Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

Tra le caratteristiche principali dell’epoca no c’e’ tanto la «fine degli Stati nazionali», quanto la relativizzazione del loro ruolo come entita’ integratrici di tutte le dimensioni della vita collettiva: organizzazione del potere politico, elaborazione e diffusione della cultura nazionale, rapporti tra classi sociali, organizzazione della vita economica, livello di occupazione, pianificazione locale, ecc.
Gli Stati tendono a delegare gran parte di queste funzioni alle imprese private, che spesso sono gia’ mondializzate o seguono norme mondiali.
Affidano loro, almeno in parte, il compito di garantire lo sviluppo socioeconomico del paese, come nel caso dei media privati che gestiscono la «cultura di massa».
Assistiamo cosi’ ad una privatizzazione parziale delle funzioni di integrazione, funzioni che non rispondono agli stessi vincoli e agli stessi tempi a seconda che rientrino nella competenza di aziende private o del potere pubblico. Ad esempio nel campo dell’occupazione, in cui le sovvenzioni alle imprese assicurano solo precariamente gli obiettivi di sviluppo e pianificazione a lungo termine del territorio. Oppure nel campo della «cultura» e dell’insegnamento, in cui le imprese private non perseguono gli stessi obiettivi che sono classicamente assegnati allo Stato.
In una situazione del genere, la sovrapposizione della sfera statale con quella privata mina la vecchia distinzione tra interessi privati e interesse generale.
Non solo lo Stato vede intaccati i suoi margini di manovra, ma soprattutto si mette al servizio di interessi oligopolistici specifici, e non esita a delegare loro una parte non trascurabile della gestione sanitaria, culturale, turistica o addirittura «ludica» della popolazione.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Stato/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Abbiamo ripetutamente definito il neoliberalismo come una teoria e una pratica che non riguarda certo il ritiro dello Stato dall’ordine economico, bensi’ una specifica ridefinizione dei suoi compiti di direzione di quell’ordine.
Lo Stato neoliberale deve innanzi tutto costituire la mano visibile del mercato, rimediare ai suoi fallimenti e in tal senso impedirne l’autofagia.
E’ dunque estremamente attivo e impegnato nella direzione dell’ordine economico attraverso i piu’ disparati strumenti: la regolamentazione, la leva fiscale, la concessione di sussidi e finanziamenti, la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture, la fornitura di servizi. Per non parlare dell’utilizzo della politica estera, e al limite degli eserciti, per assicurare l’approvvigionamento di risorse energetiche e materie prime, oltre agli sbocchi sui mercati esteri […]
L’ingerenza dello Stato nell’ordine economico finalizzata ad assicurare ai lavoratori il concorso nella definizione dell’indirizzo politico generale e’ altra cosa.
Essa deve poter incidere sulla loro capacita’ di produrre conflitto redistributivo: deve realizzare le condizioni per ripoliticizzare il mercato, ovvero renderlo un’arena entro cui capitale e lavoro possano affrontarsi ad armi pari.
Lo Stato che si emancipa finalmente dall’ortodossia neoliberale non si limita infatti a presidiare la democrazia politica, bensi’ si adopera per realizzare anche e soprattutto la democrazia economica: per far interagire il meccanismo concorrenziale e il meccanismo democratico al fine di sottomettere il primo al secondo.

Populismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il clan si afferma come struttura di intermediazione tra il singolo individuo e una societa’ resa sempre piu’ complessa dalla globalizzazione, aggregando al proprio interno risorse e competenze peculiari dei tre sistemi prima descritti: politico (la rappresentanza), economico (la ricchezza) e civile (la partecipazione)
L’oikocrazia come “governo dei clan” sviluppa un rapporto piu’ diretto e intenso con il territorio. In tal modo ovvia proprio al difetto solitamente attribuito al potere statualistico: quello di essere distante, nella duplice accezione di lontano, perche’ rinchiuso nella capitale, e distaccato, perche’ burocratizzato […]
Il fatto che sia il clan ad affermarsi come nuovo protagonista delle dinamiche sociali, nella funzione di intermediario tra gli individui e una societa’ sempre piu’ articolata e complessa, non dovrebbe sorprenderci affatto. Il clan e’ sempre esistito: e’ una forma di organizzazione sociale ben piu’ “naturale”, e quindi piu’ comprensibile, persino dello stato liberaldemocratico […]
In Russia, con il crollo del comunismo, il controllo dei principali e piu’ produttivi asset dell’economia passa nelle mani dei cosiddetti oligarchi, a capo di clan semilegali o tout court criminali […]
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, infine, come dimenticare che otto presidenti hanno avuto relazioni di parentela […]
Per clan si vuole qui intendere un’organizzazione finalizzata a unire e tutelare gli interessi e la sicurezza dei propri membri, basata sul senso soggettivo di appartenenza e identita’, ben piu’ che sulla realta’ oggettiva di una kinship intesa come esistenza di legami di sangue.
Il clan, in altri termini, e’ una costruzione sociale o, se si preferisce, una comunita’ immaginata al pari dell’idea di nazione. Ma e’ in grado rispetto alla nazione, di offrire un ben piu’ ampio spettro di possibilita’ di condivisione, ivi comprese “la commensalita’, la residenza comune, la memoria condivisa, il lavorare insieme, il patto di fratellanza, l’adozione, l’amicizia, talune sofferenze compartite e cosi’ via”.
Tutto, in sostanza, puo’ concorrere a formare il senso di appartenenza a un clan. Se una relazione di kinship non esiste, la si puo’ inventare; se non e’ ritenuta soddisfacente, la si puo’ rompere […]
Il potere del clan andra’ valutato in termini sia assoluti, sia relativi: a partire dall’estensione della rete – il raggio d’azione della leadership e dei membri –, anche in termini territoriali; ma comparandolo a quello di altri clan con cui si trova a dover competere e tenendo conto del grado di istituzionalizzazione raggiunto dal regime oikocratico nel suo complesso, ovvero della misura in cui le relazioni tra clan tendono a configurare un vero e proprio sistema, autonomo e originale, dotato di proprie norme, valori e strutture d’autorita’ e di propri specifici confini.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La missione dello Stato non e’ piu’ tanto quella di assicurare l’integrazione dei diversi livelli della vita collettiva, quanto conformare le societa’ ai vincoli della concorrenza mondiale e della finanza globale.
La gestione della popolazione cambia di significato e di metodo.
Mentre nel periodo fordista l’idea predominante era (secondo la formula consacrata) «accordo tra efficienza economica e progresso sociale» nel quadro di un capitalismo nazionale, la popolazione oggi e’ percepita soltanto come una «risorsa» per le imprese secondo un’analisi costi-benefici.
La politica, che per inerzia semantica definiamo ancora «sociale», non segue piu’ la logica della ripartizione dei guadagni di produttivita’, destinata a mantenere un livello della domanda abbastanza alto per gli sbocchi della produzione di massa. Essa, piuttosto, mira a massimizzare l’utilita’ della popolazione, accrescendone l’impiegabilita’ e la produttivita’, e assottigliandone i costi tramite politiche sociali di un nuovo genere che consistono nell’indebolire il potere di negoziazione dei sindacati, nel degradare il diritto del lavoro, nel ridurre il costo della manodopera, l’ammontare delle pensioni e la qualita’ della previdenza sociale; il tutto in nome dell’«adattamento alla globalizzazione».
Lo Stato, dunque, non abbandona il proprio ruolo in materia di gestione della popolazione, ma il suo intervento non risponde piu’ agli stessi imperativi e alle stesse spinte. Al posto dell’«economia del benessere», che concentrava gli sforzi sull’accordo tra progresso economico e distribuzione equa dei frutti della crescita, la nuova logica considera le popolazioni e gli individui dal punto di vista piu’ angusta del loro contributo e del loro costo nella competizione mondiale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Stato/Jappe

Le avventure della merce – Anselm Jappe – Mimesis (2023)

Lo Stato moderno e’ creato dalla logica della merce.
E’ l’altra faccia della merce; i due sono legati tra loro come due poli inseparabili. Il loro rapporto e’ cambiato molte volte lungo la storia del capitalismo, ma sarebbe un grave errore farsi trascinare dall’attuale polemica dei neo-liberali contro lo Stato (che e’ d’altra parte smentita dalle loro pratiche, quando sono al timone) a credere che il capitale abbia un’avversione particolare per lo Stato.
Tuttavia, il marxismo del movimento operaio e quasi tutta la sinistra hanno sempre puntato sullo Stato, a volte fino al delirio, prendendolo per il contrario del capitalismo.
La critica contemporanea del capitalismo neoliberale evoca di sovente un “ritorno dello Stato”, unilateralmente identificato con lo Stato-provvidenza dell’epoca keynesiana.
In realta’, e’ stato il capitalismo stesso a ricorrere massicciamente allo Stato e alla politica nella fase del suo insediamento (tra il XV e la fine del XVIII secolo) e a continuare a farlo dovunque le categorie capitaliste non fossero ancora state introdotte – i paesi in ritardo dell’est e del sud del mondo nel corso del XX secolo.
Infine, vi ricorre sempre e dappertutto nelle situazioni di difficolta’.
E’ soltanto nei periodi in cui il mercato sembra reggersi sulle proprie gambe, che il capitale vorrebbe ridurre i faux frais implicati da uno Stato forte.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html

Stato/Brown

Il disfacimento del demos – Wendy Brown . Luiss University Press (2023)

Rappresentare gli esseri umani come capitale umano ha molte ramificazioni […]
Innanzitutto siamo capitale umano non solo per noi stessi, ma anche per l’azienda, lo Stato o la costellazione postnazionale di cui siamo membri.
Quindi, anche se abbiamo il compito di essere responsabili di noi stessi in un mondo competitivo di altri capitali umani, nella misura in cui siamo capitale umano per le aziende o gli Stati che si occupano del proprio posizionamento competitivo, non abbiamo alcuna garanzia di sicurezza, protezione o persino sopravvivenza […]
Le crisi fiscali, i licenziamenti collettivi, l’esternalizzazione, la cassa integrazione e cosi’ via possono metterci in pericolo anche quando siamo investitori e imprenditori responsabili e dotati di buonsenso.
Questo pericolo incide addirittura sui bisogni essenziali, come il cibo e un tetto sulla testa, poiche’ il neoliberismo ha smantellato tutti i programmi di previdenza sociale.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/

Societa’/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


La nazione e’ […] una «comunita’ immaginata».
Nessun italiano potra’ mai conoscere i suoi 60 milioni di compatrioti, nessun cittadino statunitense potra’ mai conoscere gli altri 320 milioni di statunitensi e nessun indiano potra’ mai conoscere tutti gli 1,2 miliardi di indiani.
Eppure, ancora oggi, molti credono di far parte di una grande comunita’ di italiani, statunitensi o indiani, di formare una comunita’ con un destino comune, e questo anche quando i propri compatrioti li trattano male ogni giorno.
Per molte persone, l’astrazione della nazione e’ diventata il sostituto di una comunita’ reale, di una effettiva partecipazione e di una vera solidarieta’; tale idea, inoltre, e’ stata in larga misura strumentalizzata per distrarre dai conflitti sociali e per mobilitare le persone […]
L’idea di nazione come comunita’ di popolo, infatti, distrae dalle lotte condotte in nome della giustizia e di una partecipazione autentica che attraversano trasversalmente tutte le societa’. Costruisce un corpo nazionale in cui proprietari di fabbriche e operai, ministri della guerra e soldati collaborano insieme a uno scopo comune superiore. Suggerisce ai singoli di far parte di un grande progetto comune: la costruzione di una gloriosa nazione, una sorta di super-famiglia.
L’idea promette che un po’ del fascino della grandezza nazionale ricada sulle singole e desolate vite degli individui […]
Passo dopo passo, l’idea di nazione doveva essere spogliata del suo contenuto socio-rivoluzionario, gli antagonismi di classe dovevano essere messi in secondo piano e i punti in comune dei rispettivi “popoli” posti in evidenza. I mezzi di comunicazione di massa in rapida espansione fornirono a tal proposito un importante servizio; soprattutto le scuole, l’esercito e l’università divennero centri di indottrinamento dell’idea di nazione […]
Con le bandiere e gli inni, vennero deliberatamente creati dei simboli di identificazione attorno ai quali venne inscenato un culto quasi religioso […]
L’equazione che si volle stabilire si presentava piu’ o meno cosi’: popolo = nazione = Stato.
Che questa manovra potesse riuscire, almeno in parte, e’ un’impresa sorprendente a un esame piu’ attento. Infatti, per tutto il primo periodo moderno e fino al XIX secolo, lo Stato era un’istituzione assolutamente ostile per la maggior parte delle popolazioni europee (per non parlare dei popoli colonizzati): riscuoteva le tasse con la forza, inghiottiva gli uomini per l’apparato militare, imponeva il recupero dei crediti, sottoponeva i poveri a una giustizia draconiana […]
La situazione cambio’ solo quando i governi soddisfecero gradualmente le richieste individuali dei lavoratori: riduzione dell’orario di lavoro, estensione del diritto di voto, misure di protezione del lavoro, assicurazioni sociali.
Questi passi, a loro volta, crearono una parziale fusione di interessi tra lo Stato nazionale e la forza lavoro; lo Stato tutelo’ i “suoi” lavoratori con misure protezionistiche nei confronti di altre forze lavoro, e cosi’ l’ideologia nazionale pote’ trovare un certo terreno di coltura.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Stato/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


Malgrado in origine l’espressione governance indicasse semplicemente il risultato dell’azione di governo, essa, nel tempo, e’ sempre piu’ stata ricondotta alla politica complessiva delle istituzioni finanziarie sovranazionali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, le quali definiscono gli standard o le norme comportamentali per l’assegnazione di prestiti o finanziamenti agli stati in crisi […]
Il fondamento della governance e’ storicamente rinvenibile nella presunta crisi dello Stato, ossia nel presupposto che le istituzioni nazionali siano incapaci di gestire il territorio a causa delle pressioni esercitate dagli sviluppi dell’economia e della finanza internazionale.
Mentre il governo viene piu’ o meno legittimato dai cittadini in base a un percorso democratico che e’ espressione di specifiche garanzie costituzionali, le varie organizzazioni internazionali, che pur si ritrovano a esercitare certe funzioni di governo nel territorio nazionale, sfuggono a qualsiasi forma di controllo popolare.
L’asserita crisi dello Stato affrontata mediante la creazione di una governance politica sovranazionale si traduce inevitabilmente in un deficit democratico.
Tra le istituzioni piu’ incisive a livello internazionale troviamo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, che stabiliscono i principi da applicare nella conduzione dei rapporti economico-politici sovranazionali. Il quadro include anche organizzazioni definite come «direttori informali, senza alcuna potesta’ giuridica», per esempio il World Trade Organization (WTO), i forum permanenti G7, G8 e G20 e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/
https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/

https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

La Costituzione colloca il lavoro al centro del patto di cittadinanza, il patto che regola le modalita’ dello stare insieme come societa’: lo elegge a «punto di connessione fra il singolo e gli altri», a pratica destinata a realizzare la sintesi «fra liberta’ e responsabilita’, fra diritti e doveri».
Giacche’ quello al lavoro e’ indubbiamente un diritto sociale, tale in quanto la Repubblica e’ chiamata ad attuarlo, ma e’ altresi’ la principale attivita’ con cui assolvere ai «doveri inderogabili di solidarieta’ politica, economica e sociale» (art. 2), e concorrere cosi’ al «progresso materiale e spirituale della societa’» (art. 4).
Soprattutto il lavoro e’ l’attivita’ che consente come contropartita di accedere alle cure (art. 32) e all’istruzione (art. 34), e piu’ in generale di vedersi riconosciuto il diritto al welfare: di ottenere il «pacco standard di beni e servizi il cui possesso» rende ciascuno un «cittadino nella pienezza delle sue prerogative» […]
Lo Stato deve creare le condizioni affinche’ vi sia lavoro, ma deve altresi’ tenere conto delle «possibilita’» e della «scelta» del lavoratore (art. 4). Deve anche tutelare il lavoro «in tutte le sue forme e applicazioni» (art. 35), e in particolare il diritto a una retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa» (art. 36).
Spetta poi allo Stato promuovere gli strumenti e le forme di lotta impiegati dai lavoratori nel conflitto redistributivo e nel conflitto sociale in genere: l’organizzazione sindacale (art. 39) e lo sciopero (art. 40).
Lo Stato deve infine provvedere alle esigenze di vita del lavoratore «in caso di infortunio, malattia, invalidita’ e vecchiaia, disoccupazione involontaria», e assicurare il mantenimento e l’assistenza sociale al «cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere» (art. 38).

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Stato/Brown

Il disfacimento del demos – Wendy Brown . Luiss University Press (2023)

L’impegno dello Stato democratico per l’uguaglianza, la liberta’, l’inclusione e il costituzionalismo e’ ormai subordinato al progetto della crescita economica, del posizionamento competitivo e dell’aumento di capitale […]
Il tavolo statale degli obiettivi e delle priorita’ e’ diventato indistinguibile da quello delle aziende moderne, soprattutto perche’ queste ultime fanno sempre piu’ proprie le preoccupazioni per la giustizia e la sostenibilita’.
Per le aziende e per lo Stato il posizionamento competitivo e il rating delle azioni e del credito sono fondamentali; altri obiettivi – dalle pratiche produttive sostenibili alla giustizia nel mondo del lavoro – vengono perseguiti nella misura in cui contribuiscono a raggiungere questo fine.
Oggi che la “cura” e’ ormai una nicchia di mercato, le pratiche green e del commercio equo, insieme a un (minuscolo) storno dei profitti in beneficienza, sono diventate il volto pubblico e la strategia di marketing di numerose aziende […]
La condotta del governo e la condotta delle aziende sono ormai fondamentalmente identiche: entrambi sono in affari nel campo della giustizia e della sostenibilita’, ma mai come fine a se’ stesso. Anzi, la “responsabilità sociale”, che a sua volta deve essere imprenditorializzata, fa parte di cio’ che attira consumatori e investitori.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/