Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Vorrei [..] ricavare tre lezioni strutturali relative all’articolazione capitalistica dello Stato e del mercato […]
Prima lezione: la crisi delle finanze pubbliche non e’ un
fenomeno contabile al quale si possa attribuire una grandezza assoluta, ma e’ relativa alle decisioni momentanee dei mercati finanziari, alla loro valutazione delle capacita’ degli Stati di pagare gli interessi dei debiti e al tasso di interesse richiesto sui nuovi prestiti di cui gli Stati debitori hanno bisogno per far fronte alle scadenze.
Dunque il grado di indebitamento degli Stati, il loro grado di autonomia o di sovranita’ economica fluttuano in base al modo in cui sono costantemente valutati dai mercati, allo stesso modo di societa’ quotate in borsa.
Ma chi dice «mercato» dice un sistema di scambio e di valorizzazione i cui protagonisti principali (dominanti se non onnipotenti) sono le grandi banche e i principali fondi speculativi. Questi di conseguenza sono diventati, in senso forte, dei protagonisti politici, in quanto dettano a tutta una serie di Stati e anche alle banche centrali la loro politica sociale, economica e monetaria.
La situazione ha un impatto enorme sulla capacita’ dei corpi politici tradizionali (popoli o nazioni di cittadini) di determinare il proprio sviluppo. Oggi forse soltanto la Cina, grazie alla posizione virtualmente egemonica che sta conquistando nell’economia mondiale, sfugge a questo rovesciamento del rapporto tra la capacita’ politica degli Stati e quella degli attori finanziari deterritorializzati […]
Seconda lezione: […] nel caso dei mercati finanziari la concorrenza non porta a un equilibrio tra domanda e offerta, ma al contrario a una fuga in avanti nella capitalizzazione degli attivi, il cui valore aumenta indefinitamente con l’estensione del credito… finche’ non crolla.
O il potere pubblico impone alle operazioni speculative regole di prudenza e di trasparenza, oppure il bisogno illimitato di capitali liquidi, destinati alle speculazioni piu’ redditizie a breve termine, costringe a una deregolazione sempre piu’ totale: le due cose non possono andare insieme.
Anche qui ci si trova di fronte a un’alternativa politica nel campo dell’economia (prodotta dalla finanza), che si avvicina a un conflitto di sovranita’. […]
La difficolta’, contro cui evidentemente l’Europa va a cozzare, sta nel fatto che gli Stati (anche quelli ricchi) non sono piu’ in grado di costituire da soli delle autorita’ di regolazione efficace dei mercati finanziari, senza che d’altra parte si riesca a istituire politicamente un’autorita’ e dei poteri pubblici sovrastatali o transtatali. […]
Un terza lezione […] e’ che a lungo termine esiste una correlazione fondamentale tra il modo in cui si distribuiscono le diseguaglianze sociali tra i territori nazionali o all’interno di questi territori (diseguaglianze di reddito – salari diretti o indiretti – e dunque, date le condizioni storiche e culturali, diseguaglianze di livello e di qualita’ della vita) e le politiche attuate per aumentare la competitivita’ dal punto di vista dell’attrazione di capitali internazionali (con la pressione sul livello salariale – grazie all’immigrazione o ad accordi Stato-sindacati, o a entrambi – e la diminuzione dei prelievi fiscali, destinata inevitabilmente a minacciare le politiche di protezione sociale).
In questo quadro, gli Stati riconquistano almeno una parte della loro capacita’ di determinare politicamente le condizioni economiche della politica, che, come si e’ detto, tendono a sfuggire loro a vantaggio degli attori finanziari nel gioco del credito.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/

Europa/Boitani

Andrea Boitani – Sette luoghi comuni sull’economia – Laterza (2017)

Nel periodo 2011-2014, il rapporto debito/PIL e’ aumentato di oltre 5 punti in media nei paesi dell’Eurozona. La spiegazione piu’ semplice e’ che l’austerita’ ha finito per far ridurre la crescita del PIL reale piu’ di quanto abbia frenato la crescita del debito pubblico e percioì il rapporto tra debito e PIL e’ cresciuto di piu’ proprio nei paesi che hanno fatto una piu’ intensa cura di austerita’.
L’austerita’, dunque, ha fatto si’ ridurre il deficit primario (e in molti paesi anche quello complessivo), ma non ha permesso di migliorare il […] rapporto debito/PIL, e quindi non ha aiutato a migliorare la sostenibilita’ del debito […]. «L’austerità – scriveva Enrico Berlinguer nel 1977 – a seconda dei contenuti che ha e delle forze che ne governano l’attuazione puo’ essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e sociale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell’assetto della societa’, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola […] come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo e di tutte le sue energie  oggi mortificate, disperse, sprecate».
In Europa e’ stata adoperata nel primo modo.
Il secondo non sappiamo ancora se sia destinato a rimanere un sogno.

Info:
https//www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858124581
https://www.anobii.com/books/Sette_luoghi_comuni_sull%27economia/9788858124581/012e4b7607f103e80f
https://www.lavoce.info/archives/tag/i-sette-luoghi-comuni-sulleconomia/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Decine di migliaia di migranti – uomini, donne e bambini – provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente […] stanno travolgendo i sistemi di controllo e di accoglienza dei Paesi europei (prima di quelli mediterranei, poi anche di altri, sempre piu’ a nord).
Taglieggiati, deportati, parcheggiati in campi di transito o abbandonati nella no man’s land delle zone portuali o ferroviarie, a volte mitragliati o affondati nelle loro imbarcazioni di fortuna, muoiono o vanno a incagliarsi in qualche barriera, ma si ostinano a tentare, e ormai sono qui. Che cosa possiamo fare?
Che cosa fanno i governi, quando non sono piu’ soltanto i militanti di associazioni di difesa dei diritti umani o i responsabili delle strutture nazionali di registrazione e di
soccorso, ma anche alcuni funzionari europei a parlare della piu’ grande ondata di rifugiati e della piu’ grande sciagura che arriva sul continente europeo dalla seconda guerra mondiale? Srotolano chilometri di filo spinato. Mandano l’esercito e la polizia per respingere nei Paesi vicini questi diseredati che nessuno vuole, annunciando contemporaneamente delle «concertazioni» e facendo appello a soluzioni «pragmatiche». Il problema, dicono, e’ europeo.
Ma quando il presidente della Commissione chiede ai Paesi membri di accordarsi su quote di ripartizione dei rifugiati in base alla loro popolazione e alle loro risorse, tutti o quasi tutti respingono la proposta con argomenti vari.
In questo modo l’Europa rivela quello che e’ diventata, con l’approvazione o sotto la pressione diretta di una parte dei suoi cittadini, ma contro il sentimento profondo di molti altri: una coalizione di egoismi in gara per il trofeo della xenofobia.
Non e’ esagerato parlare di indegnita’, dal momento che 500 milioni di «ricchi» europei (certo con molte diseguaglianze) non possono e non vogliono accogliere 500000 rifugiati (o anche dieci volte tanti) che bussano alla loro porta.
Per di piu’, questi sventurati fuggono da massacri, guerre
civili, regimi di torturatori o carestie le cui cause sono molte: ma chi si puo’ azzardare a dire che l’Europa e’ estranea a tutto questo?
Basta pensare al ruolo storico dei Paesi europei, ma anche alle politiche piu’ recenti: le alleanze diplomatiche ciniche, gli interventi militari avventati (e illegittimi), il flusso continuo di vendite d’armi. […]
E questa indegnita’, come spesso avviene, non e’ neppure compensata da qualche vantaggio sul terreno della sicurezza o dell’economia. Al contrario, sta portando lentamente ma inesorabilmente l’Unione europea verso il crollo di un pilastro del suo edificio comunitario: il sistema Schengen di controllo comune delle frontiere e degli ingressi e delle uscite nello spazio europeo.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/

Europa/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

A oggi l’unico parlamento transnazionale che il mondo ha sviluppato e’ il Parlamento dell’Unione Europea.
E’ consuetudine ridicolizzare il Parlamento e il resto della democrazia europea per due ragioni principali: queste istituzioni sono deboli e si sono comportate in modo altamente anti-democratico durante l’eurocrisi.
E’ vero che il Parlamento non si e’ radicato tra i cittadini europei, che la partecipazione alle elezioni e’ bassa e in calo, e che la sua autorita’ e’ limitata.
Eppure possiede poteri reali, che sono aumentati nel corso degli anni, e catalizza l’attenzione dell’opinione pubblica sui principali problemi che riguardano l’Europa.
La sua debolezza non e’ tanto in relazione alla Commissione quanto ai governi nazionali, che affrontano la potenziale sfida alla loro stessa legittimita’ democratica cercando di limitarne la portata.
Mettere in ridicolo i risultati del Parlamento europeo e’ un gesto di sensatezza pari a quello di un adulto che ridicolizza gli sforzi di un bambino che comincia a camminare […]
L’Europa e’ anche l’unica regione del mondo a sviluppare la democrazia in un senso piu’ ampio.
La Corte di giustizia e la CEDU consentono ai cittadini europei di fare qualcosa che non e’ possibile praticamente in nessun’altra parte del mondo: procedere contro i loro governi in tribunali sovranazionali.
La Commissione europea mantiene legami con associazioni di imprese, sindacati, autorita’ regionali e altre istituzioni della societa’ civile, contatti spesso superiori a quelli che alcuni di questi gruppi hanno con i loro governi nazionali.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

A che cosa serve, comunque, riflettere e dibattere sul futuro dell’Europa o della sua moneta (da cui diversi grandi Paesi si tengono fuori: la Gran Bretagna, la Polonia, la Svezia), se non si tiene conto delle tendenze reali della globalizzazione?
La crisi finanziaria, se la sua gestione politica rimane fuori della portata dei popoli e dei governi, e’ destinata a produrre una formidabile accelerazione delle tendenze in atto.
Di che cosa si tratta?
In primo luogo, del passaggio da una forma di concorrenza a un’altra: da quella tra capitalismi produttivi a quella tra territori nazionali, nella quale ciascun protagonista, a colpi di esenzioni fiscali e di abbassamento del valore del lavoro, tenta di attirare maggiori capitali liquidi del proprio vicino.
E’ evidente che l’avvenire politico, sociale e culturale dell’Europa, e dei Paesi che la compongono, dipende da questo: sapere se l’Europa costituisce un meccanismo di solidarieta’ e di difesa collettiva dei suoi popoli contro il rischio sistemico oppure, al contrario (sotto l’impulso di alcuni Stati, momentaneamente dominanti, e della loro opinione pubblica), un quadro giuridico per intensificare la concorrenza tra i suoi membri e tra i suoi cittadini.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Lasterza (2018)

I contro-rivoluzionari sono probabilmente ingenui a pensare che un ritorno agli Stati-nazione possa risolvere tutti i principali problemi, ma io mi chiedo se le liberta’ liberali possano ancora essere mantenute nell’Europa che noi abbiamo creato.
E mi chiedo anche se il liberalismo potra’ essere efficacemente difeso in assenza di una volonta’, una solidarieta’ e una speranza collettive che confinano con il mito.
Non siamo riusciti a creare una societa’ civile europea e un’autorita’ pubblica europea capace di spingere in avanti il progetto liberale. Non sorprende, dunque, che sempre piu’ cittadini europei ci stiano abbandonando e stiano invece avallando politiche superate ma familiari di gloria nazionale, comunita’ morale, e muri che separano un gruppo da un altro.

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

La «crisi greca», con tutto cio’ che rivela, continua a essere una delle cause principali della paralisi della societa’ e dell’economia europee, malgrado l’apparente sproporzione tra le dimensioni della Grecia e quelle dell’Europa nel suo insieme. E’ vero che il governo Tsipras, dopo essere stato costretto a subire il diktat europeo del luglio 2015, oggi applica docilmente le istruzioni della troika in fatto di compressione dei salari e delle pensioni, di disciplina di bilancio e di privatizzazioni, anche se tenta di fare in modo che questa politica di austerita’ e di espropriazione della ricchezza nazionale risulti meno ingiusta possibile nei confronti della parte piu’ stremata della popolazione.
Tuttavia, questa politica non ha in nessun modo l’effetto di rilanciare l’economia della Grecia (e in realta’ non e’ neppure il suo obiettivo), ma sta facendo sprofondare il Paese in una grave recessione: il prodotto interno lordo e’ sceso a un livello di gran lunga inferiore a quello di prima dell’inizio della crisi (2008), la disoccupazione (soprattutto giovanile) rimane altissima e la percentuale della popolazione che vive al di sotto della soglia di poverta’ aumenta continuamente.
Non bisogna dimenticare che la troika continua a rifiutare (o a rinviare a un futuro indeterminato) la ristrutturazione del debito pubblico greco, richiesto con insistenza dal FMI stesso, e che i crediti promessi, versati con il contagocce, non vanno a finanziare nessun programma di risanamento nazionale, ma vengono assorbiti quasi interamente dal pagamento degli interessi o dai rimborsi di prestiti pregressi – cioe’ sono recuperati dal sistema finanziario.
In parole povere, i contribuenti europei, se pagano direttamente o indirettamente per questi crediti, non fanno altro che sovvenzionare le banche.
La domanda che si pone allora e’: che rapporto c’e’ tra questa strategia distruttiva (di cui ho detto che si avvicinava a una «vendetta» politica prolungata) e le prospettive deprimenti dell’economia europea nel suo insieme, che accentuano il suo ritardo nella congiuntura mondiale?

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Europa/Rodrik

Dani Rodrik – Dirla tutta sul mercato globale – Einaudi (2019)

Nel marzo 2017 l’Unione Europea ha celebrato il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma che diede vita alla Comunita’ economica europea.
In effetti, c’era molto da festeggiare: dopo secoli di guerre, sconvolgimenti politici e uccisioni di massa, l’Europa risulta vivere in pace e in democrazia.
In un’epoca di disuguaglianze, le nazioni europee presentano i divari nel reddito piu’ bassi che in qualunque altro posto del mondo, e l’Unione Europea ha guidato felicemente il passaggio sotto la propria ala di undici ex paesi socialisti.
Questi, pero’, sono i traguardi del passato.
Oggi l’Unione sta attraversando una profonda crisi esistenziale e il suo futuro e’ tutt’altro che certo. Se ne colgono i sintomi dappertutto: la Brexit, gli allarmanti livelli di disoccupazione giovanile in Grecia e in Spagna, l’indebitamento e la stagnazione in Italia, l’ascesa dei movimenti populisti e la reazione di rifiuto nei confronti dei migranti e dell’euro.
Sono tutti segnali che puntano nella stessa direzione: le istituzioni europee necessitano di una revisione decisiva.

Info:
https://ilmanifesto.it/la-vocazione-globale-del-capitalismo/
https://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2019-02-04/temperare-l-iperglobalizzazione-162827.shtml?uuid=AFhMOTC&refresh_ce=1

Europa/Mounk

Yascha Mounk – Popolo vs. Democrazia. Dalla cittadinanza alla dittatura elettorale – Feltrinelli (2018)

A seguito del crack finanziario del 2008, i paesi sudeuropei erano sull’orlo del fallimento.
Tuttavia, facendo parte dell’eurozona, non potevano né svalutare la moneta né dichiararsi insolventi.
La contrazione dell’economia e’ durata quasi dieci anni.
I tassi di disoccupazione si sono impennati. E’ diventato sempre piu’ chiaro che alcune delle istituzioni piu’ importanti dell’Ue non erano sostenibili nella loro forma attuale.
Per evitare che la crisi dell’euro si ripresenti alla prossima recessione, il continente deve o eliminare la moneta unica o compiere un grande passo, per quanto impopolare, verso una maggiore integrazione politica.

Info:
https://www.linkiesta.it/it/article/2018/05/12/yascha-mounk-il-populismo-fa-paura-ma-nel-lungo-periodo-la-democrazia-/38075/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione europea – Laterza (2015)

Alcuni Stati europei si troveranno in competizione con le loro potenti regioni, mentre altri dovranno trasferire notevoli poteri alle grandi città più prospere.
Si allarghera’ anche la divaricazione tra i diversi paesi e alcuni assomiglieranno a Stati falliti mentre altri saranno piu’ simili a imperi.
Gli Stati si integreranno inoltre in modo disomogeneo: alcuni aderiranno soltanto a poche strutture integrative selezionate, mentre altri cercheranno di essere a bordo (se non al timone) di un gran numero di reti e associazioni europee.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/recensione-a-disintegrazione-di-jan-zielonka/
https://www.notiziegeopolitiche.net/recensione-a-jan-zielonka-disintegrazione-come-salvare-leuropa-dallunione-europea/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&task=schedalibro&isbn=9788858120460&Itemid=97