Lavoro/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Nel corso degli anni Sessanta e Settanta il miglioramento delle condizioni dei lavoratori italiani e’ stato determinato dall’introduzione di una serie di servizi gratuiti e universali, erogati in base al reddito, dalla sanita’, all’istruzione, alle pensioni.
In estrema sintesi, si trattava del cosiddetto salario reale che cresceva non solo per l’incremento delle retribuzioni quanto soprattutto per la prerogativa per i lavoratori di non dover pagare molti dei servizi essenziali.
Da qualche anno ormai questo modello e’ stato progressivamente abbandonato e sostituito da un altro schema, politico e sociale, peraltro gia’ largamente diffuso in giro per il mondo da decenni, che e’ stato definito in piu’ modi sempre riconducibili al neoliberismo ma che, con l’avvento delle “nuove” destre, e’ diventato ancora piu’ aggressivo perche’, spesso, nascosto dietro inesistenti connotazioni popolari.
Si forniscono bonus, in genere sotto forma di una tantum, senza troppi riguardi al reddito disponibile e si abbatte il carico fiscale, soprattutto per alcune categorie e alcune fasce di reddito, per lasciare piu’ risorse ai cittadini ma, con minori entrate pubbliche e con erogazioni di sussidi ancora una tantum, reiterati nel tempo, si rende piu’ difficile mantenere in vita la spesa per i servizi essenziali che tornano ad essere a pagamento, come accadeva negli anni Cinquanta.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Economia di mercato/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


L’industria della carne suina in Germania offre un buon esempio dei diversi modi in cui l’esperienza del virus sta incidendo sui flussi commerciali internazionali, accorciandoli o perlomeno riorientandoli.
La Germania e’ il terzo paese al mondo nella produzione di carne suina. Qui vengono allevati regolarmente circa 25,5 milioni di suini, uno per ogni tre abitanti; ogni anno, 55 milioni di suini grosso modo trovano la morte nei macelli tedeschi.
Nel primo semestre del 2020 furono prodotti circa 2,6 milioni di tonnellate di carne di maiale, di cui un quarto esportato in Cina, pari quasi al doppio rispetto al normale, a causa di un’epidemia suina nel paese destinatario. Nel complesso, sui quasi 5 milioni di tonnellate prodotti annualmente, 2,4 sono esportazioni.
I primi mesi della pandemia nel 2020, quando in uno dei principali stabilimenti produttori di carne suina in Germania parte del personale contrasse il virus, illustrano bene in che modo l’industria tedesca realizzi i propri record di produzione ed esportazione in un’economia mondiale globalizzata.
Per la stragrande maggioranza si trattava di lavoratori a basso costo dell’Europa dell’Est, assunti con stipendi da fame come falsi autonomi da altrettanto false e autonome societa’ subappaltatrici, e piu’ o meno obbligatoriamente alloggiati in gran numero in angusti alloggi appartenenti ai loro datori di lavoro, in cambio di affitti piuttosto esosi; questo e le miserevoli condizioni di lavoro nel macello in cui erano impiegati furono indicati come fattori responsabili del contagio di massa.
Le condizioni scandalose del settore erano note da anni e avevano destato regolarmente l’interesse dell’opinione pubblica, senza pero’ alcun risultato, forse anche per il carattere inviolabile di cui il surplus di esportazioni gode in Germania.
L’elevato rischio di contagio che i lavoratori colpiti rappresentavano anche per la popolazione locale cambio’ le cose.
Al contempo, le notizie inerenti all’industria della carne e al suo modello di profitto richiamarono l’attenzione pubblica su alcuni degli aspetti piu’ mostruosi dell’economia globalizzata. Ci si comincio’ a chiedere, con maggior o minor insistenza, per quale motivo la produzione di carne destinata a un paese perlopiu’ ancora agricolo come la Cina dovesse aver luogo in un altro, densamente popolato, ad alto livello di industrializzazione e con salari piu’ elevati quale e’ appunto la Germania, a costi pero’ competitivi sul mercato mondiale, cioe’ spietatamente depressi, in condizioni disumane e al prezzo non solo di notevoli problemi ambientali – come lo smaltimento del letame –, ma anche degli orrori dell’allevamento in fabbrica, quale dazio per la maggior competitivita’ dell’industria tedesca delle esportazioni.
Tutto questo in netto contrasto con la tendenza di consumatori piu’ consapevoli e la loro preferenza per alimenti “a chilometro zero”. Il Coronavirus, a quanto almeno lascia sperare, potrebbe forse rafforzare questa tendenza, anch’essa nell’ordine di un accorciamento delle filiere.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Lavoro/Benanav

Automazione. Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo – Aaron Benanav – Luiss (2022 )


In realta’ il progresso tecnologico e’ molto intensivo dal punto di vista dell’uso delle risorse, e costringe i ricercatori a seguire alcune strade di ricerca a discapito di altre.
Nella nostra societa’, le aziende devono concentrare i loro sforzi nella messa a punto di tecnologie che portino a risultati redditizi […]
Ne consegue che, come tutte le tecnologie moderne, queste offerte digitali sono ben lontane dall’essere “socialmente neutre”.
Internet, cosi’ come e’ stato messo a punto dal governo degli Stati Uniti e modificato dalle imprese capitalistiche, non e’ l’unico Internet che potrebbe esistere. Altrettanto si potrebbe dire della robotica: scegliendo tra i possibili percorsi del progresso tecnologico, il controllo del capitale sul processo lavorativo resta di primaria importanza.
Le tecnologie in grado di conferire potere agli operai alla catena di montaggio non vengono sviluppate, mentre le tecnologie che permettono una sorveglianza minuziosa di quegli stessi operai stanno diventando rapidamente prodotti molti richiesti.
Queste peculiarita’ del cambiamento tecnologico nelle societa’ capitalistiche hanno implicazioni importanti per chiunque cerchi di trasformare i mezzi tecnici esistenti in nuovi strumenti in grado di emancipare.
E’ altamente inverosimile che i progressi tecnologici trainati dai profitti possano avere la meglio sull’ingrata fatica del lavoro umano in quanto tale, quanto meno da soli e specialmente quando la manodopera resta a basso costo, abbondante e facilmente sfruttabile.

Info:
https://effimera.org/capitalismo-in-declino-lautomazione-in-uneconomia-stagnante-di-alexis-moraitis-e-jack-copley/
https://www.malacoda.it/n-3-2023/il-futuro-del-lavoro-di-fronte-alla-robotica-serviranno-i-migranti/

https://newleftreview.org/issues/ii120/articles/aaron-benanav-automation-and-the-future-of-work-2
https://futura.news/lautomazione-mette-a-rischio-il-mercato-del-lavoro/

Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuori- scena (2023)

La disoccupazione non e’ un’eccezione determinata da fattori esterni ma e’ la regola del mercato.
Per di piu’, lungi dall’essere un problema per il nostro sistema economico, e’ anzi fortemente funzionale alla sua riproduzione.
Le file crescenti dell’esercito di riserva hanno storicamente consentito di espandere l’economia capitalistica. Attraverso questa popolazione ridondante, chi detiene il capitale ha modo di reperire manodopera disponibile a costi contenuti […]
Fermiamoci allora un momento al caso italiano, per affrontare il cuore della questione politica della disoccupazione.
Secondo il VI rapporto Censis- Eudaimon sul welfare aziendale, anche i «fortunati» che hanno trovato un datore di lavoro sono profondamente insoddisfatti. Il 46,7 per cento degli occupati e’ scontento e lascerebbe l’attuale lavoro – per età, il 50,4 per cento tra i giovani, il 45,8 per cento degli adulti e il 6,3 per cento degli anziani –; tra i motivi di insofferenza, il 65 per cento dichiara di non avere opportunita’ di carriera, percentuale che sale al 90,3 per cento per gli occupati nelle piccole imprese con meno di nove dipendenti.
Secondo il Global Workplace Report della societa’ di indagini statistiche Gallup Poll, la soddisfazione sul lavoro e’ bassa in tutti e cinque i continenti, con l’Italia tra gli ultimi posti in Europa […]
Tuttavia, nonostante l’umiliazione e l’insofferenza, piu’ della meta’ degli occupati non e’ propensa a lasciare il proprio impiego. Perché? La risposta e’ ovvia: per mancanza di alternative […]
Il nostro Paese esemplifica una realta’ che ci riporta all’assunto teorico principale: la disoccupazione gioca un ruolo primario nel costruire un senso di impotenza materiale e psicologica rispetto a possibili alternative.
Essa serve dunque come strumento di disciplina per far si’ che i lavoratori accettino «l’ordine del capitale», ossia la relazione sociale su cui si basa la societa’ capitalistica: la vendita della propria forza lavoro in cambio di un (basso) salario.
Questo punto sottolinea ancora una volta quanto l’economia sia politica. Si tratta di qualcosa che percepiamo sulla nostra pelle e che si discosta profondamente dalla visione degli economisti mainstream. 

Populismo/Wolf

La crisi del capitalismo democratico – Martin Wolf – Einaudi (2024)

“A giudicare dai fatti” [e’] accaduto che la crescente incertezza economica ha messo i sentimenti anti-immigrazione e illiberali al servizio della politica.
Quegli atteggiamenti saranno pure esistiti in passato, in forma piu’ o meno palese, ma e’ stato per effetto del cambiamento economico che hanno assunto peso politico.
Tuttavia, se da una parte e’ evidente che i fattori economici hanno contribuito parecchio a spostare il consenso verso partiti e leader populisti, dall’altra non e’ chiaro perche’ i populisti di destra sono riusciti ad accattivarsi il sostegno della vecchia classe lavoratrice disillusa a scapito dei partiti di sinistra.
Le possibili spiegazioni sono tre. La prima: i partiti tradizionali di centro-sinistra avevano in buona misura sposato il programma economico che ha deluso le aspettative di molti e causato la crisi finanziaria, senza avanzare proposte radicalmente diverse.
La seconda: laddove una visione politica piu’ rivoluzionaria e’ riuscita a prevalere su quella convenzionale […]
Infine, il segmento dominante dal punto di vista culturale dei partiti di centro-sinistra e’ composto in misura via via maggiore da laureati, accademici, dipendenti pubblici, giornalisti e lavoratori creativi, giovani e minoranze etniche. Sicche’ la parte piu’ anziana della classe lavoratrice, conservatrice sulle tematiche sociali, patriottica e alle prese con un disagio crescente, se ne sente sempre piu’ lontana.

Info:
https://www.ilfoglio.it/cultura/2024/08/05/news/il-mondo-di-oggi-si-e-rotto-a-margine-del-libro-di-martin-wolf-6818502/
https://www.ilmonocolo.com/post/la-crisi-del-capitalismo-democratico

https://www.editorialedomani.it/economia/libro-martin-wolf-bh9jht73

Lavoro/Wolf

La crisi del capitalismo democratico – Martin Wolf – Einaudi (2024)


La capacita’ e la volonta’ delle multinazionali di spostare risorse economiche e know-how da un paese all’altro, e soprattutto la loro capacita’ di integrare le catene di produzione travalicando i confini nazionali sono state un fattore determinante della globalizzazione.
Come e’ evidente, tutto cio’ rappresenta un vantaggio decisivo per le imprese (e il capitale) e uno svantaggio per i lavoratori dei paesi a reddito alto. Questi ultimi, come abbiamo visto, hanno perso l’accesso privilegiato al know-how e al capitale integrati in quelle aziende che un tempo consideravano le loro. Giocoforza hanno perduto non solo potere contrattuale ma anche il posto di lavoro.
In realta’, il movimento dei capitali delle imprese e’ stato solo un aspetto di un fenomeno di proporzioni assai piu’ grandi, cioe’ la liberalizzazione della finanza.
Negli ultimi quarant’anni il settore finanziario e’ cresciuto enormemente. Ha anche causato molte crisi, in particolare la crisi asiatica del 1997-98 e la crisi transatlantica del 2007-12.
Oltre a costringere numerosi paesi ad abbandonare i tassi di cambio fissi, la liberalizzazione della finanza ha sollevato tutta una serie di problemi che prescindono dall’instabilita’ finanziaria e riguardano piuttosto la concorrenza fiscale, l’elusione e l’evasione delle imposte e la corruzione […]
La globalizzazione, insomma, e’ figlia del progresso tecnologico, e lo sara’ sempre. Al contempo, la tecnologia sta avendo sull’occupazione industriale gli stessi effetti che ha avuto sull’agricoltura: da una parte, sta facendo impennare la produttivita’, dall’altra sta distruggendo posti di lavoro.
Per esempio, nella Francia del 1800 i lavoratori occupati in agricoltura erano il 59 per cento; nel 2012 il dato era al di sotto del 3 per cento. La stessa dinamica si e’ osservata in altri paesi.
E’ quasi certo che, man mano che robot e macchine sostituiscono i lavoratori, l’occupazione industriale continuera’ a scendere tanto nei paesi a reddito alto quanto in numerosi paesi emergenti e in via di sviluppo. Da qui a cinquant’anni, probabilmente la percentuale di occupati nell’industria si attestera’ a pochi punti percentuali, se non al di sotto.

Info:
https://www.ilfoglio.it/cultura/2024/08/05/news/il-mondo-di-oggi-si-e-rotto-a-margine-del-libro-di-martin-wolf-6818502/
https://www.ilmonocolo.com/post/la-crisi-del-capitalismo-democratico

https://www.editorialedomani.it/economia/libro-martin-wolf-bh9jht73

Economia di mercato/Quintarelli

Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale – Stefano Quintarelli – Bollati Boringhieri (2019) –

La dematerializzazione – con le sue proprieta’ di essere archiviabile a costo zero, manipolabile a costo zero da sistemi informatici interconnessi, trasferibile in tempo reale da una parte all’altra del globo a costo zero – ha consentito nel 2000 alla I.NET di non dotarsi all’interno dell’azienda di una – pur piccola – struttura di assistenza amministrativa ai clienti, che fu invece attivata in Romania, in una citta’ universitaria dove tanti ragazzi parlavano italiano, con la supervisione di un addetto dell’azienda.
All’epoca le persone furono reclutate facendo delle inserzioni in una bacheca dell’università locale.
Oggi il lavoro per attivita’ eseguibili da remoto, in ogni angolo del globo, si trova su siti specializzati di intermediazione. E sara’ sempre di piu’ cosi’, per qualunque ricerca di lavoro.
Queste attivita’ sono e saranno sempre piu’ intermediate online, almeno per la parte di prima selezione, che terra’ conto di tutte le informazioni disponibili online riguardanti i candidati. Analizzate e classificate da sistemi di intelligenza artificiale […]
Alcune funzioni a maggiore valore aggiunto e/o dove e’ necessario gestire molte eccezioni e per una clientela che richiede un maggiore livello di qualita’ di rapporto, continuano e continueranno a essere svolte all’interno dell’azienda […]
Cosi’ l’azienda guadagna in efficienza, ma di conseguenza quelle attivita’ che, specie nelle aziende di dimensioni maggiori, prima erano svolte da personale dipendente, adesso trasformano chi le svolge in imprenditore di se stesso, con propri clienti (e che conseguentemente utilizza i propri strumenti).
Si riduce l’impegno per l’azienda, ma aumenta di converso il livello di rischio e di flessibilita’ per i lavoratori.

Info:
https://eticaeconomia.it/il-capitalismo-immateriale-e-lascesa-della-info-plutocrazia/
https://www.doppiozero.com/il-capitalismo-immateriale-e-molto-materiale

https://www.sovrapposizioni.com/scritti/capitalismo-immateriale-una-chiacchierata-con-stefano-quintarelli
https://www.ildiariodellavoro.it/capitalismo-immateriale-le-tecnologie-digitali-e-il-nuovo-conflitto-sociale-di-stefano-quintarelli-editore-bollati-boringhieri/

Populismo/De Haas

Migrazioni. La verità’ oltre le ideologie. Dati alla mano – Hein de Haas – Einaudi (2024)


Nonostante la retorica anti-immigrazione e gli enormi investimenti nei controlli frontalieri, i governi hanno ampiamente tollerato questo fenomeno, cosi’ come hanno chiuso un occhio di fronte all’impiego illegale di lavoratori senza documenti, necessari a colmare le lacune in settori come l’agricoltura, l’edilizia, il lavoro domestico, il turismo e l’assistenza a bambini e anziani.
Non sono tanto le frontiere a essere fuori controllo, quanto piuttosto i nostri sistemi di accoglienza a essere in parte disfunzionali o «guasti», con un ampio divario tra la domanda di manodopera straniera e il numero di canali legali d’immigrazione disponibili per soddisfarla.
Ed e’ questo divario che contribuisce a spingere la migrazione nell’ombra e favorisce lo sfruttamento dei lavoratori migranti.
Va detto in ogni caso che la maggior parte dell’immigrazione rimane comunque legale. Siccome pero’ i giorni del reclutamento ufficiale da parte dei governi sono finiti, questo aspetto dell’immigrazione come processo «voluto», sia legale che illegale, si e’ fatto meno visibile […]
Dipingendo l’immigrazione illegale come un grave pericolo per la sicurezza, contro il quale abbiamo il dovere di armarci, i politici attingono agli istinti tribali e alle nostre paure piu’ profonde, ritraendo se’ stessi come leader forti o salvatori che difenderanno il popolo dai nemici stranieri, battendosi contro l’immigrazione illegale, i trafficanti e gli scafisti.
In realta’ sia le dimensioni sia la natura dell’immigrazione illegale non somigliano affatto a un’invasione. Gli immigrati e i rifugiati non arrivano con navi da guerra o aerei da combattimento, ne’ con l’obiettivo di rovesciare i governi. Non c’e’ un esodo di massa di migranti illegali dal Sud Globale al Nord Globale. Sono solo leggende che aiutano le narrazioni di alcuni Paesi, cui conviene dipingere l’immigrazione come un fenomeno fuori controllo e quindi come una minaccia per l’economia, la sicurezza e l’identita’ dell’Occidente. Ma queste paure sono solo il frutto della nostra immaginazione. Insomma, farsi prendere dal panico non serve a niente.

Info:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/01/migranti-il-sociologo-de-haas-i-cambiamenti-climatici-hanno-un-impatto-indiretto-per-gestire-i-flussi-bisogna-ripensare-leconomia/7712706/
https://rbv.biblioteche.it/community/forum/reviews/show/6141

https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/de-haas-ha-contato-22-miti-sul-fenomeno-migratorio
https://ilmanifesto.it/hein-de-haas-varcate-le-frontiere-uomini-e-donne-stipati-nei-luoghi-comuni-della-politica
https://www.lastampa.it/politica/2024/09/29/news/migranti_de_haas_politica_integrazione_accoglienza-14673169/
https://www.ilfoglio.it/politica/2024/06/24/news/ecco-22-miti-da-sfatare-sui-migranti-rifugiati-e-cambiamenti-climatici-6673916/

Capitalismo/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


La struttura governativa tipica del neoliberismo si fonda sulla coesistenza dei sistemi normativi nazionali e sovranazionali.
Le leve giuridiche ed economiche vengono mosse a seconda delle esigenze e della fase del ciclo economico.
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione.
Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuori- scena (2023)

Non basta sfruttare i lavoratori per ottenere merci che producano maggiore valore rispetto al capitale investito; tali merci devono anche essere vendute e questo fatto non e’ per nulla garantito.
Ogni produttore si trova a operare in competizione con tutti gli altri. Per poter sopravvivere, deve vendere le proprie merci meglio degli altri, i quali hanno esattamente lo stesso obiettivo […]
La trincea in cui si consuma la guerra e’ quella dei prezzi. Chi li abbassa vince. E la battaglia sui prezzi e’ inseparabile dalla questione piu’ politica di tutte, ovvero il tasso di sfruttamento.
Cosi’ rientra in gioco il rapporto tra capitale e lavoro, e possiamo comprendere la ragione profonda per cui la crescita della nostra economia, trainata dai capitalisti che sopravvivono, si gioca sulla pelle dei lavoratori.
La tendenza insita nel nostro sistema e’ quella di aumentare il tasso di sfruttamento, non per la crudelta’ dei singoli capitalisti (possono esserlo o meno, e’ secondario) ma per effetto della pressione della competizione reale […]
Se Apple volesse produrre l’iPhone negli StatiUniti invece che nel Sud del mondo, dove puo’ giocare su salari da fame e ritmi di lavoro disumani, e intendesse mantenere lo stesso livello di profitto, dovrebbe venderlo a 30.000 dollari anziche’ a 900. 

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html