Populismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo.Lafine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

Da diversi decenni il popolo constata che la sua vita quotidiana e’ stata sconvolta in profondita’ da evoluzioni sulle quali non e’ mai stato consultato e che la classe politica, di tutte le tendenze, non ha mai cercato di modificare o frenare […]
In primo luogo, l’immigrazione.
Nello spazio di due generazioni, tramite il meccanismo del ricongiungimento familiare e dell’afflusso migratorio, la vecchia immigrazione temporanea ha assunto il carattere di un’immigrazione di popolamento.
Massiccia, rapida, malaccolta e mal controllata, essa ha generato in tutti i campi (scuola, vita quotidiana, mondo del lavoro, sicurezza, delinquenza) una serie di patologie sociali, creato o esacerbato fratture culturali o confessionali, minato i costumi e trasformato in profondita’ la composizione della popolazione […]
In secondo luogo, l’Unione europea.
Dall’inizio degli anni Ottanta la costruzione europea si e’ saldata con la scomparsa di interi pezzi di sovranita’ degli Stati, senza che quest’ultima fosse riportata a un livello superiore. L’aumento vertiginoso del debito pubblico, causato inizialmente dalla volonta’ di salvare le banche minacciate
dalla crisi finanziaria del 2008, ha posto gli Stati in una posizione di dipendenza dai mercati finanziari nel momento stesso in cui la creazione dell’euro li privava della possibilita’ di decidere sovranamente sulla loro politica monetaria.
Gia’ dipendenti dalla NATO sul piano militare, sottomessi ai vincoli di bilancio decretati dall’Unione europea, gli Stati sono titolari di una sovranita’ di pura facciata.
Le istituzioni europee, inoltre, sono state realizzate procedendo dall’alto verso il basso.
I popoli non sono stati associati alla costruzione europea, e le poche volte in cui sono stati consultati la loro opinione non e’ stata tenuta in alcuna considerazione […]
Infine, la globalizzazione.
Resa possibile dal crollo del sistema sovietico, che simboleggiava la divisione del mondo in due sistemi, ha rappresentato una rivoluzione simbolica fondamentale che ha cambiato il nostro rapporto con il mondo ponendo fine alla lenta ascesa delle classi medie e rendendo insostenibili le conquiste sociali concesse al mondo del lavoro, all’epoca del
“trentennio glorioso” di crescita economica successivo al secondo dopoguerra (1945-1975).
Attraverso il gioco delle delocalizzazioni e della messa in
concorrenza, in condizioni di dumping, con il monte salari sottopagato del Terzo Mondo, ha distrutto il potere di contrattazione collettiva dei lavoratori e contemporaneamente ha attentato alla sovranita’ degli Stati, cui si e’ ingiunto di non fare piu’ uso della loro volonta’ politica.
E’ stato cosi’ costruito un mondo senza esterno, senza alternativa, ordinato alla sola legge del profitto.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Connectography. Le mappe del futuro ordina mondiale – Fazi (2016)

C’e’ una dinamica concettuale che dovremmo prendere a prestito dalla fisica: quella di flusso e attrito.
Esistono tanti tipi di flussi nel sistema connesso globale: risorse, beni, capitale, tecnologia, persone, dati, idee. E ci sono tanti tipi di attrito: frontiere, conflitti, sanzioni, distanza, regolamentazioni.
I flussi sono il modo in cui distribuiamo la grande energia del nostro ecosistema e della nostra civilta’ – si tratti di materie prime, tecnologie, forza lavoro o conoscenza – e la mettiamo a lavorare in qualche parte del pianeta. Gli attriti sono le barriere, gli ostacoli e i crolli che intervengono nel processo, come guerre, epidemie, depressioni.
Sul lungo periodo i flussi hanno la meglio sugli attriti; l’offerta si connette alla domanda; lo slancio trionfa sull’inerzia. […] Maggiori flussi, tuttavia, amplificano i rischi.
I migranti possono essere terroristi, i network hawala che permettono alle rimesse degli emigrati di arrivare nei paesi poveri possono anche finanziare il crimine organizzato, persone e animali che si spostano possono portare pandemie, dalle email passano i virus e gli investimenti finanziari alimentano le bolle. Il punto di rottura in cui ognuno di questi flussi puo’ rovesciare il sistema puo’ essere altrettanto  imprevedibile della precisa posizione di un fulmine […]
Ogni paese che rifiuta di aprirsi ai flussi e’ destinato a fallire; al tempo stesso, devono esserci attriti sufficientemente sottili da permettere di cogliere tutti i pro minimizzando i contro: ad esempio, controlli di capitale sugli investimenti speculativi, limiti alla liberalizzazione per garantire la competitivita’ industriale nazionale, body scanner nei porti d’ingresso, quote d’immigrazione per evitare un’eccessiva pressione sui servizi pubblici, controlli dei passaporti incrociati con i dati Interpol, filtro sugli Internet Service Providers (ISP ) per contrastare i virus digitali e ulteriori misure.

Info:
https://.pandorarivista.it/articoli/connectography-parag-khanna-connettivita/
https://www.anobii.com/books/Connectography/9788893250566/011e9f0a9e3362e2e0
https://www.intrattenimento.eu/recensioni/connectography-recensione-parag-khanna/

Capitalismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

La fine della seconda guerra mondiale segna il grande ritorno della democrazia liberale.
In un primo momento, tuttavia, per evitare di ricadere nelle derive precedenti allo scatenarsi del conflitto, questa democrazia liberale indossera’ gli abiti nuovi dello Stato sociale.
Nel contesto del fordismo trionfante, si mettera’ in effetti in piedi un regime misto, che associ il classico Stato di diritto con elementi di essenza piu’ democratica, ma in cui la democrazia sia percepita anzitutto come “democrazia sociale”[…]
Adozione di tutta una serie di riforme sociali tendenti a proteggere gli individui dalla malattia, dalla disoccupazione, dalla vecchiaia o dall’indigenza; infine, realizzazione di un apparato di regolazione e previsione in grado di porre rimedio all’anarchia provocata dal libero sviluppo degli scambi sui mercati.
Questo sistema funzionera’ pressoche’ normalmente sino alla fine del “Glorioso trentennio”, ossia sino alla meta’ degli anni Settanta.
A partire dal periodo 1975-1980 appaiono nuove tendenze che ricreano le condizioni della crisi, ma di una crisi differente.
La democrazia sociale, concepita come una societa’ assicurativa o un’organizzazione di beneficenza, comincia a perdere colpi e il liberalismo puro riprende il sopravvento […]
Il capitalismo si libera a poco a poco di tutti gli ostacoli che ancora lo intralciavano; processo che culminera’ nella globalizzazione che subentrera’ alla disgregazione del sistema sovietico.
L’ideologia dei diritti dell’uomo, a lungo relegata in un ruolo simbolico o decorativo riservato alle venerabili astrazioni di un’altra epoca, si afferma a poco a poco come la religione dei tempi nuovi e, contemporaneamente, come cultura dei buoni sentimenti.
Lo Stato-nazione, nello stesso tempo, si rivela sempre piu’ impotente a fronteggiare delle sfide divenute planetarie e perde progressivamente tutti i suoi “valori di maesta’”, mentre si assi ste, in tutti i campi, a un massiccio rilancio del processo di individualizzazione, che si manifesta attraverso la scomparsa di fatto di tutti i grandi progetti collettivi fondatori di un “noi”. Mentre in passato «si parlava solo di masse e di classi, e l’individuo era colto attraverso il suo gruppo, la societa’ di massa e’ stata sovvertita dall’interno da un individualismo di massa, che stacca l’individuo dalle sue appartenenze […]
Per comprendere questa evoluzione, bisogna capire bene cosa distingue la democrazia antica dalla democrazia moderna.
La prima, gia’ ispirata all’idea di un’auto-costituzione delle comunita’ umane, puo’ essere definita come la messa in forma politica dei mezzi dell’autonomia tramite la partecipazione dei cittadini agli affari pubblici.
La democrazia moderna e’ invece intrinsecamente legata alla modernita’, ma lo e’ attraverso il liberalismo, che tende a snaturarla.
La causa profonda della crisi e’ la lega contro natura della democrazia con il liberalismo.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

A che cosa serve, comunque, riflettere e dibattere sul futuro dell’Europa o della sua moneta (da cui diversi grandi Paesi si tengono fuori: la Gran Bretagna, la Polonia, la Svezia), se non si tiene conto delle tendenze reali della globalizzazione?
La crisi finanziaria, se la sua gestione politica rimane fuori della portata dei popoli e dei governi, e’ destinata a produrre una formidabile accelerazione delle tendenze in atto.
Di che cosa si tratta?
In primo luogo, del passaggio da una forma di concorrenza a un’altra: da quella tra capitalismi produttivi a quella tra territori nazionali, nella quale ciascun protagonista, a colpi di esenzioni fiscali e di abbassamento del valore del lavoro, tenta di attirare maggiori capitali liquidi del proprio vicino.
E’ evidente che l’avvenire politico, sociale e culturale dell’Europa, e dei Paesi che la compongono, dipende da questo: sapere se l’Europa costituisce un meccanismo di solidarieta’ e di difesa collettiva dei suoi popoli contro il rischio sistemico oppure, al contrario (sotto l’impulso di alcuni Stati, momentaneamente dominanti, e della loro opinione pubblica), un quadro giuridico per intensificare la concorrenza tra i suoi membri e tra i suoi cittadini.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Populismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

Miseria, indigenza, sensazione di abbandono. Tutto cio’ spiega anche l’ampiezza della crisi.
Come all’epoca dei Cahiers de doleance, il popolo ha la sensazione di non essere piu’ rappresentato da delle elite che, senza distinzioni, formano una casta «dagli interessi separati e contraddittori con quelli della popolazione» […]
Ha la sensazione che la sua situazione sociale continui a deteriorarsi, che l’epoca del pieno impiego sia definitivamente passata e che l’avvenire sara’ ancora peggiore.
Ha la sensazione che i valori cui aderisce siano oggi derisi o disprezzati.
Ha la sensazione che il suo stile di vita sia minacciato dalla presenza, sul suolo nazionale, di una popolazione dai costumi differenti che percepisce come estranea, se non ostile.
Ha la sensazione che i poteri pubblici abbiano abdicato ad ogni sovranita’ e che l’Unione europea, lungi dal proteggerlo contro gli effetti della globalizzazione, costituisca un progetto antisociale che contribuisce anch’esso ad aggravare l’insicurezza economica e culturale.
Settori sempre piu’ grandi del popolo si sentono esclusi, incompresi, disprezzati, dimenticati. Hanno l’impressione di essere divenuti inesistenti, di essere superflui, di essere “di troppo”. Non sopportano piu’ le formule rituali e i mantra del “politicamente corretto”, strumento delle leghe neopuritane e dello Stato interventista, igienico e punitivo. Non sopportano piu’ di sentirsi dire che i loro timori sono vani e le minacce illusorie, che stiamo vivendo una “globalizzazione felice”, che l’immigrazione e’ una “risorsa”.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Capitalismo/Crouch

Colin Crouch – Idetita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Sebbene l’opposizione alla globalizzazione provenga  da ogni angolo dello spettro politico, la sua leadership e’ fermamente nelle mani della destra tradizionalista e nazionalista.
Questo e’ interessante. La globalizzazione economica e’ principalmente un progetto del neoliberismo, che per diversi decenni e’ stata l’ideologia dominante della destra moderna. Significa questo che la politica e’ diventata uno scontro tra fazioni interne alla destra e che la sinistra non ha più nulla da dire? O che le differenze tra sinistra e destra perdono di valore nella lotta sulla globalizzazione? […]
Le tesi della sinistra contro la globalizzazione sono abbastanza comprensibili nei loro termini. Sono, a grandi linee, le seguenti: 1. La globalizzazione permette al capitalismo di distruggere i meccanismi di governo capaci di contenere quegli eccessi che causano poverta’ e disuguaglianza e portano a trascurare i bisogni collettivi.
2. Il livello piu’ alto di governance sul quale la democrazia ha potuto insediarsi e’ lo Stato-nazione. Dunque, non appena un fenomeno supera quel livello, esce dal raggio d’azione della democrazia e cade sotto il solo controllo delle elites capitaliste che dominano lo spazio transnazionale.
3. Lo Stato-nazione non e’ solo un livello della democrazia in senso formale, ma e’ anche un’entita’ con cui la maggior parte dei lavoratori si identificano e alla quale sono disposti ad affidarsi […]
4. Il welfare state, in particolare, e’ stato una costruzione nazionale che attingeva alla solidarieta’ che unisce fra loro i membri di una nazione, membri cioe’ di una comunita’ condivisa […]
5. E’ interessante, in effetti, notare che le forme piu’ forti di welfare state si sono sviluppate nei paesi nordici in una fase in cui erano fortemente omogenei sul piano etnico e culturale, e che la loro disgregazione negli ultimi anni e’ stata associata all’arrivo di un largo numero di immigranti e richiedenti asilo, per lo piu’ da culture islamiche […] Sembra esserci una relazione inversa tra un forte Stato sociale e un multiculturalismo liberale; e se cosi’ e’, la sinistra farebbe bene ad abbandonare quest’ultimo il più rapidamente possibile […] Dato che la globalizzazione e il multiculturalismo sono nocivi per un progetto socialdemocratico, e’ necessaria una svolta che preveda tutela economica e controlli sui movimenti di capitale, nonche’ severe restrizioni all’immigrazione. Per i paesi europei cio’ rappresenta un grosso freno, se non la rinuncia completa, al processo d’integrazione europea – che soprattutto in anni recenti ha significato integrazione in termini neoliberali.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Economia di mercato/Rodrik

Dani Rodrik – Dirla tutta sul mercato globale. Idee per un’economia mondiale assennata – Einaudi (2019)

Lo Stato-nazione rimane tuttora l’unica opzione disponibile quando si tratta di fornire le disposizioni regolamentari e amministrative a cui i mercati si affidano. L’obiezione piu’ profonda e’ che l’ossessione delle elite e dei tecnocrati per l’iperglobalizzazione ostacola il raggiungimento – a livello nazionale – dei piu’ legittimi obiettivi economici e sociali, ovvero prosperita’ economica, stabilita’ finanziaria e inclusione sociale.
Le domande che dobbiamo porci oggi sono: quanta globalizzazione e’ realmente auspicabile in ambito commerciale e finanziario?
Ha ancora senso parlare di Stati-nazione in un’epoca in cui le rivoluzioni nei trasporti e nelle  comunicazioni sembrano aver decretato la morte della distanza geografica?
I singoli Stati che margine di intervento dovrebbero concedere alle istituzioni internazionali?
Qual’ e’ il vero scopo degli accordi commerciali, e come possiamo migliorarli?
In qualita’ di cittadini e di Stati, quali responsabilita’ abbiamo nei confronti di quelli che si trovano di la’ dal confine?
E come possiamo adempiervi al meglio?

Info:
https://ilmanifesto.it/la-vocazione-globale-del-capitalismo/
https://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2019-02-04/temperare-l-iperglobalizzazione-162827.shtml?uuid=AFhMOTC&refresh_ce=1

Populismo/Fukuyama

Francis Fukuyama – Identita’.La ricerca della dignita’ e i nuovi populismi – Utet (2019)

Il mondo e’ diventato molto piu’ ricco grazie ai guadagni di produttivita’ e alla globalizzazione dal 1988 al 2008, ma questi guadagni non sono stati distribuiti equamente.
Quelli che rientrano nei percentili tra il ventesimo e il settantesimo hanno avuto consistenti incrementi in reddito, e ancora maggiori sono stati quelli per il novantacinquesimo percentile. Ma la parte della popolazione globale attorno all’ottantesimo percentile ha conosciuto o stagnazione o guadagni marginali. Questo gruppo corrisponde in larga misura alla classe lavoratrice nei paesi sviluppati, cioe’ a persone con istruzione da scuola superiore o di livello minore. Pur rimanendo questi in una condizione economica molto migliore di quelli che si trovano sotto di loro, hanno perso terreno in misura significativa rispetto a chi rientra nel 10 per cento di vertice della distribuzione. Il loro status relativo, in altre parole, e’ precipitato bruscamente. […]
In queste circostanze ci si sarebbe aspettato di assistere alla massiccia ripresa di una sinistra populista in quei paesi soggetti ai piu’ alti livelli di disuguaglianza.
Fin dalla Rivoluzione francese, la sinistra si e’ definita come il partito dell’uguaglianza economica, intenzionata a usare la forza dello stato per redistribuire la ricchezza dai ricchi ai poveri. Ma all’indomani della crisi finanziaria globale si e’ assistito a una situazione pressoche’ opposta: l’affermarsi di forze nazionaliste populiste di destra in molte parti del mondo sviluppato. Questo si e’ verificato piu’ che in ogni altro luogo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, due paesi nei quali la deindustrializzazione aveva devastato la vecchia classe operaia. […]
Come si spiega che la sinistra non sia riuscita a capitalizzare il crescere della disuguaglianza sociale, e che il suo posto sia stato preso dalla destra nazionalista? Non si tratta di un fenomeno inedito: i partiti di sinistra perdono a favore dei nazionalisti da ben oltre un secolo, e proprio in quelle circoscrizioni povere o della classe operaia che in teoria sarebbero dovute essere la loro più solida base di sostegno.
Nel 1914 la classe lavoratrice europea non si schiero’ sotto le bandiere dell’Internazionale socialista ma, allo scoppio della prima guerra mondiale, ciascuna con i suoi governi nazionali. Questo fallimento ha sconcertato per anni i marxisti […]
Essere poveri significa essere invisibili agli esseri umani propri simili, e l’indegnita’ dell’invisibilita’ e’ spesso peggiore della mancanza di risorse.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

 

 

Capitalismo/Zizek

Slavoj Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

La prima conclusione che siamo spinti a trarre da questa strana situazione e’ che e’ tornata la lotta di classe come massimo fattore determinante della nostra vita politica. […]
La seconda conclusione e’ che la lotta di classe e’ sempre meno direttamente trasposta nella lotta tra partiti politici, e avviene sempre piu’ all’interno di ogni grande partito politico. Negli Stati Uniti, la lotta di classe attraversa il Partito repubblicano (la classe dirigente del partito contro i populisti alla Bannon) e il Partito democratico (l’ala clintoniana contro il movimento di Sanders. […]
La terza conclusione dunque riguarda la strategia della sinistra in questa complessa situazione. Se un qualunque patto tra Sanders e Bannon e’ escluso per ovvi motivi, un elemento chiave della tattica della sinistra dovrebbe essere quello di approfittare senza pieta’ delle divisioni in campo nemico e combattere per i sostenitori di Bannon.
Per farla breve, non c’e’ vittoria della sinistra senza l’ampia alleanza di tutte le forze anti-sistema.
Non dovremmo mai dimenticare che il nostro vero nemico e’ il sistema capitalista globale e non la nuova destra populista, che e’ semplicemente una reazione a questa impasse. Se ce lo dimentichiamo, allora la sinistra semplicemente scomparira’ dalla scena, come sta gia’ avvenendo con la sinistra moderata social-democratica in buona parte d’Europa (Germania, Francia…).

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Economia di mercato/Khanna

Parag Khanna – Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale – Fazi (2016)

Le supply chain [catene di distribuzione, filiere] e la connettivita’, non la sovranita’ e i confini, sono i principi organizzativi dell’umanita’ in questo XXI secolo.
Se la globalizzazione si allarga a ogni angolo del pianeta, le supply chain si sono ampliate, approfondite, rafforzate a un livello tale che dobbiamo seriamente chiederci se esse non rappresentino una forza organizzativa ormai piu’ radicata nella realta’ mondiale che non gli Stati stessi.
Le supply chain sono il primo vero world wide web, visto che avviluppano il mondo come un gomitolo. Sono le tubature e i cavi del mondo, i percorsi attraverso i quali tutto si muove. Le supply chain si costruiscono autonomamente e si connettono organicamente l’una con l’altra […]
Internet non è altro che la piu’ recente forma di infrastruttura sulla quale sono costruite tante supply chain. La rete Internet e’ nata nel 1989 [sono connessi a intenet centomila computer – Wikipedia], lo stesso anno della caduta del Muro di Berlino, che sembra un punto di svolta piuttosto appropriato per marcare il passaggio dal mondo dei trattati di Vestfalia al supply chain world. La guerra dei Trent’anni rappresento’ infatti una transizione dalla frammentazione del disordine medievale al moderno sistema degli Stati-nazione, nel quale i sovrani europei si impegnarono a rispettare la reciproca sovranita’ territoriale. Oggi ricordiamo la pace di Vestfalia del 1648 non tanto per i vincitori (in effetti nessuno), ma per aver dato avvio alla definizione del sistema di Stati sovrani che fa da cornice alle relazioni internazionali da quasi quattro secoli. […] E adesso le cattive notizie.
Le supply chain sono anche lo strumento con cui i mercati violentano il mondo. Sono i condotti attraverso i quali passano il saccheggio delle foreste tropicali e il pompaggio di emissioni nell’atmosfera. Dal gas naturale dell’Artico al petrolio dell’Antartico, dalle vene di litio della Bolivia a quelle dell’Afghanistan, dalle foreste dell’Amazzonia a quelle dell’Africa centrale, dalle miniere d’oro del Sudafrica a quelle siberiane, non una sola risorsa naturale del pianeta sara’ risparmiata nel supply chain world.
I governi non hanno protetto cio’ che e’ “loro” […]
Gli oceani sono stati depauperati con la pesca a strascico – sia per quanto riguarda il consumo ittico che i minerali dei fondali marini – e sono inquinati da perdite di petrolio e scarichi industriali. Le supply chain sono anche canali per i traffici di droga, armi ed esseri umani, e c’e’ piu’ commercio di persone oggi di quanto non ce ne sia mai stato nella storia. I cinque piu’ grandi cartelli criminali al mondo – la Yakuza giapponese, la Bratva russa, la camorra e la ‘ndrangheta italiane, il cartello di Sinaloa in Messico – hanno globalizzato la portata delle loro operazioni.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/connectography-parag-khanna-connettivita/
https://www.anobii.com/books/Connectography/9788893250566/011e9f0a9e3362e2e0
https://www.intrattenimento.eu/recensioni/connectography-recensione-parag-khanna/