Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

E’ ben noto a molti che le societa’ capitaliste istituzionalizzano una specifica dimensione economica, caratterizzata da una particolare astrazione nota come «valore», in cui le merci sono prodotte da lavoratori salariati sfruttati attraverso mezzi di produzione in mano ai privati e vendute dagli imprenditori a un prezzo stabilito dai mercati, il tutto con l’obiettivo di generare profitti e accumulare capitale.
Quello che spesso viene trascurato, tuttavia, e’ che questa dimensione dipende in modo costitutivo, si potrebbe dire parassitario, da una serie di attivita’ sociali, strumenti politici e processi naturali che nelle societa’ capitaliste sono definiti non-economici.
A tali elementi, considerati al di fuori dei loro confini, non viene riconosciuto alcun «valore», sebbene costituiscano i presupposti indispensabili dell’economia […]
Ne’ il profitto ne’ il capitale sarebbero possibili senza quei processi naturali che assicurano la disponibilita’ di input vitali come le materie prime e le fonti di energia.
Condizioni essenziali di un’economia capitalista, queste istanze «non-economiche» non sono esterne al capitalismo, ma sue parti integranti […]
L’economia del sistema e’ costitutivamente dipendente dalla natura, sia come rubinetto che fornisce input necessari alla produzione sia come scarico per lo smaltimento dei suoi scarti.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
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Economia di mercato/Brancaccio

Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti, Stefano Lucarelli – La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista – Mimesis (2022)

Nella intricata catena logica che conduce alla centralizzazione dei capitali in sempre meno mani, la solvibilita’ occupa un ruolo cruciale […]
La lotta tra capitali sui mercati genera continuamente vincitori e vinti, con questi ultimi a rischio di insolvenza e proprio per questo soggetti a liquidazioni, fusioni, acquisizioni a opera dei primi.
Il risultato, tra i piu’ paradossali del movimento capitalistico, e’ che la competizione fra tanti sfocia nel suo opposto, vale a dire la centralizzazione e la tendenziale monopolizzazione dei mercati a opera di pochi.
Con effetti potenzialmente dirompenti per l’ordine generale del sistema, economico e politico […]
Tutto questo significa, nella sostanza, che nell’ambito del paradigma alternativo la solvibilita’ incarna un inesorabile conflitto interno alla classe capitalista, tra capitali deboli a rischio di insolvenza e acquisizioni, che lottano per la sopravvivenza e contro la forza distruttiva della centralizzazione, e capitali forti e solvibili che dalla centralizzazione traggono sempre maggiore forza e potere.
Un conflitto, come abbiamo accennato, tanto più violento quanto maggiore sia la varianza tra le posizioni reddituali e finanziarie dei capitali in posizione di credito e dei capitali in posizione di debito.
A seconda dei diversi possibili esiti di questo conflitto interno al capitalismo, la solvibilita’ risultera’ piu’ o meno stringente e la centralizzazione sara’ piu’ o meno potente.
In tutti i casi, la classe lavoratrice avvertira’ le ripercussioni del conflitto inter-capitalistico, che a seconda delle mutevoli decisioni delle imprese, delle banche e del sistema finanziario, vedra’ continuamente modificarsi il ritmo degli investimenti, la dinamica dei prezzi e delle quantita’, e sfocera’ di volta in volta in diverse combinazioni di inflazione e disoccupazione.
Con una reazione del lavoro, in termini di lotta di classe, che potra’ verificarsi in misura piu’ o meno accentuata o potra’ anche non verificarsi affatto, in base ai diversi possibili stati dei rapporti sociali di produzione.
Stando alla teoria alternativa, dunque, la solvibilita’ capitalistica e’ condizione non semplicemente tecnica ma anche inesorabilmente politica, di lotta intestina alla classe capitalista, con continui riverberi sulla classe lavoratrice.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-guerra-capitalista-di-emiliano-brancaccio-raffaele-giammetti-e-stefano-lucarelli/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-guerra-capitalista
https://www.micromega.net/la-guerra-capitalista-spiegata-nel-nuovo-libro-di-brancaccio-giammetti-e-lucarelli/
https://contropiano.org/news/cultura-news/2023/01/25/un-commento-su-la-guerra-capitalista-0156524

Lavoro/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

La sostituzione del lavoro di fabbrica sindacalizzato con un lavoro precario nei servizi si accompagna a un abbassamento dei salari, che tendono a scendere al di sotto dei costi socialmente necessari della riproduzione.
Lavoratori che prima erano «solo» sfruttati ora sono anche espropriati.
Questa doppia condizione, riservata in precedenza a delle minoranze e adesso sempre piu’ generalizzata, e’ aggravata dall’assalto al welfare state.
Il salario sociale diminuisce, mentre le entrate fiscali in passato destinate alle infrastrutture pubbliche e ai diritti sociali vengono dirottate verso il servizio del debito e la «riduzione del deficit» nella speranza di placare «i mercati».
Mentre i salari reali vanno a picco, i servizi un tempo forniti dal settore pubblico, come l’assistenza all’infanzia, vengono scaricati sulle famiglie e sulle comunita’, cioe’ principalmente sulle donne, che nel frattempo sono impiegate in lavori salariati precari e quindi sfruttate ed espropriate su due fronti.
Nel centro come nella periferia, inoltre, una corsa al ribasso sta portando i governi a ridurre le tasse sulle imprese, impoverendo ulteriormente le casse dello Stato e giustificando apparentemente una maggiore «austerita’», tendenza che di fatto innesca un circolo vizioso.
Ulteriori regali alle imprese svuotano di contenuto diritti del lavoro faticosamente conquistati, esponendo i lavoratori, un tempo protetti, a possibili violazioni.

Info:
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Europa/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Guardando piu’ da vicino la creazione della nuova governance europea, non si puo’ fare a meno di notare qualcosa di inusuale, e cioe’ che alcuni dei principali strumenti di gestione della crisi sono stati posti in essere al di fuori dell’ordinamento dell’UE.
Piuttosto che ricorrere alle norme contenute nei trattati fondamentali, si e’ deciso di realizzare una serie di accordi utilizzando il metodo intergovernativo piuttosto che un atto normativo europeo, vale a dire istituendo accordi internazionali al di fuori del diritto dell’Unione; il riferimento e’ in primo luogo al MES, impropriamente definito «fondo salva-stati», e al Fiscal Compact.
Siamo cosi’ di fronte a una sorta di doppia governance europea: quella prevista dai trattati fondamentali dell’Unione – Trattato sull’Unione Europea (TUE) e Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) –, che incarnano il paradigma della crescita, e quella dei nuovi accordi intergovernativi, che introducono regole di gestione della crisi non incluse nel tradizionale quadro normativo […]
La nuova governance, in corso di evoluzione, si articola in sette assi principali di intervento: – il semestre europeo, il quale si concretizza in una serie di raccomandazioni elaborate dalla Commissione Europea, approvate dal Consiglio UE e avallate dal Consiglio Europeo, di cui gli stati devono tenere conto quando dispongono le politiche di bilancio relative all’anno successivo; – il patto Euro Plus, che consiste in un accordo firmato da ventitre paesi aderenti che si impegnano a realizzare determinate riforme in alcuni settori (competitivita’, occupazione, sostenibilita’ delle finanze pubbliche e maggiore stabilita’ finanziaria); – il Fiscal Compact; – le modifiche al patto di stabilita’, in parte gia’ introdotte nel cosiddetto six pack, un pacchetto di sei atti legislativi (cinque regolamenti e una direttiva) che mira a una piu’ rigorosa applicazione del Patto di Stabilita’ e di Crescita (PSC); e nel cosiddetto two pack, composto da due regolamenti e orientato a completare il ciclo di sorveglianza di bilancio; – la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici (gia’ applicata in base a due regolamenti del six pack); – i meccanismi per la stabilita’ finanziaria della zona euro, fra cui il MES; – il patto per la crescita (growth pact).
Il panorama degli interventi appare complesso e disarticolato, soprattutto se si pensa al fatto che tre diversi accordi coinvolgono un numero differente di paesi (ventitre il patto Euro Plus, diciassette il MES e venticinque il Fiscal Compact); il che fa pensare che sia stata realizzata una sorta di «integrazione differenziata». Come dire: a ciascuno la sua Europa […]
Se siete un po’ confusi per via dei nomi e delle sigle sappiate che e’ soltanto perche’ siete stati attenti. Hanno utilizzato quasi la stessa denominazione per tre strumenti che si differenziano tra loro per variabili non certo trascurabili: Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (EFSM), affidato alla Commissione e al Consiglio; Dispositivo Europeo per la Stabilita’ Finanziaria (EFSF), gestito con la creazione di una societa’ lussemburghese; Meccanismo Europeo di Stabilita’ affidato a una organizzazione internazionale.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi – Una civiltà possibile. La lezione dimenticata di Federico Caffe’ – Meltemi (2022)

Gli anni Ottanta sono unanimemente riconosciuti come il decennio della grande controrivoluzione neoliberista, di cui si erano poste le fondamenta gia’ nel decennio precedente, come aveva intuito Caffe’, che un po’ in tutto l’Occidente avviarono lo smantellamento degli strumenti “keynesiani” di gestione dell’economia, la deregolamentazione dei mercati e della finanza, l’attacco al sindacato e alla contrattazione collettiva, nonche’ l’ascesa di un “nuovo spirito del capitalismo” fondato sull’elogio dell’individuo, del consumismo, della competitivita’, dell’autoimprenditorialita’, del profitto e della cultura d’impresa (fenomeno che nel contesto italiano prese il nome di “riflusso”).
Simboliche in tal senso furono l’elezione di Margaret Thatcher in Gran Bretagna nel 1979, che annuncio’ il nuovo vangelo dell’individualismo (“La societa’ non esiste”), e quella di Ronald Reagan negli Stati Uniti l’anno seguente, che sintetizzo’ il cambio di paradigma nella famosa affermazione: “Lo Stato non e’ la soluzione, ma il problema”. Sul fronte della teoria, si andava consolidando la visione neoliberista dell’economia e della societa’, che poneva al centro della politica economica la “politica dell’offerta”, che tendeva a far ricadere sulle “rigidita’” del sindacato e sulla contrattazione collettiva la responsabilita’ della disoccupazione.
Era il ritorno in grande del laissez-faire e di una politica economica fondamentalmente indirizzata al controllo dell’inflazione, all’equilibrio del bilancio e alla liberalizzazione dei mercati, con un accento particolarmente aggressivo nei confronti del mercato del lavoro

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/daniele-archibugi-il-manifesto-25-giugno-2022-federico-caffe-leresia-economica-del-benessere-su-una-civilta-possibile-di-thomas-fazi-meltemi.pdf
https://www.micromega.net/invece-dellagenda-draghi/
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/daniele-archibugi-capital-5-maggio-2022-rileggendo-federico-caffe-su-una-civilta-possibile-di-t.-fazi-meltemi.pdf
https://www.flaneri.com/2023/01/09/civilta-possibile-fazi/

Stato/Bauman

Zygmunt Bauman – Oltre le nazioni. L’Europa tra sovranita’ e solidarieta’ – Laterza (2019)

L’espressione «i mercati» non e’ altro che una forma abbreviata per indicare forze senza nome e senza volto che nessuno sa dove abitino: forze che nessuno ha eletto e nessuno e’ in grado di richiamare all’ordine, mettere in riga, limitare, controllare, guidare.
La sensazione che prende piede tra la gente e si fa strada anche nell’opinione degli esperti e’ che i parlamenti eletti, e i governi che quei parlamenti costituzionalmente sono tenuti a indirizzare, controllare e dirigere, non riescano a fare il loro lavoro, come non ci riescono i partiti politici tradizionali, noti per smentire la poesia delle promesse elettorali non appena i loro leader assumono incarichi di governo e si trovano costretti ad affrontare la prosa, lo strapotere delle forze del mercato e delle borse, intoccabili e sottratte alle prerogative attribuite e/o tollerate negli organi e nelle agenzie di Stati-nazione apparentemente «sovrani».
E’ qui che nasce l’attuale profonda crisi di fiducia, che si aggrava sempre piu’.
Tramontata la fede nella capacita’ di agire delle istituzioni statali nazionali, viviamo un’era in cui le istituzioni non credono piu’ in se stesse e si diffonde lo scetticismo sulla capacita’ di agire dei governi

Info:
https://www.mangialibri.com/oltre-le-nazioni
https://pickline.it/2021/11/28/oltre-le-nazioni-di-zigmunt-bauman/
https://www.democraziaedirittisociali.it/wp-content/uploads/2019/11/Cosmo_Bauman.pdf

 

Societa’/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Nel Diciannovesimo secolo e ai primi del Ventesimo, cinque principali scuole di pensiero studiarono il futuro della societa’ industriale: liberalismo, produzionismo, socialismo, corporatismo e pluralismo […]
Il liberalismo economico identifica la liberta’ umana con le transazioni commerciali nei mercati, mentre lo Stato si limita a far rispettare gli accordi e in qualche caso fornisce reti di sicurezza per una protezione sociale minima […]
In modi diversi, produzionismo, socialismo, corporatismo e pluralismo hanno respinto l’ideale liberale secondo cui l’economia dovrebbe essere governata sulla base della massima flessibilita’ per le imprese in un libero mercato della manodopera e degli altri input produttivi.
Il produzionismo e’ l’idea secondo cui l’economia dovrebbe essere organizzata dallo Stato per massimizzare il numero delle aziende agricole a conduzione familiare e indipendente, degli artigiani e dei piccoli negozianti nella societa’ […]
I socialisti di varie correnti – utopistica, cristiana e marxista – criticarono il capitalismo e la proprieta’ privata e proposero la proprieta’ pubblica dell’industria e delle infrastrutture […]
Una quarta corrente filosofica, contraria tanto al liberalismo del libero mercato quanto al socialismo statale, prefiguro’ una societa’ armonica di “corporazioni” controllate dallo Stato ma perlopiu’ autogovernate, termine con il quale si alludeva a interi settori economici e non soltanto a singole aziende; qualcosa di simile, in pratica, alle gilde medievali […]
Nei primi anni del Novecento, la scuola di pensiero dell’“efficienza nazionale” ebbe nel Regno Unito affinita’ con il pluralismo e, nelle sue versioni piu’ militaristiche, con il corporatismo statale […] Credevano che la riforma sociale e il riarmo fossero necessari per mantenere lo status della Gran Bretagna nel mondo, messo a rischio a quel tempo dall’ascesa della Germania imperiale. I ragionamenti come quelli della scuola di pensiero dell’efficienza nazionale alla fine prevalsero in molte democrazie occidentali […]
Il sistema che si affermo’ negli Stati Uniti dagli anni Quaranta divenne noto con il nome di “liberalismo dei gruppi di interesse”, un sistema pluralista nel quale le politiche pubbliche erano espressione dei negoziati tra gruppi di interesse economici, ciascuno con i propri mediatori, piuttosto che di un mandarinato tecnocratico di tuttologi ed esperti altruisti isolati dalle pressioni popolari, o della “mano invisibile” del libero mercato.
Nell’ambito della cultura e della societa’ civile, compresi i mass media e l’istruzione, come pure in economia e in politica, alla meta’ del Ventesimo secolo si ando’ consolidando negli Stati Uniti e in altre democrazie occidentali un sistema di pluralismo democratico che conferiva potere alla classe dei lavoratori. Il clero, i cittadini esaltati e i gruppi civici vigilarono sui mass media e sul sistema dell’istruzione per garantire che i valori tradizionali della maggioranza composta dalla classe dei lavoratori non fossero traditi.

Info:
https://open.luiss.it/2021/05/20/un-nuovo-compromesso-sociale-salvera-la-democrazia/
https://legrandcontinent.eu/it/2021/04/04/competenti-contro-deplorevoli-la-nuova-lotta-di-classe/
https://www.rivistailmulino.it/a/la-nuova-lotta-di-classe
https://www.centromachiavelli.com/2020/04/06/scalea-lind-guerra-di-classe/
https://www.ilfoglio.it/un-foglio-internazionale/2020/03/16/news/i-cittadini-dimenticati-contro-le-elite-metropolitane-la-nuova-lotta-di-classe-306549/

Europa/Habermas

Jurgen Habermas, Wolfgang Streeck – OltreOltre l’austerità. Disputa sull’Europa – Castelvecchi (2020)

E’ evidente che la capacita’ di azione degli Stati nazione, che vegliano gelosi sulla loro da tempo tramontata sovranita’, non e’ sufficiente a sottrarsi agli imperativi di un settore bancario disfunzionale e gonfiato oltremisura.
Gli Stati incapaci di associarsi in entita’ sovranazionali, e che solo possono contare su accordi internazionali, non hanno alcuna chance di far fronte alla sfida politica di riportare tale settore alle esigenze dell’economia reale e ridurlo ai dovuti limiti funzionali.
Gli Stati dell’Unione monetaria europea in particolare si trovano a dover fare i conti con l’arduo compito di ricondurre mercati definitivamente globali nella portata di una indiretta, ma mirata, azione politica. Di fatto, le loro politiche contro la crisi si limitano al rafforzamento di una tecnocrazia di esperti in misure sospensive.
Senza le pressioni di una volonta’ viva scaturita da una societa’ civile mobilitata a livello internazionale, l’autoproclamatosi esecutivo di Bruxelles non avra’ mai la forza ne’ l’interesse di regolamentare i mercati, sempre piu’ selvaggi, in direzione di una maggiore giustizia sociale.

Info:
https://open.luiss.it/2021/04/02/un-destino-comune-nel-nome-della-solidarieta/
https://www.lafionda.org/2021/03/30/quali-prospettive-per-la-solidarieta-europea-nello-scenario-post-covid/
https://www.reset.it/articolo/come-nasce-leuropa-streit-tra-jurgen-habermas-e-wolfgang-streeck
https://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/19326-paolo-ortelli-capitalismo-e-democrazia-catastrofe-o-rivoluzione.html

 

GreenNewDeal/Pettifor

Ann Pettifor – Il Green New Deal. Cos’e’ e come possiamo finanziarlo – Fazi (2020)

La valuta europea – l’euro – e’ strutturata per togliere alle banche centrali degli Stati membri la funzione di prestatore di ultima istanza, senza creare una tale funzione a livello europeo.
Senza il supporto della propria banca centrale, gli Stati della zona euro sono obbligati a rivolgersi ai mercati dei capitali privati e globalizzati per soddisfare i propri fabbisogni finanziari. Allo stesso tempo, le rigide “regole del gioco” incorporate nei trattati UE privano i governi di qualsivoglia autonomia economica.
E’ questa mancanza di autonomia la causa principale della crisi economica e sociale, nonche’ dell’instabilita’ politica, che oggi vediamo nell’eurozona. Paesi come la Grecia, l’Italia e persino la Francia o la Germania non hanno il potere di adattare le proprie economie ai mercati, alle condizioni e agli interessi nazionali.
Questa impotenza economica fa infuriare i cittadini e ha portato all’ascesa di quel fenomeno che viene eufemisticamente chiamato “populismo”.
Ma la verita’ e’ che i paesi dell’eurozona non sono gli unici a essere subordinati all’autorita’ privata dei mercati finanziari globalizzati e dollarizzati. Tutti gli Stati democratici sono impotenti di fronte a un sistema monetario globale “governato” dalle forze del mercato privato.
Questo rappresenta un notevole ostacolo per il Green New Deal, perche’ gli attori attivi sui mercati finanziari globalizzati e deregolamentati hanno ben poco interesse ad aiutare gli Stati ad allentare la loro dipendenza dai combustibili fossili e dallo strapotere delle multinazionali che estraggono, distribuiscono e si arricchiscono grazie ai quei combustibili

Info:
https://www.iconaclima.it/sostenibilita/vivere-green/consigli-di-lettura-il-green-new-deal-di-ann-pettifor/
https://www.alliancesud.ch/it/politica/politica-fiscale-e-finanziaria/il-green-new-deal-secondo-pettifor

Populismo/Pettifor

Ann Pettifor – Il Green New Deal. Cos’e’ e come possiamo finanziarlo – Fazi (2020)

A partire dagli anni Sessanta, la deregolamentazione finanziaria ripristino’ l’autorita’ privata sia sul sistema finanziario internazionale che sulle economie nazionali.
Da allora, gli Stati nazionali e i loro governi sono stati gradualmente privati del potere di controllare gli investimenti (sia pubblici che privati), i tassi di cambio e i tassi di interesse, che e’ passato nelle mani di investitori e speculatori invisibili che non devono rendere conto a nessuno e che sono liberi di muovere i propri capitali da un paese all’altro senza pressoche’ alcun vincolo, indipendentemente dal loro impatto sulle valute o sui tassi di interesse dei paesi in questione.
Alan Greenspan aveva ragione. Il mondo e’ nuovamente governato dai mercati.
C’e’ da meravigliarsi che in paesi tanto diversi e lontani tra di loro come il Brasile e la Turchia, la Gran Bretagna e le Filippine, la Russia e gli Stati Uniti, gli elettori si siano affidati a degli “uomini forti” per “proteggere” il loro lavoro, le loro case e i loro bambini dalle “forze del mercato”?

Info:
https://www.iconaclima.it/sostenibilita/vivere-green/consigli-di-lettura-il-green-new-deal-di-ann-pettifor/
https://www.alliancesud.ch/it/politica/politica-fiscale-e-finanziaria/il-green-new-deal-secondo-pettifor