Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d’eccezione – Mimesis (2020)

“Il liberalismo politico […] assume due forme” e cioe’ da una parte “quello che alcuni chiamano liberalismo modus vivendi” e dall’altra il cosiddetto “liberalismo progressista”, e questa divaricazione ha rilevanti ripercussioni.
Certo, entrambe queste versioni del liberalismo condividono il set essenziale dei principi liberali a proposito della centralita’ dell’individuo e delle sue liberta’, dei limiti della ragione umana, della tolleranza.
Li interpretano pero’ in maniera anche profondamente diversa. Perche’ mentre i liberali progressisti intendono i diritti umani in senso positivo e attivo (tant’e’ che inseriscono tra essi anche la questione delle pari opportunita’ e quella del welfare) e pretendono che il governo li promuova “in maniera espansiva” in patria e all’estero, impegnandosi in un massiccio interventismo che prevede anche l’ingegneria sociale, i liberali moderati – quelli per i quali il liberalismo e’ appunto anzitutto un “modus vivendi” – hanno di questi medesimi diritti una visione prevalentemente negativa. E li concepiscono “quasi esclusivamente in termini di liberta’ individuali” e cioe’ come “liberta’ di agire senza intrusioni da parte del governo”, il quale ultimo deve “ingerirsi il meno possibile”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html
https://www.sinistrainrete.info/teoria/22284-giovanni-andreozzi-recensione-di-il-virus-dell-occidente.html

Stato/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

Nelle societa’ di classe, la cosiddetta sovranita’ dello Stato […] indica in realta’ sin dalla sua genesi la superiorita’ dello Stato sui cittadini e cioe’ essa “e’ l’alibi che consente ai rappresentanti dello Stato di esonerarsi da qualsiasi obbligo che legittima un controllo da parte dei cittadini”.
In questo senso, proprio la sovranita’ statale – come sovranita’ di uno Stato egemonizzato dai poteri privati – e’ stata la prima garanzia del meccanismo neoliberale. Un meccanismo che, al contrario di quanto molti pigramente ritengono, non oblitera per nulla il ruolo dello Stato ma “lo richiede” e lo ridefinisce, cosi’ che Hayek – del quale Dardot e Laval hanno minuziosamente ricostruito le posizioni – lo ripresenta come il “guardiano” dell’“ideale di una societa’ basata sul diritto privato”.
“Pubblico” invece, “e’ assolutamente irriducibile a ‘statale’”, perche’ rinvia “non alla sola amministrazione statale, ma all’intera collettivita’ in quanto essa e’ costituita dall’insieme dei cittadini”.
In questo senso, per loro, “i servizi pubblici non sono i servizi dello Stato nel senso che lo Stato potrebbe disporne a suo piacimento” e “non sono neppure una proiezione dello Stato”, ma “sono pubblici in quanto sono ‘al servizio del pubblico’”.
Essi “non costituiscono una manifestazione della potenza dello Stato, ma un limite del potere governativo”; sono “cio’ per cui i governanti sono i servi dei governati”.
Come tali, questi servizi “rientrano nel principio della solidarieta’ sociale” e non certo “nel principio della sovranita’”, il quale rimane “incompatibile con quello della responsabilita’ pubblica”.
Nonostante le previsioni dei suoi fautori, non e’ affatto detto, percio’ – e questo e’ giusto anche a prescindere dal pregiudizio di Dardot e Laval verso lo Stato e dalla loro teoria del Comune –, che il ritorno dello Stato coincida necessariamente con il ritorno del welfare, visto che il suo ritrovato intervento potrebbe tranquillamente limitarsi, come abbiamo gia’ visto in abbondanza, a “sostenere l’attivita’ delle imprese private” e a “garantire il sistema finanziario”, funzionando nel suo potere pubblico come semplice prosecuzione del potere privato.
Cosi’ come non e’ vero, reciprocamente, che la richiesta di una ricostruzione dei servizi pubblici sia o debba essere di per se’ sinonimo di “ripiegamento identitario sulla nazione” o sulla comunita’ […] dato che questa esigenza che spaventa i biopolitici puo’ esprimere anche “un senso dell’universale che attraversa le frontiere e ci rende tanto sensibili alle prove vissute dai nostri ‘concittadini in pandemia’, siano essi italiani, spagnoli e, infine, europei e non”.
Queste considerazioni ci aiutano a capire che un eventuale ‘ritorno dello Stato’ e della politica non garantisce automaticamente nulla, perche’ il suo reale significato dipende alla fine anch’esso dai rapporti di forza tra i gruppi sociali che si muovono al suo interno e che cercano, ciascuno a proprio modo, di condizionarne le scelte e di definire il carattere concreto del potere istituzionalizzato.
Dipende da chi, cioe’, nello Stato ha conseguito o sta conseguendo l’egemonia e da come lo Stato, a partire da queste spinte e controspinte che lo investono, si posiziona effettivamente nel conflitto sociale tra gli interessi in gioco. Lo Stato, infatti, non si esaurisce per nulla in quella macchina autonoma e impersonale descritta da Agamben e Di Cesare ma, pur avendo un proprio sviluppo interno che si muove per linee endogene, e’ anzitutto un campo di battaglia tra interessi diversi e la sua natura e’ definita in primo luogo proprio dalla risultante dei loro conflitti […]
Lo Stato puo’ essere dunque potere e autorita’ che esercita una “garanzia” generale a tutela di tutti i propri membri; oppure puo’ essere semplice autoritarismo mediante il quale i garantiti si tutelano tra loro amplificando i propri poteri a discapito di chi garantito non e’.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Lavoro/Ferrera

Maurizio Ferrera – La societa’ del Quinto Stato – Laterza (2019)

Il deficit italiano di occupati nei servizi sociali non e’ un effetto della crisi o dei risparmi di spesa. E’ un deficit storico, che viene da lontano e ha a che fare con la coppia familismo-pensionismo.
Il welfare italiano ha sempre privilegiato i trasferimenti monetari agli anziani; alle famiglie con figli piccoli sono arrivate solo le briciole, anche in questo caso perlopiu’ sotto forma di assegni, sussidi e detrazioni monetarie.
Cosi’ i nuclei familiari sono diventati delle piccole aziende fai da te: autoproduzione di cura, assistenza ai bambini e agli anziani, servizi domestici, dai pasti alle pulizie, dal bucato alle ripetizioni scolastiche. Un modello sociale ripiegato su se’ stesso: la famiglia puo’ infatti trasformarsi in una trappola per giovani e donne, la solidarieta’ intergenerazionale diretta attraverso le pensioni dei nonni crea disparita’ e disfunzionalita’.
E soprattutto questo modello crea molte pastoie per i processi di crescita economica e occupazionale.
Il welfare «fai da te» oggi non regge piu’, soprattutto per le madri – e sempre di piu’ anche per le figlie adulte – su cui ricadono troppi compiti.
Piu’ di 650 mila donne inattive che si prendono cura dei figli minori, di adulti malati o disabili, di anziani non autosufficienti dichiarano che vorrebbero lavorare, ma non possono farlo per l’insufficienza di servizi pubblici o per l’alto costo di quelli privati. Il carico di cura che grava sulle spalle di queste donne e’ cosi’ intenso che molte devono comunque ricorrere ad aiuti informali.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139790
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-del-quinto-stato-di-maurizio-ferrera/
https://maurizioferrera.wordpress.com/2018/07/16/il-quinto-stato/
https://www.corriere.it/cultura/19_settembre_17/quinto-stato-serve-nuovo-welfare-proposte-maurizio-ferrera-585a6428-d96a-11e9-8812-2a1c8aa813a3.shtml

Europa/Zizek

Slavoi Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

L’affermazione fatta da Angela Merkel sul fatto che l’Europa dovra’ imparare a stare in piedi da sola e smettere di contare sulla protezione degli Stati Uniti, e’ piu’ che un semplice gesto di benvenuto della crescente autoconsapevolezza europea: non c’e’ posto per cio’ che l’Europa rappresenta nel Nuovo Ordine Mondiale di Trump, Putin, Modi, Mugabe e Erdogan.
L’Europa dovra’ affermare la sua tradizione di emancipazione combattendo non queste minacce straniere, ma la versione di esse che lei stessa ha dato, la minaccia del populismo nazionalista.
E questo e’ il motivo per cui l’idea dell’Unione Europea e’ qualcosa per cui vale la pena combattere, nonostante la miseria della sua esistenza reale: nel mondo del capitalismo globale odierno, essa offre l’unico modello di organizzazione trans-nazionale con l’autorita’ di limitare la sovranita’ nazionale e il compito di garantire un minimo di standard ecologici e di welfare state.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Data la natura della gara oggi in corso, la miseria di chi viene espulso, considerata un tempo come un male prodotto dalla societa’, alleviabile con mezzi collettivi, puo’ essere ridefinita soltanto come la conseguenza di un crimine individuale.
Le «classi pericolose» vengono pertanto stigmatizzate come classi criminali. Le prigioni divengono cosi’, nel senso vero e pieno del termine, un surrogato delle istituzioni del welfare state. E con tutta probabilita’ continueranno a esserlo in misura crescente man mano che l’assistenza pubblica andra’ riducendosi […]
E cio’ lo si vede, molto piu’ chiaramente che altrove, negli Stati Uniti dove, negli anni del “laissez faire” di Reagan e Bush, l’assoluto predominio del mercato ha raggiunto un’estensione ineguagliata rispetto a qualsiasi altro paese.
L’epoca della “deregulation” e dello smantellamento del welfare state ha coinciso con l’aumento della criminalita’, il rafforzamento della polizia e la crescita della popolazione carceraria […]
Da oggetto della politica sociale, la poverta’ si trasforma cosi’ in un problema della criminologia e del diritto penale.
Gli emarginati non sono piu’ i rifiuti della societa’ dei consumi, i perdenti esclusi da ogni feroce competizione, ma diventano i nemici giurati della societa’. Vi e’ soltanto un sottile confine, facilmente travalicabile, fra chi campa a spese dello Stato e gli spacciatori di droga, i rapinatori e gli assassini. La popolazione assistita e’ il serbatoio naturale delle bande criminali, e continuare ad assisterla significa allargare l’area di reclutamento dei delinquenti […]
Se la moralita’ consiste essenzialmente nel sentirsi responsabili dell’integrita’ e del benessere delle persone piu’ deboli, svantaggiate e sofferenti, la criminalizzazione della poverta’ tende a estinguere questo impulso. Quando i poveri vengono considerati criminali, in potenza o in atto, cessano di costituire un problema morale e ci esimono dalle nostre responsabilita’ sociali.
Non si pone piu’, cosi’, la questione morale di difenderli contro il loro crudele destino, bensi’ quella di difendere la vita e i beni delle persone normali dalle minacce che possono provenire dai quartieri degradati, dai ghetti e dalle zone malfamate […]
Come abbiamo già osservato, poiche’ nella societa’ attuale i poveri disoccupati non costituiscono piu’ un «esercito industriale di riserva», non ha alcun senso, dal punto di vista “economico”, mantenerli in buona forma nel caso in cui dovessero essere richiamati in servizio attivo come produttori.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Europa/Gallino

Luciano Gallino – L’attacco allo stato sociale. Lo smantellamento del welfare nell’Unione Europea- Einaudi (2013)

L’Unione Europea e’ un progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondo.
Uno di questi elementi, forse quello che potrebbe avere la maggior forza unificante per i cittadini Ue, e’ a mio avviso il modello sociale che si ritrova nella Ue e, in tutto il mondo, solamente in essa […]
L’espressione modello sociale europeo suona un po’ astratta, ma e’ ricca di significati concreti. Essa designa un’invenzione politica senza precedenti, forse la piu’ importante del xx secolo.
Essa significa che la societa’ intera si assume la responsabilita’ di produrre sicurezza economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione sociale e i mezzi che possiede.
Produrre sicurezza economica richiede la costruzione di sistemi di protezione sociale avendo in vista una serie di eventi che possono sconvolgere in qualsiasi momento la vita di ciascuno.
Sono la malattia, l’incidente, la disoccupazione, la poverta’, la vecchiaia […]
Sin dagli anni Novanta del secolo scorso si parlava di almeno tre modelli differenti: il tipo socialdemocratico o nordico o scandinavo; il tipo liberale o anglosassone; il tipo socialconservatore o continentale.
Piu’ tardi i modelli individuati diventarono almeno quattro, con l’aggiunta ai precedenti del tipo mediterraneo […]
Appare pertanto arduo comprendere come si possa individuare nella eccessiva generosita’ dello stato sociale il fattore che rende non solo indispensabile, ma altresi’ urgente, una sua marcata riduzione, a causa del peso insostenibile che e'[…] giunto a far gravare sui bilanci pubblici.
Una lettura piu’ realistica della crisi porterebbe piuttosto a dire che, essendo i bilanci pubblici stremati dal menzionato sostegno al sistema finanziario, in presenza di una crisi che appare tutt’altro che risolta, gli stati sono costretti,volenti o nolenti, a ridurre la spesa della voce piu’ importante del
loro bilancio – la spesa sociale.

Info:
https://www.amazon.it/Lattacco-allo-stato-sociale-smantellamento-ebook/product-reviews/B00BUE9NRG

Economia di mercato/Bauman

Zigmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Il welfare state e’ «uno strumento di repressione o un sistema per garantire l’emancipazione dal bisogno e mitigare i rigori dell’economia di mercato? Favorisce l’accumulazione del capitale e dei profitti o e’ un salario sociale da difendere e da aumentare come la busta paga? E’ una frode del capitalismo o una vittoria della classe operaia?» […]
La risposta piu’ ragionevole e’ che il welfare state e’ stato tutte queste cose e molte altre ancora.
La sua nascita e’ il prodotto di una combinazione di vari fattori quali: le pressioni derivanti da un’economia capitalistica in crisi, incapace di assicurare la propria sopravvivenza senza un aiuto politico; le spinte delle organizzazioni sindacali incapaci anch’esse di affrontare senza un analogo sostegno gli effetti dirompenti delle oscillazioni dei «cicli economici»; la necessita’ di riaffermare e difendere il principio della diseguaglianza sociale mitigandone le conseguenze piu’ inique e inaccettabili; il tentativo di far accettare questo principio emarginando coloro che rifiutavano di continuare ad avallarlo; e l’urgente necessita’ di contrastare con un intervento pubblico gli effetti devastanti di un’economia politicamente incontrollata […]
Pur se frutto di una combinazione di circostanze, il successo politico iniziale del welfare state sarebbe stato inconcepibile all’interno di una societa’ capitalistica se non ne avesse favorito lo sviluppo grazie ai servizi sociali che forniva.
Fra le sue molte altre funzioni, svolse infatti anche quella, essenziale, di garantire una continua «offerta di lavoro»: fornendo un’istruzione di buon livello, un’adeguata assistenza sanitaria e una sana alimentazione ai figli di genitori poveri, assicuro’ alle industrie un flusso costante di manodopera impiegabile, cosa che nessuna azienda da sola o insieme ad altre sarebbe stata in grado di procurarsi […]
Il welfare state creo’ un esercito industriale di riserva ben addestrato e pronto all’uso quando serviva.
Ma l’eventualita’ che gli imprenditori abbiano di nuovo bisogno dei servizi di questi disoccupati che vivono di assistenza pubblica, appare oggi sempre piu’ remota.
La manodopera eccedente rischia di non essere piu’, impiegabile, non tanto perche’ poco qualificata, bensi’ per l’assenza di domanda […]
Fin quando lo sviluppo di un’industria redditizia dipendeva dall’ampia disponibilita’ di forza lavoro, gli imprenditori erano ben lieti di trasferire all’erario i costi della formazione e dell’addestramento di un esercito di riserva.
Ma oggi non e’ piu’ cosi’. I profitti delle imprese derivano in gran parte da investimenti «strutturali» (pari a circa l‘80 per cento dei costi globali) che non comprendono l’assunzione
di un maggior numero di dipendenti.
Il reclutamento di manodopera si trasforma sempre piu’ da un vantaggio in una perdita. E i manager, soprattutto quelli di piu’ alto livello delle maggiori imprese, vengono riccamente ricompensati quando riescono a ridurre il personale […]
Gli interessi prioritari degli azionisti trovano del resto il sostegno dei mercati finanziari.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Economia di mercato/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Laterza (2018)

Oggi, la maggior parte dei politici, giornalisti e banchieri mainstream insistono che non c’e’ alternativa al dogma del libero mercato, del libero commercio, della libera scelta, della libera concorrenza e della libera comunita’ […]
Il repertorio delle politiche neoliberiste e’ ben noto: privatizzazione o mercatizzazione di servizi pubblici come l’energia, l’acqua, i treni, la salute, l’educazione, le strade, le prigioni; rimozione o riduzione della regolamentazione statale di settori economici vitali come il commercio, la concorrenza industriale, i servizi finanziari, le comunicazioni, l’energia, la salute, l’ambiente; riduzione delle tasse, soprattutto per i grandi affari, e tolleranza per le scappatoie fiscali; contrazione del sostegno sociale e stringenti strumenti di verifica per i gruppi che ancora avrebbero titolo all’aiuto pubblico, come disoccupati, disabili, senza dimora, genitori single.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/

Capitalismo/Crouch

Colin Crouch – Idetita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Sebbene l’opposizione alla globalizzazione provenga  da ogni angolo dello spettro politico, la sua leadership e’ fermamente nelle mani della destra tradizionalista e nazionalista.
Questo e’ interessante. La globalizzazione economica e’ principalmente un progetto del neoliberismo, che per diversi decenni e’ stata l’ideologia dominante della destra moderna. Significa questo che la politica e’ diventata uno scontro tra fazioni interne alla destra e che la sinistra non ha più nulla da dire? O che le differenze tra sinistra e destra perdono di valore nella lotta sulla globalizzazione? […]
Le tesi della sinistra contro la globalizzazione sono abbastanza comprensibili nei loro termini. Sono, a grandi linee, le seguenti: 1. La globalizzazione permette al capitalismo di distruggere i meccanismi di governo capaci di contenere quegli eccessi che causano poverta’ e disuguaglianza e portano a trascurare i bisogni collettivi.
2. Il livello piu’ alto di governance sul quale la democrazia ha potuto insediarsi e’ lo Stato-nazione. Dunque, non appena un fenomeno supera quel livello, esce dal raggio d’azione della democrazia e cade sotto il solo controllo delle elites capitaliste che dominano lo spazio transnazionale.
3. Lo Stato-nazione non e’ solo un livello della democrazia in senso formale, ma e’ anche un’entita’ con cui la maggior parte dei lavoratori si identificano e alla quale sono disposti ad affidarsi […]
4. Il welfare state, in particolare, e’ stato una costruzione nazionale che attingeva alla solidarieta’ che unisce fra loro i membri di una nazione, membri cioe’ di una comunita’ condivisa […]
5. E’ interessante, in effetti, notare che le forme piu’ forti di welfare state si sono sviluppate nei paesi nordici in una fase in cui erano fortemente omogenei sul piano etnico e culturale, e che la loro disgregazione negli ultimi anni e’ stata associata all’arrivo di un largo numero di immigranti e richiedenti asilo, per lo piu’ da culture islamiche […] Sembra esserci una relazione inversa tra un forte Stato sociale e un multiculturalismo liberale; e se cosi’ e’, la sinistra farebbe bene ad abbandonare quest’ultimo il più rapidamente possibile […] Dato che la globalizzazione e il multiculturalismo sono nocivi per un progetto socialdemocratico, e’ necessaria una svolta che preveda tutela economica e controlli sui movimenti di capitale, nonche’ severe restrizioni all’immigrazione. Per i paesi europei cio’ rappresenta un grosso freno, se non la rinuncia completa, al processo d’integrazione europea – che soprattutto in anni recenti ha significato integrazione in termini neoliberali.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Stato/Fazi

Thomas Fazi – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il ruolo delle politiche anticicliche e’ quello di fare in modo che il livello dell’investimento sia sempre tale da garantire la piena occupazione.
Ma l’investimento non e’ solo domanda. Esso ha anche un’altra caratteristica: modificare l’offerta […]
Si tratta di fare delle scelte che varranno nel lungo periodo. Scelte che diventano quindi strategiche, perche’ influenzano radicalmente il futuro, e che richiedono una capacita’ di programmazione e di previsione e un’attenzione particolare all’interesse collettivo.
I liberisti sostengono che lo Stato non puo’ e non deve fare queste scelte perche’ non sa cosa la gente vuole oggi o vorra’ tra vent’anni.
L’informazione, spiegano, e’ disseminata nella societa’. Ma la verita’ e’ che non lo sanno neppure i privati e che neppure la concorrenza e la selezione nel mercato sono in grado di far “emergere” le scelte migliori. Al contrario, il fatto stesso che il capitalismo sia cosi’ instabile dimostra la sua incapacita’ di prevedere il futuro e allocare efficacemente le risorse […] Paradossalmente, e’ proprio lo Stato che puo’ valutare i migliori investimenti nel lungo periodo, quelli che piu’ di altri accresceranno la ricchezza nazionale, perche’ non e’ interessato al profitto nel breve. Certo, nessuno sostiene che questo accada sempre […]
E allora la mano invisibile del mercato – che, come dice Joseph Stiglitz, e’ invisibile perche’ non esiste – deve essere sostituita dalla mano visibile dello Stato […]
Quali sono, dunque, le attivita’ che lo Stato dovrebbe controllare, in vista dell’interesse generale?
Non e’ possibile rispondere una volta per tutte, prescindendo dalla situazione concreta. Cosa debba fare il pubblico e cosa il privato e’ in larga parte una scelta che dipende dal contesto economico, politico, sociale, dal grado di sviluppo del paese, dalla sua cultura, dalla sua storia, dalle sue dimensioni, dalle sue vocazioni naturali, dalla sua cultura imprenditoriale, dalla competizione internazionale e da tanti altri fattori.
La suddivisione tra «agenda» e «non agenda», per usare un’espressione utilizzata da Keynes, non e’ data una volta per sempre e non e’ sempre la stessa ovunque […]
Qui cercheremo di elencare, sulla base dell’esperienza di alcuni paesi, un insieme di attivita’ che piu’ di altre si prestano a essere condotte dallo Stato. Non sempre e’ necessario o auspicabile che lo Stato possieda tutte le imprese che svolgono una certa attivita’; il piu’ delle volte e’ sufficiente che controlli quella preminente sul mercato, in modo da influenzarlo nella direzione voluta. Inoltre, ce lo confermano gli esempi che faremo, le imprese pubbliche funzionano meglio se agiscono come “corpi autonomi all’interno dello Stato”, evitando di rincorrere il sentimento politico del momento o peggio trasformandosi in puri serbatoi di clientela per l’uomo politico di turno […]
Il modello che sembra avere piu’ successo e’ quello in cui lo Stato si occupa di alcune attivita’, in particolare quelle che costituiscono una precondizione della mercazione e dei settori di volta in volta strategici, dettando inoltre con la sua politica economica il quadro generale, mentre lascia ai privati i “dettagli” delle scelte, unendo cosi’ i vantaggi della pianificazione centralizzata a quelli dell’economia decentralizzata, cioe’ del mercato […]
Un’altra attivita’ che non puo’ essere lasciata totalmente al mercato perche’ estremamente influenzata dall’incertezza e’ senz’altro il credito. Le banche pubbliche hanno avuto e hanno ancora, dove presenti, un ruolo centrale nello sviluppo di un paese (e va detto: nel bene e nel male, quando sono gestite in modo inadeguato) […]
L’istruzione e la sanita’ possono essere viste come beni “di base” senza i quali e’ difficile immaginare un futuro di ricchezza per qualsiasi paese. Il welfare state, l’istruzione pubblica e tendenzialmente gratuita, le cure per tutti, non sono solo doverosa solidarieta’ e redistribuzione del reddito.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/