Societa’/Gagliano

Giuseppe Gagliano – Deception: Saggio sulla disinformazione e propaganda nelle moderne società di massa – Fuoco ed. (2015)

Mentre in campo pubblicitario il cliente si rivolge a un’agenzia specializzata, la disinformazione si serve di agenti definiti generalmente “di influenza”.
Per entrambi l’obiettivo da raggiungere e’ il pubblico: ogni lancio di prodotto o disinformazione deve essere preceduto da uno studio di mercato che porta alla scelta del supporto adeguato. In pubblicita’ tale supporto e’ generalmente di carattere aneddotico o volto a colpire, stupire e sedurre piuttosto che persuadere il pubblico, in quanto quest’ultimo non si lascia ingannare da quello che legge o vede. Al contrario, nell’ambito della disinformazione e’ necessario non solo persuadere il pubblico ma anche indurlo a credere.
I supporti sono quindi vicende vere o presunte il cui utilizzo in un determinato contesto le trasforma in fattori di un’operazione di disinformazione. In un’azione pubblicitaria, gli elementi di trasmissione sono semplicemente gli strumenti utilizzati: parole e immagini trasmesse nella stampa, dalla televisione, da internet. Se in questo campo un elemento di trasmissione e’ sufficiente, nella disinformazione ne sono necessari piu’ di uno, altrimenti si cadrebbe nella propaganda.
Mentre la pubblicita’ comunica il proprio tema limitandosi alla ripetizione di slogan e immagini, la disinformazione invece puo’ agire in piu’ modi: non diffondendo un’informazione; diffondendo un’informazione incompleta, tendenziosa o chiaramente falsa; saturando l’attenzione del pubblico con un sovraccarico di informazioni che lo distraggono da cio’ che e’ importante e da quello che non lo e’ attraverso commenti di orientamento ideologico, espressi in un linguaggio accessibile al pubblico.

Info:
https://www.scuolafilosofica.com/3800/deception-disinformazione-e-propaganda-nelle-moderne-societa-di-massa-gagliano-g
https://it.everand.com/book/236251500/Deception

Stato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

I temi e i termini della «buona governance» e della «buona prassi» sono i nuovi mantra dell’azione governativa.
Le organizzazioni internazionali hanno propagato largamente le nuove norme dell’azione pubblica, soprattutto nei paesi sottosviluppati. Ad esempio, la Banca mondiale, nel suo Rapporto sullo sviluppo mondiale del 1997, ha proposto di sostituire l’espressione «Stato minimo» con «Stato efficiente».
Piuttosto che incoraggiare sistematicamente la privatizzazione, si vuole vedere ora nello Stato un «regolatore» dei mercati. Lo Stato deve essere autorevole, deve concentrarsi sull’essenziale, deve essere capace di creare i quadri regolamentari indispensabili all’economia.
Secondo la Banca mondiale, lo Stato efficiente e’ uno Stato centrale forte che si pone come priorita’ un’attivita’ regolatrice che garantisca lo Stato di diritto e agevoli il mercato e il suo funzionamento. L’OCSE non e’ stata da meno, moltiplicando a partire dalla meta’ degli anni Novanta le raccomandazioni di riforma della regolamentazione e di apertura dei servizi pubblici alla concorrenza, attraverso le attivita’ del suo settore consacrato al management pubblico (PUMA). Lo stesso si puo’ dire della Commissione europea con il suo “Libro bianco” sulla governance europea del 2001, anche se vi si confondono il funzionamento delle istituzioni e la promozione del modello imprenditoriale e concorrenziale nei servizi pubblici.
La riforma dell’amministrazione pubblica partecipa della globalizzazione delle forme dell’arte di governare.
Dappertutto, quale che sia la situazione locale, sono auspicati gli stessi metodi e si utilizza un lessico uniforme (competition, process reengineering, benchmarking, best practices, performance indicators).
Tali metodi e categorie sono validi per tutti i problemi e tutte le sfere dell’azione, dalla difesa nazionale alla gestione degli ospedali passando per l’attivita’ giudiziaria.
La riforma «generale» dello Stato secondo i principi del settore privato si presenta come ideologicamente neutra. Esso non mira che all’efficienza o, come dicono gli esperti britannici dell’auditing, al value for money, ovvero all’ottimizzazione delle risorse utilizzate.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Gagliano

Giuseppe Gagliano – Deception: Saggio sulla disinformazione e propaganda nelle moderne società di massa – Fuoco ed. (2015)

Il modello di informazione indotto costituito dai moderni mass media si realizza rispondendo a dei filtri predeterminati dopo il passaggio dai quali si sviluppa l’informazione da fornire al grande pubblico.
Nella fattispecie quelli piu’ importanti sono: la proprieta’, cioe’ a chi appartiene quel determinato organo di informazione, “L’idea secondo cui queste persone lascerebbero che i propri strumenti facciano qualcosa che potrebbe risultare contrario agli interessi della comunita’ corporativa e’ senza senso.”
Un altro importante filtro e’ dato dagli introiti pubblicitari, secondo cui le notizie stesse non sono nient’altro che un «riempitivo» per far si’ che lettori privilegiati vedano le pubblicita’ che costituiscono il vero contenuto, e che quindi avra’ la forma che piu’ si adatta ad attrarre popolazione istruita con potere decisionale. Le storie che vadano in conflitto col loro «carattere di acquirenti», si sostiene, tenderanno ad essere marginalizzate o escluse, come anche informazioni che presentino una visione del mondo contrastante con gli interessi dei pubblicitari.
Il terzo filtro piu’ importante individuato dagli autori sostiene che i mass media hanno bisogno di un flusso costante di informazioni per soddisfare la loro richiesta giornaliera di notizie. In un’economia industrializzata, dove i consumatori richiedono informazioni su molteplici eventi globali, essi sostengono che questo compito puo’ essere assolto solo dai settori finanziari e del governo, che possiedono le necessarie risorse materiali. Percio’ tali fonti possono essere facilmente inquinate da quegli interessi politici o economici.
Nelle nostre societa’ sviluppate, quindi, paradossalmente la molteplicita’ degli strumenti cognitivi e delle fonti di informazione puo’ essere piu’ lesiva per l’opinione pubblica della non conoscenza degli avvenimenti stessi.

Info:
https://www.scuolafilosofica.com/3800/deception-disinformazione-e-propaganda-nelle-moderne-societa-di-massa-gagliano-ghttps://it.everand.com/book/236251500/Deception

Stato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

Il cambiamento nella concezione e nell’azione dello Stato si imprime da questo momento nel vocabolario politico. Il termine governance è diventato la parola chiave della nuova norma neoliberista su scala mondiale […]
La buona governance e’ quella che rispetta le condizioni di gestione stabilite dai Programmi di aggiustamento strutturale, e in primo luogo l’apertura ai flussi commerciali e finanziari, ed e’ dunque strettamente legata ad una politica di integrazione nel mercato mondiale. Cosi’ si sostituisce gradualmente alla categoria desueta e svalutata di «sovranita’».
Uno Stato non dovra’ piu’ essere giudicato in base alla capacita’ di assicurare la sua sovranita’ su un territorio (come nella concezione occidentale classica), ma in base al rispetto delle norme giuridiche e della «buona prassi» economica della governance.
La governance degli Stati modella su quella dell’impresa una sua caratteristica fondamentale. Come i manager delle imprese sono stati sottoposti alla sorveglianza degli azionisti nel quadro della corporate governance a dominante finanziaria, cosi’ i dirigenti degli Stati sono sottoposti al controllo della comunita’ finanziaria internazionale, di organismi specializzati, di agenzie di rating […]
Sono i creditori del paese e gli investitori esteri che giudicano la qualita’ dell’azione pubblica, ovvero della conformita’ ai loro interessi finanziari. Se gli investitori stranieri rispettano le regole della corporate governance, si aspettano che i dirigenti locali adottino da parte loro le regole della state governance. Quest’ultima consiste nel mettere gli Stati sotto il controllo di una serie di organismi sovragovernativi e privati, i quali determinano gli obiettivi e i mezzi della politica da portare avanti. Sotto questo aspetto, gli Stati sono considerati «unita’ produttive» come le altre, in una vasta rete di poteri politico-economici sottoposti a norme simili.
La governance e’ stata spesso descritta come la nuova modalita’ di esercizio del potere, che coinvolge istituzioni pubbliche e giuridiche internazionali e nazionali, associazioni, Chiese, imprese, think thanks, università […]
L’impresa, con l’appoggio degli Stati locali, diviene uno dei fondamenti dell’organizzazione della governance dell’economia mondiale. A governare l’agenda dello Stato sono ormai gli imperativi, le urgenze e le logiche delle aziende private […]
La governance di Stato, mirando ufficialmente a far produrre beni e servizi da entita’ private in un modo ritenuto piu’ efficiente, concede al settore privato la facolta’ di produrre norme di autoregolazione che fanno poi le veci della legge.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Green New Deal/Padoa-Schioppa

Padoa-Schioppa E. – Antropocene – il Mulino (2021)

[Un] punto su cui l’uomo ha un ruolo fondamentale e’ quello di essere un attore globale, che muove gli equilibri geomorfologici e che modella la superficie terrestre.
Muoviamo terre e suoli per l’agricoltura, per costruire citta’ e strade; abbattiamo foreste e cambiamo l’aspetto di habitat e paesaggi […]
Complessivamente i suoli erosi, smossi e trasformati in un anno dall’uomo sono piu’ di tutti quelli che i fiumi nel loro insieme erodono e portano verso il mare. E la trasformazione di habitat e paesaggi, cominciata con l’avvento dell’agricoltura, prosegue a un ritmo sempre maggiore. Alcuni ambienti sono andati perduti in modo quasi irreversibile […]
L’ambiente attualmente piu’ sotto pressione e’ quello delle foreste pluviali equatoriali (la foresta del bacino Amazzonico, quella del bacino del Congo e quelle del Borneo, prevalentemente) che pur essendo una piccola percentuale delle terre emerse (il 6%) ospita circa meta’ delle specie di organismi conosciute […]
Un recente studio mette in relazione la riduzione della foresta pluviale equatoriale con i cambiamenti del clima, e preconizza entro il 2100 la perdita del 40% delle foreste pluviali dell’Amazzonia e del Congo, in favore di un ambiente di savana aperta con alberi sparsi.
In questa ricerca si evidenzia la relazione tra la presenza della foresta e il regime di precipitazioni (gli alberi liberano molto vapor acqueo che in parte ricade sotto forma di precipitazioni): a mano a mano che la foresta si riduce l’ambiente diventa piu’ secco e questo processo rallenta la rigenerazione della foresta stessa e favorisce l’infiammabilita’ del sistema […]
Un’altra grande trasformazione e’ quella legata all’urbanizzazione. Il numero di citta’ e’ aumentato nel tempo e cosi’ quello della popolazione che abita in ambiente urbano: nel 2015 piu’ della meta’ della popolazione mondiale viveva in ambito urbano. Se nel 1900 si aveva in tutto il mondo una sola citta’ con piu’ di 5 milioni di abitanti – Londra – e 13 con piu’ di un milione di abitanti, oggi la situazione e’ radicalmente mutata: 33 citta’ hanno piu’ di 10 milioni di abitanti, 48 citta’ hanno un numero di abitanti compreso tra i 5 e i 10 milioni, 467 citta’ hanno un numero di abitanti compreso tra 1 e 5 milioni e quasi 600 citta’ hanno tra i 500.000 e 1 milione di abitanti. E le previsioni per gli anni futuri confermano questo trend verso l’urbanizzazione: per il 2030 ci si aspetta di vedere 3.843 citta’ sopra i 10 milioni di abitanti e 66 che avranno tra i 5 e i 10 milioni di abitanti.

Info:
https://disf.org/bibliografie-tematiche/9788815291820
https://www.letture.org/antropocene-una-nuova-epoca-per-la-terra-una-sfida-per-l-umanita-emilio-padoa-schioppa
https://pikaia.eu/storia-ecologica-europa-padoa-schioppa/

Societa’/Banti

Alberto Mario Banti – La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa – Alberto Mario Banti – Laterza (2020)

Il conformismo domina. La ricerca del divertimento domina. Ma divertirsi significa guardare da un’altra parte; non voler vedere i problemi; e piuttosto inseguire la loro magica trasformazione in qualcosa d’altro, di confortante, di rassicurante.
È un male, tutto questo? Un pericolo per la stabilita’ delle istituzioni democratiche? Non credo.
Non necessariamente.
Lo stato di passivita’ incoraggiato dalla cultura di massa trova anzi una facile ospitalita’ nella cornice delle istituzioni democratiche. Si puo’ dire che quella che si sviluppa nel contesto del neoliberismo e della cultura di massa mainstream sia una «spectator democracy»: stiamo li’, a guardare gli eventi, mettiamo un like sotto un video, come mettiamo un like su una scheda elettorale, animati dalla speranza di aver puntato sul padre, o madre, o sorella, o fratello piu’ grande che ci guidi e ci liberi dai guai.
Ma forse il modello di democrazia nel quale ci siamo inoltrati meriterebbe un’altra e migliore definizione. Forse dovremmo chiamarla una democrazia di followers, popolata di persone che pendono acriticamente dalle labbra dell’opinion maker di turno, come da quelle della influencer piu’ in voga, senza avere la capacita’ di sviluppare risorse cognitive proprie; anzi, senza nemmeno volerlo.
Da qui, opinioni pubbliche fragili, incapaci di formulare autonomamente un pensiero critico; incapaci di riconoscere cause ed effetti nel disastro sociale prodotto dal neoliberismo; indotte a recitare bovinamente il mantra «There Is No Alternative», interiorizzato al punto da crederci fermamente, come a un dogma di fede; indotte a pensare che un altro mantra, «bisogna abbassare le tasse», porti a mondi di felicita’ al solo pronunciarlo.
Tristemente senza rendersi conto che l’abbassamento delle tasse ha favorito clamorosamente solo pochissimi soggetti, danneggiando (forse irreparabilmente) le strutture sanitarie, educative e assistenziali pubbliche di cui avrebbero il massimo bisogno proprio coloro che non hanno tratto che miseri benefici dal neoliberismo degli ultimi quarant’anni.

Info:
https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/la-fragile-democrazia-dei-follower-il-like-al-posto-del-voto-atxsrm5k
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/banti-5.pdf
https://www.letture.org/la-democrazia-dei-followers-neoliberismo-e-cultura-di-massa-alberto-mario-banti
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-democrazia-dei-followers-di-alberto-mario-banti/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-democrazia-dei-followers

Stato/Galli

Carlo Galli – Democrazia, ultimo atto? – Einaudi (2023)

L’intervento attivo dello Stato nell’economia, come attore o come pianificatore, e’ da eliminare (di qui la lunga teoria delle privatizzazioni), e con esso i suoi alfieri: partiti e sindacati, alla ricerca di elargizioni anti-economiche e inflattive, al fine di alimentare le loro burocrazie e di soddisfare le pretese dei loro iscritti e dei loro elettori.
Lo Stato, lungi dall’essere «sociale», deve avere solo un ruolo di regolatore, da lontano, delle energie, degli «spiriti animali», della societa’ (l’ordoliberalismo tedesco, invece, teorizzo’, fino dai primissimi anni Trenta, lo «Stato forte», per instaurare e garantire la libera concorrenza).
Lo Stato deve venire affamato (starve the beast!, «affama la Bestia», e’ uno dei gridi di battaglia del neoliberismo americano), con l’abbattere la sua rapacita’ fiscale, e soprattutto deve essere costretto a rispettare l’autonomia non solo delle logiche economiche in generale ma in particolare della massa monetaria, che va sottratta alla politica.
E’ chiaro che tutto cio’ implica – oltre al prevalere delle esigenze del capitale su quelle del lavoro – il divieto di ogni politica economica: il capitale e il mercato sanno tutto quello che c’e’ da sapere, senza bisogno di sentirselo dire dalla politica. Ed e’ chiaro anche che si passa a una fase di spoliticizzazione […]
Questo attacco pero’ non avrebbe avuto successo se non fosse cambiata in parallelo la struttura economico-produttiva, che passo’ dal fordismo al toyotismo, dalla produzione per stock alla produzione just in time, flessibile; come flessibile e capace di adattarsi alle compatibilita’ del capitale – cioe’ alla precarieta’, alla scarsita’ determinata dalla sempre piu’ diffusa automazione, e ai salari bassi – dovette essere il lavoro; solo a questo prezzo fu riassorbita la disoccupazione che imperversava nella seconda meta’ degli anni Settanta, mentre la «grande moderazione» salariale e le politiche deflattive nei bilanci statali – il debito pubblico e’ il summum malum – sconfiggevano l’inflazione.
A queste caratteristiche strutturali si devono aggiungere la diminuzione del carico fiscale sui ceti piu’ ricchi, con l’intento di motivare le imprese a generare profitti (a beneficio degli azionisti, i nuovi referenti principali dell’economia), e col risultato di consentire incredibili elusioni fiscali alle multinazionali di rilievo globale, la finanziarizzazione dell’economia (il «finanzcapitalismo») e – dopo la caduta dell’Urss – la libera circolazione mondiale dei capitali, delle merci e delle persone.
Ovvero la globalizzazione dell’economia, il dilagare del capitalismo in ogni angolo del mondo, la delocalizzazione delle produzioni alla ricerca di manodopera a basso costo […]
Tutto cio’ fece uscire l’economia dalla stagnazione e diede vita a un’accelerazione di dinamiche espansive e innovative (la new economy) che si fondavano su «bolle» speculative, destinate naturalmente a scoppiare (come avvenne gia’ nel 2000), ma che erano anche in grado di stimolare la produzione di beni reali e di merci, facendo uscire dalla miseria centinaia di milioni di persone nel mondo, consegnandole tuttavia a un ruolo subalterno nel contesto della «mobilitazione globale».
A questo aspetto sviluppistico si appellarono quanti da sinistra abbracciarono entusiasti la globalizzazione capitalistica, dimostrando cosi’ che la sinistra era divenuta incapace di decifrare le contraddizioni socio-economiche (una capacita’ che era stata la sua ratio essendi), e che era prigioniera di uno schema produttivistico condiviso col capitalismo, ovvero che era talmente ingenua o arrogante da pensare di poter piegare e governare a finalita’ progressiste le potenze del capitalismo scatenato.
Di fatto, le politiche di riformulazione e riduzione dello Stato sociale, e di deregulation finanziaria, negli anni Novanta furono implementate da governi di sinistra (o da liberal come Blair, con la sua «terza via»). E’ come se la sinistra avesse implicitamente ritenuto di avere esaurito la propria funzione col portare le masse dentro lo Stato, e che le spettasse, dopo di cio’, un ruolo di accompagnamento e di addolcimento di una rivoluzione iniziata da altri. Il che non le fu concesso.

Info:
https://www.doppiozero.com/democrazia-ultimo-atto
https://www.pandorarivista.it/event_listing/democrazia-ultimo-atto-con-carlo-galli-flavia-giacobbe-e-damiano-palano/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/09/24/news/tramonto_democrazia_libro_di_carlo_galli-415666570/
https://www.youtube.com/watch?v=bMsOzzZ6B1o
https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Carlo-Galli-la-crisi-della-democrazia-bdeb1652-b914-416a-871f-e0478803be64.html

Societa’/Schiavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Aldo Schiavone – Einaudi (2023)

L’asse intorno a cui ruotava l’intero impianto del marxismo era il lavoro: il lavoro umano produttore di ricchezza materiale, venduto e acquistato come una merce, il cui valore si stabiliva sul mercato, in base alla domanda e all’offerta. Il lavoro astratto – cioe’ seriale e indeterminato, ripetibile e divisibile all’infinito – concettualizzato dagli economisti inglesi; il lavoro di fabbrica degli operai-massa moderni.
Quest’ultimo era tuttavia una merce assai particolare: perche’ era una merce che consentiva la produzione di tutte le altre. E in cio’ consisteva l’essenza della modernita’ capitalistica: produrre merci per mezzo di una merce – di un’unica merce: il lavoro operaio […]
La societa’ capitalistica si presentava infatti come un mondo capovolto: dove il capitale – che in realta’ poteva esistere solo perche’ non tutto il lavoro fornito era retribuito, ma veniva estorto in parte ai suoi produttori e utilizzato per investimenti e profitti – appariva invece come unico punto di riferimento, che subordinava a se’ tutto il resto: compresi la politica, il diritto, la morale.
Per raddrizzare le cose e rimetterle nel verso giusto non c’era altro strumento che la lotta di classe in una societa’ di classi […] fino all’instaurazione di un modo di produrre e di vivere dove tutta la ricchezza sarebbe stata nelle mani di coloro che l’avevano materialmente creata, e sarebbe stata gestita collettivamente, distribuendone a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Sarebbe stato, quello, il modo comunista di essere eguali. Da allora in poi, dovunque, in ogni partito della sinistra, lavoro ed eguaglianza sarebbero apparsi quasi come sinonimi: il binomio dell’avvenire socialista.

Info:
https://www.genteeterritorio.it/una-sinistra-nuova-riflessioni-sul-libro-di-aldo-schiavone/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/02/07/news/aldo_schiavone_politologo_nuovo_libro_sinistra_ordine_mondiale_progressisti-386900578/

Green New Deal/Chomsky

Noam Chomsky – Ottimismo (malgrado tutto). Capitalismo, impero e cambiamento sociale – Ponte alle Grazie (2018)

Quanto ai cambiamenti climatici, e’ oramai opinione diffusa nella comunita’ scientifica che siamo entrati in una nuova era geologica, l’Antropocene, in cui la mano dell’uomo sta modificando radicalmente il clima terrestre e plasmando un pianeta completamente diverso; un pianeta che potrebbe non essere in grado di sostenere la vita umana organizzata secondo modalita’ per noi tollerabili.
Vi sono ottime ragioni di ritenere che siamo gia’ entrati nell’era della Sesta estinzione, un’epoca di annientamento di massa delle specie paragonabile alla Quinta estinzione verificatasi sessantacinque milioni di anni fa, quando furono distrutti tre quarti delle specie esistenti, probabilmente a causa di un enorme asteroide.
L’emissione di CO2 nell’atmosfera oggi aumenta a un ritmo mai visto in cinquantacinque milioni di anni.
Citando una dichiarazione rilasciata da centocinquanta eminenti scienziati, il timore e’ che «il riscaldamento globale, amplificato dagli effetti legati allo scioglimento del ghiaccio polare, alla fuoriuscita di metano dal permafrost e ai vasti incendi, possa diventare irreversibile», con conseguenze catastrofiche per la vita sulla Terra, esseri umani compresi.
E non in un futuro remoto. Gia’ solo l’innalzamento del livello del mare e la distruzione delle risorse idriche a causa dello scioglimento dei ghiacciai potrebbero avere ripercussioni terribili sulla specie umana.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/19738-sandro-moiso-pandemia-economia-e-crimini-della-guerra-sociale.html

Societa’/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

Il grande errore che commettono coloro che annunciano la «morte del liberismo» e’ confondere la rappresentazione ideologica che accompagna l’istituzione di politiche neoliberiste con la normativita’ pratica che caratterizza specificamente il neoliberalismo.
Per questo, il relativo discredito che oggi intacca l’ideologia del laissez-faire non impedisce in alcun modo al neoliberismo di prevalere piu’ di prima in quanto sistema normativo dotato di una certa efficacia, ovvero capace di orientare dall’interno la pratica effettiva dei governi, delle imprese e di milioni di persone che non ne sono necessariamente coscienti.
Sta qui, appunto, il cuore del problema: com’e’ possibile che nonostante le ripercussioni catastrofiche cui hanno portato le politiche neoliberiste, queste ultime siano sempre piu’ attive, al punto da precipitare interi Stati e societa’ in crisi politiche e regressioni sociali sempre peggiori? Com’e’ possibile che, negli ultimi trent’anni, queste stesse politiche si siano sviluppate e approfondite senza aver incontrato resistenze sufficienti a metterle in crisi?
La risposta non puo’ ridursi ai semplici aspetti «negativi» delle politiche neoliberiste, ovvero alla distruzione programmata delle regolamentazioni e delle istituzioni […]
Con il neoliberismo cio’ che e’ in gioco e’ ne’ piu’ ne’ meno la forma della nostra esistenza, cioe’ il modo in cui siamo portati a comportarci, a relazionarci agli altri e a noi stessi. Il neoliberismo definisce una precisa forma di vita nelle societa’ occidentali e in tutte quelle societa’ che hanno intrapreso il cammino della presunta modernita’. Questa norma impone a ognuno di vivere in un universo di competizione generalizzata, prescrive alle popolazioni di scatenare le une contro le altre una guerra economica, organizza i rapporti sociali secondo un modello di mercato, arriva a trasformare perfino l’individuo, ormai esortato a concepire se stesso come un’impresa.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014