto le bandiere dell’Internazionale socialista ma, allo scoppio della prima guerra mondiale, ciascuna con i suoi governi nazionali. Questo fallimento ha sconcertato per anni i marxisti […]
Essere poveri significa essere invisibili agli esseri umani propri simili, e l’indegnita’ dell’invisibilita’ e’ spesso peggiore della mancanza di risorse.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

 

 

Populismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

Una formidabile crisi di fiducia investe al contempo gli uomini, le istituzioni e i mezzi di informazione.
Non si crede piu’ a nessuno, non si crede piu’ in niente. Rinchiusi in un sistema dove si puo’ fare tutto a condizione che non cambi niente, sottoposti tutti i giorni alle conseguenze di decisioni che non hanno preso, costretti a fronteggiare il disconoscimento mediatico e la superiorita’ morale di cui le elite si attribuiscono con arroganza il monopolio, i nostri contemporanei diventano matti. Allora si ribellano contro un pensiero unico il quale sostiene che non c’e’ alternativa all’ordine neoliberale e che la dissoluzione dei popoli nel mercato mondiale e’ l’unico orizzonte della storia degli uomini.
Dal 2005 si ripete lo stesso copione: la destra dice di votare “Si”, la sinistra dice di votare “Si”, tutti i grandi mezzi di informazione dicono di votare “Si”, gli esperti internazionali e i capi di Stato stranieri dicono di votare “Si”, e il popolo dice “No”.
Risultato: lo stupore rivaleggia con l’indignazione e con la collera. E, dal lato delle elite, cresce il disprezzo verso un popolo imprevedibile, che pensa male e le cui reazioni smentiscono tutte le previsioni. Anche qui, la paura e’ onnipresente: paura della collera del popolo, paura di perdere i privilegi e le
posizioni acquisite, paura di veder esplodere i muri di carta del proprio microcosmo.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/