Stato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Il livello di solidarieta’ sociale che la maggior parte dei paesi europei era riuscita a raggiungere dopo la Seconda guerra mondiale si basava su un patto, condiviso tra tutte le forze politiche, di mutua responsabilita’ per i propri concittadini.
Lo Stato sociale europeo e’ stato l’incarnazione di questo consenso.
L’Unione europea, l’euro, la globalizzazione e tutti gli altri cambiamenti economici emersi negli ultimi cinquant’anni avrebbero dovuto condurre – grazie anche ai progressi della tecnologia – a una nuova era di prosperita’ destinata a portare vantaggi a tutti.
Ma le cose non sono andate cosi’: le disparita’ appaiono piu’ grandi che mai e, specialmente dopo la crisi dell’euro, il reddito di ampi settori della popolazione e’ stagnante o addirittura diminuisce […]
I sistemi di assicurazione sociale – intesi come insieme di piani assicurativi pubblici per proteggere i cittadini contro i maggiori rischi cui sono esposti – devono restare al centro dello Stato sociale.
Eppure, queste conquiste decisive vengono attaccate da anni.
Una discussione fondata su informazioni fuorvianti ha diffuso l’idea che la protezione sociale nelle sue varie forme, e piu’ in generale lo Stato sociale, rappresentino un ostacolo al funzionamento efficiente di una economia di mercato e vadano dunque ridimensionati.
Inoltre, alcuni fondamentalisti del libero mercato hanno affermato che, al fine di rendere l’economia piu’ efficiente, bisognerebbe trasferire il piu’ possibile la protezione sociale nel settore privato, a partire dai sistemi pensionistici.
Secondo i neoliberisti le societa’ europee vivono quasi tutte al di sopra dei loro mezzi, hanno un sistema di protezione che va ben oltre le loro possibilita’ finanziarie, e programmi per gli anziani che gravano sulle generazioni future e ostacolano la crescita dell’economia

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

La prima rottura tra liberalismo e neoliberalismo e’ politica: le politiche auspicate dal neoliberalismo americano sono totalmente contrarie allo spirito (se non alla pratica) del liberalismo politico: la dice lunga l’entusiasmo di von Hayeke Friedman per un dittatore come il generale Pinochet.
Quindi, almeno in inglese, il neoliberalismo e’ l’opposto del liberalismo (in italiano usiamo “liberismo” per indicare la concezione economica e “liberalismo” per quella politica).
La seconda rottura e’ filosofica, epistemologica: il concetto chiave della teoria economica classica era il mercato, come luogo e meccanismo di scambio, a partire dal famoso mito del baratto originario, dall’“inclinazione nella natura umana a trafficare, barattare, e scambiare una cosa con l’altra,” […]
In un mercato perfetto gli agenti si scambiano merci e denaro in un regime di reciprocita’ che suppone una condizione di uguaglianza. Nel neo-liberismo invece il concetto chiave e’ la concorrenza, non come dato di natura, situazione primordiale dell’umanita’ (quale era il mercato nel mitico baratto), ma come ideale da raggiungere e come condizione precaria e difficile da mantenere.
Insita nella concorrenza vi e’ non l’uguaglianza, ma la diseguaglianza, poiche’ nella concorrenza – nella competizione – c’e’ un vincitore e un perdente (altrimenti che competizione sarebbe?): la concorrenza non solo e’ basata sulla diseguaglianza, ma la crea […]
L’individuo e’ percio’ considerato, si’, come operatore del mercato, ma in quanto competitore nella concorrenza […]
In quanto concorrente ogni individuo e’ considerato un imprenditore, anzi un’impresa di per se’: il manager di se’. Nell’antropologia neolib, l’unita’-individuo e’ un’unità-impresa e l’individuo e’ il proprietario di se stesso. […]
La prima conseguenza di quest’impostazione e’ che siamo tutti proprietari, dal bracciante messicano al minatore nero sudafricano al banchiere di Wall Street. Ma di cosa esattamente siamo proprietari, quando per esempio non possediamo denaro ne’ oggetti materiali? Siamo proprietari di noi stessi: cioe’ noi stessi costituiamo il nostro proprio capitale. Ognuno e’ proprietario di se’, cioe’ del proprio capitale umano: proprietario della propria impresa, cioe’ di se’, che investe il suo capitale: da qui la nozione di capitale umano […]
Ma se anche i proletari sono capitalisti, seppure di solo capitale umano, allora non c’e’ da un lato il capitalista che compra la merce-lavoro al proletario e dall’altro il proletario che vende la propria merce-lavoro al capitalista. Ci sono solo due capitalisti che in modo diverso ricavano un reddito dal proprio capitale (l’uno dal capitale economico, l’altro dal capitale umano).
Non c’e’ piu’ sfruttamento del lavoratore da parte del capitalista, ma c’e’ auto-sfruttamento del lavoratore-capitalista-di-se’.
Tutte le categorie concettuali tradizionali, come sfruttamento e alienazione, vengono meno e la loro cancellazione mina alla base, teoricamente, il movimento operaio, la cui sconfitta va ben al di la’ della contingenza storica dovuta alla scomparsa dei partiti e dei sindacati che lo rappresentano politicamente.
E’ una sconfitta teorica e concettuale, perche’ in questa nuova visione dell’economia il lavoro diventa un reddito da capitale [..]
La migrazione costa perche’ spostarsi costa, inoltre mentre si sposta il migrante non guadagna, e in piu’ l’inserimento in un nuovo ambiente comporta un costo psicologico. Ma tutti questi (e altri) costi sono affrontati in vista di un miglioramento, di un accrescimento di status, di un aumento di reddito. Questi costi sono un investimento. Il migrante e’ un imprenditore di se’ che affronta spese per ottenere un miglioramento.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Economia di mercato/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Il sistema dell’economia sociale di mercato contiene indicazioni molto utili per chi cerca alternative progressive al capitalismo globale.
Esso presenta le seguenti caratteristiche:
• opera in uno scenario di pace e di stabilita’ crescenti sia al suo interno sia nei suoi rapporti con l’estero, non cerca l’espansione e il dominio politico, esclude l’uso della forza militare come ausilio dell’accumulazione di capitale e riduce al minimo le spese per gli armamenti;
• non viene governato dal connubio tra Stato e capitale, ma da autorita’ pubbliche indipendenti;
• si concentra sullo sviluppo delle forze produttive e del benessere collettivo;
• governa i mercati e ne pianifica la direzione di sviluppo ponendo particolare cura nel deprimere la finanza privata, controllare i movimenti di capitale e la formazione di liquidita’, e mettere stabilmente la finanza al servizio dell’economia reale

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Europa/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Un elemento importante del disagio della societa’ europea risiede nella formula di governo dell’Unione.
Delle sue tre principali istituzioni, solo il Parlamento viene eletto dai cittadini.
Commissione e Consiglio europeo sono espressione dei governi degli Stati membri, o meglio, dei circoli di potere tecnocratico e finanziario piu’ esclusivi interni a essi.
L’Unione europea finisce percio’ per essere gestita in condizioni di pesante deficit democratico da una congrega collegata ai poteri finanziari continentali, al governo degli Stati Uniti e a Wall Street.
Il suo centro direzionale e’ una superburocrazia scostante, sorda alle istanze sociali di cinquecento milioni di persone e riluttante a sviluppare quei temi del suo mandato suscettibili di disturbare i padroni del vapore.
Al di la’ del fumo europeista, l’Unione che ci ritroviamo e’ quella dei mercati e delle banche, non quella dei suoi cittadini.
L’«Europa sociale» di Jacques Delors e’ rimasta un miraggio, dimenticata anche dai partiti socialisti presenti nel Parlamento europeo.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Geoeconomia/Giacche’

Vladimiro Giacche’ – Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato – Aliberti (2012)

Oggi la sfida consiste nell’individuazione del giusto mix tra Stato e Mercato, tra pianificazione economica e determinazione dei prezzi in base alla concorrenza dei produttori individuali.
Il modo migliore per valutare l’esperimento cinese e’ proprio quello di intenderlo come un tentativo di sviluppare una “economia mista”, che sappia evitare gli opposti estremismi dello “Stato senza mercato” e del “Mercato senza stato”:
il primo modello e’ fallito con il crollo del Muro di Berlino nel 1989, il secondo con il crollo di Wall Street meno di venti anni dopo.
Quanto alla Cina, probabilmente ha ragione chi ritiene che «si debba proprio a questo “sistema misto” la straordinaria crescita del continente cinese negli ultimi trent’anni e soprattutto la sua capacità di evitare rovesci economici e finanziari»

Info:
https://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/2034-vladimiro-giacche-titanic-europa.html
https://www.uninfonews.it/il-titanic-europa-affonda-e-lorchestra-suona-ancora/

Finanziarizzazione/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Oggi la disponibilita’ di manodopera non rappresenta piu’ un problema per il capitale, come non lo e’ stato negli ultimi venticinque anni.
Ma se la forza lavoro non ha potere, i salari ristagnano e
i lavoratori privi di mezzi non danno vita a un mercato vivace.
La persistente compressione dei salari pone dunque il problema di una domanda insufficiente per i beni e i servizi prodotti in quantita’ sempre maggiori dalle imprese capitalistiche.
Un ostacolo all’accumulazione di capitale, ovvero la questione del lavoro, viene superato soltanto creandone un altro, cioe’ l’assenza di un mercato.
Come fare ad aggirare questo secondo ostacolo?
Il divario tra i guadagni dei lavoratori e la loro capacita’ di spesa e’ stato colmato dall’avvento delle carte di credito e dalla crescita dell’indebitamento. Negli anni ottanta il debito delle famiglie statunitensi si attestava in media a circa 40.000 dollari (in termini reali); oggi e’ salito a 130.000 dollari a famiglia, mutuo compreso.
L’esplosione del debito e’ stata favorita dall’azione di istituti finanziari che hanno sostenuto e promosso l’indebitamento dei
lavoratori, i cui redditi non accennavano ad aumentare. Inizialmente il fenomeno ha interessato la popolazione con un impiego stabile, ma alla fine degli anni novanta si e’ reso necessario spingersi oltre, perche’ il mercato era esausto; bisognava percio’ estenderlo alle fasce di reddito piu’ basse.
Societa’ di credito immobiliare come Fannie Mae e Freddie Mac, sottoposte a pressioni politiche, hanno allentato i cordoni della borsa per tutti; gli istituti finanziari, inondati di credito, hanno cominciato a concedere prestiti anche a chi non aveva un reddito stabile. Se cio’ non fosse accaduto, chi avrebbe comprato tutte le nuove case e i nuovi appartamenti costruiti dalle imprese edilizie mediante il ricorso all’indebitamento?
Il problema della domanda nel settore immobiliare e’ stato temporaneamente risolto finanziando sia i costruttori sia i compratori. Gli istituti finanziari, nel loro insieme, hanno finito per controllare sia l’offerta sia la domanda di immobili residenziali.
Una dinamica analoga si e’ verificata con tutte le forme di credito al consumo erogato per l’acquisto di ogni sorta di beni, dalle auto alle macchine tosaerba ai regali di Natale, comprati a piene mani nelle grandi catene come Toys “R” Us e WalMart.
Tutto questo indebitamento era ovviamente rischioso, ma il problema poteva essere superato grazie a mirabolanti innovazioni finanziarie come la cartolarizzazione, che apparentemente spalmava il rischio su un gran numero di investitori, creando persino l’illusione di farlo scomparire.
Il capitale finanziario fittizio ha preso il comando, ma nessuno ha voluto fermarlo, perché tutti quelli che contavano sembravano guadagnare un sacco di soldi.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Finanziarizzazione/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Il prezzo di mercato corrente, e’ ormai, per chi redige i bilanci come per chi li rivede, lo strumento standard di valutazione di un’impresa.
Questi sviluppi hanno profondamente modificato la concezione originaria della teoria economica classica, secondo cui il profitto e’ un elemento residuale, cio’ che rimane dei guadagni di una impresa dopo che questa ha pagato i fornitori, i lavoratori e gli altri soggetti che vantano diritti nei suoi confronti […]
Al posto del profitto ci sono ora i rendimenti attesi dagli azionisti: che non sono un semplice elemento residuale, ma devono raggiungere determinati livelli, su un orizzonte temporale molto breve. Realizzare questi obiettivi e’ oggi, di fatto, il primo dovere di una impresa, prima di qualsiasi considerazione sul prezzo, sulla ricerca e sviluppo o sugli interessi dei dipendenti.
Gli azionisti rimangono i principali soggetti che rischiano il proprio denaro.
Uno degli obiettivi chiave di questo nuovo corso nella corporate governance e’ stato l’allineamento del management agli interessi degli azionisti […] I manager sono incentivati soprattutto a creare un clima adatto a convincere gli azionisti attuali e potenziali che l’azienda loro affidata prendera’ iniziative di successo.
Dedicare risorse alla ricerca e sviluppo o ad altre attivita’ rischia, nel breve periodo, di ridurre l’apprezzamento del titolo, zavorrandone cosi’ la performance in borsa […]
L’effetto combinato delle misure di deregolamentazione e della centralita’ del valore per gli azionisti ha dato un ruolo prioritario ai mercati finanziari secondari, in cui i titoli di una azienda vengono acquistati con l’intenzione di rivenderli subito, e non di guadagnare dal fatto che quell’azienda vende con successo i propri prodotti. Chi acquista titoli li valuta in base al guadagno che ritiene di poter ricavare rivendendoli, e cosi’ via, all’infinito o quasi. Qualsiasi valutazione di una impresa finisce per basarsi su cio’ che di quell’impresa altri pensano che altri penseranno e cosi’ via; e a ogni passaggio le risorse finanziarie utilizzate per acquistare quei titoli si basano, a loro volta, sul valore futuro di quegli stessi titoli secondo chi finanzia le banche. Si deve a questo processo se le imprese che operano in settori che “vanno di moda” (come Internet) raggiungono valutazioni di borsa altissime prima ancora di aver venduto un solo prodotto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Economia di mercato/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Oggi la disponibilita’ di manodopera non rappresenta piu’ un problema per il capitale, come non lo e’ stato negli ultimi venticinque anni.
Ma se la forza lavoro non ha potere, i salari ristagnano e i lavoratori privi di mezzi non danno vita a un mercato vivace.
La persistente compressione dei salari pone dunque il problema di una domanda insufficiente per i beni e i servizi prodotti in quantita’ sempre maggiori dalle imprese capitalistiche.
Un ostacolo all’accumulazione di capitale, ovvero la questione del lavoro, viene superato soltanto creandone un altro, cioe’ l’assenza di un mercato.
Come fare ad aggirare questo secondo ostacolo? Il divario tra i guadagni dei lavoratori e la loro capacita’ di spesa e’ stato colmato dall’avvento delle carte di credito e dalla crescita dell’indebitamento.
Negli anni ottanta il debito delle famiglie statunitensi si attestava in media a circa 40.000 dollari (in termini reali); oggi e’ salito a 130.000 dollari a famiglia, mutuo compreso.
L’esplosione del debito e’ stata favorita dall’azione di istituti finanziari che hanno sostenuto e promosso l’indebitamento dei
lavoratori, i cui redditi non accennavano ad aumentare.
Inizialmente il fenomeno ha interessato la popolazione con un impiego stabile, ma alla fine degli anni novanta si e’ reso necessario spingersi oltre, perche’ il mercato era esausto; bisognava percio’ estenderlo alle fasce di reddito piu’ basse.
Societa’ di credito immobiliare come Fannie Mae e Freddie Mac, sottoposte a pressioni politiche, hanno allentato i cordoni della borsa per tutti; gli istituti finanziari, inondati di credito, hanno cominciato a concedere prestiti anche a chi non aveva un reddito stabile.
Se cio’ non fosse accaduto, chi avrebbe comprato tutte le nuove case e i nuovi appartamenti costruiti dalle imprese edilizie mediante il ricorso all’indebitamento?
Il problema della domanda nel settore immobiliare e’ stato temporaneamente risolto finanziando sia i costruttori sia i compratori. Gli istituti finanziari, nel loro insieme, hanno finito per controllare sia l’offerta sia la domanda di immobili residenziali.
Una dinamica analoga si e’ verificata con tutte le forme di credito al consumo erogato per l’acquisto di ogni sorta di beni, dalle auto alle macchine tosaerba ai regali di Natale, comprati a piene mani nelle grandi catene come Toys “R” Us eWal-Mart.
Tutto questo indebitamento era ovviamente rischioso, ma il problema poteva essere superato grazie a mirabolanti innovazioni finanziarie come la cartolarizzazione, che apparentemente spalmava il rischio su un gran numero di investitori, creando persino l’illusione di farlo scomparire.
Il capitale finanziario fittizio ha preso il comando, ma nessuno ha voluto fermarlo, perché tutti quelli che contavano sembravano guadagnare un sacco di soldi.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Capitalismo/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel liberismo – Derive Approdi (2016)

L’economia reale e’ sempre piu’ controllata da oligopoli e monopoli (anche per l’assenza di legislazioni antitrust realmente in grado di limitarne il dominio).
Ma il vero problema […] e’ politico, visto che sono le decisioni politiche a determinare in che misura le imprese possono esercitare il potere di mercato.
Del resto, potere di mercato e potere politico si rafforzano a vicenda, come dimostra il fatto che la grande svolta verso la disuguaglianza e’ coincisa con la sterzata a destra della classe politica americana, la quale:
1) ha deregolamentato l’attivita’ bancaria ed evitato di disciplinare gli eccessi della finanza «creativa»;
2) ha ridotto il potere contrattuale dei lavoratori smantellandone le organizzazioni sindacali;
3) si e’ progressivamente integrata con le elite economiche grazie alla crescita dei contributi elettorali, all’attivita’ delle lobby e alla pratica della revolving door (lo scambio di ruoli fra manager pubblici e privati).

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Detto in parole semplici, le grandi aziende, Wall Street e i ricchi hanno acquisito un potere fortissimo sulle regole del mercato che producono risultati a loro favore; un potere aumentato costantemente mentre l’accresciuta ricchezza gli dava una capacita’ sempre maggiore di influire sulle regole.
I ceti medi e i poveri hanno invece perso gran parte del potere di una volta in un processo che continua a peggiorare perche’ il declino delle loro condizioni economiche implica una capacita’ sempre piu’ scarsa di influenzare le regole […]
Il punto e’ che al posto di un astratto “libero mercato” c’e’ una concretissima economia politica in cui il potere economico produce influenza politica sulle regole del gioco […]
La sfida fondamentale e’ politica piu’ che economica.
E’ impossibile riformare un sistema economico le cui regole di base sono controllate da un’elite economica senza alterare la distribuzione del potere politico che si cela dietro questo controllo.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html