Stato/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Abbiamo ripetutamente definito il neoliberalismo come una teoria e una pratica che non riguarda certo il ritiro dello Stato dall’ordine economico, bensi’ una specifica ridefinizione dei suoi compiti di direzione di quell’ordine.
Lo Stato neoliberale deve innanzi tutto costituire la mano visibile del mercato, rimediare ai suoi fallimenti e in tal senso impedirne l’autofagia.
E’ dunque estremamente attivo e impegnato nella direzione dell’ordine economico attraverso i piu’ disparati strumenti: la regolamentazione, la leva fiscale, la concessione di sussidi e finanziamenti, la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture, la fornitura di servizi. Per non parlare dell’utilizzo della politica estera, e al limite degli eserciti, per assicurare l’approvvigionamento di risorse energetiche e materie prime, oltre agli sbocchi sui mercati esteri […]
L’ingerenza dello Stato nell’ordine economico finalizzata ad assicurare ai lavoratori il concorso nella definizione dell’indirizzo politico generale e’ altra cosa.
Essa deve poter incidere sulla loro capacita’ di produrre conflitto redistributivo: deve realizzare le condizioni per ripoliticizzare il mercato, ovvero renderlo un’arena entro cui capitale e lavoro possano affrontarsi ad armi pari.
Lo Stato che si emancipa finalmente dall’ortodossia neoliberale non si limita infatti a presidiare la democrazia politica, bensi’ si adopera per realizzare anche e soprattutto la democrazia economica: per far interagire il meccanismo concorrenziale e il meccanismo democratico al fine di sottomettere il primo al secondo.

Societa’/Wagencnecht

Contro la sinistra neoliberale – Sahra Wagen- knecht – Fazi (2022)

Il liberalismo di sinistra contrappone ai valori della comunita’, che a volte liquida come superati e altre volte condanna definendoli nazionalistici e da sciovinisti del benessere, la sua idea di societa’ aperta: una societa’ nella quale puo’ entrare chiunque, anche se privo di valori e legami comunitari, una societa’ tenuta insieme solo dal diritto e dalla legge e in cui, inoltre, chiunque entra riceve identici diritti.
Dato che una societa’ del genere puo’ essere estesa senza problemi oltre i confini nazionali, queste idee si accompagnano spesso alla rivendicazione di una cittadinanza globale, o almeno europea.
L’idea della “societa’ aperta” e il cosmopolitismo dei liberali di sinistra, per cui esistono un solo mondo e una sola umanita’, sono quindi legati tra loro.
A prima vista tutto cio’ suona straordinariamente progressista. Saremo tutti fratelli, non ci saranno piu’ confini, avremo tutti gli stessi diritti. Amare i Tartari. Cio’ di cui il liberalismo di sinistra non parla con altrettanta chiarezza sono le conseguenze di questa teoria.
Una societa’ senza regole di appartenenza non puo’ essere un rifugio. Laddove tutti possono entrare, non ci saranno nessuna coesione e nessun aiuto reciproco. E questo per un motivo molto pratico: ogni vero sistema di solidarieta’ deve necessariamente mantenere in un certo equilibrio il numero di quelli che pagano e il numero di quelli che ricevono, per non crollare […]
A guardar bene, la narrazione dei liberali di sinistra, dunque, non consiste altro che nei messaggi del neoliberismo, confezionati pero’ in maniera piu’ graziosa ed elegante.
I concetti triti, ritriti e screditati del radicalismo di mercato sono stati rimpiazzati da nuovi messaggi che aggiungono ai vecchi una nota progressista. Tanto che l’egoismo si e’ trasformato in autorealizzazione, la flessibilita’ nella grande varieta’ di opportunita’ diverse, la distruzione delle sicurezze in rifiuto della normalita’ e del conformismo, la globalizzazione in apertura al mondo e la mancanza di responsabilita’ nei confronti degli individui che vivono nel proprio paese nella definizione di se stessi come “cittadini del mondo”.
Come il neoliberismo, anche il liberalismo di sinistra riscrive la storia degli ultimi decenni dal punto di vista dei vincitori. E i piu’ grandi vincitori, in tutti i paesi, sono stati le elite economiche, i proprietari di grandi patrimoni finanziari e aziendali, gli azionisti degli operatori economici globali e le banche: tutti costoro, indistintamente, hanno tratto vantaggio dal liberismo economico, dallo smantellamento dello Stato sociale e dalla globalizzazione.
Cio’ che distingue il liberalismo di sinistra dal neoliberismo e’ la sua affinita’ culturale al mondo del lavoro e alla vita del ceto medio dei laureati, anche questo beneficiato dai mutamenti sociali, seppure in misura minore rispetto alle classi elevate.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/
https://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/27587-danilo-ruggieri-la-sinistra-alla-moda.html

Capitalismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il dilagare negli anni Novanta del neoliberalismo (l’ortodossia del cosiddetto “Washington Consensus”), e’ agevolato dal fatto che il crollo del comunismo rende superfluo ogni residuo conflitto ideologico: tra democrazia e totalitarismo, o tra libero mercato ed economia di stato.
Persino la Cina vi rinuncia, ormai votata allo sviluppo capitalistico.
Il fallimento dell’unica alternativa storica alla democrazia liberale produce un effetto cascata sul modo occidentale di intendere la politica. Spogliando la democrazia dell’aura retorica che l’aveva circondata durante l’era bipolare, in particolare, ne svela tutte le intrinseche debolezze […] quali la rivincita degli interessi particolari sulla rappresentanza politica, la persistenza delle oligarchie e la proliferazione dei poteri invisibili, tre fattori che tendono a rafforzarsi a vicenda […]
Gli anni Novanta, non a caso, segnano anche il tramonto dei tradizionali partiti di massa e la riscoperta della leadership carismatica, a lungo screditata dall’esperienza dei regimi totalitari del Novecento […]
I leader carismatici tendono, per definizione, a forzare le proprie prerogative e a pretendere di riscrivere le regole; a scavalcare le istituzioni per fare appello al popolo, da cui ritengono di aver ricevuto un’investitura diretta.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Stato/Jappe

Le avventure della merce – Anselm Jappe – Mimesis (2023)

Lo Stato moderno e’ creato dalla logica della merce.
E’ l’altra faccia della merce; i due sono legati tra loro come due poli inseparabili. Il loro rapporto e’ cambiato molte volte lungo la storia del capitalismo, ma sarebbe un grave errore farsi trascinare dall’attuale polemica dei neo-liberali contro lo Stato (che e’ d’altra parte smentita dalle loro pratiche, quando sono al timone) a credere che il capitale abbia un’avversione particolare per lo Stato.
Tuttavia, il marxismo del movimento operaio e quasi tutta la sinistra hanno sempre puntato sullo Stato, a volte fino al delirio, prendendolo per il contrario del capitalismo.
La critica contemporanea del capitalismo neoliberale evoca di sovente un “ritorno dello Stato”, unilateralmente identificato con lo Stato-provvidenza dell’epoca keynesiana.
In realta’, e’ stato il capitalismo stesso a ricorrere massicciamente allo Stato e alla politica nella fase del suo insediamento (tra il XV e la fine del XVIII secolo) e a continuare a farlo dovunque le categorie capitaliste non fossero ancora state introdotte – i paesi in ritardo dell’est e del sud del mondo nel corso del XX secolo.
Infine, vi ricorre sempre e dappertutto nelle situazioni di difficolta’.
E’ soltanto nei periodi in cui il mercato sembra reggersi sulle proprie gambe, che il capitale vorrebbe ridurre i faux frais implicati da uno Stato forte.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html

Capitalismo/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


La struttura governativa tipica del neoliberismo si fonda sulla coesistenza dei sistemi normativi nazionali e sovranazionali.
Le leve giuridiche ed economiche vengono mosse a seconda delle esigenze e della fase del ciclo economico.
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione.
Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Capitalismo/Stiglitz

La strada per la libertà – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)

Oggi e’ il neoliberismo – la fede nei mercati non regolamentati e senza freni – ad aver portato a enormi disuguaglianze, offrendo terreno fertile ai populisti.
I crimini del neoliberismo comprendono l’aver reso i mercati finanziari liberi di far esplodere la piu’ grande crisi finanziaria nell’arco di tre quarti di secolo; l’aver reso il commercio libero di accelerare la deindustrializzazione; e l’aver reso le grandi aziende libere di sfruttare in egual misura consumatori, lavoratori e ambiente […]
Questa forma di capitalismo non incrementa la liberta’ nella nostra societa’. Ha invece portato alla liberta’ di pochi a spese dei molti. Liberta’ per i lupi; morte per le pecore.
Problemi simili si presentano a livello internazionale, rivelando interessanti e importanti correlazioni tra il concetto di regole e l’ideale di liberta’. Non che la globalizzazione proceda senza regole, ma quelle regole garantiscono liberta’ e impongono costrizioni in modi che generano ovunque lo stesso destino divergente per lupi e pecore: solamente, i lupi e le pecore sono distribuiti in diverse regioni e nazioni del mondo.
Insite nei cosiddetti «trattati di libero scambio» ci sono regole che riducono la liberta’ dei Paesi in via di sviluppo, dei mercati emergenti e delle persone che li’ vivono, mentre ampliano la liberta’ di sfruttamento da parte delle multinazionali.

Stato/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

Nel dibattito tra globalisti e nazionalisti, neoliberali e protezionisti, non ne va affatto della sopravvivenza dello stato nazionale in se’.
Diversamente da quanto l’ideologia neoliberale professa, il neoliberismo come prassi non pretende in alcun modo di “superare” lo stato a livello nazionale, avendone invece un assoluto bisogno quale esecutore e difensore materiale del libero mercato mondiale a livello locale; mercato che, appunto, non si realizza da se’, ma solo attraverso un’insistente e costante politica di “liberalizzazione”, adeguata alle rispettive condizioni locali.
Il globalismo neoliberale, in tal senso, smentisce il suo stesso pensiero. Nella realta’ politica neoliberale, anche le organizzazioni e le istituzioni sovranazionali, ivi compresa l’Unione europea, non puntano realmente al dissolvimento degli stati nazionali in esse contenuti, contrariamente a quanto dichiarano; di fatto esse si servono degli esecutivi nazionali, in parte, per esempio, come fonte con cui dare legittimita’ e imporre in maniera congiunta quegli obblighi di liberalizzazione – le cosiddette “riforme” – che altrimenti sarebbe difficile, se non addirittura impossibile, far passare all’elettorato come l’esito di un’autodeterminazione politica nazionale.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)

L’affossamento del patto di cittadinanza incentrato sul lavoro venne alimentato da due fenomeni per molti aspetti risalenti, affacciatisi prepotentemente sulla scena nel corso degli anni Settanta.
Per un verso il dovere di lavorare cesso’ di essere avvertito come imperativo etico, che l’ortodossia neoliberale tento’ di rimpiazzare con la rappresentazione del lavoratore come detentore di capitale umano e come imprenditore di se’.
Per un altro verso la fine del lavoro venne presentata come il destino di un futuro dominato dallo sviluppo tecnologico, agitato ad arte come spauracchio buono a incrementare i profitti delle imprese e a impedire il varo di misure redistributive come quelle incentrate sulla riduzione dell’orario di lavoro.
Questo e’ anzi flessibilizzato, sino a divenire ostaggio di una sostanziale confusione tra tempi di vita e tempi di lavoro, secondo le dinamiche tipicamente alimentate dal capitalismo cognitivo. Nessuno stupore dunque se quella caratterizzata dal prevalere del neoliberalismo e’ l’epoca del lavoro flessibile e precario, produttivo di insicurezza sociale e poverta’ […]
A queste condizioni il patto di cittadinanza alla base dei Trenta gloriosi si e’ definitivamente rotto.
Conserva gli obblighi a carico del lavoratore, che anzi vengono inaspriti, e per il resto risulta preda di un modo di concepire lo stare insieme come societa’ del tutto incapace di esprimere un equilibrio accettabile tra democrazia e mercato […]
Il costo del lavoro venne additato come la causa prima dell’inflazione, che nel corso degli anni Settanta lievito’ in effetti sino a raggiungere il 20%. Di qui la volonta’ di contrastarla perseguendo la moderazione salariale, con effetti evidentemente ulteriori rispetto a quelli relativi all’entita’ dei salari: a essere colpito era il compromesso keynesiano nel suo complesso.
Cio’ che maggiormente colpisce e’ che questo programma non venne perseguito solamente dalle forze politiche tradizionalmente fautrici del cosiddetto libero mercato. Anche la sinistra storica se ne fece promotrice, come si ricava in modo esemplare dalle motivazioni addotte da Enrico Berlinguer al fine di sostenere e giustificare l’austerita’ […]
Insomma, non solo le crisi degli anni Settanta vennero affrontate con modalita’ alternative al compromesso keynesiano, ma anche e soprattutto con la volonta’ di segnare un suo affossamento e di avviare l’ascesa di una dottrina che si sarebbe poi affermata nel contesto occidentale fino a strutturarsi sotto forma di pensiero indiscutibile e privo di alternative: il neoliberalismo.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Geoeconomia/Streeck

Globalismo e democrazia. L’economia politica del tardo neoliberismo – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

La guerra in Ucraina e la conseguente ristrutturazione delle relazioni internazionali non porranno fine al processo di deglobalizzazione gia’ in atto almeno dal 2008, ma continueranno a portarlo avanti, conferendogli una nuova forma politica ed economica.
Cio’ avverra’ soprattutto per effetto di un’altra forza trainante che verra’ ad aggiungersi alle altre, quella degli interessi delle superpotenze globali e regionali alla propria difesa militare e al mantenimento della propria liberta’ d’azione.
Il cooperare di questi fattori determinera’ i confini delle nuove e piu’ brevi catene del commercio e del valore aggiunto, ossia la disposizione dei centri del nuovo multipolarismo, l’estensione dei rispettivi bacini di utenza, l’interazione tra di essi all’esterno e la loro struttura all’interno.
Quello di una “globalizzazione tra amici” e’ uno slogan che si e’ sentito spesso dall’inizio della guerra, cosi’ come il termine friendshoring (rifornimento da paesi amici) come nuova forma e ulteriore sviluppo del reshoring (rientro della produzione).
Si trattera’, in tal senso, di una militarizzazione dell’economia mondiale, conformemente regionalizzata o persino rinazionalizzata di conseguenza, e nella quale la sicurezza militare, come “sicurezza nazionale”, verra’ ad aggiungersi a quella economica, all’affidabilita’ delle relazioni di fornitura, quale ulteriore principio cangiante.
Nel processo di declino del neoliberismo, stati e imperi diverranno ancor piu’ importanti e visibili di quanto non lo siano stati fin qui, per esempio con l’imposizione di sanzioni reciproche , e si faranno avanti con i propri stessi interessi ancestrali in termini di tutela ed esercizio del potere […]
L’uscita dal mondo unico del neoliberismo richiedera’, via via in forma adattata, politiche industriali e strutturali, interventi normativi, divieti e incentivi, aiuti e sussidi, ma anche relazioni commerciali selettive, nelle importazioni come nelle esportazioni, mediante l’intervento dello stato nella proclamata liberta’ dei mercati neoliberali, cosi’ da evitare qualunque forma di dipendenza economica e politica.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Europa/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


L’Unione europea, nel caso specifico, potrebbe essere definita un impero di tipo liberale, o con piu’ precisione, neoliberale, retto cioe’ da una “libera” economia di mercato (leggasi “capitalista”) quale dottrina politico-economica uniformante e vincolante e da una promessa di prosperita’ collettiva e di democrazia per tutti.
Da un punto di vista formale, gli stati membri di un impero liberale devono potersi rapportare “alla pari” l’uno all’altro, mantenendo la parvenza di un’adesione volontaria; al contempo, al centro spetta il dovere di responsabilita’ di mantenere le promesse di crescita e ricchezza nella periferia dell’impero, configurando i rapporti imperiali di potere in relazioni internazionali rette dal diritto, mentre i governi nazionali piu’ o meno democraticamente incaricati, dal canto loro, hanno il compito di fungere da intermediari tra la potenza egemone alla guida dell’impero e le popolazioni degli stati membri, giacche’ la loro posizione e atteggiamento nei confronti del centro sono di vitale importanza per la coesione stessa dell’impero.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera