Societa’/Colombo

Il suicidio della pace. Perche’ l’ordine internazionale liberale ha fallito (1989-2024) – Colombo A. – Raffaello Cortina (2025)

Il “Nuovo Ordine Mondiale” concepito gia’ nei primissimi anni Novanta e poi promosso per tutto il decennio successivo non si accontento’ di proporre un nuovo modello di stabilita’ internazionale in grado di sostituire quello appena venuto meno dell’equilibrio bipolare.
Il suo obiettivo, molto piu’ ambizioso, fu riformare in senso liberale la convivenza interna e internazionale, attraverso quella che venne esplicitamente celebrata come una transizione universale al mercato e alla democrazia. Una “rara opportunita’ di plasmare il mondo”, resa possibile dal fatto che gli Stati Uniti “si trovavano da soli al vertice del potere”. E un’opportunita’ che avrebbe dovuto essere sfruttata “saggiamente a beneficio non soltanto degli Stati Uniti ma di tutte le nazioni” […]
Dietro al Nuovo Ordine Mondiale non ci furono infatti, genericamente, l’America e l’Europa ma, all’interno dell’una e dell’altra, delle elite politiche e culturali ben definite, niente affatto nascoste dentro qualche imperscrutabile Deep State ma, al contrario, onnipresenti nella sfera pubblica e politica: quelle elite che, da alcuni anni a questa parte, traduciamo come “liberali”, ma che sarebbe piu’ opportuno designare con l’originario inglese liberal – […]
Sono queste elite che hanno prodotto la sintesi vincente nella politica estera americana e, per estensione, occidentale dell’ultimo trentennio: la desiderabilita’ dell’egemonia, la necessita’ della nato, l’inevitabilita’ del conflitto con Stati “autocratici” quali Russia e Cina e “Stati-canaglia” quali l’Iran, la Libia, l’Iraq e la Siria, l’intangibilita’ della “relazione speciale” con Israele, l’impegno a promuovere mercato e democrazia anche, se necessario, con l’uso della forza […]
Queste elite si sono richiuse al proprio interno come un’autentica “comunita’”. Perché “molti dei suoi membri si conoscono personalmente e partecipano ad attivita’ e organizzazioni sovrapposte tra loro.
I confini tra molte di queste organizzazioni sono permeabili, e figure preminenti di questa comunita’ spesso lavorano per diverse di queste organizzazioni nel corso della propria carriera, a volte anche simultaneamente”, per esempio passando dal mondo dell’impresa o della finanza o dall’accademia a qualche incarico di governo, per finire piu’ tardi in qualche think tank o nel giornalismo; oppure partendo da qualche incarico di governo per transitare nell’accademia, nel giornalismo o nel settore privato e tornare magari piu’ avanti a qualche altro incarico di governo.
Anche grazie a questa vorticosa circolazione, a partire dagli anni Novanta queste elite hanno progressivamente occupato il “mercato delle idee”, assicurandosi quote sempre piu’ ampie di finanziamenti pubblici e privati, maggiore visibilita’ sui mass media e canali privilegiati di accesso nelle organizzazioni internazionali, nelle branche dell’amministrazione e nelle istituzioni accademiche.
Soprattutto, e con le conseguenze piu’ deleterie per la gestione dell’ordine internazionale, come in ogni comunita’ chiusa i membri delle elite liberali sono caduti vittime col tempo di un’autoreferenzialita’ e di un pensiero di gruppo sempre piu’ impermeabili alle lezioni, spesso durissime, provenienti dalla realta’ – tanto da non smettere mai di celebrare la “resilienza” del progetto originario, neppure di fronte alla scomparsa catastrofica delle sue condizioni […]

Info:
https://veripa.org/il-suicidio-della-pace-capire-il-crollo-dellordine-internazionale/
https://www.barbadillo.it/120664-nel-suicidio-della-pace-lautopsia-delloccidente-neocoloniale/

https://www.esodoassociazione.it/site/index.php/i-nostri-temi/segnalazioni-editoriali/835-il-suicidio-della-pace
https://www.ilgiornale.it/news/alessandro-colombo-spiega-lotta-terrore-abbia-causato-fine-2460103.html
https://www.lafionda.org/2025/04/13/dopo-la-disunita-del-mondo-colombo-su-guerra-e-disordine-internazionale/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

Tra le caratteristiche principali dell’epoca no c’e’ tanto la «fine degli Stati nazionali», quanto la relativizzazione del loro ruolo come entita’ integratrici di tutte le dimensioni della vita collettiva: organizzazione del potere politico, elaborazione e diffusione della cultura nazionale, rapporti tra classi sociali, organizzazione della vita economica, livello di occupazione, pianificazione locale, ecc.
Gli Stati tendono a delegare gran parte di queste funzioni alle imprese private, che spesso sono gia’ mondializzate o seguono norme mondiali.
Affidano loro, almeno in parte, il compito di garantire lo sviluppo socioeconomico del paese, come nel caso dei media privati che gestiscono la «cultura di massa».
Assistiamo cosi’ ad una privatizzazione parziale delle funzioni di integrazione, funzioni che non rispondono agli stessi vincoli e agli stessi tempi a seconda che rientrino nella competenza di aziende private o del potere pubblico. Ad esempio nel campo dell’occupazione, in cui le sovvenzioni alle imprese assicurano solo precariamente gli obiettivi di sviluppo e pianificazione a lungo termine del territorio. Oppure nel campo della «cultura» e dell’insegnamento, in cui le imprese private non perseguono gli stessi obiettivi che sono classicamente assegnati allo Stato.
In una situazione del genere, la sovrapposizione della sfera statale con quella privata mina la vecchia distinzione tra interessi privati e interesse generale.
Non solo lo Stato vede intaccati i suoi margini di manovra, ma soprattutto si mette al servizio di interessi oligopolistici specifici, e non esita a delegare loro una parte non trascurabile della gestione sanitaria, culturale, turistica o addirittura «ludica» della popolazione.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Magatti

Supersocieta’ – Chiara Giaccardi; Mauro, Magatti – il Mulino (2022)

Si e’ cominciato con la carta di identita’ per certificare la cittadinanza statale.
E poi col cartellino da timbrare per attestare la condizione di lavoratore dipendente e controllare entrate e uscite dalla fabbrica o dall’ufficio.
Oggi, l’identificazione formale e’ necessaria per quasi tutto cio’ che facciamo: per comprare su Internet, rivolgerci a un ufficio pubblico, accedere alla sanita’, fare un esame all’universita’ servono il codice fiscale, il numero della tessera sanitaria, la carta di credito, la matricola universitaria, l’iban, lo Spid ecc. E piu’ di recente il green pass, il lasciapassare digitale che certifica il nostro stato di vaccinati.
Siamo dei codici. Perche’ per muoverci nel mondo digitalizzato delle relazioni economiche e istituzionali – dove nessuno ci conosce e non conosciamo nessuno – abbiamo bisogno di un marcatore alfanumerico per garantire chi siamo e tracciare cosa facciamo. Per contrastare abusi e truffe, ma non solo. Il codice traduce il nostro nome nel linguaggio binario dei computer, rendendolo compatibile al mondo dei big data.
Una sequenza di cifre e lettere, regno del neutro, dove non c’e’ piu’ maschio o femmina, giovane o vecchio, nativo o straniero. Possiamo cambiare mille identita’, usare un avatar o un nick ma non alterare i codici funzionali che ci rendono tracciabili.

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Stato/Keen

L’economia nuova. Moneta,ambiente, complessita’.Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Steve Keen – Meltemi (2023)

Ancor prima che iniziasse la crisi del Covid-19, l’economia mondiale non era in buona salute, ne’ lo era la teoria economica.
La piu’ grande crisi economica dai tempi della Grande depressione, infatti, era gia’ iniziata alla fine del primo decennio dei duemila. Battezzata come “Crisi Finanziaria Globale” (CFG) nella maggior parte del mondo e “La Grande Recessione” negli Stati Uniti, fu segnata dall’esplosione del tasso di disoccupazione, che negli USA passo’ dal 4,6% del 2007 al 10% del tardo 2009. L’indice di borsa Standard&Poors500, che da poco meno di 800 punti base nel 2002 aveva raggiunto gli oltre 1500 punti nel 2007, crollo’ fino a 750 punti a inizio 2009. L’inflazione, pari al 5,6% ancora a meta’ 2008, muto’ di segno, in una deflazione pari al 2% per meta’ 2009.
L’economia americana si riprese solo lentamente e solo grazie a un novero di interventi pubblici senza precedenti, dai sussidi alla rottamazione per incentivare i consumatori a liberarsi delle loro vecchie auto e comprarne di nuove, alle politiche di quantitative easing messe in campo dalla Federal Reserve, che acquisto’ dal sistema finanziario migliaia di miliardi di dollari in obbligazioni ogni anno, nel tentativo di far riprendere l’economia – e rendendo i ricchi ancora piu’ ricchi.
La crisi, cosi’ come la fiacca ripresa che ne segui’, fu una sorpresa per gli economisti, sia che fossero consiglieri di governo o teorici puri, accademici dediti alle loro nuove teorie e a preparare manuali di testo per formare le nuove generazioni. Erano tutti convinti non solo che la crescita economica che aveva preceduto la crisi dovesse continuare, ma, soprattutto, che le crisi economiche non potessero piu’ verificarsi […]
Appena due mesi prima che la crisi esplodesse, il capo economista dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), uno dei piu’ importanti attori al mondo nella definizione delle politiche economiche, aveva dichiarato che “le attuali condizioni economiche sono in molti rispetti migliori di quelle che abbiamo visto in molti anni”, predicendo un 2008 di “significativa crescita economica nei Paesi OCSE, sostenuta da un forte aumento dei posti di lavoro e da una caduta tendenziale del tasso di disoccupazione.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/

Societa’/Magatti

Supersocieta’ – Chiara Giaccardi; Mauro, Magatti il Mulino (2022)

Una serie di fattori rendono tutto piu’ difficile: la fine delle grandi ideologie politiche, la secolarizzazione religiosa, l’esposizione a una comunicazione sempre piu’ veloce e caotica, la complessita’ del mondo, tanto dal punto di vista tecnologico che culturale, solo per citarne alcuni.
Tutti ingredienti che tendono a rendere l’esperienza quotidiana obsoleta e strutturalmente inadeguata.
Cosi’, nelle societa’ avanzate, una quota crescente di popolazione si ritrova esposta a fenomeni che non comprende e di fronte ai quali i saperi consolidati e le culture popolari non bastano piu’ […]
In fondo, nel disegno del capitalismo della seconda meta’ del secolo, non era necessario che il cittadino consumatore capisse. Bastava creare le condizioni perche’ l’io potesse usare e consumare, senza farsi troppe domande.
In fondo, il buon funzionamento del mondo si realizza grazie ai saperi esperti che l’uomo della strada puo’ tranquillamente ignorare, affidandosi con fiducia a chi ne sa di piu’. L’esperto, capace di controllare con precisione ed efficacia un ambito specifico, prende il posto del sapiente, depositario di una visione olistica, densa di senso e senza pretesa di controllo.
«Tuttologo», anzi, diventa epiteto sprezzante nella societa’ dell’iperspecializzazione (che si concentra sul frammento perdendo l’insieme).
Il governo delle societa’ avanzate non puo’ essere lasciato nelle mani di incompetenti. Ed e’ su questa premessa che si fa strada l’approccio tecnocratico, fondato sull’efficienza e misurato in base all’appropriatezza e all’efficacia dei mezzi adoperati in vista di un determinato scopo.
Principi ben diversi da quelli democratici, che invece si fondano e si legittimano in base al riferimento a valori e alla capacita’ di ottenere consenso. Non a caso, nel corso degli ultimi decenni lo spazio occupato da tecnostrutture (pubbliche e private) che accumulano potere e ricchezza sulla base della propria competenza e conoscenza tecnica ha continuato a crescere, riportando in auge il modello di «governo degli esperti»

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Stato/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Abbiamo ripetutamente definito il neoliberalismo come una teoria e una pratica che non riguarda certo il ritiro dello Stato dall’ordine economico, bensi’ una specifica ridefinizione dei suoi compiti di direzione di quell’ordine.
Lo Stato neoliberale deve innanzi tutto costituire la mano visibile del mercato, rimediare ai suoi fallimenti e in tal senso impedirne l’autofagia.
E’ dunque estremamente attivo e impegnato nella direzione dell’ordine economico attraverso i piu’ disparati strumenti: la regolamentazione, la leva fiscale, la concessione di sussidi e finanziamenti, la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture, la fornitura di servizi. Per non parlare dell’utilizzo della politica estera, e al limite degli eserciti, per assicurare l’approvvigionamento di risorse energetiche e materie prime, oltre agli sbocchi sui mercati esteri […]
L’ingerenza dello Stato nell’ordine economico finalizzata ad assicurare ai lavoratori il concorso nella definizione dell’indirizzo politico generale e’ altra cosa.
Essa deve poter incidere sulla loro capacita’ di produrre conflitto redistributivo: deve realizzare le condizioni per ripoliticizzare il mercato, ovvero renderlo un’arena entro cui capitale e lavoro possano affrontarsi ad armi pari.
Lo Stato che si emancipa finalmente dall’ortodossia neoliberale non si limita infatti a presidiare la democrazia politica, bensi’ si adopera per realizzare anche e soprattutto la democrazia economica: per far interagire il meccanismo concorrenziale e il meccanismo democratico al fine di sottomettere il primo al secondo.

Societa’/Wagencnecht

Contro la sinistra neoliberale – Sahra Wagen- knecht – Fazi (2022)

Il liberalismo di sinistra contrappone ai valori della comunita’, che a volte liquida come superati e altre volte condanna definendoli nazionalistici e da sciovinisti del benessere, la sua idea di societa’ aperta: una societa’ nella quale puo’ entrare chiunque, anche se privo di valori e legami comunitari, una societa’ tenuta insieme solo dal diritto e dalla legge e in cui, inoltre, chiunque entra riceve identici diritti.
Dato che una societa’ del genere puo’ essere estesa senza problemi oltre i confini nazionali, queste idee si accompagnano spesso alla rivendicazione di una cittadinanza globale, o almeno europea.
L’idea della “societa’ aperta” e il cosmopolitismo dei liberali di sinistra, per cui esistono un solo mondo e una sola umanita’, sono quindi legati tra loro.
A prima vista tutto cio’ suona straordinariamente progressista. Saremo tutti fratelli, non ci saranno piu’ confini, avremo tutti gli stessi diritti. Amare i Tartari. Cio’ di cui il liberalismo di sinistra non parla con altrettanta chiarezza sono le conseguenze di questa teoria.
Una societa’ senza regole di appartenenza non puo’ essere un rifugio. Laddove tutti possono entrare, non ci saranno nessuna coesione e nessun aiuto reciproco. E questo per un motivo molto pratico: ogni vero sistema di solidarieta’ deve necessariamente mantenere in un certo equilibrio il numero di quelli che pagano e il numero di quelli che ricevono, per non crollare […]
A guardar bene, la narrazione dei liberali di sinistra, dunque, non consiste altro che nei messaggi del neoliberismo, confezionati pero’ in maniera piu’ graziosa ed elegante.
I concetti triti, ritriti e screditati del radicalismo di mercato sono stati rimpiazzati da nuovi messaggi che aggiungono ai vecchi una nota progressista. Tanto che l’egoismo si e’ trasformato in autorealizzazione, la flessibilita’ nella grande varieta’ di opportunita’ diverse, la distruzione delle sicurezze in rifiuto della normalita’ e del conformismo, la globalizzazione in apertura al mondo e la mancanza di responsabilita’ nei confronti degli individui che vivono nel proprio paese nella definizione di se stessi come “cittadini del mondo”.
Come il neoliberismo, anche il liberalismo di sinistra riscrive la storia degli ultimi decenni dal punto di vista dei vincitori. E i piu’ grandi vincitori, in tutti i paesi, sono stati le elite economiche, i proprietari di grandi patrimoni finanziari e aziendali, gli azionisti degli operatori economici globali e le banche: tutti costoro, indistintamente, hanno tratto vantaggio dal liberismo economico, dallo smantellamento dello Stato sociale e dalla globalizzazione.
Cio’ che distingue il liberalismo di sinistra dal neoliberismo e’ la sua affinita’ culturale al mondo del lavoro e alla vita del ceto medio dei laureati, anche questo beneficiato dai mutamenti sociali, seppure in misura minore rispetto alle classi elevate.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/
https://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/27587-danilo-ruggieri-la-sinistra-alla-moda.html

Stato/ Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)

Dagli anni Novanta in poi sempre piu’ Stati, inizialmente quelli alla periferia del sistema mondiale, stanno collassando e non sono piu’ in grado di controllare i propri territori.
Nel frattempo, si e’ formato “un corridoio” di circa diecimila chilometri di “Stati falliti” che si estende dal Congo al Mali, alla Libia, al Sudan e alla Somalia, fino alla Siria, all’Iraq e all’Afghanistan.
Dalla crisi finanziaria globale del 2008 il fallimento degli Stati si e’ fatto strada anche fino ai margini dell’Europa. Sebbene la classificazione di failed State sia in parte arbitraria e spesso utilizzata per giustificare interventi “antiterrorismo”, il fenomeno che la sottende e’ reale. Una parte significativa degli Stati in fallimento puo’ essere ricondotta alla crisi del debito degli anni Ottanta e Novanta […]
Lo Stato, ritirandosi dalla fornitura di infrastrutture e servizi sociali, sta regredendo a cio’ che era all’inizio: una pura macchina militare e repressiva […]
Mentre ampie fasce della popolazione sprofondano nella poverta’ e lottano per sopravvivere in un’infrastruttura disastrata, il governo si concentra sull’espansione dei sistemi di sorveglianza, delle prigioni e degli apparati militari.
Una conseguenza e’ che la lealta’ dei cittadini nei confronti dello Stato, faticosamente costruita a partire dal XIX secolo, sta diminuendo. Con l’abbandono del compromesso storico tra capitale e lavoro, culminato nei welfare State dei Trente glorieuses, le possibilita’ di governare ancora il sistema nel quadro di una “democrazia controllata” si stanno riducendo.
I cittadini si allontanano dalla politica consolidata, le opzioni diventano piu’ radicali e il sistema ancora piu’ instabile.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Societa’/Fraser

Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi – Nancy Fraser – Meltemi (2019)

“Post-crescita” non significa che la societa’ non dovrebbe crescere, tanto meno che debba ridursi.
L’idea e’ piuttosto che la societa’ non dovrebbe essere costruita su un imperativo di crescita programmato, che opera come una cieca necessita’ o un’irresistibile “forza della natura”, che anticipa la nostra possibilita’ di decidere se crescere o meno, quando e quanto velocemente farlo, il che e’ esattamente cio’ che fa il capitalismo […]
Dovremmo anche riflettere su cosa si intende esattamente per “crescita” in questo discorso.
Esattamente, che cosa dovrebbe essere o non essere in crescita?
Nel capitalismo, cio’ che deve necessariamente crescere non e’ la ricchezza umana o il benessere ma il capitale. Questa interpretazione della crescita (che il capitale deve crescere all’infinito e senza limiti) e’ quella che dovremmo rifiutare apertamente. Ma a cio’ non necessariamente consegue che dovremmo produrre di meno, soprattutto alla luce degli enormi livelli di privazione e poverta’ nel mondo.
La vera domanda non e’ quanto si sta producendo ma cosa, come e a beneficio di chi.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/finalmente-siamo-tornati-a-parlare-di-capitalismo-nancy-fraser/
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazio-jaeggi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
http://www.linterferenza.info/contributi/nancy-fraser-capitalismo-conversazione-rahel-jaeggi/
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-si-infiltra-nelle-nostre-vite-quotidiane/ 

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La missione dello Stato non e’ piu’ tanto quella di assicurare l’integrazione dei diversi livelli della vita collettiva, quanto conformare le societa’ ai vincoli della concorrenza mondiale e della finanza globale.
La gestione della popolazione cambia di significato e di metodo.
Mentre nel periodo fordista l’idea predominante era (secondo la formula consacrata) «accordo tra efficienza economica e progresso sociale» nel quadro di un capitalismo nazionale, la popolazione oggi e’ percepita soltanto come una «risorsa» per le imprese secondo un’analisi costi-benefici.
La politica, che per inerzia semantica definiamo ancora «sociale», non segue piu’ la logica della ripartizione dei guadagni di produttivita’, destinata a mantenere un livello della domanda abbastanza alto per gli sbocchi della produzione di massa. Essa, piuttosto, mira a massimizzare l’utilita’ della popolazione, accrescendone l’impiegabilita’ e la produttivita’, e assottigliandone i costi tramite politiche sociali di un nuovo genere che consistono nell’indebolire il potere di negoziazione dei sindacati, nel degradare il diritto del lavoro, nel ridurre il costo della manodopera, l’ammontare delle pensioni e la qualita’ della previdenza sociale; il tutto in nome dell’«adattamento alla globalizzazione».
Lo Stato, dunque, non abbandona il proprio ruolo in materia di gestione della popolazione, ma il suo intervento non risponde piu’ agli stessi imperativi e alle stesse spinte. Al posto dell’«economia del benessere», che concentrava gli sforzi sull’accordo tra progresso economico e distribuzione equa dei frutti della crescita, la nuova logica considera le popolazioni e gli individui dal punto di vista piu’ angusta del loro contributo e del loro costo nella competizione mondiale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014