Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


A meta’ degli anni Settanta si erano accumulate nei principali centri finanziari enormi quantita’ di capitale monetario, anche provenienti dagli Stati petroliferi, per i quali c’erano sempre meno opportunita’ di investimento redditizio a fronte della recessione globale.
Una strategia per investire questo capitale in modo sicuro e redditizio fu quella di offrire prestiti ai Paesi del Sud globale per il loro “sviluppo”.
Banchieri, economisti e consulenti politici occidentali sono accorsi in tutto il mondo per vendere ai governi delle ex colonie grandi progetti infrastrutturali finanziati con prestiti provenienti dal Nord e realizzati da aziende del Nord.
Di conseguenza, i Paesi del Sud globale si indebitarono enormemente per raggiungere uno “sviluppo” che, nella maggior parte dei casi, si rivelo’ essere una chimera.
Dal 1970 al 2000 il debito dei sessanta Paesi piu’ poveri e’ passato da 25 miliardi a 523 miliardi di dollari.
Molti dei debitori erano dittature sostenute o che erano state portate al potere dall’Occidente (Indonesia, Filippine, Brasile, Uganda, Congo o Haiti), che non dovevano praticamente rendere conto dell’uso del denaro, facendone sparire gran parte in conti svizzeri […]
Attraverso il flusso continuo di interessi che va dal Sud al Nord, i Paesi piu’ poveri del pianeta hanno sovvenzionato l’accumulazione di capitale, soprattutto nei centri finanziari di New York e Londra.
L’indebitamento del Sud del mondo, tuttavia, non costituiva – e ancora oggi lo e’ – solo un buon affare, ma e’ anche un mezzo di controllo politico: chi si indebita diventa ricattabile.
Gli “sporchi” interventi militari o paramilitari hanno potuto cosi’ essere sostituiti dalla “pulita” coercizione dell’economia.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


I giganteschi sussidi al petrolio sostengono in modo ingente anche l’industria automobilistica, in crisi in tutto il mondo.
Se i veri costi del petrolio venissero trasferiti sui prezzi della benzina, guidare un’auto sarebbe inaccessibile per la maggior parte delle persone e il settore crollerebbe […]
Anche il settore aeronautico, che e’ responsabile della quota di gas serra in piu’ rapida crescita, viene sovvenzionato in modo ingente. Le sue infrastrutture, in particolare la costruzione di aeroporti, sono pagate principalmente dai contribuenti. Il carburante per aerei non e’ tassato in tutto il mondo e l’aviazione e’ anche esclusa dai negoziati sul clima delle Nazioni Unite […]
I produttori di aerei Airbus e Boeing ricevono per via diretta o indiretta iniezioni di denaro dallo Stato per miliardi di euro. Senza tutti questi sussidi, sarebbe impensabile che volare in Europa sia piu’ economico che viaggiare in treno.
L’agricoltura industriale, anch’essa uno dei maggiori killer del clima, e’ sovvenzionata dalla sola Unione Europea per un ammontare di circa cinquanta miliardi di euro ogni anno […]
Praticamente tutte le grandi societa’ traggono profitto dalla rete di paradisi fiscali e di scappatoie fiscali create dagli Stati e, nonostante tutti i discorsi a parole, ostinatamente mantenute. Solo nell’Unione Europea le perdite di entrate statali dovute all’evasione fiscale e all’economia sommersa ammontano a circa mille miliardi di euro all’anno. Con questa cifra si potrebbero pagare, sul medio periodo, tutti i debiti nazionali dell’UE.
Questo elenco, che potrebbe essere esteso per diverse pagine, dimostra che il “libero mercato” e’ un mito che serve a nascondere il fatto che le grandi imprese, apparentemente onnipotenti, possono sopravvivere solo grazie alla flebo dello Stato.
Questa constatazione e’ altamente esplosiva. Nelle democrazie, infatti, l’uso del denaro delle tasse e’ deciso, almeno in teoria, dai Parlamenti eletti dai cittadini. E i cittadini potrebbero in linea di principio decidere che tutti questi trilioni di euro non debbano piu’ confluire nei settori piu’ distruttivi del pianeta, ma nella ristrutturazione socio-ecologica. In questo consiste una delle leve piu’ potenti per una profonda trasformazione della societa’.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
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Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)


Ci sono poi motivi specifici per il disprezzo dell’integrazione europea.
Effettivamente la Ue e’ un costrutto intrinsecamente liberale. Nonostante il progetto europeo nascesse negli anni Cinquanta, l’Europa che conosciamo e’ quella dagli anni Ottanta in poi, ossia l’Europa del mercato unico, dell’euro e di Schengen, un periodo storico caratterizzato, come abbiamo visto, da un neoliberismo spinto.
E’ un’Europa che ha creato la moneta unica ma stenta a compiere il passo successivo verso un’unione fiscale, un’Europa in cui ha regnato il dio della concorrenza interna, ma che per decenni non si e’ occupata con la stessa alacrita’ e dedizione della crescente competizione internazionale, a partire da quella cinese.
E’ un Europa in cui sono state aperte le frontiere interne prima di sciogliere i nodi riguardo alla gestione di quella esterna. Quindi, quando si abbatterono sull’Europa la crisi finanziaria e la recessione, non solo l’Unione non era attrezzata per affrontarle, ma le sue istituzioni e molti dei suoi Stati membri, i cosiddetti «frugali», percorsero la via opposta a quella intrapresa da Washington con Barack Obama.
Mentre gli Usa perseguirono immediatamente e aggressivamente una politica monetaria anticiclica, gli europei lo fecero solo molto dopo, ossia con l’arrivo di Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea nel 2011. Dal punto di vista fiscale, Washington fu meno espansiva, iniettando solo circa 1 miliardo nell’economia statunitense nel 2009, ma gli Stati dell’eurozona fecero addirittura il contrario, perseguendo l’austerita’.
Non a caso, negli Stati Uniti la crisi passo’ a partire dal 2009, mentre in Europa si trascino’ per anni. La Bce non poteva stampare moneta facilmente come faceva la Federal Reserve (il cui dollaro e’ la principale valuta globale) e l’Unione europea non disponeva di una capacita’ fiscale per introdurre misure anticicliche nell’economia europea. Inoltre, l’ideologia ordoliberale era diffusa in Europa.
Affrontare la crisi diversamente richiedeva un cambio di paradigma che gli europei non riuscirono a compiere per tempo. Alla fine si fece il minimo sindacale per evitare il crollo dell’euro, avviando i primi passi verso un’unione bancaria, e quando Draghi da governatore della Bce dichiaro’ che avrebbe fatto «whatever it takes» per salvare l’euro, i mercati si calmarono.
La casa comune europea rimase in piedi, ma ne usci’ devastata economicamente, socialmente e, appunto, politicamente.
Di conseguenza, l’euroscetticismo negli anni della crisi dell’eurozona schizzo’ alle stelle.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)


Questo post, estratto dall’opera di Balibar del 2016, gia’ pubblicato nell’aprile 2020, e’ riproposto all’attenzione e alla riflessione per l’attualita’ che riveste in questo periodo

L’Europa ha creduto di costruire delle frontiere europee, ma in realta’ non ha frontiere, e’ essa stessa, in quanto tale, una frontiera complessa: contemporaneamente una e molteplice, fissa e mobile, rivolta verso l’esterno e l’interno.
Per usare un termine inglese, in questo caso piu’ pregnante, e’ una Borderland, una «terra di frontiera».
Cio’ significa, a mio parere, due cose di portata fondamentale e paradossale, le cui conseguenze continueranno a sfuggirci se continueremo a ragionare in termini di sovranita’ nazionale e di controlli in senso tradizionale: in primo luogo, che l’Europa non e’ uno spazio dove le frontiere si giustappongono, ma dove si sovrappongono senza riuscire veramente a fondersi; in secondo luogo, che l’Europa e’ uno spazio dove le frontiere si moltiplicano e si spostano costantemente […]
Riguardo al primo punto […] l’Europa non ha un’unica identificazione in termini di «territorio».
Siamo portati a credere che i confini esterni dell’Europa siano le frontiere reali dell’Europa, ma non e’ vero. Perche’ questi confini non coincidono ne’ con quelli del Consiglio d’Europa (che include la Russia, l’Ucraina, la Turchia e tutti gli Stati balcanici e rientra nelle competenze della Corte europea dei diritti dell’uomo), ne’ con quelli della NATO (che include gli Stati Uniti, la Norvegia, la Turchia ecc. ed e’ responsabile della protezione del territorio europeo, in particolare contro gli avversari dell’Est, e di una parte delle operazioni militari sulla sponda meridionale del Mediterraneo), ne’ con la spazio Schengen (che include la Svizzera ma non il Regno Unito), ne’ con l’eurozona, dove regnano la moneta unica e l’unione bancaria sotto il controllo della Banca centrale europea (e che include ancora la Grecia ma non il Regno Unito, la Svezia, e la Polonia).
Visti gli avvenimenti recenti, credo sia d’obbligo ammettere che queste diverse aree non arriveranno mai a fondersi. E che, di conseguenza, l’Europa non sia definibile come un territorio se non in modo riduttivo e di fatto contraddittorio. […]
Ritorniamo comunque al triste spettacolo che ci offre in questo momento l’Europa di fronte alla sfida migratoria e tentiamo di definire piu’ precisamente il senso delle moltiplicazioni, degli spostamenti delle frontiere.
E’ il nostro secondo punto […]
L’appartenenza formale all’Unione europea e’ diventata un criterio secondario: i Balcani sono in Europa, come vogliono d’altronde la geografia e la storia, di modo che, ad esempio, il «muro» ungherese taglia l’Europa e riproduce il tipo di segregazione che pretende di escludere (come ha fatto osservare a mezza voce il portavoce della Commissione). D’altra parte, alcuni Paesi europei da altri Paesi sono considerati non europei, ma piuttosto delle zone tampone.
Ma questa definizione non e’ assoluta, funziona in senso relativo, secondo un gradiente, come direbbero i fisici, che acquista un significato politico, sociologico, ideologico e anche antropologico.
Il Sud, l’altra Europa che non e’ del tutto europea ma mantiene un piede nel Terzo Mondo o gli serve da porta di accesso, per la Francia e’ l’Italia, ma per l’Inghilterra e’ la Francia; per la Germania e’ l’Ungheria e tutto quello che si trova al di la’, ma per l’Ungheria e’ la Serbia, la Macedonia, la Grecia e la Turchia…
Quindi ci chiediamo: chi ferma chi? Chi e’ la guardia di frontiera dell’altro? Risposta: l’altro Stato, quello che sta piu’ a sud (o a sud- est) […]
Possiamo dunque arrivare alla doppia conclusione che si impone: nei fatti la frontiera esterna dell’Europa passa dovunque al suo interno, la taglia in parti sovrapposte; e di conseguenza l’Europa stessa – pur facendo parte del Nord – non e’ altro che una delle zone dove si gioca la grande e impossibile demarcazione del mondo attuale tra Nord e Sud. Una demarcazione che in realta’ non e’ piu’ localizzabile.
Se a questo si aggiungono le demarcazioni economiche (a volte percepite come culturali) che si stanno scavando tra il Nord e il Sud del continente, all’interno dell’Unione europea stessa, per effetto del liberismo economico e dei rapporti tra Paesi creditori e debitori, si capisce come alcuni Paesi membri siano tentati di amputarne altri per proteggersi meglio contro quello che rappresentano o che portano in Europa.
Salvo che un atteggiamento del genere pragmaticamente non ha senso, perche’ dove si fara’ passare la superfrontiera? Come la si definira’ sotto il profilo giuridico?

Europa/ Scheildler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


In Europa, istituzioni non elette e dominate da lobbisti industriali, come la Commissione Europea e l’“Eurogruppo”, determinano una parte considerevole dell’agenda politica; i programmi di austerita’ che impongono autoritariamente sono sulla buona strada per distruggere il progetto di integrazione europea.
La perdita di credibilita’ della democrazia
rappresentativa ha due facce. Da un lato, le correnti antidemocratiche che si affidano a soluzioni autoritarie stanno guadagnando vigore da piu’ parti; l’ascesa di nuovi movimenti e partiti estremisti di destra in tutto il mondo ne e’ un tipico esempio, come pure il trionfo dei fondamentalisti teocratici. Anche gli appelli a una ecodittatura o a un governo mondiale tecnocratico si fanno sempre piu’ forti […]
D’altro canto, in tutto il mondo e’ iniziata la ricerca di nuove forme di democrazia che superino i filtri della rappresentanza, del denaro, del debito e dell’opinione pubblica manipolata; ne sono un esempio il movimento dei “Senza Terra” dell’America Latina, il movimento “15-M” spagnolo, la “Primavera Africana”, le innumerevoli iniziative territoriali negli Stati Uniti nate dal movimento “Occupy” e anche molti movimenti influenzati dal pensiero di Gandhi in India.
La democrazia rappresentativa non e’ piu’ intesa come l’obiettivo finale da raggiungere, ma come una tappa intermedia sulla via dell’autentica autodeterminazione e auto-organizzazione […]
Si tratta quindi di difendere il parlamentarismo dalle forze autoritarie e dal “colpo di Stato delle multinazionali”, costruendo al contempo nuove strutture alla base per superare gradualmente i limiti della democrazia rappresentativa. Questa doppia strategia e’ ancora piu’ importante perche’ la democratizzazione dal basso e’ ancora agli inizi e richiede molto tempo. La democrazia di base e i principi del consenso sono gia’ praticati con successo in molte strutture locali, dai negozi per bambini alle cooperative.
Ma come questi principi possano essere trasferiti a forme organizzative piu’ ampie e’ ancora in gran parte una questione aperta.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

 

Europa/Jappe

Le avventure della merce. Per una nuova critica del valore – Anselm Jappe – Mimesis (2023)


Non e’ necessario tracciare qui un bilancio degli orrori prodotti dalla societa’ della merce nella sua attuale fase neoliberale. Sono perfettamente conosciuti.
La tanto apprezzata “mano invisibile” ha cominciato a picchiare all’impazzata. Stiamo tutti diventando “non redditizi”.
Oggi le crisi non derivano piu’ dalle imperfezioni del sistema produttore di merci, ma al contrario dal suo completo sviluppo […]
Bisogna abbandonare l’illusione che i problemi posti dal mercato possano ancora trovare delle soluzioni sul terreno della stessa economia di mercato […]
Per oltre centocinquant’anni, il movimento operaio e democratico ha accettato il capitalismo e tentato di applicargli mille catene e di circondarlo di mille recinzioni. Abbiamo visto che la prima crisi di valorizzazione, la prima vera contestazione e’ sufficiente perche’ la bestia dimentichi di essere stata addomesticata e spezzi tutte le sue catene.
Il capitalismo reso “sociale”, “democratico”, “umano”, e anche “ecologico”, con uno sforzo durato un secolo, puo’ ritornare da un giorno all’altro il capitalismo bruto: un sistema feticcio cieco, pronto a divorare qualsiasi cosa pur di sopravvivere.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html

Europa/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo, Francesco Bechis – Solferino (2024) 


E’ del tutto evidente che, se vuole svolgere un ruolo, l’Europa deve riformarsi in profondita’ e aumentare la propria capacita’ di reazione.
Evidente, ma non praticabile, almeno a breve, perche’ qualunque disegno riformatore dei Trattati richiede l’unanimita’ degli Stati membri. Il voto all’unanimita’ e’ una zavorra che l’Europa non puo’ piu’ permettersi, pena la perdita di qualsiasi credibilita’.
Migranti, aiuti all’Ucraina, rifinanziamento del bilancio: quante volte negli ultimi anni e’ bastato un solo pollice verso, dell’Ungheria di Viktor Orban o perfino della piccola Malta, per mettere nel congelatore qualsiasi decisione?
Rinviare, procrastinare, in definitiva, non decidere affatto. Per quanto limitativo sia lo status quo, l’Europa resta ostaggio del suo «comma 22»: una riforma del sistema non e’ in vista, per colpa di quegli stessi veti che la ingolfano quotidianamente.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/

Europa/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


L’Unione europea, nel caso specifico, potrebbe essere definita un impero di tipo liberale, o con piu’ precisione, neoliberale, retto cioe’ da una “libera” economia di mercato (leggasi “capitalista”) quale dottrina politico-economica uniformante e vincolante e da una promessa di prosperita’ collettiva e di democrazia per tutti.
Da un punto di vista formale, gli stati membri di un impero liberale devono potersi rapportare “alla pari” l’uno all’altro, mantenendo la parvenza di un’adesione volontaria; al contempo, al centro spetta il dovere di responsabilita’ di mantenere le promesse di crescita e ricchezza nella periferia dell’impero, configurando i rapporti imperiali di potere in relazioni internazionali rette dal diritto, mentre i governi nazionali piu’ o meno democraticamente incaricati, dal canto loro, hanno il compito di fungere da intermediari tra la potenza egemone alla guida dell’impero e le popolazioni degli stati membri, giacche’ la loro posizione e atteggiamento nei confronti del centro sono di vitale importanza per la coesione stessa dell’impero.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Europa/Parsi

Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2018)

[La] tensione tra una solidarieta’ necessariamente ancorata alla scala nazionale e l’integrazione economica di scala europea ha generato quattro specifiche «sottotensioni»: una tra dimensione sociale e dimensione economica del processo di integrazione, con una «governance programmaticamente sbilanciata a favore delle misure pro mercato e a sfavore di quelle pro welfare»; una seconda che corre all’interno dell’Eurozona, «e oppone Nord e Sud, paesi core (centrali dal punto di vista economico) e paesi periferici, “creditori” e “debitori”»; la terza che ha per tema la libera circolazione dei fattori di produzione nel mercato interno riguarda soprattutto la polemica tra «paesi con welfare consolidato (generoso e costoso) e paesi con welfare relativamente limitato, con basso costo del lavoro e bassa regolazione»; la quarta infine «e’ di natura verticale: Bruxelles (le istituzioni sovranazionali) contro Stati membri (i governi nazionali e le loro sovranita’ in ambiti ritenuti cruciali come le pensioni e il mercato del lavoro)».

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-ordine-liberale-parsi/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/14/titanic-il-sistema-liberale-di-fronte-a-una-scelta-combattere-le-disuguaglianze-o-fallire-il-nuovo-libro-di-vittorio-emanuele-parsi/6590356/
https://www.idiavoli.com/it/article/titanic-naufragio-occidente-ordine-liberale
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/253-stato-mercato-e-democrazia-note-a-margine-di-titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale
https://www.letture.org/titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale-vittorio-emanuele-parsi
https://www.arcipelagomilano.org/archives/51270

Europa/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo & Francesco Bechis – Solferino (2024)

Il 24 febbraio 2022, il guastafeste Putin non ha solo imposto una battuta d’arresto ai piani di Cina e Stati Uniti. Anche l’Europa paghera’ lo scotto.
Intanto, con l’abbandono per il futuro prevedibile di ogni assetto di sicurezza condiviso e collaborativo sul continente: si prospetta invece una lunga fase di contrapposizione, una «nube tossica» difficilmente dissolvibile anche quando in Ucraina le armi dovessero a un certo punto tacere. Il conflitto condizionera’ a lungo gli scambi politici ed economici e le scelte europee […]
Tornano stringenti gli impegni presi con la Nato, il vincolo del 2 per cento del Pil in spese militari. Ora che la Russia e’ tornata a rimettere in discussione la carta geografica europea, suona come una necessita’ oggettiva e non piu’ come un’imposizione velleitaria di amministrazioni americane in ritiro dallo scenario europeo […]
La guerra impone oneri pesanti anche perche’ ha costretto l’Europa a una brusca sterzata nelle politiche energetiche. Venuto meno il «trittico» merkeliano – sicurezza appaltata all’America, mercati alla Cina, energia alla Russia –, si e’ reso necessario aprire nuove strade.
Nel breve periodo, questo e’ gia’ stato fatto con un importante colpo di reni della politica europea, che ha abbandonato le forniture russe e cercato altri partner energetici. Nel caso italiano: Algeria, Azerbaigian, Qatar.
Piu’ a medio-lungo termine, altri nodi verranno al pettine. Su tutti, il costo di una onerosissima transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili, che rischia di far passare l’Europa dalla dipendenza dal gas russo a quella dalle tecnologie green cinesi.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/