Geen New Deal/Feltri

10 rivoluzioni nell’economia globale (che in Italia ci stiamo perdendo) – Stefano Feltri – Utet (2024)

Qual e’ l’ultima persona al mondo a cui affidare la gestione di un negoziato sulla crisi climatica e l’uscita dall’economia delle fonti fossili? L’amministratore delegato di una compagnia petrolifera di uno stato che vive di esportazione di petrolio.
E invece a preparare la conferenza annuale sul cambiamento climatico dell’ONU numero ventotto, a Dubai, e’ stato proprio Sultan Al-Jaber che guida l’azienda di energie rinnovabili Masdar, specializzata in tecnologie solari ed eoliche a zero emissioni, ma dirige anche la ben piu’ importante ADNOC, cioè la compagnia di stato degli Emirati Arabi Uniti che prevede di investire 150 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni nel suo business principale: il petrolio […]
Basta guardare i numeri per capire la bizzarria della scelta di mettersi nelle mani degli Emirati: a inizio anni duemila, gli Emirati producevano circa 2,2 milioni di barili di petrolio al giorno. Nel 2024 la produzione stimata e’ di circa 3,2 milioni, un aumento del cinquanta per cento nel ventennio durante il quale il resto del mondo ha preso consapevolezza della crisi climatica e della necessita’ di ridurre le emissioni di anidride carbonica che contribuiscono a far salire la temperatura […]
All’inizio dei negoziati della Conferenza, a dicembre 2023, documenti riservati rivelati dal Centre for Climate Reporting e dalla BBC, hanno confermato che gli Emirati e Al-Jaber volevano usare il vertice sul clima come occasione per fare accordi per nuovi investimenti petroliferi, per esempio in Brasile. E poi ancora operazioni sul gas naturale liquefatto in Mozambico, Canada e Australia. Investimenti della ADNOC, cioe’ l’azienda nazionale guidata proprio da Al-Jaber.

Info:
https://www.startmag.it/mondo/feltri-economia/
https://appunti.substack.com/p/dieci-rivoluzioni

https://www.settimananews.it/libri-film/raccontare-il-cambiamento/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La buona governance e’ quella che rispetta le condizioni di gestione stabilite dai Programmi di aggiustamento strutturale, e in primo luogo l’apertura ai flussi commerciali e finanziari, ed e’ dunque strettamente legata ad una politica di integrazione nel mercato mondiale.
Cosi’ si sostituisce gradualmente alla categoria desueta e svalutata di «sovranita’». Uno Stato non dovra’ piu’ essere giudicato in base alla capacita’ di assicurare la sua sovranita’ su un territorio (come nella concezione occidentale classica), ma in base al rispetto delle norme giuridiche e della «buona prassi» economica della governance.
La governance degli Stati modella su quella dell’impresa una sua caratteristica fondamentale. Come i manager delle imprese sono stati sottoposti alla sorveglianza degli azionisti nel quadro della corporate governance a dominante finanziaria, cosi’ i dirigenti degli Stati sono sottoposti al controllo della comunita’ finanziaria internazionale, di organismi specializzati, di agenzie di rating […]
Sono i creditori del paese e gli investitori esteri che giudicano la qualita’ dell’azione pubblica, ovvero della conformita’ ai loro interessi finanziari.
Se gli investitori stranieri rispettano le regole della corporate governance, si aspettano che i dirigenti locali adottino da parte loro le regole della state governance.
Quest’ultima consiste nel mettere gli Stati sotto il controllo di una serie di organismi sovragovernativi e privati, i quali determinano gli obiettivi e i mezzi della politica da portare avanti. Sotto questo aspetto, gli Stati sono considerati «unita’ produttive» come le altre, in una vasta rete di poteri politico-economici sottoposti a norme simili.
La governance e’ stata spesso descritta come la nuova modalita’ di esercizio del potere, che coinvolge istituzioni pubbliche e giuridiche internazionali e nazionali, associazioni, Chiese, imprese, think thanks, universita’ […]
L’impresa, con l’appoggio degli Stati locali, diviene uno dei fondamenti dell’organizzazione della governance dell’economia mondiale. A governare l’agenda dello Stato sono ormai gli imperativi, le urgenze e le logiche delle aziende private.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
htps://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Bottini

Il lavoro del lavoro – Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il Sole 24 Ore (2023)

In alcune serie Tv, soprattutto in quelle che vedono protagonisti i team investigativi, c’e’ spesso, tra i protagonisti, una persona disabile ma abilissima al computer, addetta alla ricerca informatica e sovente risolutrice, in sequenze al cardiopalma, delle situazioni piu’ difficili; poi ci sono agenti, detective o analisti appartenenti al mondo Lgbt+ le cui vicissitudini familiar-sessuali intervallano il racconto delle loro gesta sul campo ne’ piu’ ne’ meno come accade per i loro colleghi etero […]
In definitiva, e’ il portato ideale della cultura della diversity e dell’inclusione, nata negli anni ’80 tra Usa e Canada, e approdata con non poco ritardo anche in Europa e da noi in Italia.
Oggi molte aziende hanno il diversity e inclusion manager: dati alla mano – pre-pandemia – si stima che nel 2019 oltre un quinto delle imprese (il 20,7%, pari a oltre 5.700 unita’) abbia adottato almeno una misura non obbligatoria per legge con l’obiettivo di gestire e valorizzare le diversita’ tra i lavoratori legate a genere, eta’, cittadinanza, nazionalita’ e/o etnia, convinzioni religiose o disabilita’.
E’ coinvolto il 34% delle imprese di grandi dimensioni (con almeno 500 dipendenti) e il 19,8% delle imprese piu’ piccole (50-499 dipendenti) […]
L’obiettivo principale delle azioni di diversity management e’ quello di migliorare al massimo l’ambiente lavorativo eliminando innanzitutto forme di discriminazione, molestie o intimidazioni […]
Gran parte del lavoro e’ volto anche a superare pregiudizi, a stabilire un linguaggio che eviti settarismi o stereotipi, a evitare errori di percezione e di valutazione che possano danneggiare i buoni rapporti interni all’impresa e il clima lavorativo. Obiettivo finale: la pace sociale e una sorta di ricerca della felicita’ aziendale come paradigma gestionale che diventa precondizione per migliorare al massimo la reputazione del marchio e attrarre talenti […] Con la consapevolezza che ogni azione di ottimizzazione interna ha una proiezione all’esterno e contribuisce a configurare l’immagine dell’azienda e dei suoi marchi presso gli stakeholder e soprattutto presso i consumatori.
E quindi da un’idea di onere si passa a una prospettiva di opportunita’. La vigilanza dei social media e della comunita’ della rete diventa molto rilevante ai fini della valutazione di queste azioni e aumenta il valore dei programmi sul diversity e inclusion management.

Info:
https://www.ilsole24ore.com/art/il-lavoro-lavoro-AEtnOaWD
https://www.ilriformista.it/il-lavoro-del-lavoro-dallo-smart-working-ai-rider-il-libro-guida-per-non-cadere-nella-trappola-tra-nostalgia-e-cambiamento-360872/

Green New Deal/Chomsky

Minuti contati: Crisi climatica e Green New Deal globale – Noam Chomsky, Robert Pollin – Ponte alle Grazie (2020)

I metodi convenzionali dell’agricoltura industriale dipendono largamente dal ricorso a fertilizzanti sintetici, irrigazione, pesticidi ed erbicidi.
L’utilizzo del solo fertilizzante azotato e’ aumentato dell’800% in sessant’anni, tra il 1961 e il 2019. Nello stesso periodo, questa pratica agricola ha contribuito in modo significativo all’aumento del 30% della disponibilita’ alimentare pro capite a livello globale.
A differenza di queste pratiche agricole industriali, l’agricoltura biologica si basa sulla rotazione delle colture, sulla fertilizzazione del suolo con il concime animale e il compostaggio, e sul controllo biologico dei parassiti. Piu’ specificamente, si piantano legumi che fissano l’azoto nel terreno (anziche’ ricorrere all’ammoniaca per migliorare il tenore di azoto), si privilegia il ricorso ai predatori naturali di insetti (anziche’ ai pesticidi sintetici), si ruotano le colture per disorientare i parassiti e rinnovare il suolo, e si utilizzano sostanze naturali per tenere sotto controllo le malattie e gli infestanti.
L’impronta di carbonio dell’agricoltura biologica e’ minima, in quanto non dipende dall’utilizzo di fertilizzanti a base di ammoniaca o da altri prodotti derivati da combustibili fossili […]
In linea generale, e’ ragionevole pensare che per soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale con metodi di coltivazione biologici occorrera’ piu’ terra. Cio’, a sua volta, rafforza la necessita’ di abbandonare l’attuale utilizzo prevalente dei terreni agricoli in tutto il mondo a scopo di allevamento del bestiame.
Se il mondo dovra’ abbandonare l’agricoltura industriale per passare all’agricoltura biologica, con quel che ne consegue in termini di pressione sull’uso dei suoli, sara’ necessario ridurre in modo significativo la quantita’ di generi alimentari che vengono coltivati ma poi sprecati. Secondo le stime, tra il 35 e il 50% del cibo prodotto a livello globale viene scartato, degradato o consumato dai parassiti invece di essere mangiato.
I paesi in via di sviluppo in genere perdono piu’ del 40% del cibo dopo il raccolto o durante la lavorazione, a causa di infrastrutture di stoccaggio e trasporto inadeguate. Nei paesi ad alto reddito, pur non riscontrandosi questo spreco di cibo a livello di produzione, si stima che piu’ del 40% del cibo viene sprecato a livello di distribuzione e consumo al dettaglio. Ne e’ testimonianza la grande quantita’ di cibo che avanza nei ristoranti o che viene gettato nel cassonetto della spazzatura nelle residenze domestiche.

Info:
https://lecopost.it/cultura-sostenibile/minuti-contati/
https://duels.it/industria-culturale/con-minuti-contati-noam-chomsky-e-robert-pollin-ci-avvertono-il-nostro-tempo-sta-per-scadere/

https://politicaassociazione.it/dati/8/chomsky-minuti-contati.pdf
https://www.sololibri.net/Minuti-contati-Chomsky-Pollin.html

Stato/Gorz

Ecologia e libertà – André Gorz – Orthotes (2015)

Se le persone non cantano piu’ ma acquistano milioni di dischi in cui dei professionisti cantano per loro; se non sanno piu’ come mangiare ma pagano medici e industrie farmaceutiche per farsi curare dagli effetti di un’alimentazione malsana; se non sanno piu’ crescere i propri figli ma noleggiano educatrici munite di ‘diploma di Stato’; se non sanno aggiustare ne’ una radio ne’ un rubinetto, curare una slogatura o guarire senza medicinali da un’influenza, coltivare l’insalata ecc., tutto questo accade perchw’ la Scuola ha una missione inconfessata: fornire alle industrie, al commercio, alle professioni e allo Stato lavoratori, consumatori, clienti e utenti fatti su misura.
La funzione istituzionale della Scuola e’ quella di prolungare e avvalorare – non certo di contrastare o correggere – l’azione disintegratrice, regressiva, deculturizzante della societa’ e dello Stato […]
La ragione per cui essa e’ cio’ che e’ deriva dal fatto che la Scuola partecipa attivamente al processo generale di espulsione di sapere, cultura ed autonomia dal lavoro, dal rapporto che gli uomini intrattengono tra loro e con la natura, dallo spazio abitato e dal tempo di non-lavoro […]
La distruzione delle capacita’ autonome si inscrive dunque in un processo – pianificato o meno che sia – che tende ad assicurare al capitale (o allo Stato quando vi subentra) il dominio sul lavoratore sia nel lavoro che nel consumo. Mettendo i lavoratori nell’impossibilita’ di produrre alcunche’, sia in famiglia sia in gruppi allargati, di quel che consumano o desiderano, il capitale (o lo Stato) li costringe a soddisfare la totalita’ dei loro bisogni attraverso il consumo di merci (cioe’ tramite l’acquisto di beni e servizi prodotti istituzionalmente); allo stesso tempo, esso si assicura il controllo di questo consumo.Questa distruzione delle capacita’ autonome, cosi’ come la tendenza all’uniformita’ culturale che ne discende, si accompagna necessariamente ad una distruzione della societa’ civile da parte dello Stato.

Info:

https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://www.rivistadiscienzesociali.it/andre-gorz-ecologia-e-liberta-recensione-di-giovanni-coppolino-bille/
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto

Stato/Magatti

Supersocieta’ – Chiara Giaccardi; Mauro, Magatti – il Mulino (2022)

Le questioni da affrontare sono tali e tante che il mercato da solo non puo’ farcela a governare la supersocieta’.
Il ritorno dello Stato, effetto degli shock globali, e’ un dato di fatto. D’altro canto, le grandi societa’ private – a cominciare da Facebook, Google o Amazon – sono sistemi talmente complessi, potenti e autonomi da assomigliare sempre piu’ a superstati transnazionali.
Si aggiunga che la digitalizzazione rende possibile l’accumulo e il trattamento di una quantita’ di dati tale da permettere di conoscere, monitorare e «pianificare» il comportamento di ogni singolo attore economico, sia esso impresa o consumatore.
E d’altra parte, la sostenibilita’ e’ un ulteriore elemento che spinge nella direzione di una centralizzazione dei processi decisionali, tenuto conto della complessita’ delle questioni da affrontare e della dimensione degli investimenti da mobilitare.
In sostanza oggi – nel post-Covid, al tempo della supersocieta’, nel quadro di un nuovo scenario mondiale che vede i Paesi del Sud-Est asiatico diventare protagonisti a livello mondiale – la m0dernita’ si trova di fronte a una nuova biforcazione […]
Quali modelli istituzionali prevarranno, le demo- crazie o le autocrazie? Quale cultura sara’ in grado di sostenere lo sviluppo economico? Quale spirito potra’ essere alla base del nuovo ciclo di crescita che gia’ si annuncia?
Nella supersocieta’, la partita tra democrazia e autocrazia e’, di nuovo, ancora tutta da giocare.

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Societa’/Fazi

Una civiltà possibile. La lezione dimenticata di Federico Caffe’ – Thomas Fazi – Meltemi (2022)

“Il lavoro”, scrive Polanyi, “e’ soltanto un altro nome per un’attivita’ umana che si accompagna alla vita stessa la quale a sua volta non e’ prodotta per essere venduta ma per ragioni del tutto diverse, ne’ questo tipo di attivita’ puo’ essere distaccato dal resto della vita, essere accumulato o mobilitato. […]
Nel disporre della forza-lavoro di un uomo, il sistema disporrebbe tra l’altro dell’entita’ fisica, psicologica e morale ‘uomo’ che si collega a questa etichetta”.
Questo, prosegue Polanyi, “significa alla fin fine la conduzione della societa’ come accessoria rispetto al mercato. Non e’ piu’ l’economia ad essere inserita nei rapporti sociali, ma sono i rapporti sociali ad essere inseriti nel sistema economico”.
Subordinare il lavoro al meccanismo di mercato significa, dunque, subordinare la vita stessa degli esseri umani, l’essenza stessa della societa’, alle leggi del mercato.

Societa’/Collier

Paul Collier – Exodus. I tabu’ dell’immigrazione – Laterza (2016)

Raramente i migranti competono direttamente con i lavoratori autoctoni perche’, grazie ai saperi taciti, all’esperienza accumulata, e alla discriminazione i lavoratori autoctoni sono molto avvantaggiati rispetto agli immigrati.
Gli immigrati non competono frontalmente con i lavoratori autoctoni poco qualificati ma tra di loro.
Gli immigrati non entrano direttamente in competizione con i lavoratori autoctoni, neanche con quelli che hanno un grado di istruzione equivalente.
Il vantaggio degli autoctoni puo’ dipendere dalla loro maggiore padronanza della lingua o dalla maggiore conoscenza delle convenzioni sociali, che li rende piu’ produttivi. Oppure puo’ dipendere dal fatto che i datori di lavoro adottano comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori immigrati.
Indipendentemente dalla spiegazione, il risultato e’ che gli immigrati appartengono a una diversa categoria di lavoratori. Di conseguenza, i nuovi immigrati fanno abbassare i guadagni di quelli che sono gia’ sul posto.
Di fatto e’ questo l’unico effetto sostanziale dimostrato dell’immigrazione sulle retribuzioni […]
Se si dovessero definire le politiche migratorie in base al loro effetto sulle retribuzioni, l’unico gruppo che avrebbe interesse a battersi per ottenere un inasprimento delle misure restrittive dovrebbe essere quello degli immigrati.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-futuro-del-capitalismo-di-paul-collier/
https://www.theguardian.com/books/2013/sep/19/exodus-immigration-paul-collier-review
https://blogs.lse.ac.uk/lsereviewofbooks/2013/08/05/book-review-exodus-how-migration-is-changing-our-world/

Stato/Mattei

Clara E. Mattei – L’economia è politica – Fuoriscena (2023)

Una verità che e’ troppo scomoda da accettare ed e’ dunque nascosta in ogni modo possibile: l’incompatibilita’ tra capitalismo e democrazia.
E’ un’inconciliabilita’ da non intendere in senso superficiale, ma profondo. Anzi, a livello di superficie, la nostra economia si e’ sviluppata a braccetto con la democrazia elettorale. Quest’ultima costituisce un tratto caratteristico del capitalismo avanzato, che riguarda la peculiare separazione tra liberta’ politica e liberta’ economica.
La legittimita’ del sistema elettorale, accompagnato dal pluralismo dei partiti, e’ un mezzo fondamentale con cui lo Stato capitalista mantiene il consenso: ci fornisce l’illusione di avere ampia scelta di intervento sulla societa’. Il suffragio universale da’ l’impressione di avere il potere collettivo di decidere del futuro del nostro Paese, di sostituire i governi al potere con altri che si prospettano migliori e soprattutto diversi.
L’affermazione delle differenze tra partiti e’ senza dubbio cruciale per la legittimazione del nostro sistema politico, poiche’ suggerisce che gli elettori, votando per le parti in competizione, stiano scegliendo tra alternative fondamentalmente incompatibili. Eppure, gli strumenti che abbiamo sviluppato finora ci sono di aiuto per liberarci di questa visione mistificante della realta’ […]
Risulta evidente che tutti i partiti che ci governano, di qualsiasi colore siano, accettino quale presupposto indiscutibile il contesto capitalistico in cui operano […]
Il gioco istituzionale e’ dunque quello di elevare barriere piu’ alte possibili per evitare che le priorita’ economiche siano sopraffatte dalla volonta’ della maggioranza. Le attuali politiche di austerita’ rimangono legate alla volonta’ di proteggere la governance economica dall’opinione popolare, cioe’ di impedire all’economia di diventare politica.
La spinta antidemocratica dell’austerita’ rivela pertanto una fondamentale verita’ del nostro sistema economico: perche’ esso funzioni al meglio, i cittadini devono essere esclusi dalle decisioni riguardo la distribuzione delle risorse nella societa’.
Questa vera e propria pulsione alla de-democratizzazione dell’economia e’ una costante nella storia del capitalismo e ci porta ad abbattere una delle illusioni che piu’ stanno a cuore all’establishment: il fatto che i «fascismi» e i regimi autoritari siano, se non un’aberrazione, almeno una deviazione dalla nostra norma liberale e democratica […]
Ma lo studio dei forti parallelismi tra il fascismo di Benito Mussolini e il governo liberale inglese negli anni Venti, con particolare riguardo alle politiche economiche, ci permette di sgretolare la distinzione – per noi rassicurante – tra i governi autoritari di destra e la presunta democrazia liberale. Il legame tra protezione dell’ordine del capitale e repressione politica fu soltanto piu’ palese sotto il fascismo, ma fu altrettanto feroce nella culla del liberalismo. Anche se l’attuazione dell’austerita’ ebbe modalita’ differenti, i tecnocrati italiani e britannici condivisero un obiettivo comune: imporre sacrifici alla maggioranza della popolazione per stabilizzare l’economia.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/

Green New Deal/Padoa-Schioppa

Padoa-Schioppa Emilio- Antropocene – il Mulino (2021)

Un altro strumento di analisi ecologica, molto utile per affrontare la crisi dell’Antropocene, e’ la valutazione dell’impronta ecologica. In pratica e’ un indicatore che confronta il consumo antropico di risorse naturali con la capacita’ della Terra di rigenerarle.
I dati sui consumi delle risorse degli ecosistemi vengono rielaborati in modo da ottenere una superficie bioproduttiva che mantenga quelle funzioni, definita «biocapacita’». I valori sia di consumo sia di risorse sono espressi in termini di ettari globali.
Per quanto perfettibile, l’impronta ecologica ha due grossi vantaggi: puo’ essere misurata a livello di una singola persona, di una citta’, di una regione o di una nazione (i metodi di calcolo variano leggermente, ma l’approccio e’ simile), e aiuta a comprendere immediatamente quanto si stia intaccando o mantenendo il capitale naturale, consumando eventualmente i soli interessi prodotti dal sistema.
Analogamente all’approccio dei servizi ecosistemici, il linguaggio scelto aiuta i decisori a comprendere i termini del problema.
Non sorprendera’ nessuno sapere che dai calcoli effettuati, allo stato attuale, ci servirebbero quasi due pianeti Terra (1,7): ossia, ogni anno, l’umanita’ consuma molto di piu’ di quanto la Terra produce.
In termini economici si potrebbe dire che si sta intaccando il capitale e non gli interessi.

Info:
https://disf.org/bibliografie-tematiche/9788815291820
https://www.letture.org/antropocene-una-nuova-epoca-per-la-terra-una-sfida-per-l-umanita-emilio-padoa-schioppa
https://pikaia.eu/storia-ecologica-europa-padoa-schioppa/