Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuori- scena (2023)

Non basta sfruttare i lavoratori per ottenere merci che producano maggiore valore rispetto al capitale investito; tali merci devono anche essere vendute e questo fatto non e’ per nulla garantito.
Ogni produttore si trova a operare in competizione con tutti gli altri. Per poter sopravvivere, deve vendere le proprie merci meglio degli altri, i quali hanno esattamente lo stesso obiettivo […]
La trincea in cui si consuma la guerra e’ quella dei prezzi. Chi li abbassa vince. E la battaglia sui prezzi e’ inseparabile dalla questione piu’ politica di tutte, ovvero il tasso di sfruttamento.
Cosi’ rientra in gioco il rapporto tra capitale e lavoro, e possiamo comprendere la ragione profonda per cui la crescita della nostra economia, trainata dai capitalisti che sopravvivono, si gioca sulla pelle dei lavoratori.
La tendenza insita nel nostro sistema e’ quella di aumentare il tasso di sfruttamento, non per la crudelta’ dei singoli capitalisti (possono esserlo o meno, e’ secondario) ma per effetto della pressione della competizione reale […]
Se Apple volesse produrre l’iPhone negli StatiUniti invece che nel Sud del mondo, dove puo’ giocare su salari da fame e ritmi di lavoro disumani, e intendesse mantenere lo stesso livello di profitto, dovrebbe venderlo a 30.000 dollari anziche’ a 900. 

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html

 

Economia di mercato/Saito

Il capitale nell’Antropocene – Kohei Saito – Einaudi (2024)


La trappola della produttivita’.
Per affrontare di petto la «trappola della crescita economica», Rockstrom sostiene che occorre prendere in considerazione l’opzione di rinunciarvi del tutto.
E la ragione e’ semplice. Rinunciando alla crescita, e riducendo cosi’ la scala dell’economia, si ottiene in cambio la possibilita’ di raggiungere molto piu’ facilmente gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Si tratta di una decisione che punta a fermare il processo di distruzione ambientale e a mantenere condizioni di prosperita’ per l’essere umano.
Una decisione che pero’ e’ inaccettabile dal punto di vista capitalista. E questo perche’ il capitale ha in serbo per noi un’altra trappola, quella della produttivita’.
Nel tentativo di ridurre i costi, il capitalismo tenta di aumentare la produttivita’ del lavoro. Se questa cresce, diventa possibile produrre gli stessi quantitativi con un numero minore di persone. In questo caso, a parita’ di scala dell’economia, nasce il fenomeno della disoccupazione.
Il problema e’ che sotto il capitalismo i disoccupati non hanno mezzi di sussistenza, e i politici non gradiscono un alto tasso di disoccupazione. Per questo, allo scopo di mantenere l’occupazione, esercitano continuamente forti pressioni per espandere le dimensioni dell’economia. Espandere la produzione significa inevitabilmente espandere anche la scala dell’economia. Ecco «la trappola della produttivita’».
Il capitalismo e’ incapace di sottrarvisi, e nello stesso tempo non e’ in grado di rinunciare alla crescita economica. E cosi’, anche tentando di opporsi ai cambiamenti climatici, aumenta il consumo delle materie prime, cadendo stavolta nella «trappola della crescita economica»

Info:
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29907-city-strike-genova-saito-1-vs-saito-2-ecologismi-a-confronto.html
https://www.einaudi.it/approfondimenti/intervista-saito-kohei/

https://www.cdscultura.com/2024/02/il-capitale-nellantropocene/
https://businessweekly.it/recensioni-libri-business/il-capitale-nellantropocene-il-capitalismo-e-responsabile-della-crisi-climatica/

https://www.micromega.net/il-capitale-antropocene-marx
https://naufraghi.ch/dinosauro-non-e-marx-ma-il-capitalismo/
https://www.antropocene.org/index.php/321-saito
https://journals.openedition.org/anuac/484?lang=it

Economia di mercato/Galli

Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Giorgio Galli, Francesco Bochicchio – Mimesi (2018)

La tutela del risparmio ha una valenza sociale che e’ miope sottovalutare.
Ma quello che conta e’ un altro aspetto, ancora ben piu’ importante di questo, gia’ importante, e si tratta di aspetto da politica economica: il risparmio e’ una forma di partecipazione al capitale e cosi’ non solo si puo’ aprire una dialettica all’interno di esso, non piu’ granitico, ma soprattutto (si prende atto che) una parte rilevante del capitale e’ in mano a soggetti con interessi incompatibili a quelli del capitale stesso.
Non vi e’ solo una dialettica all’interno del capitale con lotta tra capitali […] ma vi e’ una scissione tra due volti del capitale, l’uno teso a una rivalutazione contenuta nel tempo e l’altro alla propria accumulazione, volti non compatibili tra di loro, in quanto l’accumulazione del capitale si realizza anche con la distruzione dei piccoli capitali, come dimostra la crisi finanziaria con l’utilizzo abnorme della speculazione finanziaria.
Non si tratta solo di utilizzare i fondi pensione per la partecipazione dei lavoratori alle imprese e alla loro gestione, come proposto nel Piano Meidner della socialdemocrazia svedese – nella seconda meta’ degli anni ’70 –, ma occorre un vero e proprio salto di qualita’, in grado di imporre una gestione non speculativa dei fondi pensione e di assicurare un forte limite alla conduzione delle imprese da parte del grande capitale per condizionarlo in senso razionale e non arbitrario […]
La sinistra ha sempre assunto nei confronti del risparmio un atteggiamento penalizzante considerandolo omogeneo rispetto al capitale e pertanto si e’ rivelata un alleato inconsapevole dello stesso capitale finanziario.
E’ mancata una logica diversa di sviluppare un antagonismo tra i due considerando il risparmio quale compenso differito e pertanto interessato in generale a una redditivita’ contenuta e sicura e cosi’ omogenea alla tutela del lavoro e del consumo.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/marchesi-libero-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/quotidiano-sud-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf

Lavoro/Serughetti

La società esiste – Giorgia Serughetti – Laterza (2023)


Solo se i lavoratori e le lavoratrici sono riconosciuti nella loro dignita’, e hanno voce nelle decisioni, e’ possibile agire collettivamente per disinquinare il pianeta e salvarlo.
La prima parola d’ordine, quindi, e’ «democratizzare»: rinvigorire ed estendere la rappresentanza di chi lavora all’interno dell’impresa […]
«Oggi e’ diventato ingiustificabile non emancipare le/gli investitrici/tori in lavoro concedendo loro la cittadinanza nell’impresa. Si tratta di un cambiamento necessario». Chi investe nell’impresa il proprio lavoro, e la propria salute, in pratica la vita, deve anche poter partecipare alle decisioni.
La seconda parola e’ «demercificare».
La crisi ha mostrato che ci sono bisogni collettivi strategici, in primis quelli di cura e la fornitura di risorse di sopravvivenza, che devono essere protetti dalla mercificazione. Ma ha altresi’ imposto la necessita’ di garantire a ognuna e ognuno l’accesso a un lavoro che consenta di affermare la propria dignita’ […]
I due principi di democratizzazione e demercificazione sono interconnessi, perche’ una garanzia di occupazione per tutte e tutti garantirebbe anche l’evoluzione in positivo delle condizioni di impiego e di lavoro, fornendo una base coerente per costruire un’architettura democratica delle relazioni collettive di lavoro.
La terza parola e’ «disinquinare».
Nei piani per la ripresa, se «gli Stati intervengono per salvare le imprese, e’ importante che queste si adeguino al quadro generale della democrazia.
Lo Stato, in nome della societa’ democratica che serve e di chi la costituisce, e in nome della sua responsabilita’ di garantire la nostra sopravvivenza ambientale, deve subordinare il suo intervento a cambiamenti di direzione nella linea strategica delle imprese che hanno ricevuto l’aiuto». Il capitale, lasciato a se stesso, non avra’ alcun interesse a sostenere il costo della transizione ambientale. L’intervento pubblico e la governance interna democratica dei luoghi di lavoro possono invece conseguire questo obiettivo.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/29695-patrizio-paolinelli-una-buona-societa-e-possibile.html
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-esiste-di-giorgia-serughetti/

https://www.retisolidali.it/la-societa-esiste-serughetti-serve-una-nuova-grammatica-delle-lotte/
https://www.sololibri.net/La-societa-esiste-Giorgia-Serughetti.html
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/serughetti_fattoquot.pdf
https://www.doppiozero.com/la-verita-vi-prego-sulla-societa
https://eticaeconomia.it/la-societa-esiste/

Green New Deal/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Negli ultimi decenni politici, imprenditori e persino molti rappresentanti di ONG nelle discussioni sui processi di crisi globale hanno parlato molto di “responsabilita’ aziendale” e di “green economy”, di strategie win-win e di strategie per la sostenibilita’ che avrebbero dovuto mettere insieme interessi commerciali, protezione dell’ambiente e giustizia sociale.
Mentre si discuteva, tuttavia, c’era un enorme elefante nella stanza che veniva nobilmente trascurato.
Il fatto evidente che il principio dell’accumulazione infinita di capitale, della moltiplicazione di denaro per amore della moltiplicazione di denaro siano la causa centrale del fatto che il nostro sistema economico si trovi in rotta di collisione con il pianeta, e’ una questione che e’ stata sottaciuta al meglio, e questo anche da parte di persone benintenzionate […]
Sempre piu’ persone si rendono conto che una seria svolta socio-ecologica e’ possibile solo se si inizia a uscire dalla logica dell’accumulazione del capitale […]
Tutti gli approcci per uscire dalla megamacchina devono prima o poi confrontarsi con il potere delle grandi societa’ per azioni che costituiscono il motore dell’economia capitalista. Il totale del bilancio delle cinquecento maggiori imprese del mondo ammonta oggi a ben il 40% del prodotto sociale mondiale. Esse dominano una parte considerevole dei processi decisionali politici, della produzione di conoscenza e dei media, e la tendenza e’ in aumento.
Nonostante il loro evidente potere, tuttavia, questi giganti hanno una debolezza che spesso viene trascurata: la maggior parte di essi non potrebbe esistere senza un sostegno da parte dello Stato.
A costoro non si e’ mai applicato il tanto invocato “libero mercato”; al contrario, il loro potere e la loro ricchezza si basano in gran parte sull’interdipendenza con lo Stato […]
Ancora oggi sono strettamente interconnessi: industrie chiave come quelle del carbone, del petrolio, dell’automobile e dell’agricoltura vengono protette e fortemente sovvenzionate da quasi tutti i governi, attraverso finanziamenti diretti, agevolazioni fiscali o privilegi commerciali. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) solo le industrie del petrolio, del gas naturale e del carbone ricevono ogni anno sovvenzioni per oltre trecento miliardi di dollari nel mondo.
Il Fondo Monetario Internazionale, con altri calcoli che tengono conto anche dei danni ambientali non pagati, arriva alla strabiliante cifra di cinquemila miliardi di dollari all’anno. A cio’ si aggiungono i costi per la protezione militare di oleodotti e altre vie di trasporto. Quindi con migliaia di miliardi di tasse stiamo sostenendo proprio le strutture che ci stanno portando verso il caos climatico.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Economia di mercato/Piketty

Il socialismo del futuro – Thomas Piketty – Baldini+Castoldi (2024)


La nozione di «prodotto interno lordo» (PIL) pone non pochi problemi.
Sarebbe semmai preferibile che gli istituti statistici si concentrassero sul «prodotto interno netto», vale a dire al netto del consumo di capitale fisso, corrispondente al netto del costo del capitale e delle infrastrutture (riparazioni degli edifici e dei macchinari, sostituzione dei computer, eccetera).
Questo capitale ridotto, infatti, non costituisce reddito per nessuno, ne’ per i dipendenti ne’ per gli azionisti, e in piu’ tende a crescere nel tempo. Durante gli anni Settanta, il consumo di capitale fisso ha rappresentato nelle economie sviluppate il 10% circa del PIL, e oggi supera il 15% del PIL stesso (segno dell’obsolescenza accelerata dei macchinari). Il che significa che una (piccola) parte dell’aumento della produttivita’ del lavoro calcolata in una misura superiore non e’ che un’illusione.
Parimenti, se si valutasse correttamente il consumo di capitale naturale, una parte dell’aumento del PIL mondiale scomparirebbe (il valore delle estrazioni annue di risorse naturali non e’ molto lontano da quello del PIL: si attesta attualmente sul 3% annuo e tende a crescere nel tempo, a seconda della valorizzazione delle risorse.

Info:
https://www.linkiesta.it/2023/05/thomas-piketty-ezra-klein-socialismo-partecipativo/
https://riccardosorrentino.blog.ilsole24ore.com/2021/08/27/piketty-un-sovranista-illiberale-sinistra/?refresh_ce=1

https://www.pandorarivista.it/articoli/capitale-e-ideologia-di-thomas-piketty/ https://www.micromega.net/piketty-stiglitz-capitalismo-socialismo
https://www.rivistailmulino.it/a/un-futuro-per-la-socialdemocraziahttps://lespresso.it/c/idee/2020/11/1/piketty-per-salvare-il-futuro-diamo-a-tutti-i-giovani-uneredita-di-cittadinanza/45519

Europa/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

L’avvento della globalizzazione ha significato e significa tutt’oggi uno sbilanciamento nei rapporti di potere tra i poli di capitale e mercato e di lavoro e democrazia egualitaria, a vantaggio del capitale e a scapito di chi lo serve.
Tra i suoi effetti si annoverano la soppressione del modello di crescita keynesiano, che presuppone mercati dei capitali contenibili a livello nazionale, e la degradazione della democrazia egualitaria a forza produttiva. I cambiamenti istituzionali necessari a tale obiettivo – quali la “flessibilizzazione” del mercato del lavoro e del lavoro medesimo, con l’indebolimento dei sindacati e della loro capacita’ di sciopero, la protezione delle banche centrali dal rischio di influenza da parte di governi eletti dai cittadini, il risanamento dei conti pubblici, la ristrutturazione dello stato sociale in direzione di politiche attive e di ridimensionamento del suo ruolo, la privatizzazione delle istituzioni e dei servizi pubblici, l’aumento della cosiddetta partecipazione diretta, anche da parte dei cittadini e cosi’ via – trovarono attuazione, pur con velocita’ e priorita’ differenti, piu’ o meno ovunque nelle democrazie capitaliste cosi’ sottomesse a una rivoluzione neoliberale, nella gran parte dei casi per un impulso unanime di entrambe le principali fazioni, centro-destra e centro-sinistra.
Il processo neoliberale di affrancamento del capitalismo dalla democrazia, tuttavia, non avvenne senza resistenza, e la strada che lo separava dal suo ultimo obiettivo fu sempre molto lunga.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Capitalismo/Marcon

Se la classe inferiore sapesse. Ricchi e ricchezze in Italia – Giulio Marcon – People (2023)

I «quattro motori della diseguaglianza» […]
Il primo motore e’ il potere del capitale sul lavoro: nell’epoca neoliberista si sono rovesciati i rapporti di forza, soprattutto grazie all’ascesa della finanza e all’indebolimento dei sindacati […]
La seconda ragione sta nella crescita del capitalismo oligarchico, nella creazione cioe’ di una nuova aristocrazia del denaro, con una concentrazione della ricchezza mai vista. La concentrazione di questa ricchezza ha avuto la priorita’ sulla crescita dei flussi di reddito […]
A queste due prime ragioni [si aggiungono] altri due motivi piu’ profondi e che riguardano innanzitutto i processi di individualizzazione sociale, ovvero l’indebolimento delle identita’ collettive, dei corpi intermedi e dei sindacati a favore di processi di precarizzazione e frammentazione del mercato del lavoro. Anche questo e’ un segno del potere del capitale sul lavoro. Non solo individualizzazione, ma privatizzazione di ogni dimensione sociale […]
Infine c’è l’arretramento della politica […], la riduzione del ruolo dello Stato che ha dato ancora piu’ spazio al mercato e alla dinamica del profitto privato a scapito dell’interesse generale. Questo arretramento ha significato non solo una ritirata dall’esercizio della funzione di governo e delle politiche pubbliche, ma anche la loro subalternita’ – e, in alcuni casi, l’appalto – al potere economico e finanziario nelle decisioni assunte […]
Se non si mette mano a misure di limitazione della trasmissione dei privilegi, le diseguaglianze si trasmettono da una generazione all’altra.
Attraverso un coefficiente di trasmissione intergenerazionale di diseguaglianza, con una metodologia statistica elaborata negli ultimi trent’anni, e’ stata stimata la situazione in Europa. La scala va da 0 a 1. Se e’ 0, significa che la trasmissione intergenerazionale della diseguaglianza non esiste; se e’ 1, invece, e’ totale.
Mentre nei Paesi nordici come Svezia e Danimarca il coefficiente e’ pari a 0,13/0,14%, in Gran Bretagna e in Italia arriva allo 0,50%. E’ evidente che chi nasce in una famiglia di ricchi avra’ – rispetto al figlio di un povero – la possibilità di ottenere un’istruzione di qualità (magari in una scuola privata o in un’universita’ all’estero) e di godere di relazioni sociali elevate (con famiglie influenti, potenti, ecc.) che gli permetteranno di avere una corsia preferenziale per un buon lavoro e una carriera gia’ instradata.

Info:
https://altreconomia.it/se-la-classe-inferiore-sapesse-chi-sono-i-ricchi-e-perche-continuano-a-essere-ammirati/
https://www.lafionda.org/2024/01/09/se-la-classe-inferiore-sapesse/
https://www.ossigeno.net/post/se-la-classe-inferiore-sapesse
https://altreconomia.it/perche-sappiamo-cosi-poco-dei-ricchi/

Economia di mercato/Kurz

Il capitale mondo.Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz – Meltemi (2022)

Tutta l’interminabile serie di fusioni e di acquisizioni “ostili” degli ultimi 15-20 anni prende le mosse dall’intreccio tra l’economia speculativa delle bolle finanziarie e l’economia reale. […]
Questo intreccio disperato, il cui fondamento e’ la crisi della terza rivoluzione industriale, si manifesta in forme differenti:
a) Fondamentalmente si tratta di processi di concentrazione che mirano a una partecipazione al “mercato delle imprese” del nuovo capitale finanziario. L’obiettivo non e’ l’espansione delle capacita’ produttive bensi’ lo smantellamento di certe imprese o parti di imprese per impadronirsi della liquidita’ oppure per gettarle nella circolazione dei titoli finanziari cosi’ da ricavare utili differenziali […]
b) Allo stesso tempo si punta a smantellare le capacita’ eccedenti nazionali e globali sul piano dell’economia reale cosi’ come nel settore bancario e in quello assicurativo sulla scia della contrazione del mercato mondiale. Non e’ raro che un’impresa ne acquisti un’altra all’interno e all’estero solo per chiuderla il piu’ velocemente possibile, cosi’ da eliminare un concorrente fastidioso dal terreno sempre piu’ angusto della riproduzione capitalistica […]
c) Una percentuale, anche se inferiore, delle acquisizioni si verifica per motivi legati all’outsourcing. Alcuni settori dell’impresa incorporata vengono recisi per essere venduti sul “mercato delle imprese”, certi altri invece conservano la loro funzione per l’impresa, cosicche’ l’acquirente possa cancellare la corrispondente funzione nella propria […]
d) Solo in una minoranza di casi abbiamo davvero a che fare con un’espansione reale (economico-aziendale) delle capacita’, nel momento in cui le imprese vengono acquisite sulla base di un calcolo economico globale, cosi’ da produrre merci sui diversi mercati del globo, assorbendo potere d’acquisto.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz