Geoeconomia/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

L’invasione dell’Iraq, giustificata dalla menzogna delle armi di distruzione di massa e in violazione del diritto internazionale, rappresento’ l’apice dell’egemonia statunitense, la manifestazione piu’ eclatante dell’hybris imperiale e, di conseguenza, l’inizio del suo declino. In quel momento non era chiaro che il potere relativo degli Stati Uniti fosse sul punto di diminuire.
Per quanto Washington avesse dichiarato guerra globale al terrorismo, e’ sempre stato evidente che le organizzazioni terroristiche, a partire da al-Qaeda, non rappresentavano una reale minaccia al potere americano […]
Al-Qaeda non ha mai avuto la capacita’, ne’ in fondo l’ambizione, di rappresentare una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti o di competere da pari con la superpotenza statunitense.
Che il potere relativo di Usa ed Europa fosse in declino relativo si capi’ qualche anno piu’ tardi. A partire dal 2005-06, scoppio’ la bolla del mercato immobiliare americano. Con il crollo dei prezzi degli immobili, i proprietari iniziarono ad abbandonare i loro mutui, causando un collasso dei titoli garantiti da ipoteca e, conseguentemente, innescando la bancarotta o il ricorso al salvataggio di diverse banche, a partire da Lehman Brothers nel settembre 2008. La bancarotta di Lehman Brothers, e la sottostante crisi finanziaria, sfocio’ nella Grande Recessione che duro’ fino all’estate del 2009.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


I giganteschi sussidi al petrolio sostengono in modo ingente anche l’industria automobilistica, in crisi in tutto il mondo.
Se i veri costi del petrolio venissero trasferiti sui prezzi della benzina, guidare un’auto sarebbe inaccessibile per la maggior parte delle persone e il settore crollerebbe […]
Anche il settore aeronautico, che e’ responsabile della quota di gas serra in piu’ rapida crescita, viene sovvenzionato in modo ingente. Le sue infrastrutture, in particolare la costruzione di aeroporti, sono pagate principalmente dai contribuenti. Il carburante per aerei non e’ tassato in tutto il mondo e l’aviazione e’ anche esclusa dai negoziati sul clima delle Nazioni Unite […]
I produttori di aerei Airbus e Boeing ricevono per via diretta o indiretta iniezioni di denaro dallo Stato per miliardi di euro. Senza tutti questi sussidi, sarebbe impensabile che volare in Europa sia piu’ economico che viaggiare in treno.
L’agricoltura industriale, anch’essa uno dei maggiori killer del clima, e’ sovvenzionata dalla sola Unione Europea per un ammontare di circa cinquanta miliardi di euro ogni anno […]
Praticamente tutte le grandi societa’ traggono profitto dalla rete di paradisi fiscali e di scappatoie fiscali create dagli Stati e, nonostante tutti i discorsi a parole, ostinatamente mantenute. Solo nell’Unione Europea le perdite di entrate statali dovute all’evasione fiscale e all’economia sommersa ammontano a circa mille miliardi di euro all’anno. Con questa cifra si potrebbero pagare, sul medio periodo, tutti i debiti nazionali dell’UE.
Questo elenco, che potrebbe essere esteso per diverse pagine, dimostra che il “libero mercato” e’ un mito che serve a nascondere il fatto che le grandi imprese, apparentemente onnipotenti, possono sopravvivere solo grazie alla flebo dello Stato.
Questa constatazione e’ altamente esplosiva. Nelle democrazie, infatti, l’uso del denaro delle tasse e’ deciso, almeno in teoria, dai Parlamenti eletti dai cittadini. E i cittadini potrebbero in linea di principio decidere che tutti questi trilioni di euro non debbano piu’ confluire nei settori piu’ distruttivi del pianeta, ma nella ristrutturazione socio-ecologica. In questo consiste una delle leve piu’ potenti per una profonda trasformazione della societa’.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

 

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo & Francesco Bechis – Solferino (2024)

Sono due i nodi principali che le diplomazie europee non sembrano riuscire a sciogliere.
Uno e’ di prospettiva e l’altro di metodo.
Il primo: siamo abituati a declinare la «questione africana» in chiave soprattutto emergenziale, vale a dire che ne affrontiamo i problemi – il terrorismo jihadista, lo sfruttamento delle risorse, i flussi migratori – solo quando bussano anche alla nostra porta.
Mancano una visione olistica, d’insieme e una vera pianificazione non solo contingente. Altri, molto più spregiudicati, occupano gli spazi che lasciamo liberi e ne traggono vantaggio, spesso scaricando le conseguenze su di noi.
Il secondo nodo e’ la carenza di pragmatismo, a cui fa da contraltare l’insistenza nel voler riproporre in Africa modelli che non possono funzionare al di fuori del mondo occidentale. «Condizionalita’»: ecco la parola che piu’ di tutte fa venire l’orticaria ai leader africani quando siedono al tavolo con i grandi d’Europa.
Non c’e’ finanziamento, cooperazione commerciale o di sicurezza di uno Stato europeo che non la contenga.
Clausole di ogni genere come precondizione perche’ la collaborazione possa svilupparsi. Il rispetto dei diritti umani. Le riforme economiche e sociali. La lotta alla corruzione, l’indipendenza del sistema giudiziario. O ancora, la tutela dell’ambiente e della biodiversita’.
Intendiamoci: cause sacrosante. Ma spesso decontestualizzate e ridotte a lacciuoli legali e formule di maniera, a cui appendere l’intesa politica con gli Stati africani.
E’ un problema e iniziamo solo oggi, in ritardo, ad accorgercene.
Alle orecchie dei capi di Stato e di governo africani tutte queste «condizionalita’» suonano come imposizioni, peraltro intrise di una lezione morale poco praticabile: se volete lavorare con noi, dovete diventare come noi […]
Il caso della Tunisia e’ eloquente: per mesi l’Europa ha cercato di trattare con Kais Saied, l’eccentrico presidente tunisino a capo di un Paese divenuto epicentro dei traffici di migranti nel Mediterraneo.
E piu’ di una volta le richieste di Bruxelles sul rispetto delle minoranze e le riforme del lavoro, in un Paese che ragiona con categorie completamente diverse, hanno rischiato di far saltare il tavolo. Per il rais di Tunisi, come del resto per i tanti leader del Global South che abbiamo citato, sono consigli non richiesti o, peggio ancora, imposizioni di Stati occidentali che si atteggiano a detentori della verita’.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content

 

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)


Ci sono poi motivi specifici per il disprezzo dell’integrazione europea.
Effettivamente la Ue e’ un costrutto intrinsecamente liberale. Nonostante il progetto europeo nascesse negli anni Cinquanta, l’Europa che conosciamo e’ quella dagli anni Ottanta in poi, ossia l’Europa del mercato unico, dell’euro e di Schengen, un periodo storico caratterizzato, come abbiamo visto, da un neoliberismo spinto.
E’ un’Europa che ha creato la moneta unica ma stenta a compiere il passo successivo verso un’unione fiscale, un’Europa in cui ha regnato il dio della concorrenza interna, ma che per decenni non si e’ occupata con la stessa alacrita’ e dedizione della crescente competizione internazionale, a partire da quella cinese.
E’ un Europa in cui sono state aperte le frontiere interne prima di sciogliere i nodi riguardo alla gestione di quella esterna. Quindi, quando si abbatterono sull’Europa la crisi finanziaria e la recessione, non solo l’Unione non era attrezzata per affrontarle, ma le sue istituzioni e molti dei suoi Stati membri, i cosiddetti «frugali», percorsero la via opposta a quella intrapresa da Washington con Barack Obama.
Mentre gli Usa perseguirono immediatamente e aggressivamente una politica monetaria anticiclica, gli europei lo fecero solo molto dopo, ossia con l’arrivo di Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea nel 2011. Dal punto di vista fiscale, Washington fu meno espansiva, iniettando solo circa 1 miliardo nell’economia statunitense nel 2009, ma gli Stati dell’eurozona fecero addirittura il contrario, perseguendo l’austerita’.
Non a caso, negli Stati Uniti la crisi passo’ a partire dal 2009, mentre in Europa si trascino’ per anni. La Bce non poteva stampare moneta facilmente come faceva la Federal Reserve (il cui dollaro e’ la principale valuta globale) e l’Unione europea non disponeva di una capacita’ fiscale per introdurre misure anticicliche nell’economia europea. Inoltre, l’ideologia ordoliberale era diffusa in Europa.
Affrontare la crisi diversamente richiedeva un cambio di paradigma che gli europei non riuscirono a compiere per tempo. Alla fine si fece il minimo sindacale per evitare il crollo dell’euro, avviando i primi passi verso un’unione bancaria, e quando Draghi da governatore della Bce dichiaro’ che avrebbe fatto «whatever it takes» per salvare l’euro, i mercati si calmarono.
La casa comune europea rimase in piedi, ma ne usci’ devastata economicamente, socialmente e, appunto, politicamente.
Di conseguenza, l’euroscetticismo negli anni della crisi dell’eurozona schizzo’ alle stelle.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)


Questo post, estratto dall’opera di Balibar del 2016, gia’ pubblicato nell’aprile 2020, e’ riproposto all’attenzione e alla riflessione per l’attualita’ che riveste in questo periodo

L’Europa ha creduto di costruire delle frontiere europee, ma in realta’ non ha frontiere, e’ essa stessa, in quanto tale, una frontiera complessa: contemporaneamente una e molteplice, fissa e mobile, rivolta verso l’esterno e l’interno.
Per usare un termine inglese, in questo caso piu’ pregnante, e’ una Borderland, una «terra di frontiera».
Cio’ significa, a mio parere, due cose di portata fondamentale e paradossale, le cui conseguenze continueranno a sfuggirci se continueremo a ragionare in termini di sovranita’ nazionale e di controlli in senso tradizionale: in primo luogo, che l’Europa non e’ uno spazio dove le frontiere si giustappongono, ma dove si sovrappongono senza riuscire veramente a fondersi; in secondo luogo, che l’Europa e’ uno spazio dove le frontiere si moltiplicano e si spostano costantemente […]
Riguardo al primo punto […] l’Europa non ha un’unica identificazione in termini di «territorio».
Siamo portati a credere che i confini esterni dell’Europa siano le frontiere reali dell’Europa, ma non e’ vero. Perche’ questi confini non coincidono ne’ con quelli del Consiglio d’Europa (che include la Russia, l’Ucraina, la Turchia e tutti gli Stati balcanici e rientra nelle competenze della Corte europea dei diritti dell’uomo), ne’ con quelli della NATO (che include gli Stati Uniti, la Norvegia, la Turchia ecc. ed e’ responsabile della protezione del territorio europeo, in particolare contro gli avversari dell’Est, e di una parte delle operazioni militari sulla sponda meridionale del Mediterraneo), ne’ con la spazio Schengen (che include la Svizzera ma non il Regno Unito), ne’ con l’eurozona, dove regnano la moneta unica e l’unione bancaria sotto il controllo della Banca centrale europea (e che include ancora la Grecia ma non il Regno Unito, la Svezia, e la Polonia).
Visti gli avvenimenti recenti, credo sia d’obbligo ammettere che queste diverse aree non arriveranno mai a fondersi. E che, di conseguenza, l’Europa non sia definibile come un territorio se non in modo riduttivo e di fatto contraddittorio. […]
Ritorniamo comunque al triste spettacolo che ci offre in questo momento l’Europa di fronte alla sfida migratoria e tentiamo di definire piu’ precisamente il senso delle moltiplicazioni, degli spostamenti delle frontiere.
E’ il nostro secondo punto […]
L’appartenenza formale all’Unione europea e’ diventata un criterio secondario: i Balcani sono in Europa, come vogliono d’altronde la geografia e la storia, di modo che, ad esempio, il «muro» ungherese taglia l’Europa e riproduce il tipo di segregazione che pretende di escludere (come ha fatto osservare a mezza voce il portavoce della Commissione). D’altra parte, alcuni Paesi europei da altri Paesi sono considerati non europei, ma piuttosto delle zone tampone.
Ma questa definizione non e’ assoluta, funziona in senso relativo, secondo un gradiente, come direbbero i fisici, che acquista un significato politico, sociologico, ideologico e anche antropologico.
Il Sud, l’altra Europa che non e’ del tutto europea ma mantiene un piede nel Terzo Mondo o gli serve da porta di accesso, per la Francia e’ l’Italia, ma per l’Inghilterra e’ la Francia; per la Germania e’ l’Ungheria e tutto quello che si trova al di la’, ma per l’Ungheria e’ la Serbia, la Macedonia, la Grecia e la Turchia…
Quindi ci chiediamo: chi ferma chi? Chi e’ la guardia di frontiera dell’altro? Risposta: l’altro Stato, quello che sta piu’ a sud (o a sud- est) […]
Possiamo dunque arrivare alla doppia conclusione che si impone: nei fatti la frontiera esterna dell’Europa passa dovunque al suo interno, la taglia in parti sovrapposte; e di conseguenza l’Europa stessa – pur facendo parte del Nord – non e’ altro che una delle zone dove si gioca la grande e impossibile demarcazione del mondo attuale tra Nord e Sud. Una demarcazione che in realta’ non e’ piu’ localizzabile.
Se a questo si aggiungono le demarcazioni economiche (a volte percepite come culturali) che si stanno scavando tra il Nord e il Sud del continente, all’interno dell’Unione europea stessa, per effetto del liberismo economico e dei rapporti tra Paesi creditori e debitori, si capisce come alcuni Paesi membri siano tentati di amputarne altri per proteggersi meglio contro quello che rappresentano o che portano in Europa.
Salvo che un atteggiamento del genere pragmaticamente non ha senso, perche’ dove si fara’ passare la superfrontiera? Come la si definira’ sotto il profilo giuridico?

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo, Francesco Bechis – Solferino (2024)


Lo stare al mondo si traduce ancora prevalentemente nella difesa coriacea e a tratti un po’ dogmatica dei singoli interessi nazionali.
Ora che il disimpegno americano e le sfide di Russia e Cina imporrebbero all’Europa di proiettare potenza e di assumere un ruolo come blocco, di rafforzare l’autonomia strategica in settori chiave come la difesa, l’innovazione e il digitale, l’energia, succede l’opposto.
Sono piuttosto gli Stati membri, alcuni piu’ di altri, a servirsi dell’Unione per aumentare il loro peso nazionale e la loro proiezione esterna, in sostanza a sovrapporre il proprio interesse nazionale all’interesse europeo. Il risultato e’ lo stallo.
Il rischio concreto, spesso confermato dai fatti, e’ l’irrilevanza dell’Europa nel suo complesso sullo scenario globale.
Questa visione riduttiva, molto identitaria ed eccessivamente pragmatica finisce per muovere tutti i grandi Paesi europei […]
E’ un metodo che persiste, nonostante tutto, favorito anche dalla bolla nella quale per molto tempo si e’ cullata l’Europa. Quel triplice sogno dell’era merkeliana, gia’ piu’ volte ricordato e ormai tramontato, di garantire la resilienza del continente, delegando la sicurezza agli americani, le forniture energetiche ai russi, i mercati ai cinesi.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/

Europa/ Scheildler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


In Europa, istituzioni non elette e dominate da lobbisti industriali, come la Commissione Europea e l’“Eurogruppo”, determinano una parte considerevole dell’agenda politica; i programmi di austerita’ che impongono autoritariamente sono sulla buona strada per distruggere il progetto di integrazione europea.
La perdita di credibilita’ della democrazia
rappresentativa ha due facce. Da un lato, le correnti antidemocratiche che si affidano a soluzioni autoritarie stanno guadagnando vigore da piu’ parti; l’ascesa di nuovi movimenti e partiti estremisti di destra in tutto il mondo ne e’ un tipico esempio, come pure il trionfo dei fondamentalisti teocratici. Anche gli appelli a una ecodittatura o a un governo mondiale tecnocratico si fanno sempre piu’ forti […]
D’altro canto, in tutto il mondo e’ iniziata la ricerca di nuove forme di democrazia che superino i filtri della rappresentanza, del denaro, del debito e dell’opinione pubblica manipolata; ne sono un esempio il movimento dei “Senza Terra” dell’America Latina, il movimento “15-M” spagnolo, la “Primavera Africana”, le innumerevoli iniziative territoriali negli Stati Uniti nate dal movimento “Occupy” e anche molti movimenti influenzati dal pensiero di Gandhi in India.
La democrazia rappresentativa non e’ piu’ intesa come l’obiettivo finale da raggiungere, ma come una tappa intermedia sulla via dell’autentica autodeterminazione e auto-organizzazione […]
Si tratta quindi di difendere il parlamentarismo dalle forze autoritarie e dal “colpo di Stato delle multinazionali”, costruendo al contempo nuove strutture alla base per superare gradualmente i limiti della democrazia rappresentativa. Questa doppia strategia e’ ancora piu’ importante perche’ la democratizzazione dal basso e’ ancora agli inizi e richiede molto tempo. La democrazia di base e i principi del consenso sono gia’ praticati con successo in molte strutture locali, dai negozi per bambini alle cooperative.
Ma come questi principi possano essere trasferiti a forme organizzative piu’ ampie e’ ancora in gran parte una questione aperta.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

 

Geoeconomia/Streeck

Globalismo e democrazia. L’economia politica del tardo neoliberismo – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

La guerra in Ucraina e la conseguente ristrutturazione delle relazioni internazionali non porranno fine al processo di deglobalizzazione gia’ in atto almeno dal 2008, ma continueranno a portarlo avanti, conferendogli una nuova forma politica ed economica.
Cio’ avverra’ soprattutto per effetto di un’altra forza trainante che verra’ ad aggiungersi alle altre, quella degli interessi delle superpotenze globali e regionali alla propria difesa militare e al mantenimento della propria liberta’ d’azione.
Il cooperare di questi fattori determinera’ i confini delle nuove e piu’ brevi catene del commercio e del valore aggiunto, ossia la disposizione dei centri del nuovo multipolarismo, l’estensione dei rispettivi bacini di utenza, l’interazione tra di essi all’esterno e la loro struttura all’interno.
Quello di una “globalizzazione tra amici” e’ uno slogan che si e’ sentito spesso dall’inizio della guerra, cosi’ come il termine friendshoring (rifornimento da paesi amici) come nuova forma e ulteriore sviluppo del reshoring (rientro della produzione).
Si trattera’, in tal senso, di una militarizzazione dell’economia mondiale, conformemente regionalizzata o persino rinazionalizzata di conseguenza, e nella quale la sicurezza militare, come “sicurezza nazionale”, verra’ ad aggiungersi a quella economica, all’affidabilita’ delle relazioni di fornitura, quale ulteriore principio cangiante.
Nel processo di declino del neoliberismo, stati e imperi diverranno ancor piu’ importanti e visibili di quanto non lo siano stati fin qui, per esempio con l’imposizione di sanzioni reciproche , e si faranno avanti con i propri stessi interessi ancestrali in termini di tutela ed esercizio del potere […]
L’uscita dal mondo unico del neoliberismo richiedera’, via via in forma adattata, politiche industriali e strutturali, interventi normativi, divieti e incentivi, aiuti e sussidi, ma anche relazioni commerciali selettive, nelle importazioni come nelle esportazioni, mediante l’intervento dello stato nella proclamata liberta’ dei mercati neoliberali, cosi’ da evitare qualunque forma di dipendenza economica e politica.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Europa/Jappe

Le avventure della merce. Per una nuova critica del valore – Anselm Jappe – Mimesis (2023)


Non e’ necessario tracciare qui un bilancio degli orrori prodotti dalla societa’ della merce nella sua attuale fase neoliberale. Sono perfettamente conosciuti.
La tanto apprezzata “mano invisibile” ha cominciato a picchiare all’impazzata. Stiamo tutti diventando “non redditizi”.
Oggi le crisi non derivano piu’ dalle imperfezioni del sistema produttore di merci, ma al contrario dal suo completo sviluppo […]
Bisogna abbandonare l’illusione che i problemi posti dal mercato possano ancora trovare delle soluzioni sul terreno della stessa economia di mercato […]
Per oltre centocinquant’anni, il movimento operaio e democratico ha accettato il capitalismo e tentato di applicargli mille catene e di circondarlo di mille recinzioni. Abbiamo visto che la prima crisi di valorizzazione, la prima vera contestazione e’ sufficiente perche’ la bestia dimentichi di essere stata addomesticata e spezzi tutte le sue catene.
Il capitalismo reso “sociale”, “democratico”, “umano”, e anche “ecologico”, con uno sforzo durato un secolo, puo’ ritornare da un giorno all’altro il capitalismo bruto: un sistema feticcio cieco, pronto a divorare qualsiasi cosa pur di sopravvivere.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html

Geoeconomia/Todd

La sconfitta dell’Occidente – Emmanuel Todd – Fazi (2024)

La particolarita’ delle oligarchie occidentali e’ che le loro istituzioni e leggi non sono mutate.
Formalmente, sono ancora delle democrazie liberali, dotate del suffragio universale, di Parlamenti e talvolta di presidenti eletti, nonche’ di una stampa libera.
A sparire sono stati invece i costumi democratici.
Le classi piu’ istruite si ritengono intrinsecamente superiori e le elite, come abbiamo detto, si rifiutano di rappresentare il popolo, al quale non resta che adottare dei comportamenti bollati come populismo.
Ovviamente, sarebbe un errore credere che un sistema del genere possa funzionare in maniera armonica. Il popolo rimane alfabetizzato e la base del suffragio universale, alla quale si sovrappone la nuova stratificazione educativa, e’ tuttora viva. Pertanto, la disfunzione oligarchica delle democrazie liberali necessita di essere regolata e controllata.
Che cosa significa questo? Semplicemente che, essendo le elezioni una procedura ancora in vigore, il popolo deve essere tenuto fuori dalla gestione economica e dalla distribuzione della ricchezza; in sostanza, deve essere ingannato.
Tutto questo richiede un impegno da parte della classe politica, ed e’ persino diventato il lavoro a cui essa riserva la priorita’.
Da qui l’isterizzazione dei problemi razziali o etnici e le chiacchiere inutili su temi seri quali l’ecologia, la condizione femminile e il riscaldamento globale.
Tutto questo ha delle ripercussioni, negative, sulla geopolitica, sulla diplomazia e sulla guerra. Completamente assorbiti dalla loro nuova professione – vincere le elezioni, che ormai non sono altro che delle rappresentazioni teatrali, le quali pero’, come il teatro vero, richiedono impegno e competenze specifiche –, i membri delle classi politiche occidentali non hanno piu’ il tempo di formarsi nella gestione delle relazioni internazionali.
Di conseguenza, si affacciano sulla scena mondiale senza avere gli erudimenti di base necessari. Peggio ancora, abituati a trionfare sui meno istruiti in patria, faticosamente ma il piu’ delle volte con successo (del resto, e’ il loro mestiere), e con cio’ credendosi confermati nella loro superiorita’ intrinseca, si ritrovano a fronteggiare degli avversari reali che difficilmente riescono a impressionare, e i quali, loro si’, hanno avuto il tempo di concepire il mondo senza dover spendere – questo bisogna riconoscerlo – tante energie per prepararsi alle elezioni russe o alle lotte di potere interne al Partito Comunista Cinese.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-fatto-quotidiano.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-riformista.pdf?

https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-manifesto.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-giornale.pdf?
https://contropiano.org/interventi/2024/11/11/la-sconfitta-delloccidente-oligarchico-e-nichilista-0177418
https://www.quotidiano.net/magazine/libri/emmanuel-todd-gli-oligarchi-e-il-nichilismo-hanno-distrutto-le-democrazie-e-la-sconfitta-delloccidente-fd56b6be
https://www.repubblica.it/venerdi/2024/09/28/news/emmanuel_todd_sconfitta_occidente_ultimo_libro-423521727/
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/29325-gian-marco-martignoni-la-sconfitta-dell-occidente.html