Societa’/Stiglitz

La strada per la libertà. L’economia e la societa’ giusta – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)


I diritti di proprietà vanno definiti.
I diritti di proprieta’ e le regole che normano i contratti sono costrutti sociali, cose che progettiamo e specifichiamo per far progredire gli interessi della societa’. Non sono stati consegnati sul Sinai, ne’ traggono origine da una qualche misteriosa legge di natura.
La societa’ deve inoltre decidere quali contratti debbano essere considerati accettabili e vadano fatti rispettare dallo Stato […]
Molti, a destra, sembrano non capire questo punto, oppure, per essere piu’ precisi, vogliono regole che facciano pendere la bilancia del potere ancor piu’ dalla parte dei potenti.
Secondo il principio della liberta’ di contratto, sostengono che il governo dovrebbe far rispettare i contratti privati a prescindere da quanto l’accordo abbia caratteristiche di sfruttamento, se i contratti sono sottoscritti volontariamente. La destra insiste sull’applicazione dei contratti anche se ci sono grandi asimmetrie informative e persino se una parte ha tratto in inganno l’altra.
I suoi esponenti consentono e persino facilitano azioni cooperative intraprese in determinate forme tramite persone giuridiche come le corporations, proibendo al tempo stesso come collusive altre forme di cooperazione, per esempio la creazione di sindacati in difesa degli interessi dei lavoratori.
E rendono piu’ difficoltose le azioni cooperative volte a rientrare dalle perdite subite da lavoratori e consumatori e causate dalle aziende.

Info:
https://sbilanciamoci.info/stiglitz-il-neoliberalismo-e-un-fallimento/
https://ilpontedem.it/2024/06/22/joseph-e-stiglitz-la-strada-per-la-liberta-economia-e-buona-societa/

https://www.milanofinanza.it/news/la-lezione-del-nobel-joseph-e-stiglitz-un-capitalismo-progressivo-per-una-societa-giusta-202309152206147720
https://www.open.online/2024/11/22/il-premio-nobel-stiglitz-per-litalia-conseguenze-pessime-dalla-firma-del-patto-di-stabilita/

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/11/22/il-nobel-per-leconomia-stiglitz-la-ue-e-tornata-allausterita-con-donald-paghera-due-volte/7776961/

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

La Costituzione colloca il lavoro al centro del patto di cittadinanza, il patto che regola le modalita’ dello stare insieme come societa’: lo elegge a «punto di connessione fra il singolo e gli altri», a pratica destinata a realizzare la sintesi «fra liberta’ e responsabilita’, fra diritti e doveri».
Giacche’ quello al lavoro e’ indubbiamente un diritto sociale, tale in quanto la Repubblica e’ chiamata ad attuarlo, ma e’ altresi’ la principale attivita’ con cui assolvere ai «doveri inderogabili di solidarieta’ politica, economica e sociale» (art. 2), e concorrere cosi’ al «progresso materiale e spirituale della societa’» (art. 4).
Soprattutto il lavoro e’ l’attivita’ che consente come contropartita di accedere alle cure (art. 32) e all’istruzione (art. 34), e piu’ in generale di vedersi riconosciuto il diritto al welfare: di ottenere il «pacco standard di beni e servizi il cui possesso» rende ciascuno un «cittadino nella pienezza delle sue prerogative» […]
Lo Stato deve creare le condizioni affinche’ vi sia lavoro, ma deve altresi’ tenere conto delle «possibilita’» e della «scelta» del lavoratore (art. 4). Deve anche tutelare il lavoro «in tutte le sue forme e applicazioni» (art. 35), e in particolare il diritto a una retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa» (art. 36).
Spetta poi allo Stato promuovere gli strumenti e le forme di lotta impiegati dai lavoratori nel conflitto redistributivo e nel conflitto sociale in genere: l’organizzazione sindacale (art. 39) e lo sciopero (art. 40).
Lo Stato deve infine provvedere alle esigenze di vita del lavoratore «in caso di infortunio, malattia, invalidita’ e vecchiaia, disoccupazione involontaria», e assicurare il mantenimento e l’assistenza sociale al «cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere» (art. 38).

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Capitalismo/Stiglitz

La strada per la libertà. L’economia e la societa’ giusta – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)


Gli interessi aziendali hanno influenzato con successo anche il nostro linguaggio.
Ci riferiamo alle rivendicazioni sui brevetti e i copyright come a diritti di proprieta’ intellettuale, elevando questa forma di proprieta’ a diritto. E’ come se le aziende suggerissero che limitare la proprieta’ intellettuale fosse una privazione di liberta’ affine alla limitazione di altri diritti che teniamo cari […]
Il capitalismo incoraggia l’egoismo e il materialismo; l’egoismo spietato spesso conduce alla disonesta’; la disonesta’ mina la fiducia; e una mancanza di fiducia mina il funzionamento del sistema economico […]
Un incontrollato materialismo a livello globale da’ come risultato un’economia mondiale che non rimane all’interno dei confini delle risorse planetarie, eppure non siamo in grado di raggiungere la coesione sociopolitica necessaria a limitare il materialismo a sufficienza per rientrare entro quei confini […]
C’e’ ancora un altro aspetto del capitalismo […] si puo’ sostenere che il capitalismo, con il suo modo di plasmare le persone, le privi di gran parte della loro liberta’ di agire.
Quel che accade con il capitalismo e’ simile a quanto accade in alcune societa’ tradizionali, in cui ognuno conosce quale ruolo debba e sia obbligato a occupare nella societa’. Se una persona devia da quel ruolo, le sanzioni sociali sono enormi, al punto che le deviazioni avvengono di rado. Certo, all’interno del proprio ruolo ben definito, c’e’ qualche grado di liberta’ […]
Se una persona scegliesse di non agire da capitalista, perderebbe la propria identita’ e il proprio senso di se’ […]
Vivere in una casa piu’ piccola, in un quartiere meno ricco, danneggerebbe la loro identità di capitalisti di successo e potrebbe persino minarne la credibilita’ nei confronti degli altri capitalisti e di conseguenza il loro successo negli affari. In questo senso, i capitalisti percepiscono di avere scelte limitate e cio’, in una certa misura, e’ vero.

Info:
https://sbilanciamoci.info/stiglitz-il-neoliberalismo-e-un-fallimento/
https://ilpontedem.it/2024/06/22/joseph-e-stiglitz-la-strada-per-la-liberta-economia-e-buona-societa/

https://www.milanofinanza.it/news/la-lezione-del-nobel-joseph-e-stiglitz-un-capitalismo-progressivo-per-una-societa-giusta-202309152206147720
https://www.open.online/2024/11/22/il-premio-nobel-stiglitz-per-litalia-conseguenze-pessime-dalla-firma-del-patto-di-stabilita/

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/11/22/il-nobel-per-leconomia-stiglitz-la-ue-e-tornata-allausterita-con-donald-paghera-due-volte/7776961/

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

Per noi – precisa un testo della commissione reddito ACI – il reddito garantito non e’ un’elemosina, non e’ denaro per l’inattivita’ che comporterebbe l’obbligo di «fare qualcosa» [sottinteso: di «lavorare»].
Per noi il reddito garantito e’ un diritto. Se rivendichiamo questo diritto e’ perche’ partecipiamo in un modo o nell’altro alla produzione della ricchezza sociale – o potremmo parteciparvi se disponessimo dei mezzi necessari […].
Noi produciamo una ricchezza sociale non remunerata […] che consiste in diverse forme di autorganizzazione collettiva, di sistemi di aiuto e di mutuo soccorso che ci aiutano ad affrontare i problemi quotidiani, a scambiare conoscenze, a prendere iniziative che ci permettono di sfuggire alla miseria e alla noia […]
Noi vogliamo procurarci i mezzi per sviluppare delle attivita’ molto piu’ ricche di quelle alle quali oggi siamo limitati […]
Il reddito non e’ piu’ inteso come la remunerazione o il compenso di una creazione di ricchezza; e’ cio’ che deve rendere possibile lo sviluppo di attivita’ che sono una ricchezza e un fine in esse stesse,la cui produzione e’ il prodotto.
E’ cio’ che deve permettere «ai creatori di creare, agli inventori di inventare, alla moltitudine di attori che, per cooperare, non hanno bisogno ne’ di imprese ne’ di capomastri ne’ di datori di lavoro, d’inventare la societa’ e di creare legame sociale sotto forma di reti di cooperazione gratuita».
Insomma, il reddito garantito deve rendere possibili tutte quelle attivita’ fuori mercato, fuori contabilita’ e fuori norma che non sono scambiabili ne’ producono niente di scambiabile con altro, niente di misurabile e di traducibile nel suo equivalente monetario.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

Societa’/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot , Christian Laval – Derive Approdi (2019)

«Non ci sono diritti senza nulla in cambio», dicono per obbligare i disoccupati ad accettare un impiego degradato, per far pagare malati e studenti per un servizio il cui beneficio e’ considerato strettamente individuale, per condizionare i sussidi per le famiglie alle forme considerate piu’ opportune di percorsi formativi per genitori.
L’accesso ad un certo numero di beni e di servizi non e’ piu’ legato ad uno statuto che comporta determinati diritti, ma e’ il risultato di una transazione tra una prestazione e un comportamento conforme alle aspettative, o un costo diretto per l’utente.
La figura del «cittadino» investito di una responsabilita’ immediatamente connessa con la vita collettiva lascia poco a poco la scena all’uomo imprenditoriale. Questi non e’ solo il «consumatore sovrano» della retorica neoliberista, ma e’ anche il soggetto a cui la societa’ non deve niente, che non riceve «nulla per nulla» e che deve «lavorare di piu’ per guadagnare di piu’».
Il riferimento dell’azione pubblica non e’ piu’ il soggetto di diritto, ma un soggetto auto-imprenditore che stringe i contratti privati piu’ diversi con altri auto-imprenditori.
Le modalita’ di transazione negoziate caso per caso per «risolvere i problemi» tendono cosi’ a rimpiazzare le regole di diritto pubblico e le procedure di decisione politica legittimate dal suffragio universale.
Lungi dall’essere «neutra», la riforma manageriale dell’azione pubblica attenta direttamente alla logica democratica della cittadinanza sociale: aggravando le disuguaglianze sociali nella distribuzione delle prestazioni e nell’accesso alle risorse in materia di occupazione, sanita’ e istruzione, essa consolida al tempo stesso le logiche sociali di esclusione che producono sempre piu’ «sotto-cittadini» e «non-cittadini» […]
E’ interessante constatare fino a che punto la revisione dei diritti sociali sia legata alla discussione pratica sui fondamenti culturali e morali (e non solo politici) delle democrazie liberali. Il cinismo, la menzogna, il disprezzo, il filisteismo, il rilassamento del linguaggio e dei gesti, l’ignoranza, l’arroganza del denaro e la brutalita’ della dominazione sono i titoli per governare nel nome della sola «efficienza».
Quando la prestazione e’ il solo criterio di una politica, che importa il rispetto delle coscienze, della liberta’ di pensiero e di espressione? Che importa il rispetto delle forme legali e delle procedure democratiche? La nuova razionalita’ promuove i propri criteri di valutazione che non hanno nulla a che fare con i principi morali e giuridici della democrazia liberale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Laterza (2021)

Di fronte alle sfide della convivenza democratica delle differenze, la destra populista sostituisce il linguaggio dei valori a quello dei diritti.
Oppure si appropria del linguaggio dei diritti per stravolgerne il senso a vantaggio di maggioranze nazionali, etnicorazziali o sessuali che si proclamano discriminate, ignorate, minacciate.
O ancora, traduce rivendicazioni di carattere non identitario (come quelle per il lavoro, la casa, il welfare) in domande di riconoscimento identitario, ovvero in pretese di supremazia di un «noi» – nativo, di tradizione cristiana, ancorato alla famiglia tradizionale – contro tutti gli «altri» che ne minaccerebbero l’esistenza […]
C’e’ chi all’origine dell’insicurezza vede l’impatto della globalizzazione, in particolare la competizione commerciale e la delocalizzazione delle attivita’ manifatturiere, e chi invece si concentra sul cambiamento tecnologico e i suoi effetti sul mercato del lavoro.
Alcuni identificano il punto di svolta nella grande recessione cominciata nel2008 e nella perdita di fiducia verso le elite economiche e politiche; altri infine evidenziano l’apprensione generata dall’immigrazione, ritenuta generatrice di competizione sul mercato del lavoro e di costi aggiuntivi su sistemi di welfare gia’ indeboliti.
I vari fattori sono riconosciuti come spesso compresenti, ma non per questo riducibili l’uno all’altro.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_DOMANI.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_FATTO.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/02/SERUGHETTI_CORSERABRESCIA.pdf
https://www.ingenere.it/letture/il-vento-conservatore
https://www.retisolidali.it/il-vento-conservatore-intervista-serughetti/
https://www.osservatore.ch/il-nuovo-vento-conservatore-e-la-destra-antidemocratica_66328.html

Lavoro/Balzano

Contro lo smart working – Savino Balzano – Laterza (2021)

Lo smart working sara’ pure propagandato come agile e intelligente, ma resta lavoro e pertanto la riflessione deve essere ricondotta al terreno tradizionale di quest’ultimo: tra le due parole, working rimane la piu’ importante.
Proprio al lavoro la Costituzione repubblicana affida il compito di reggere i pilastri della democrazia: lo fa a partire dall’articolo 1 («L’Italia e’ una Repubblica democratica, fondata sul lavoro»), ma anche al comma secondo dell’articolo 3 («e’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli […] che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»).
Insomma, per quanto molti preferiscano «individualizzare» il diritto del lavoro, e suggerire che esso riguardi sempre e solo il singolo lavoratore, la verita’ e’ un’altra.
Dal diritto individuale del lavoratore deriva nientemeno che la sua stessa possibilità di esercitare la propria liberta’ politica e sindacale, e quindi di essere parte attiva del processo democratico.
Il lavoratore, con e grazie ai suoi diritti, arricchisce la democrazia.
Da questo deriva che intervenire in materia di diritti dei lavoratori significa intervenire direttamente sul funzionamento stesso dello Stato, alterandone leve, pesi e contrappesi soprattutto politici, equilibri di potere, i gangli dell’ingegneria istituzionale ideata in Costituzione.
Ebbene, intervento dopo intervento, sono saltati i limiti al fatto che i lavoratori vengano controllati in modo irragionevole, demansionati, licenziati arbitrariamente e senza che un giudice abbia il potere di farli riassumere anche quando puo’ certificare l’illegittimita’ dell’allontanamento. In una parola, i lavoratori sono sempre piu’ ricattabili […]
Che ne e’ della loro possibilita’ di esprimersi politicamente dentro e fuori l’azienda?
Disarmati sul piano della lotta collettiva, dunque sindacale e in ultima istanza di potere, che ne sara’ del buon funzionamento dello Stato democratico cosi’ come disegnato dai Costituenti?
Senza esagerazioni, che ne sara’ della democrazia?
Se si insiste tanto sulla comunita’ e’ perche’ e’ chiaro che, a voler resistere al processo implacabile di disgregazione del mondo del lavoro, o persino a tentare di ripristinare condizioni di giustizia ed equita’ al suo interno, e’ imprescindibile l’esistenza di una comunita’ da mobilitare.
Il cortocircuito nel quale pero’ siamo cascati si palesa proprio qui: ancora prima dei diritti, e’ la comunita’ in primis ad essere stata indebolita da questi processi e la sindacalizzazione, che gioca tutto sulla consapevolezza dei lavoratori di essere gruppo e comunita’, e’ ridotta ai minimi termini […]
Abbiamo detto che il rapporto di lavoro e’ un rapporto di forza, in cui per riequilibrarne lo squilibrio strutturale e’ dirimente assumere una prospettiva di gruppo, collettiva: e allora, se le cose stanno cosi’, come potra’ mai un lavoratore solo e isolato uscire da questo braccio di ferro senza le ossa rotte?

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/BALZANO-1.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/BALZANO-3.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/BALZANO-4.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/BALZANO-2.pdf
https://www.iltascabile.com/recensioni/contro-smart-working-balzano/
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/10/20/luddismo-smart-working/

Lavoro/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

«Non ci sono diritti senza nulla in cambio», dicono per obbligare i disoccupati ad accettare un impiego degradato, per far pagare malati e studenti per un servizio il cui beneficio e’ considerato strettamente individuale, per condizionare i sussidi per le famiglie alle forme considerate piu’ opportune di percorsi formativi per genitori.
L’accesso ad un certo numero di beni e di servizi non e’ piu’ legato ad uno statuto che comporta determinati diritti, ma e’ il risultato di una transazione tra una prestazione e un comportamento conforme alle aspettative, o un costo diretto per l’utente.
La figura del «cittadino» investito di una responsabilità immediatamente connessa con la vita collettiva lascia poco a poco la scena all’uomo imprenditoriale. Questi non e’ solo il «consumatore sovrano» della retorica neoliberista, ma e’ anche il soggetto a cui la societa’ non deve niente, che non riceve «nulla per nulla» e che deve «lavorare di piu’ per guadagnare di piu’».
Il riferimento dell’azione pubblica non e’ piu’ il soggetto di diritto, ma un soggetto auto-imprenditore che stringe i contratti privati piu’ diversi con altri auto-imprenditori.
Le modalita’ di transazione negoziate caso per caso per «risolvere i problemi» tendono cosi’ a rimpiazzare le regole di diritto pubblico e le procedure di decisione politica legittimate dal suffragio universale.
Lungi dall’essere «neutra», la riforma manageriale dell’azione pubblica attenta direttamente alla logica democratica della cittadinanza sociale: aggravando le disuguaglianze sociali nella distribuzione delle prestazioni e nell’accesso alle risorse in materia di occupazione, sanita’ e istruzione, essa consolida al tempo stesso le logiche sociali di esclusione che producono sempre piu’ «sotto-cittadini» e «non-cittadini».

Lavoro/Aloisi

Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Laterza (2020)

Da qualche anno, le strade dei centri urbani sono invase da fattorini che, muniti di voluminosi zaini colorati, scorrazzano a bordo di bici o, piu’ raramente, di scooter e utilitarie.
In contemporanea, gli smartphone si sono riempiti di nuove app congegnate per reintermediare una vasta gamma di servizi: consegne di cibo, medicinali e alcolici, lavanderia pret a porter, piccoli lavori di manutenzione, servizi di pulizie […]
A voler fare un bilancio provvisorio, il lavoro tramite piattaforma rappresenta una nicchia in cui si tollerano forme di deregolamentazione ad opera dagli attori del mercato.
Il risultato e’ gramo: orari instabili e bassi guadagni, ben al di sotto dei salari del settore (commercio, logistica, servizi, a seconda dei casi); niente malattia, ferie o straordinario; spazi risicati per la contrattazione collettiva; rischi connessi all’attivita’ di impresa che transitano in capo agli stessi lavoratori.
Pur creando potenziali nuove opportunita’ per categorie in difficolta’, le piattaforme impoveriscono il lavoro e realizzano un modello di competizione al ribasso: il punto di forza rispetto ai rivali commerciali deriva dall’abilita’ di aggirare le regole del diritto del lavoro, ma anche dal mancato rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali.
In pratica, il vantaggio distintivo si fonda su una formula evasiva delle cui conseguenze avverse finisce per farsi carico l’intera collettività (concorrenti, lavoratori, ma anche clienti che non possono contare su regole certe in fatto di divieto di discriminazione e sicurezza dei mezzi).
Questa strategia aggressiva, al vaglio di autorita’ e tribunali, e’ replicata con pertinacia su scala globale. Cambiano le formule contrattuali, gli inquadramenti e le prassi, ma salvo rare eccezioni il modello resta lo stesso.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%202.pdf
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%203.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/

Lavoro/Latouche

Serge Latouche – Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto – Bollati Boringhieri (2023)

La fine del lavoro, totale o parziale, significa anche una trasformazione del modo di attribuzione dei redditi.
Questi, oggi piu’ necessari che mai per assorbire la massa di beni commerciali prodotti, non potrebbero piu’ essere direttamente legati a un lavoro in via di estinzione. Per questo, i profeti della fine del lavoro per effetto del progresso tecnico, come pure i partigiani di una sostanziale riduzione del tempo di lavoro (tempo parziale, tempo scelto ecc.) generalmente sostengono una forma di reddito universale, indispensabile per contrastare la minaccia di una perdita di reddito e di conseguenza la fine del consumo.
I guru del transumanesimo, da parte loro, prevedono una forma di reddito di sopravvivenza per gli «scimpanze’ del futuro», secondo la delicata espressione di uno di loro, ovverosia per l’immensa maggioranza della popolazione composta da persone normali, individui non aumentati, resi inutili dall’invasione dei robot, mentre i cybermen continueranno a lavorare con salari astronomici per amministrare questo migliore dei mondi verso cui stiamo andando […]
L’argomentazione spesso addotta a sostegno di queste idee e’ che la ricchezza prodotta nelle nostre societa’ industriali evolute, secondo la stessa analisi neoclassica della crescita, non deriva tanto dal fattore lavoro o dal fattore capitale quanto dall’accumulazione tecno-scientifica che da’ luogo a una produttivita’ immensa.
Questa rendita dovuta al progresso costituirebbe una sorta di bene comune che sarebbe giusto condividere con tutti i cittadini, a prescindere dalle loro prestazioni produttive.
Si tratterebbe dunque di un diritto fondato sulla giustizia e non sulla carita’.

Info:
https://www.doppiozero.com/latouche-lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto
https://www.pressenza.com/it/2024/02/lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto/
https://ilregno.it/attualita/2023/22/s-latouche-lavorare-meno-lavorare-diversamente-o-non-lavorare-affatto-luca-miele
https://gognablog.sherpa-gate.com/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto/
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto