Capitalismo/Zizek

Slavoj Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumenita’ – Ponte alle Grazie (2019)

Dal momento che, nella nostra societa’, la libera scelta viene elevata a valore supremo, il controllo e il dominio sociale non possono piu’ mostrarsi mentre invadono la liberta’ del soggetto; devono apparire proprio come (ed essere sostenuti da) l’esperienza degli individui in quanto esseri liberi.
Ci sono molteplici modi in cui questa non-liberta’ appare sotto forma del suo opposto: quando siamo privati dell’assistenza sanitaria universale, dicono che ci stanno dando una nuova liberta’ di scelta (di scegliere chi provvede alla nostra salute); quando non possiamo più fare affidamento su un impiego a tempo determinato e siamo obbligati a cercare un lavoro nuovo e precario ogni due anni, dicono che abbiamo l’opportunita’ di reinventarci e scoprire nuovi e inattesi potenziali creativi nascosti nella nostra personalita’; quando dobbiamo pagare per l’istruzione dei nostri figli, ci dicono che diventiamo «imprenditori di noi stessi», che agiamo come capitalisti che scelgono liberamente come investire le risorse che possediamo (o che abbiamo chiesto in prestito) nell’educazione, nella salute, nei viaggi…
Costantemente bombardati dalle cosiddette «libere scelte», obbligati a fare delle scelte per la maggior parte delle quali non siamo neppure adeguatamente qualificati (o rispetto alle quali non abbiamo informazioni sufficienti), sperimentiamo sempre di piu’ la nostra liberta’ per quello che effettivamente e’: un peso che ci priva della vera scelta del cambiamento.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Populismo/Zielonka

Jan Zielonka – ontro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Laterza (2018)

Le inquietanti immagini di rifugiati arrivate dall’isola di Kos in Grecia o dal confine fra l’Ungheria e la Serbia hanno fatto pensare a molti che la migrazione sia causata principalmente dalle guerre nei turbolenti paesi vicini dell’Europa. Ma non sempre e’ cosi’.
In Irlanda, il piu’ grande gruppo di migranti e’ costituito da britannici, in Spagna e in Italia da romeni, in Austria da tedeschi. In altri paesi il gruppo piu’ grande di migranti e’ costituito da persone provenienti da paesi che non fanno parte dell’Unione europea: in Francia algerini, in Inghilterra indiani, in Germania turchi, in Polonia ucraini.
Il quadro e’ in realta’ molto assortito […]
Il numero dei migranti in Europa e’ costantemente salito nonostante le assicurazioni dei governi che avrebbero invertito o arrestato questa tendenza. Cio’ e’ dovuto in parte al fatto che la migrazione non e’ facile da controllare, e tanto meno da fermare.
Gli Stati continuano a coltivare la finzione politicamente conveniente di poter far valere unilateralmente il controllo sovrano sull’immigrazione, ma la realta’ e’ piu’ complessa.
Per esempio, la maggior parte degli immigranti varcano i confini in maniera legale, ma poi restano sul posto anche dopo che i loro visti sono scaduti […]
I governi, inoltre, che parlano della migrazione con durezza per ragioni politiche, spesso agiscono poi sulla migrazione in maniera morbida per ragioni economiche. I migranti non solo svolgono lavori che la popolazione locale non vuole svolgere, ma sono anche disposti a lavorare a condizioni che la popolazione locale non e’ disposta ad accettare (e ha la base legale per farlo).
L’economia neoliberista non sarebbe in grado di raggiungere il suo scopo di avere manodopera meno costosa e meno protetta se non ci fossero i migranti. In questo senso la politica di migrazione di numerosi Stati europei puo’ essere qualificata come simulazione sistemica.

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/

Finanziarizzazione/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista – Derive Approdi (2016)

Il «tempo reale» e l’ubiquita’ che caratterizzano oggi le operazioni finanziarie sarebbero impensabili in assenza delle tecnologie che hanno consentito di integrare tutte le maggiori borse del mondo in un unico, immenso mercato globale […]. [Questo] processo di «tecnicizzazione» dei mercati finanziari ha svolto un ruolo decisivo nell’ascesa della «finanza creativa», favorendo la creazione di titoli speculativi ad alto rischio come hedge fund, future e derivati, che si possono definire come vere e proprie scommesse sull’andamento futuro di determinati mercati – materie prime, alimenti e altro – sulle oscillazioni dei tassi di cambio fra monete e dei tassi di interesse dei titoli di Stato, nonche’ su molti altri eventi economici ma anche sociali (si scommette persino sul tasso di mortalita’ di determinate categorie sociali o popolazioni. […]
Di qui una serie di effetti a catena: una quota crescente del credito concesso dalle banche e’ stato utilizzato per acquistare titoli a elevato rendimento e a elevato rischio, invece che per effettuare investimenti produttivi, e l’enorme massa di denaro
che le banche hanno cosi’ creato dal nulla ha finito per sovrastare quello emesso dalle banche centrali.

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Schematizzando, si possono individuare quattro dimensioni della crisi, intrecciate tra loro:
– La prima e’ l’ingovernabilita’ crescente dei sistemi politici europei, che si autodefiniscono «rappresentativi»[…] l’affermazione di diversi populismi (la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle), sono state viste come un sintomo di questa ingovernabilita’, ma l’Italia non e’ un caso isolato […]
– Il secondo aspetto e’ lo smantellamento in Europa della cittadinanza sociale cosi’ come si era andata costruendo nel corso del XX secolo nel quadro di un Stato nazionalsociale […] che si fondava sulla possibilita’ di regolare la lotta diclasse attraverso rivendicazioni e negoziati organizzati (che sostituivano a loro volta forme di partecipazione civile), e dunque su compromessi legittimi (alle volte con valore costituzionale), riducendo al tempo stesso l’insicurezza dell’esistenza della maggioranza della popolazione.
Oggi assistiamo non soltanto a una precarizzazione, ma anche a una riproletarizzazione della popolazione europea, o di alcuni dei suoi strati costitutivi – penso alla disoccupazione di massa dei giovani in alcuni Paesi –, che si accompagna a fenomeni molto violenti di disaffezione e di individualismo negativo. […]
– Terzo elemento, l’approfondimento delle diseguaglianze all’interno dell’Europa […]
-Infine, il quarto elemento e’ lo scarto tra le procedure di decisione e quelle di discussione e di controllo: ne deriva il blocco della rappresentanza in Europa.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Stato/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

I due nuovi grandi fenomeni politici sono, da un lato l’emergere della governance e dall’altro l’ascesa dei populismi.
Derivata in origine dalla corporate governance, la tematica della governance, […] tende a trasformare i governi in organismi di gestione ispirati a metodi economici e a sminuirli al rango di strumenti subordinati agli imperativi economici e, soprattutto, finanziari […]
La governance mira alla privatizzazione della societa’ sul modello del mercato. Ora, il mercato non va d’accordo con la democrazia […]
L’uso sempre piu’ ripetitivo della parola governance […], attesta «una volonta’ di rimuovere il concetto di governo, con la sua connotazione politica sinonimo di priorita’ dell’autorita’ pubblica e dell’interesse generale su cio’ che rientra nell’ambito dell’interesse privato e degli attori privati. La governance e’ la fine del politico e, con esso, della democrazia civica» […]
Il populismo e’ anzitutto il segnalatore di una crisi o di una disfunzione grave della democrazia liberale.
Il populismo appare solo quando la democrazia liberale ha dato prova dei suoi limiti, quando non riesce piu’ a rispondere alle domande sociali, quando alimenta un senso di espropriazione democratica e appare solo come una mascherata, se non addirittura un freno alle aspirazioni popolari.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Il “miracolo” delle esportazioni tedesche non e’ tanto da imputare a una maggiore produttivita’ o efficienza del sistema tedesco, quanto piuttosto alla politica di compressione dei salari e della domanda interna perseguita dall’establishment politico-economico tedesco nei primi anni Duemila, nonche’ al fatto che gli altri paesi del continente non hanno seguito la stessa politica salariale, ma hanno invece mantenuto un livello di domanda tale da poter assorbire le esportazioni tedesche, accumulando cosi’ ampi disavanzi commerciali (anche in virtu’ di bolle speculative alimentate proprio dal settore finanziario tedesco, che hanno permesso ai consumatori di questi paesi di continuare a importare prodotti della Germania).
Da cui si evince quanto sia fallace l’idea che il “modello tedesco”, nel medio-lungo termine, possa rappresentare un modello per l’eurozona o per l’Europa nel loro complesso, poiche’ risulta evidente che esso puo’ funzionare solo se c’e’ qualcuno che si fa carico di trainare le esportazioni, stimolando la domanda interna e tollerando ampi deficit commerciali.
Eppure uno degli scopi, piu’ o meno espliciti, delle misure di austerita’ imposte ai paesi della periferia in questi anni – che non hanno agito solo sul fronte della domanda pubblica per mezzo di tagli alla spesa statale, ma anche sul fronte della domanda privata per mezzo di politiche di flessibilizzazione del lavoro e compressione/riduzione dei salari reali (-23 per cento in Grecia, -7 per cento in Spagna ecc.) –e’ stato proprio quello di imporre a tutta l’Unione, in particolare all’eurozona, un modello strettamente export-led in cui la crescita e’ trainata in primo luogo dalle esportazioni (imitando appunto il modello tedesco).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Stato/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista – Derive Approdi (2016)

Concentrando l’attenzione sulle «complicita’» fra
elite economiche e politiche, si corre pero’ il rischio di analizzare il fenomeno da un punto di vista morale, come se si trattasse della «corruzione» della politica da parte della finanza. […]
La convergenza fra elite non e’ semplicemente questione di interessi, ma rispecchia una visione del mondo che non si propone tanto di «eludere» leggi e regole, quanto di cambiarle radicalmente […]
Non e’ dunque questione di «tradimento» delle regole, bensi’ un lucido disegno politico che impone agli Stati di uniformarsi alle regole del diritto privato, fondando la propria legislazione sui principi della competizione economica.
In questo modo la democrazia liberale viene svuotata di ogni sostanza e i dirigenti degli stati […] non rispondono piu’ ai propri cittadini, ma «sono sottoposti al controllo della comunita’ finanziaria internazionale, di organismi specializzati, di agenzie di rating».
E ancora: «gli Stati sono considerati unita’ produttive come le altre in una vasta rete di poteri politico economici sottoposti a norme simili»

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Dopo la fine del regime di Bretton Woods nel 1971,  i paesi occidentali hanno progressivamente adottato i dettami di quello che viene chiamato neoliberismo.
Seguono la liberalizzazione dei commerci, l’eliminazione di limiti ai movimenti di capitali, l’indipendenza delle banche centrali dai governi e cosi’ via. La fine dell’aggancio con l’oro e con il dollaro, lungi dal dare ai governi maggiore liberta’ nel gestire le politiche monetarie e fiscali, costringe a trovare una nuova “ancora” per il valore della moneta […]
Il target inflazionistico, stabilito al 2 per cento, diviene il dogma di ogni banchiere centrale […]
Cosi’, per combattere l’inflazione le banche centrali aumentano i tassi di interesse. La disoccupazione che ne consegue e’ il primo tassello di un processo che negli anni Ottanta porta alla drastica riduzione del potere dei sindacati in tutto il mondo occidentale.
La conseguenza e’ che si’, l’inflazione si riduce, ma con essa anche la capacita’ dei lavoratori di conquistare salari piu’ alti per godere anch’essi dei benefici dell’accresciuta produttivita’.
Mentre quest’ultima continua a crescere, il potere d’acquisto dei lavoratori rimane indietro. Si puo’ produrre sempre di piu’, ma non si ha il denaro per comprare.
Cosa tiene quindi in piedi questo sistema? Perché semplicemente non si innesca quella che gli economisti chiamano “crisi da sottoconsumo”?
La risposta e’ che i liberisti sono sempre pronti a scendere a compromessi […]
Se i redditi da lavoro non bastano, ecco che il credito e la finanza divengono la nuova fonte di domanda autonoma.
La “new economy” e’ la nuova corsa all’oro […]
Quando la bolla delle dot.com scoppia, ecco pronto il suo sostituto, stavolta molto più tradizionale: la bolla immobiliare. Il debito privato diviene via via sempre piu’ gigantesco, anche da questa parte dell’oceano, per non parlare delle cosiddette “tigri asiatiche” e del Giappone.
Anche qui, il ruolo dello Stato e’ tutt’altro che marginale […]
Se il lavoro non e’ un diritto, se il salario non permette di accrescere il benessere familiare, allora il nuovo diritto diventa l’accesso al credito.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa Liberale – Laterza (2018)

Poiche’ la concezione liberale della societa’ e’ universale e non legata a un determinato luogo o nazione, e’ del tutto naturale per i liberali abbracciare una politica e un’economia transnazionali.
Gli ideali liberali furono dietro alla creazione delle Nazioni Unite e delle Comunita’ europee. Il libero commercio, il multilateralismo e gli scambi culturali sono fra gli strumenti primari dell’avanzamento del progetto liberale.
In poche parole, i liberali appartengono al «partito della globalizzazione» e non al «partito della territorialita’». […]
La domanda e’: chi assicurera’ l’ordine liberale in un mondo dai confini vaghi e dalla multipla interdipendenza?
La sola autorita’ pubblica transnazionale di qualche rilevanza, l’Unione europea, si trova ora in un processo di decomposizione Organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite o la Banca mondiale difficilmente sono in grado di proteggere gli individui dai comportamenti predatorii in economia e in politica.
Esiste unautentico liberale che creda ancora che l’impero americano sia davvero un promotore della liberta’ in tutto il
mondo?
E un «impero» russo o tedesco puo’ far meglio per i rispettivi vicini europei?

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/