Stato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

Il cambiamento nella concezione e nell’azione dello Stato si imprime da questo momento nel vocabolario politico. Il termine governance è diventato la parola chiave della nuova norma neoliberista su scala mondiale […]
La buona governance e’ quella che rispetta le condizioni di gestione stabilite dai Programmi di aggiustamento strutturale, e in primo luogo l’apertura ai flussi commerciali e finanziari, ed e’ dunque strettamente legata ad una politica di integrazione nel mercato mondiale. Cosi’ si sostituisce gradualmente alla categoria desueta e svalutata di «sovranita’».
Uno Stato non dovra’ piu’ essere giudicato in base alla capacita’ di assicurare la sua sovranita’ su un territorio (come nella concezione occidentale classica), ma in base al rispetto delle norme giuridiche e della «buona prassi» economica della governance.
La governance degli Stati modella su quella dell’impresa una sua caratteristica fondamentale. Come i manager delle imprese sono stati sottoposti alla sorveglianza degli azionisti nel quadro della corporate governance a dominante finanziaria, cosi’ i dirigenti degli Stati sono sottoposti al controllo della comunita’ finanziaria internazionale, di organismi specializzati, di agenzie di rating […]
Sono i creditori del paese e gli investitori esteri che giudicano la qualita’ dell’azione pubblica, ovvero della conformita’ ai loro interessi finanziari. Se gli investitori stranieri rispettano le regole della corporate governance, si aspettano che i dirigenti locali adottino da parte loro le regole della state governance. Quest’ultima consiste nel mettere gli Stati sotto il controllo di una serie di organismi sovragovernativi e privati, i quali determinano gli obiettivi e i mezzi della politica da portare avanti. Sotto questo aspetto, gli Stati sono considerati «unita’ produttive» come le altre, in una vasta rete di poteri politico-economici sottoposti a norme simili.
La governance e’ stata spesso descritta come la nuova modalita’ di esercizio del potere, che coinvolge istituzioni pubbliche e giuridiche internazionali e nazionali, associazioni, Chiese, imprese, think thanks, università […]
L’impresa, con l’appoggio degli Stati locali, diviene uno dei fondamenti dell’organizzazione della governance dell’economia mondiale. A governare l’agenda dello Stato sono ormai gli imperativi, le urgenze e le logiche delle aziende private […]
La governance di Stato, mirando ufficialmente a far produrre beni e servizi da entita’ private in un modo ritenuto piu’ efficiente, concede al settore privato la facolta’ di produrre norme di autoregolazione che fanno poi le veci della legge.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Green New Deal/Padoa-Schioppa

Padoa-Schioppa E. – Antropocene – il Mulino (2021)

[Un] punto su cui l’uomo ha un ruolo fondamentale e’ quello di essere un attore globale, che muove gli equilibri geomorfologici e che modella la superficie terrestre.
Muoviamo terre e suoli per l’agricoltura, per costruire citta’ e strade; abbattiamo foreste e cambiamo l’aspetto di habitat e paesaggi […]
Complessivamente i suoli erosi, smossi e trasformati in un anno dall’uomo sono piu’ di tutti quelli che i fiumi nel loro insieme erodono e portano verso il mare. E la trasformazione di habitat e paesaggi, cominciata con l’avvento dell’agricoltura, prosegue a un ritmo sempre maggiore. Alcuni ambienti sono andati perduti in modo quasi irreversibile […]
L’ambiente attualmente piu’ sotto pressione e’ quello delle foreste pluviali equatoriali (la foresta del bacino Amazzonico, quella del bacino del Congo e quelle del Borneo, prevalentemente) che pur essendo una piccola percentuale delle terre emerse (il 6%) ospita circa meta’ delle specie di organismi conosciute […]
Un recente studio mette in relazione la riduzione della foresta pluviale equatoriale con i cambiamenti del clima, e preconizza entro il 2100 la perdita del 40% delle foreste pluviali dell’Amazzonia e del Congo, in favore di un ambiente di savana aperta con alberi sparsi.
In questa ricerca si evidenzia la relazione tra la presenza della foresta e il regime di precipitazioni (gli alberi liberano molto vapor acqueo che in parte ricade sotto forma di precipitazioni): a mano a mano che la foresta si riduce l’ambiente diventa piu’ secco e questo processo rallenta la rigenerazione della foresta stessa e favorisce l’infiammabilita’ del sistema […]
Un’altra grande trasformazione e’ quella legata all’urbanizzazione. Il numero di citta’ e’ aumentato nel tempo e cosi’ quello della popolazione che abita in ambiente urbano: nel 2015 piu’ della meta’ della popolazione mondiale viveva in ambito urbano. Se nel 1900 si aveva in tutto il mondo una sola citta’ con piu’ di 5 milioni di abitanti – Londra – e 13 con piu’ di un milione di abitanti, oggi la situazione e’ radicalmente mutata: 33 citta’ hanno piu’ di 10 milioni di abitanti, 48 citta’ hanno un numero di abitanti compreso tra i 5 e i 10 milioni, 467 citta’ hanno un numero di abitanti compreso tra 1 e 5 milioni e quasi 600 citta’ hanno tra i 500.000 e 1 milione di abitanti. E le previsioni per gli anni futuri confermano questo trend verso l’urbanizzazione: per il 2030 ci si aspetta di vedere 3.843 citta’ sopra i 10 milioni di abitanti e 66 che avranno tra i 5 e i 10 milioni di abitanti.

Info:
https://disf.org/bibliografie-tematiche/9788815291820
https://www.letture.org/antropocene-una-nuova-epoca-per-la-terra-una-sfida-per-l-umanita-emilio-padoa-schioppa
https://pikaia.eu/storia-ecologica-europa-padoa-schioppa/

Societa’/Banti

Alberto Mario Banti – La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa – Alberto Mario Banti – Laterza (2020)

Il conformismo domina. La ricerca del divertimento domina. Ma divertirsi significa guardare da un’altra parte; non voler vedere i problemi; e piuttosto inseguire la loro magica trasformazione in qualcosa d’altro, di confortante, di rassicurante.
È un male, tutto questo? Un pericolo per la stabilita’ delle istituzioni democratiche? Non credo.
Non necessariamente.
Lo stato di passivita’ incoraggiato dalla cultura di massa trova anzi una facile ospitalita’ nella cornice delle istituzioni democratiche. Si puo’ dire che quella che si sviluppa nel contesto del neoliberismo e della cultura di massa mainstream sia una «spectator democracy»: stiamo li’, a guardare gli eventi, mettiamo un like sotto un video, come mettiamo un like su una scheda elettorale, animati dalla speranza di aver puntato sul padre, o madre, o sorella, o fratello piu’ grande che ci guidi e ci liberi dai guai.
Ma forse il modello di democrazia nel quale ci siamo inoltrati meriterebbe un’altra e migliore definizione. Forse dovremmo chiamarla una democrazia di followers, popolata di persone che pendono acriticamente dalle labbra dell’opinion maker di turno, come da quelle della influencer piu’ in voga, senza avere la capacita’ di sviluppare risorse cognitive proprie; anzi, senza nemmeno volerlo.
Da qui, opinioni pubbliche fragili, incapaci di formulare autonomamente un pensiero critico; incapaci di riconoscere cause ed effetti nel disastro sociale prodotto dal neoliberismo; indotte a recitare bovinamente il mantra «There Is No Alternative», interiorizzato al punto da crederci fermamente, come a un dogma di fede; indotte a pensare che un altro mantra, «bisogna abbassare le tasse», porti a mondi di felicita’ al solo pronunciarlo.
Tristemente senza rendersi conto che l’abbassamento delle tasse ha favorito clamorosamente solo pochissimi soggetti, danneggiando (forse irreparabilmente) le strutture sanitarie, educative e assistenziali pubbliche di cui avrebbero il massimo bisogno proprio coloro che non hanno tratto che miseri benefici dal neoliberismo degli ultimi quarant’anni.

Info:
https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/la-fragile-democrazia-dei-follower-il-like-al-posto-del-voto-atxsrm5k
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/banti-5.pdf
https://www.letture.org/la-democrazia-dei-followers-neoliberismo-e-cultura-di-massa-alberto-mario-banti
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-democrazia-dei-followers-di-alberto-mario-banti/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-democrazia-dei-followers

Economia di mercato/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Il futuro delle economie avanzate non avrebbe avuto il colore di milioni di “tute blu” impiegate nella produzione di merci in serie, ma quello di migliaia di “colletti bianchi”, knowledge workers specializzati nel progettare e promuovere linee di prodotto mirate a precisi segmenti di consumatori.
In virtu’ di questa transizione le aziende avrebbero dovuto rinunciare al controllo dell’intero processo produttivo per concentrarsi solo sulle fasi in cui potevano garantire una maggiore efficienza rispetto alla concorrenza, delegando invece all’esterno tutti quei processi in cui non avevano particolari vantaggi rispetto ad aziende specializzate […]
Superati i modelli di produzione di massa, le vocazioni degli occidentali si sono indirizzate verso il progettare e promuovere oggetti, disegnare e comunicare cose.
Le economie avanzate hanno cosi’ sigillato la transizione verso un modello di societa’ “post industriale”, un termine coniato proprio nel 1973, anno zero della trasformazione. Negli ultimi decenni del Novecento ha di conseguenza cominciato a crescere l’importanza di settori come la comunicazione e il marketing e sono diventati sempre piu’ pervasivi termini come brand, identity, value proposition.
Un’enfasi su identita’ e specificita’ dei consumi, valori e differenze che ha un che di schizofrenico dal momento che spesso l’“identita’” dei suddetti brand viene concretamente manufatta negli stessi contesti white label in cui si produce quella dei loro concorrenti.
Marchi che si contendono atleti e celebrita’ a suon di contratti milionari e di narrazioni contrapposte sono in realta’ prodotti spesso nelle stesse fabbriche della Cina meridionale, del Messico o del sud-est asiatico […]
La stessa parola brand, marchio, e’ rivelatrice: quando le aziende smettono di “fare” concretamente oggetti, l’atto di “marchiarli” diviene il loro principale strumento di “produzione” di valore. Un gesto che opera un’apposizione, un transfer quasi alchemico, di valore intangibile. E’ anche a causa di questo processo – legato alla possibilita’ di investire sempre piu’ risorse nella progettazione e nella comunicazione di prodotti – se alcuni brand sono divenuti forze culturali in grado di manipolare estetiche, narrazioni, stili di vita al fine di “plasmare” e fidelizzare profondamente i propri clienti.
E’ sempre grazie a questo processo se, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una proliferazione di offerta senza precedenti e, piu’ in generale, a una crescente differenziazione dei prodotti disponibili sul mercato.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-signora-delle-merci-di-cesare-alemanni/
https://www.iltascabile.com/societa/logistica-signora-delle-merci/
https://www.lastampa.it/tuttolibri/2023/06/03/recensione/la_logistica_fa_girare_il_mondo_intero_se_funziona_non_la_vedi-12835932/
https://www.rivistastudio.com/i-libri-del-mese-67/
https://www.geopolitica.info/la-signora-delle-merci/

Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Con il coronavirus Jeff Bezos, il capo di Amazon, ha fatto bingo: solamente nel secondo trimestre del 2020 il fatturato della sua azienda e’ schizzato verso l’alto, guadagnando quasi il 40% in piu’ rispetto all’anno precedente, per un incasso stimabile attorno a 90 miliardi di dollari.
Il negozio digitale piu’ grande del mondo e’ riuscito addirittura a raddoppiare l’incasso. Da quando in molti paesi la chiusura del commercio locale al dettaglio ha riversato sulla sua piattaforma la maggior parte degli acquisti per Natale (una fetta estremamente redditizia delle transazioni), quel processo non si e’ piu’ fermato. Il sito non aveva ancora mai visto una crescita simile di profitti e di potere come quella avvenuta nel 2020. Bezos stesso si e’ arricchito di parecchi miliardi di dollari dall’inizio della crisi.
Una cosa analoga e’ capitata anche ai proprietari di Google, Apple, Facebook e Microsoft, le altre quattro megaaziende digitali della Silicon Valley. I profitti spuntano da tutte le parti e aumentano le riserve finanziarie che si possono utilizzare per progetti di espansione e per acquisizioni di altre aziende.
Le cause sono sotto gli occhi di tutti: non c’e’ lavoro da casa senza videoconferenza, didattica a distanza senza programmi adatti. Zoom, Microsoft Teams o Google Classroom rendono possibile tutto cio’. Se non si e’ potuta fare la vacanza tanto agognata o magari e’ subentrata la disoccupazione parziale, e’ rimasto comunque piu’ tempo per scaricarsi dei film da Netflix o da Amazon Prime, per vedersi dei video su YouTube o per scorrere le notifiche dell’account su Facebook. Secondo un rapporto della Bank of America, solamente nel periodo tra marzo e l’estate del 2020 la quantita’ di dati digitali e’ cresciuta quasi del 50%.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Geoeconomia/Bremmer

Ian Bremmer – Il potere della crisi. Come tre minacce e la nostra risposta cambieranno il mondo – Egea (2022)

Quando Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti avrebbero abbandonato l’Accordo di Parigi sul clima, governatori e sindaci di tutto il paese hanno dichiarato che avrebbero tenuto fede agli obiettivi climatici adottati.
Non e’ un dettaglio, se pensiamo che l’economia della California e’ piu’ grande di quella dell’India, della Gran Bretagna e della Francia. L’area metropolitana di New York ha un’economia piu’ grande di quella del Canada o della Russia.
Nel mondo dei social media anche i singoli – non solo gli attivisti di fama mondiale – hanno la capacita’ di lanciare campagne che i politici e il settore privato non possono ignorare in eterno.
Abbiamo inoltre la fortuna che la prossima ondata di persone chiamata a risolvere questi problemi e’ diventata adulta in un mondo globalizzato.
La Generazione Z – quei 2,5 miliardi di persone nate tra il 1996 e il 2016 – vedra’ il proprio impatto sulla politica, sulla cultura e sull’economia globale aumentare enormemente nel prossimo decennio. Sara’ segnata dalla pandemia e dai suoi effetti duraturi sull’istruzione e sull’occupazione ma anche in un mondo dominato dalla frammentazione del potere e delle comunicazioni, la «Gen Z» e’ la generazione piu’ interconnessa a livello globale della storia.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-potere-della-crisi-dal-nuovo-libro-di-ian-bremmer/
https://www.agi.it/cultura/news/2022-07-17/libri-bremmer-potere-crisi-scelte-future-17449689/
https://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=24613
https://www.linkiesta.it/2022/07/ian-bremmer-il-potere-della-crisi-estratto/
https://fuoricollana.it/il-potere-della-crisi-la-crisi-del-potere/3/
https://www.repubblica.it/cultura/2022/09/28/news/ian_bremmer_politilogo_ucraina_russia_putin-367707969/

Lavoro/Fana

Marta Fana -Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Il settore della logistica emerge pienamente come risultato della trasformazione industriale che, negli ultimi trent’anni, ha frantumato i processi produttivi attraverso il meccanismo dell’esternalizzazione.
Nella maggior parte dei casi essa consiste nell’affidamento a terzi delle attivita’ di stoccaggio e trasporto delle merci attraverso le catene di appalto. In questo modo le aziende madri mirano a minimizzare i costi legati alla distribuzione dei propri prodotti, mentre le imprese che operano nel mercato della logistica agiscono per massimizzare i propri profitti.
La logistica diventa quindi un nodo nevralgico della catena di valorizzazione del capitale, da un lato abbattendo i costi di produzione e dall’altro aumentando l’estrazione di profitto. In mezzo troviamo i lavoratori, schiacciati tra queste due forze.
All’espandersi del settore in termini di volumi, la dimensione d’impresa e’ aumentata, cosi’ come la concentrazione di quote sempre piu’ rilevanti del mercato in mano a un numero ridotto di imprese […] Quel che conta e’ la soddisfazione dei clienti, i consumatori, noi, pronti a inviare un feedback negativo se l’ordine non arriva puntuale, pronti a ricercare in modo febbrile il prezzo piu’ basso.
In una societa’ in cui, non a caso, al consumo e’ stata affidata la funzione di autorealizzazione dell’individuo, i colossi della logistica si presentano come pionieri del soddisfacimento dell’appetito dei consumatori, da corteggiare per non perdere neppure un ordine, ma anzi per guadagnarne altri due.
Per stare dietro a questa narrazione, i diritti dei consumatori sono diventati il baluardo della civilta’, mentre quelli dei lavoratori arretrano fino a permettere che l’assalto del capitale, attraverso l’intensificazione dello sfruttamento, penetri non soltanto nei rapporti di produzione ma anche in quelli della riproduzione sociale dei lavoratori che la subiscono […]
Il settore della logistica con il suo espandersi rappresenta quindi una chiave di lettura utile per riconoscere le contraddizioni di fondo del progetto neoliberista che emergono nelle decine di conflitti e lotte che popolano stabilimenti, interporti e magazzini d’Italia. Nel giro di pochi anni si sono succedute le lotte dei facchini della Caat di Torino, della Mirror di Ferrara, della Sda di Bergamo e Roma, della Tnt di Roma, di Dhl e Gls di Piacenza e Verona, dell’Ikea di Piacenza, o dei carrellisti e dei facchini della Coca-Cola di Nogara, ecc. Situazioni molto simili emergono in Cina, Marocco, Francia, Corea del Sud, Stati Uniti.

Info:
https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Stato/Galli

Carlo Galli – Democrazia, ultimo atto? – Einaudi (2023)

L’intervento attivo dello Stato nell’economia, come attore o come pianificatore, e’ da eliminare (di qui la lunga teoria delle privatizzazioni), e con esso i suoi alfieri: partiti e sindacati, alla ricerca di elargizioni anti-economiche e inflattive, al fine di alimentare le loro burocrazie e di soddisfare le pretese dei loro iscritti e dei loro elettori.
Lo Stato, lungi dall’essere «sociale», deve avere solo un ruolo di regolatore, da lontano, delle energie, degli «spiriti animali», della societa’ (l’ordoliberalismo tedesco, invece, teorizzo’, fino dai primissimi anni Trenta, lo «Stato forte», per instaurare e garantire la libera concorrenza).
Lo Stato deve venire affamato (starve the beast!, «affama la Bestia», e’ uno dei gridi di battaglia del neoliberismo americano), con l’abbattere la sua rapacita’ fiscale, e soprattutto deve essere costretto a rispettare l’autonomia non solo delle logiche economiche in generale ma in particolare della massa monetaria, che va sottratta alla politica.
E’ chiaro che tutto cio’ implica – oltre al prevalere delle esigenze del capitale su quelle del lavoro – il divieto di ogni politica economica: il capitale e il mercato sanno tutto quello che c’e’ da sapere, senza bisogno di sentirselo dire dalla politica. Ed e’ chiaro anche che si passa a una fase di spoliticizzazione […]
Questo attacco pero’ non avrebbe avuto successo se non fosse cambiata in parallelo la struttura economico-produttiva, che passo’ dal fordismo al toyotismo, dalla produzione per stock alla produzione just in time, flessibile; come flessibile e capace di adattarsi alle compatibilita’ del capitale – cioe’ alla precarieta’, alla scarsita’ determinata dalla sempre piu’ diffusa automazione, e ai salari bassi – dovette essere il lavoro; solo a questo prezzo fu riassorbita la disoccupazione che imperversava nella seconda meta’ degli anni Settanta, mentre la «grande moderazione» salariale e le politiche deflattive nei bilanci statali – il debito pubblico e’ il summum malum – sconfiggevano l’inflazione.
A queste caratteristiche strutturali si devono aggiungere la diminuzione del carico fiscale sui ceti piu’ ricchi, con l’intento di motivare le imprese a generare profitti (a beneficio degli azionisti, i nuovi referenti principali dell’economia), e col risultato di consentire incredibili elusioni fiscali alle multinazionali di rilievo globale, la finanziarizzazione dell’economia (il «finanzcapitalismo») e – dopo la caduta dell’Urss – la libera circolazione mondiale dei capitali, delle merci e delle persone.
Ovvero la globalizzazione dell’economia, il dilagare del capitalismo in ogni angolo del mondo, la delocalizzazione delle produzioni alla ricerca di manodopera a basso costo […]
Tutto cio’ fece uscire l’economia dalla stagnazione e diede vita a un’accelerazione di dinamiche espansive e innovative (la new economy) che si fondavano su «bolle» speculative, destinate naturalmente a scoppiare (come avvenne gia’ nel 2000), ma che erano anche in grado di stimolare la produzione di beni reali e di merci, facendo uscire dalla miseria centinaia di milioni di persone nel mondo, consegnandole tuttavia a un ruolo subalterno nel contesto della «mobilitazione globale».
A questo aspetto sviluppistico si appellarono quanti da sinistra abbracciarono entusiasti la globalizzazione capitalistica, dimostrando cosi’ che la sinistra era divenuta incapace di decifrare le contraddizioni socio-economiche (una capacita’ che era stata la sua ratio essendi), e che era prigioniera di uno schema produttivistico condiviso col capitalismo, ovvero che era talmente ingenua o arrogante da pensare di poter piegare e governare a finalita’ progressiste le potenze del capitalismo scatenato.
Di fatto, le politiche di riformulazione e riduzione dello Stato sociale, e di deregulation finanziaria, negli anni Novanta furono implementate da governi di sinistra (o da liberal come Blair, con la sua «terza via»). E’ come se la sinistra avesse implicitamente ritenuto di avere esaurito la propria funzione col portare le masse dentro lo Stato, e che le spettasse, dopo di cio’, un ruolo di accompagnamento e di addolcimento di una rivoluzione iniziata da altri. Il che non le fu concesso.

Info:
https://www.doppiozero.com/democrazia-ultimo-atto
https://www.pandorarivista.it/event_listing/democrazia-ultimo-atto-con-carlo-galli-flavia-giacobbe-e-damiano-palano/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/09/24/news/tramonto_democrazia_libro_di_carlo_galli-415666570/
https://www.youtube.com/watch?v=bMsOzzZ6B1o
https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Carlo-Galli-la-crisi-della-democrazia-bdeb1652-b914-416a-871f-e0478803be64.html

Societa’/Schiavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Aldo Schiavone – Einaudi (2023)

L’asse intorno a cui ruotava l’intero impianto del marxismo era il lavoro: il lavoro umano produttore di ricchezza materiale, venduto e acquistato come una merce, il cui valore si stabiliva sul mercato, in base alla domanda e all’offerta. Il lavoro astratto – cioe’ seriale e indeterminato, ripetibile e divisibile all’infinito – concettualizzato dagli economisti inglesi; il lavoro di fabbrica degli operai-massa moderni.
Quest’ultimo era tuttavia una merce assai particolare: perche’ era una merce che consentiva la produzione di tutte le altre. E in cio’ consisteva l’essenza della modernita’ capitalistica: produrre merci per mezzo di una merce – di un’unica merce: il lavoro operaio […]
La societa’ capitalistica si presentava infatti come un mondo capovolto: dove il capitale – che in realta’ poteva esistere solo perche’ non tutto il lavoro fornito era retribuito, ma veniva estorto in parte ai suoi produttori e utilizzato per investimenti e profitti – appariva invece come unico punto di riferimento, che subordinava a se’ tutto il resto: compresi la politica, il diritto, la morale.
Per raddrizzare le cose e rimetterle nel verso giusto non c’era altro strumento che la lotta di classe in una societa’ di classi […] fino all’instaurazione di un modo di produrre e di vivere dove tutta la ricchezza sarebbe stata nelle mani di coloro che l’avevano materialmente creata, e sarebbe stata gestita collettivamente, distribuendone a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Sarebbe stato, quello, il modo comunista di essere eguali. Da allora in poi, dovunque, in ogni partito della sinistra, lavoro ed eguaglianza sarebbero apparsi quasi come sinonimi: il binomio dell’avvenire socialista.

Info:
https://www.genteeterritorio.it/una-sinistra-nuova-riflessioni-sul-libro-di-aldo-schiavone/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/02/07/news/aldo_schiavone_politologo_nuovo_libro_sinistra_ordine_mondiale_progressisti-386900578/

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

La teoria economica ha mostrato che i mercati lavorano bene quando i ritorni privati e quelli sociali sono ben allineati, mentre lavorano male quando non lo sono […]
Se ascoltassimo soltanto la destra, penseremmo pero’ che i mercati abbiano sempre funzionato e che il governo abbia sempre fallito. Questa gente si e’ data molto da fare per creare tale percezione nel pubblico, ignorando semplicemente i fallimenti del mercato privato e i successi del governo. Inoltre si e’ cercato di ignorare – e di far ignorare agli altri – gli effetti distributivi dei fallimenti del mercato, ossia chi guadagna e chi perde quando i compensi privati e i ritorni sociali non sono ben allineati […]
Certo, non tutti gli sforzi compiuti dal governo hanno successo, o hanno il successo che i loro sostenitori avrebbero voluto […] I governi sono istituzioni umane e tutti gli individui, e le istituzioni da essi create, sono fallibili.
Esistono quindi fallimenti del governo esattamente come esistono fallimenti del mercato.
La teoria economica moderna ha spiegato i casi in cui uno o l’altro tendono a fallire, inoltre ha mostrato come governi e mercati (e altre istituzioni civili, comprese quelle che fanno da cani da guardia ai grandi gruppi e ai governi) possano lavorare in modo complementare e dar luogo a un sistema di controlli e contrappesi. Abbiamo visto miriadi di esempi di questo tipo di complementarita’: un’iniziativa governativa ha creato Internet, ma societa’ private come Google hanno costruito molti dei prodotti e delle applicazioni che l’hanno posto al centro della vita della gente e della nostra economia. Il governo puo’ aver creato il primo browser, ma il settore privato e il sistema ad architettura aperta (open source) l’hanno messo a punto.
Che esistano successi e fallimenti nel settore pubblico come in quello privato è evidente […]
L’ironia e’ che i sostenitori della privatizzazione (il trasferimento al settore privato di imprese a gestione pubblica) e della liberalizzazione (annullamento delle regole) da tempo asseriscono che tali politiche sono necessarie per limitare la ricerca della rendita.
Insistono molto sulla corruzione che esiste nel settore pubblico, ma raramente riconoscono che, di fronte a ogni impiegato del settore pubblico che accetta una tangente c’è qualcuno che unge e che, di solito, appartiene al settore privato. Il settore privato e’ infatti pienamente coinvolto nel sistema di corruzione. E, cosa ancora peggiore, la stessa agenda della privatizzazione e della liberalizzazione e’ stata profondamente corrotta: ha fatto confluire rendite elevate nelle mani di chi usava la propria influenza politica per portarla avanti.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html