Capitalismo/Piketty

Thomas Piketty – Una breve storia dell’uguaglianza – La nave di Teseo (2021)

Consideriamo ora un fatto di fondamentale importanza.
Il fatto che, dopo il 1980, siano stati rimessi in discussione lo Stato sociale e l’imposta progressiva non ha trovato eco solo nei dibattiti. Ha trovato il modo di materializzarsi anche in un complesso di regole e di trattati internazionali tesi a rendere il cambiamento il piu’ irreversibile possibile.
Il cuore di queste nuove norme e’ la libera circolazione dei capitali, senza alcuna contropartita in termini di regolamentazione o di fiscalita’ comune.
Riassumendo, gli Stati hanno adottato un sistema giuridico in cui gli attori economici possono acquisire un sacro, o quasi, diritto di arricchirsi, grazie alle infrastrutture pubbliche e alle pubbliche istituzioni di un paese (sistema scolastico, sanitario ecc.), per poi spostare i loro attivi, con un tratto di penna o un clic del mouse, in un’altra giurisdizione, senza che non sia stato previsto nulla per rintracciare le ricchezze in questione e metterle a contributo in modo equo e coerente con il resto del sistema fiscale.
Si tratta de facto di una nuova forma di potere censitario: gli Stati firmatari di tali trattati, a partire dal momento in cui rifiutano di attenersi a quanto deciso dai governi precedenti, possono spiegare in totale buona fede ai cittadini che e’ impossibile mettere a contributo i primi beneficiari della fuga di capitali (miliardari, multinazionali, alti redditi) e che di conseguenza essi devono appellarsi ancora una volta alle classi popolari e medie che hanno avuto il buon gusto di rimanere saggiamente radicate al loro paese.
La logica e’ inoppugnabile.
La reazione delle classi subalterne lo e’ altrettanto: completamente pervase da un senso di abbandono e di odio per la globalizzazione

Info:
http://www.lanavediteseo.eu/item/una-breve-storia-delluguaglianza/
https://www.criticaletteraria.org/2021/11/thomas-piketty-una-breve-storia-dell-uguaglianza.html
https://www.doppiozero.com/materiali/thomas-piketty-la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/cultura/2021/11/17/news/l_anticipazione_cosi_il_clima_cambiera_la_nostra_vita-326752782/

Capitalismo/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

Oggi sta diventando una domanda cruciale: come contrastare quella che e’ in effetti l’illegalita’ del capitale?
Purtroppo, non e’ ipotizzabile che prevalga la teoria del capitale proposta dall’utopismo dell’economia politica classica. Non si puo’ piu’ (ammesso che sia mai stato possibile) sostenere che il capitalismo possa essere pensato come un sistema pacifico, legale e non coercitivo.
In effetti, cio’ con cui abbiamo a che fare qui non e’ solo il proseguimento, ma il riapparire di sistemi di espropriazione violenta sorti nel passato.
Conviviamo con una forma di capitale basata non sull’uguaglianza dello scambio ma sulla violenza certa dell’espropriazione e della spoliazione […]
Non dobbiamo pensare solo all’accumulazione del capitale basata sullo sfruttamento del lavoro vivo nella produzione […] Dobbiamo considerare anche pratiche di accumulazione basate sulla spoliazione pura e semplice […] il capitalismo contemporaneo dipende sempre piu’ dall’accumulazione per spoliazione, anziche’ dall’accumulazione per sfruttamento della forza lavoro nella produzione.
Che cosa intendo dire? […] La crescente centralizzazione del capitale […] comporta che il capitale rubi e consolidi risorse di piccoli produttori che sono stati costretti a cessare la loro attivita’.
Fusioni e acquisizioni sono operazioni sempre piu’ diffuse. Il grande capitale prevale sui pesci piccoli, se li mangia, per cosi’ dire, e comincia ad allargare il suo potere e la sua massa semplicemente inglobando altri capitali. Ci sono “leggi” della centralizzazione del capitale. Le grandi aziende capitalistiche inglobano le piu’ piccole, creando cosi’ una situazione di quasi monopolio in cui le grandi aziende capitalistiche dominano su tutto il resto e possono imporre i prezzi che vogliono.
Guardiamo per esempio l’ascesa di Google: quante piccole aziende ha assorbito Google nella sua espansione per arrivare a essere la grande azienda di oggi? […] Il leveraged buy-out diventa comune. Esistono strategie di ogni genere per facilitare i buy-out e le acquisizioni. Se viene ridotto il flusso di liquidita’ per qualche settore dell’economia e se le aziende sono in difficolta’, se non nell’impossibilita’, di rifinanziare i propri debiti, possono essere costrette alla bancarotta anche se la loro attivita’ e’ sana. Banche e istituti finanziari possono acquisire quelle aziende e trarre grandi profitti una volta reimmessa la liquidita’ […] Qualcosa del genere e’ successo durante la crisi immobiliare negli Stati Uniti. Molte persone si sono trovate costrette (in qualche caso a quanto pare illegalmente) a cedere il valore della loro casa per pignoramento. Non potendo i proprietari pagare i loro mutui, un gran numero di abitazioni e’ stato venduto a prezzi bassi di pignoramento. Ed ecco arrivare una societa’ di private equity come Blackstone che acquista le case pignorate a prezzi di svendita. In poco tempo Blackstone diventa il proprietario di immobili piu’ grande del paese, se non del mondo. Ora possiede migliaia e migliaia di abitazioni, che affitta con margini di profitto elevati. Quando il mercato immobiliare si riprende, e a seconda del mercato in cui ti trovi (a San Francisco e New York si e’ ripreso abbastanza in fretta, in altri luoghi no), poi puoi rivenderle con profitti enormi. Questo e’ un segmento molto grande dell’economia, che si sviluppa sulla base di un processo di accumulazione senza avere niente a che fare con la produzione […]
Anche Apple ha acquistato un’importanza enorme attraverso pratiche capitalistiche commerciali di appropriazione nel mercato, anziche’ attraverso l’organizzazione di capacita’ produttiva nel punto di produzione. Il capitalismo industriale, in un certo senso, e’ diventato sempre piu’ subordinato al capitalismo commerciale e a forme di rendita del capitalismo.
I meccanismi attraverso i quali lavorano il capitalismo della rendita e il capitalismo mercantile sono sempre piu’ quelli dell’appropriazione e dell’accumulazione per spoliazione, anziche’ l’organizzazione della produzione e lo sfruttamento del lavoro vivo nella produzione. Questo e’ il tipo di societa’ capitalista verso cui ci siamo spostati. E’ una societa’ che non puo’ essere contrastata con le tecniche classiche

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste
https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Boltanski

Luc Boltanski, Arnaud Esquerre – Arricchimento. Una critica della merce – Il Mulino (2019)

Un altro indicatore della formazione di una sfera economica dell’arricchimento e’ lo sviluppo del settore particolarmente eterogeneo che riguarda quelle numerose attivita’ che di solito vanno sotto il nome generico di «cultura».
Queste includono gli spettacoli dal vivo, le attivita’ artistiche o grafiche, ma anche l’editoria, i manufatti antichi, i musei e l’organizzazione di eventi, festival o fiere.
Aggiungiamo che i settori della cultura sono in costante interazione con quelli che abbiamo gia’ individuato (il lusso, il patrimonio, il turismo), e questo contribuisce a rendere difficile la loro definizione. La cultura – come abbiamo visto – e’ considerata un importante elemento di attrazione turistica: oltre che al patrimonio, essa contribuisce all’organizzazione di eventi, mentre le attivita’ e i siti culturali sono economicamente dipendenti dai turisti.
L’estensione della patrimonializzazione si concentra su siti e monumenti che appartengono al patrimonio regionale o nazionale, la cui costituzione e il cui mantenimento sono frutto di attivita’ culturali. Inoltre le riprese di film e di serie televisive, il cui finanziamento e’ condizionato in parte alla loro localizzazione sul territorio nazionale, promuovono l’immagine di siti come i castelli o i paesaggi spesso associati alle regioni più turistiche […]
Lo sviluppo della cultura, a differenza di quello del lusso e dei beni piu’ raffinati, non e’ trainato dall’esportazione perche’ gran parte dei beni culturali non sono facilmente trasportabili; in altre parole, devono essere consumati sul posto. Questo vale ovviamente per il patrimonio che non puo’ essere spostato, ma anche per un gran numero di attivita’ come gli spettacoli dal vivo, le mostre d’arte e le stesse attivita’ letterarie, il cui spostamento e’ costoso sotto diversi punti di vista, dalle spese di trasporto ai costi di assicurazione o di traduzione. Di conseguenza, il modo piu’ economico per esportarle e’ quello di importare i turisti

Info:
https://ilmanifesto.it/la-trappola-narrativa-che-da-valore-alle-merci/
http://materialismostorico.blogspot.com/2020/04/arricchimento-bolstanski-esquerre-e-la.html
http://www.vita.it/it/article/2019/11/06/il-capitalismo-che-ci-ha-rubato-le-parole-ora-ci-ruba-anche-le-storie/153188/

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d’eccezione – Mimesis (2020)

“Il liberalismo politico […] assume due forme” e cioe’ da una parte “quello che alcuni chiamano liberalismo modus vivendi” e dall’altra il cosiddetto “liberalismo progressista”, e questa divaricazione ha rilevanti ripercussioni.
Certo, entrambe queste versioni del liberalismo condividono il set essenziale dei principi liberali a proposito della centralita’ dell’individuo e delle sue liberta’, dei limiti della ragione umana, della tolleranza.
Li interpretano pero’ in maniera anche profondamente diversa. Perche’ mentre i liberali progressisti intendono i diritti umani in senso positivo e attivo (tant’e’ che inseriscono tra essi anche la questione delle pari opportunita’ e quella del welfare) e pretendono che il governo li promuova “in maniera espansiva” in patria e all’estero, impegnandosi in un massiccio interventismo che prevede anche l’ingegneria sociale, i liberali moderati – quelli per i quali il liberalismo e’ appunto anzitutto un “modus vivendi” – hanno di questi medesimi diritti una visione prevalentemente negativa. E li concepiscono “quasi esclusivamente in termini di liberta’ individuali” e cioe’ come “liberta’ di agire senza intrusioni da parte del governo”, il quale ultimo deve “ingerirsi il meno possibile”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html
https://www.sinistrainrete.info/teoria/22284-giovanni-andreozzi-recensione-di-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)


La politica americana e’ gestita da un numero relativamente piccolo di persone straricche e di grandi aziende.
Spesso sembra che ci sia un unico partito politico negli Stati Uniti, chiamiamolo il Partito di Wall Street, che semplicemente si divide in due ali. Una meta’ del partito e’ finanziata e gestita dai fratelli Koch e dai loro simili, ed e’ la parte repubblicana. L’altra meta’ e’ finanziata da Michael Bloomberg, Tom Steyer, George Soros e altri, ed e’ la parte del Partito democratico.
Entrambe le ali dipendono dal finanziamento della classe capitalista.
Entrambe sostengono il progetto neoliberista, in generale, con qualche divergenza specifica, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico e la sua gestione.
Entrambe sostengono l’istruzione superiore, ma ciascuna ha in mente un diverso tipo di istruzione. L’istruzione neoliberista, l’istruzione imprenditoriale, la coltivazione dello spirito imprenditoriale nelle scuole su base meritocratica e cose simili, da una parte; la coltivazione della responsabilita’ sociale e dell’autonomia dall’altra.
Entrambe sostengono progetti sociali e culturali, ma anche qui di tipi diversi.
Entrambe concordano su un tipo limitato di multiculturalismo.
Entrambe tendono a sostenere limitate preoccupazioni sociali per i diritti delle donne (ma senza andare troppo in la’) e per i diritti degli omosessuali (ma senza andare troppo in là). Esiste una configurazione di potere economico che interviene nella politica, ma che si trova in questo momento a dover decidere che cosa fare a proposito della politica etnonazionalista, se non addirittura della politica neonazista dell’estrema destra.

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste
https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

La generazione del Sessantotto, se vogliamo chiamarla cosi’, era antagonista a tutto cio’ che era il capitale e la risposta del capitale e’ stata: “Vi diamo la liberta’ individuale e anche noi la apprezziamo, e struttureremo tutto in base alla liberta’ individuale, in particolare sul mercato, in modo che abbiate una grande liberta’ di scelta nel mercato. In cambio voi vi scordate della giustizia sociale”.
Questo e’ stato il patto col diavolo offerto alla generazione del Sessantotto da Reagan e Thatcher negli anni settanta e ottanta, fino all’era Clinton negli anni novanta.
Arrivati agli anni novanta, molti hanno cominciato ad accettare che, se avessero finito per avere dei problemi, la colpa sarebbe stata loro. Quel sistema, in effetti, funzionava benissimo. Funzionava benissimo per gli ultraricchi e per gli imprenditori di successo. Gli ultraricchi diventavano piu’ ricchi, piu’ ricchi e sempre piu’ ricchi. Il divario fra quel che guadagnavano i Ceo e quel che guadagnavano i singoli dipendenti si allargava e diventava piu’ ampio, e ancora piu’ ampio.
Poi siamo arrivati al 2007-2008 e alla grande crisi.
Sembrava che il sistema fosse fallito […]
Quello che sostengo e’ che il neoliberismo non e’ finito nel 2007-2008. Ha perso la sua legittimazione, in particolare la legittimazione politica.
Il malcontento nei confronti del sistema c’era, ed e’ diventato piu’ profondo, piu’ profondo e ancora piu’ profondo. In altre parole, le persone hanno cominciato ad alienarsi dal sistema economico in cui si erano trovate.
Al contempo, pero’, il sistema in se’ non stava cambiando. In effetti, dal 2007-2008 i ricchi hanno tratto vantaggio piu’ di chiunque altro. Hanno applicato la dottrina del “mai lasciare che una buona crisi vada sprecata” e l’hanno effettivamente usata a proprio beneficio. Se esaminate i dati relativi a Regno Unito e Stati Uniti, troverete che il primo 1 per cento ha accresciuto la propria ricchezza e il proprio potere del 14, 15 o addirittura del 20 per cento, mentre la ricchezza e il potere degli altri sono stagnati o diminuiti, dopo il 2008. Il progetto neoliberista non è arrivato al capolinea; e’ andato avanti. Ma e’ andato avanti in una situazione in cui non era piu’ legittimato come in precedenza

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

L’Occidente deve fare i conti con un incremento vertiginoso delle diseguaglianze e degli squilibri nella distribuzione del reddito, legati in larga parte al fatto che, a causa di decisive trasformazioni nell’organizzazione del lavoro ma anche in seguito alla rivoluzione tecnologica e alla mobilizzazione dei capitali e delle persone, in particolare con le esternalizzazioni della produzione e dei servizi, “il capitale e i capitalisti stanno diventando più importanti del lavoro e dei lavoratori e quindi stanno acquisendo più potere economico e politico […]
La concentrazione dei capitali e la crescita della quota del capitale nel reddito nazionale rispetto al reddito da lavoro e’ il segno di una “crescente disuguaglianza tra gli individui” […]
Questa concentrazione si trasmette oltretutto su scala generazionale, determinando un movimento verso “la creazione di una classe superiore auto-perpetuante” e dando cosi’ vita a una stabile “polarizzazione tra le elite e il resto della popolazione”, un effetto “che rappresenta la minaccia piu’ importante per la redditivita’ a lungo termine del capitalismo liberale”.
La polarizzazione viene accresciuta dal fatto che questa concentrazione di potere – che e’ anche una concentrazione dell’educazione superiore e che si manifesta in un gretto separatismo di classe che sottrae risorse alla fiscalita’ generale – assieme al declino delle organizzazioni sindacali, consente sempre piu’ alle elite, attraverso i finanziamenti ai partiti politici e ai comitati elettorali, di condizionare le politiche dello Stato, rimuovendo gli elementi redistributivi che facilitavano la mobilita’ sociale e generazionale e mettendo di fatto fine all’“American Dream” assieme al vecchio welfare novecentesco.
Da qui una grave crisi della middle class, la quale perde il proprio “ruolo chiave” nella politica e nell’economia a favore di una “classe superiore che autoperpetua se stessa”, facendo si’ che la democrazia diventi “un’oligarchia” nella quale potere economico e potere politico coincidono sempre piu’ strettamente […]
Proprio la genesi di questa superclasse potrebbe fare da apripista nel “mondo libero” al capitalismo politico in stile cinese, dal quale questa elite potrebbe avere vantaggi considerevoli: desiderabile anche per molte persone normali a causa degli alti tassi di crescita che sembra promettere, “il capitalismo politico presenta alcune caratteristiche che lo rendono attraente per le elite politiche nel resto del mondo e non solo in Asia”, visto che questo sistema conferirebbe loro “maggiore autonomia” e “un management piu’ efficiente dell’economia”, oltre a “piu’ alti tassi di crescita”.
Se “la gerarchia produce maggiore efficienza e salari piu’ alti” rispetto alla democrazia, e’ chiaro infatti che “altri diritti democratici possono essere ceduti volentieri per entrate piu’ alte”[…]
Piu’ il potere economico e politico nel capitalismo liberale divengono uniti”, dunque, “più il capitalismo liberale diventa plutocratico e viene a somigliare al capitalismo politico”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ -Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

Nel “dominio capitalistico del mondo” sono presenti a guardar bene “due differenti tipi di capitalismo”, i quali si contendono il futuro.
Da una parte abbiamo “il capitalismo meritocratico liberale che si e’ sviluppato in maniera crescente in Occidente negli ultimi due secoli”, mentre dall’altro c’e’ “il capitalismo politico o autoritario guidato dallo Stato” […]
Questi due modelli “differiscono non solo nella sfera politica ma anche in quella economica e, in misura minore, in quella sociale” e sono – come detto – in “competizione”, anche se e’ difficile che uno di essi finisca per “dominare l’intero globo” eliminando totalmente l’altro.
Il “capitalismo meritocratico liberale” e’ quel sistema nel quale “la maggior parte della produzione e’ promossa con mezzi di produzione privati, il capitale acquista in maniera legale forza lavoro libera e il coordinamento e’ decentralizzato… e la maggior parte delle decisioni di investimento sono prese da compagnie private o da imprenditori individuali” […]
Il “capitalismo politico”, invece, e’ rappresentato in primo luogo dalla Cina, alla quale soprattutto si deve l’eccezionale sviluppo che ha portato l’Asia in pochi decenni a recuperare il gap accumulato con l’Occidente negli anni della Grande Divergenza, fino al ripristino di un equilibrio comparabile a quello precedente all’epoca delle colonizzazioni e in particolare tra il 1820 e la Prima guerra mondiale.
L’apertura e le riforme avvenute in quel paese, il quale si e’ inserito nell’economia mondiale e nelle catene del valore globali trascinando un intero continente, hanno avuto un ruolo decisivo in questo processo.
Non si tratta pero’ soltanto di un successo economico: “il riequilibrio economico del mondo” – che comunque in Occidente produce svantaggi per “un significativo numero di persone”, provocando ostilita’ verso la globalizzazione e aizzando rivolte populiste –, non e’ solo una questione geografica ma e’ anche una questione politica. Il successo economico della Cina mette infatti per la prima volta in discussione la pretesa occidentale che ci sia “un nesso necessario tra capitalismo e democrazia liberale”, dato che l’efficienza economica cinese e’ stata superiore in questi decenni a quella dei paesi occidentali […] “una burocrazia altamente efficiente e tecnocraticamente esperta” guida il sistema avendo “come suo principale dovere la realizzazione di una elevata crescita economica” e “implementa le politiche che permettono di realizzare questo obiettivo” attraverso una ferrea irregimentazione della societa’ e delle liberta’ individuali.
E’ un programma che puo’ essere realizzato consentendo un’espansione anche illimitata delle forze private sul piano economico ma che di questa presenza imprenditoriale limita con rigore “il ruolo politico” e la capacita’ di “imporre le sue preferenze sulle politiche dello Stato”.
Proprio questa unione di sviluppo economico capitalistico e autoritarismo statale e’, come gia’ sappiamo, il “modello del capitalismo politico”, nel quale lo Stato “conserva una significativa autonomia nel seguire politiche di interesse nazionale” e agisce in chiave mercantilistica, controllando il settore privato e rendendolo funzionale a questo obiettivo […]
Questa caratteristica fondamentale e sistemica del capitalismo politico implica pero’ necessariamente l’impossibilita’ di introdurre in maniera effettiva in questi paesi la “rule of law” e cioe’ il principio di imparzialita’ di fronte agli attori economici e sociali ma anche il principio che protegge gli individui da ogni ingerenza nella loro sfera privata, perche’ l’“arbitrarieta’” da parte dei governanti, ovvero “l’uso arbitrario del potere”, e’ imprescindibile per il suo funzionamento, dato che chi comanda vuole indirizzare lo sviluppo verso obiettivi politici approfittandone simultaneamente per accrescere il proprio potere o la propria ricchezza personale.
Lo stesso vale per la chiara identificazione delle diverse forme di proprieta’, la cui vaghezza consente al potere politico di favorire ora questi soggetti ora altri e comunque di tenere sotto controllo la popolazione.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Zakaria

Fareed Zakaria – Il mercato non basta. Dieci lezioni per il mondo dopo la pandemia – Feltrinelli (2021)

Molti esperti hanno dimostrato che alti livelli di disuguaglianza creano una cattiva politica e una cattiva economia.
Significano infatti minore crescita economica, con un minor numero di persone che puo’ spendere, e inferiori livelli di fiducia negli altri e nelle istituzioni politiche.
Come abbiamo visto, le stime storiche pongono la disuguaglianza in America ai massimi dopo la Grande depressione, e gli studi delle agenzie governative lo confermano nei recenti decenni. […]
Se ci concentriamo sul 10 per cento che sta in cima, o ancor peggio sull’1 per cento, il gap e’ aumentato in maniera ancora piu’ netta. Questi gruppi hanno visto crescere la loro quota di reddito nazionale quasi ovunque nel mondo, ma tra le nazioni sviluppate nessuna ha avuto un picco superiore a quello degli Stati Uniti.
Nel 1970 il primo 1 per cento di percettori di reddito accaparrava meno del 10 per cento del reddito complessivo nazionale. Nel 2019 si e’ passati al 20. Di contro, il 50 per cento inferiore ha visto la propria quota andare nella direzione opposta, dal 22 per cento nel 1970 al 15 odierno.
E per finire, quando calcoli la disuguaglianza secondo patrimonio e non per reddito, i risultati sono al limite dell’inimmaginabile. Il primo 10 per cento degli americani possiede quasi il 70 per cento della ricchezza totale del paese, da case e automobili ad azioni e titoli, mentre l’ultimo 50 per cento possiede solo l’1,5 per cento del patrimonio complessivo.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-mercato-non-basta/
https://www.sivempveneto.it/la-lezione-della-pandemia-esce-anche-in-italia-lultimo-libro-di-fareed-zakaria-esperto-di-geopolitica-e-analista-della-cnn-ecco-perche-il-mercato-non-basta-a-risollevarci/
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/
https://www.repubblica.it/cultura/2021/05/26/news/l_intervista_la_lezione_della_pandemia-302900481/

 

Capitalismo/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

L’interrogazione sul capitalismo e’ anche un’autointerrogazione che aveva gia’ preso vita nei mesi precedenti all’arrivo del coronavirus.
Nell’agosto 2019, l’America’s Business Roundtable (associazione dei Ceo delle piu’ grandi e potenti corporations americane) aveva lanciato sul «Washington Post» un manifesto proclamante l’abbandono della teoria della shareholders value (il primato della massimizzazione del valore per l’azionista, cardine del neoliberismo) e mercoledi’ 18 settembre 2019 il «Financial Times» aveva intitolato cosi’ a tutta pagina la sua copertina: Capitalism. Time for a Reset.
Nel gennaio del 2020, il Forum di Davos aveva inneggiato al «mai piu’ profitti senza etica» e celebrato una narrazione per cui i problemi ambientali e sociali, con in testa quello della diseguaglianza, li avrebbero affrontati e risolti i capitali privati.
A esplosione della pandemia acclarata, il «Financial Times», che gia’ di fronte alla crisi globale del 2007/2008 aveva dedicato una propria rubrica alla «crisi del capitalismo», intitola l’editoriale del 29 marzo 2020 “Virus puts responsible capitalism to the test” (il virus mette alla prova il capitalismo responsabile)

Info:
https://www.rivisteweb.it/doi/10.7384/101090
http://www.castelvecchieditore.com/2021/03/06/democrazia-economica-di-laura-pennacchi/