Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia. L’economia politica del tardo neoliberalismo – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

Nell’autunno del 2020, la stampa economica e il dibattito pubblico erano unanimi nel ritenere che l’esperienza della pandemia avrebbe consolidato e accelerato una tendenza gia’ in atto, ossia l’accorciamento delle catene internazionali di approvvigionamento, di accumulazione del capitale e del valore aggiunto posto in essere dalla globalizzazione all’apice del suo sviluppo.
Interruzioni reali o temute dei flussi globali di materie prime, anche e soprattutto nel campo dei semilavorati, misero in luce la vulnerabilita’ dell’economia e della societa’ che i rapporti reciproci di dipendenza globale producevano e che imprese e consumatori domandavano agli stati, tra gli altri, di risolvere […]
A porsi nel modo piu’ evidente e immediato su tutti fu il problema della filiera dei farmaci, la loro eccessiva lunghezza e la gestione in mano al mercato, non governata dalla politica. Cio’ che si scopri’ e’ che, persino nel caso di produzioni nei ricchi paesi di consumo, la fabbricazione di farmaci in un’economia iperglobalizzata dipendeva spesso da prodotti intermedi provenienti soprattutto da paesi asiatici, dalla Cina perlopiu’, ma anche dall’India. Quando, dopo l’inizio della pandemia, questi paesi interruppero le forniture, per volonta’ o impossibilita’, alcuni farmaci antidolorifici come il paracetamolo cominciarono a scarseggiare negli Stati Uniti e in Europa.
Posta alla merce’ delle forze di mercato, la distribuzione farmaceutica passo’ da infrastruttura sociale qual’ era a settore di produzione commerciale […]
Problemi analoghi sorsero anche in altri settori, scatenando discussioni tanto sotto il profilo dell’approvvigionamento che della sicurezza nazionale, tutte sotto il titolo della sempre piu’ frequente parola d’ordine e formula magica dell’anno: resilienza.
Quello della resilienza divenne l’obiettivo di un’ampia gamma di interventi – horribile dictu – di protezione dal libero commercio mondiale, da parte di aziende, governi o entrambi. Le previsioni indicano, per esempio, come si e’ visto, che l’uso della tecnologia robotica (l’“industria 4.0”) portera’ sempre piu’ a un rientro della produzione industriale nei paesi di provenienza – a un reshoring (“rilocalizzazione”) in luogo dell’offshoring (“delocalizzazione”) – con una conseguente reindustrializzazione del Nord globale.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Lavoro/Somma


Abolire il lavoro povero. Per la buona e piena occupazione – Alessandro Somma – Laterza (2024)

Con riferimento al lavoro subordinato, il tentativo di combattere il lavoro povero ha ispirato la richiesta di stabilire un reddito minimo legale, ovvero di indicare per legge il livello salariale sotto il quale non e’ consentito scendere.
In questa direzione si sono finora mossi molti Paesi europei, ma non anche l’Italia, dove peraltro una prima timida indicazione in tal senso e’ stata fornita da una legge delega riconducibile al Jobs Act. Li’ si e’ prevista l’«introduzione eventualmente anche in via sperimentale del compenso orario minimo», tuttavia solamente nei «settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale» (legge 10 dicembre 2014, n. 183). Una simile previsione non ha peraltro avuto seguito […]
Non sembra che nel prossimo futuro l’Italia possa dotarsi di una disciplina sul reddito minimo legale, esplicitamente esclusa dall’attuale maggioranza.
Le motivazioni addotte nel merito, pur ricalcando alcune preoccupazioni di parte sindacale, rimandano soprattutto alla tradizionale ostilita’ dei neoliberali nei confronti della misura. Questi ultimi la reputano invero un catalizzatore degli effetti negativi tipici degli interventi volti a delimitare il raggio di azione del mercato, tutti inesorabilmente destinati a menomare la sua innata capacita’ di massimizzare profitti: in questo caso di incrementare la domanda di lavoro e con essa i livelli salariali accordati ai lavoratori.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Economia di mercato/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Risulta evidente nelle culture non di mercato che le persone regolano le loro relazioni materiali e sociali attraverso doni, regali e gesti simbolici, ma non attraverso lo scambio.
Se lo scambio avviene e’ con estranei con i quali non si mantengono ne’ si desiderano relazioni piu’ strette.
Il passaggio a un’economia generale di scambio e di denaro e’ avvenuto nella Storia solo quando entrarono in scena gli Stati e con essi la violenza fisica organizzata.
Questo vale sia per le prime economie proto-mercantili della storia mondiale, come quella della Grecia classica, sia per la nascita e la diffusione del sistema di mercato in epoca moderna.
Il motivo per cui la storia di un naturale sviluppo dell’economia di mercato viene comunque ancora raccontata e’ ovvio: rende invisibile la violenza strutturale e fisica che e’ stata effettivamente connessa alla creazione dei mercati e dell’economia monetaria in tutti i casi storicamente documentati.
Questa storia racconta di un meraviglioso paese delle favole in cui le persone perseguono le loro inclinazioni naturali, aumentando cosi’ la prosperita’ di tutti; narra di un innocente e pacifico regno del commercio e dello scambio che nulla ha a che fare con gli efferati crimini dei potentati statali, le loro guerre e altre mostruosita’.
Su questa storia si fonda l’immagine del “libero mercato” come forza di contrasto al dispotismo dello Stato. Ancora oggi, questa favola e’ alla base del potere ideologico con cui la violenza dei mercati e del denaro viene legittimata.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Capitalismo/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


La struttura governativa tipica del neoliberismo si fonda sulla coesistenza dei sistemi normativi nazionali e sovranazionali.
Le leve giuridiche ed economiche vengono mosse a seconda delle esigenze e della fase del ciclo economico.
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione.
Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Lavoro/Ispi

L’Europa nell’età dell’insicurezza. Le sfide di un continente fragile – ISPI – Mondadori (2024)


L’anno appena trascorso ha offerto uno spaccato delle contraddizioni che caratterizzano intimamente, ormai da decenni, l’approccio all’immigrazione internazionale dei paesi destinatari di significativi flussi migratori e, in particolare, delle societa’ occidentali.
La gran parte delle migrazioni internazionali si dirige verso regioni del mondo che si avvicinano o gia’ attraversano un autunno demografico, e le cui societa’ hanno dunque sempre piu’ bisogno di flussi significativi e continuativi di manodopera straniera per attutire le conseguenze della loro transizione demografica sulla fiscalita’ generale (in altri termini: potersi permettere di pagare di piu’ per pensioni e sanita’, per qualche anno in piu’ rispetto a uno scenario senza immigrazione, prima di dover inevitabilmente tirare la cinghia).
Quelle stesse societa’ appaiono tuttavia sempre meno capaci di evitare la tentazione – antica e spesso presente nella storia dell’umanita’ – di utilizzare l’altro da se’, e in particolare lo straniero, come capro espiatorio, spiegazione di buona parte dei mali che affliggono politica, economia e societa’.
Con il trascorrere degli anni sembra che in particolare le societa’ occidentali si facciano sempre piu’ diffidenti e rancorose. Non solo: anche piu’ polarizzate, con i seguaci di teorie complottiste come quella della «grande sostituzione», a destra, cui fanno da contraltare a sinistra i sostenitori dei movimenti No Borders.

Info:
https://www.mondadori.it/approfondimenti/unione-europea-le-sfide-di-un-continente-fragile-nell-eta-dell-insicurezza/

Economia di mercato/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


I gruppi di societa’ sono le istituzioni dominanti dell’economia mondiale, e rappresentano il modello organizzativo delle multinazionali su scala internazionale. Gruppi e multinazionali sono due facce della stessa medaglia.
Il termine multinazionale (o transnazionale) sta a indicare una impresa che organizza e coordina attivita’ che travalicano i confini nazionali […]
Il principale indicatore economico del legame fra lo sviluppo delle multinazionali e l’utilizzo di societa’ controllate sono gli Investimenti Diretti Esteri (IDE) che un operatore di mercato effettua in un Paese diverso rispetto a quello che ospita il centro direttivo della sua attivita’ (la holding).
L’investimento viene realizzato mediante acquisizione di partecipazioni dell’impresa che si intende controllare all’estero (M&A), oppure attraverso la creazione di una filiale nel Paese in cui ci si intende insediare (Greenfield), al fine di consentire alla societa’ madre di esercitare i poteri di direzione e di gestione della societa’ partecipata o costituita. Si tratta dunque di una forma di internazionalizzazione delle imprese […]
Le varie funzioni dell’impresa multinazionale verranno svolte nelle localita’ che consentono specifici vantaggi.
La funzione finanziaria, per esempio, verra’ svolta in un Paese che propone una normativa agevolata sugli aspetti finanziari connessi agli interessi della holding; la funzione «marketing e pubblicita’» sara’ affidata a un’altra societa’ controllata in una nazione diversa; le lavorazioni del prodotto verranno delocalizzate nei paesi che dispongono della manodopera al minor costo.Tale fenomeno ha delle implicazioni economiche enormi: una quantita’ indefinita di scambi commerciali sono realizzati nell’ambito della stessa impresa e non, come ci si aspetterebbe, fra imprese differenti, dunque concorrenti. Venditore e compratore vengono molto spesso a coincidere, rendendo di fatto lo scambio una finzione economica.
L’illusoria concorrenza sarebbe in realta’ espressione di un mercato sostanzialmente oligopolistico.
La frammentazione «legale» e il trasferimento di quote rilevanti del rischio d’impresa a societa’ prive di una vera organizzazione imprenditoriale si traduce nella deresponsabilizzazione degli investitori internazionali, i quali, grazie al sostegno della finanza creativa, riescono a cartolarizzare le diverse parti dell’impresa.
Alcune societa’ diventano veri e propri bacini di debiti, di responsabilita’ e di costi che la grande impresa riversa a cascata sui lavoratori.
L’ampia diffusione di societa’ controllate e partecipate si traduce dunque in un moltiplicatore di instabilita’ finanziaria.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/
https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/

https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Capitalismo/Salmon

La politica nell’era dello storytelling – Christian Salmon – Fazi (2014)


Secondo il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, chi difende le politiche dell’austerita’ fa leva su una ‘cattiva metafora’: quella della famiglia indebitata.
«Che fa una famiglia in tali condizioni?», chiedono gli avvocati dell’austerita’. Negozia delle proroghe e stringe la cinghia per rimborsare i suoi creditori.
Da qui a pensare che le nazioni indebitate dovrebbero fare lo stesso non c’e’ che un passo, compiuto allegramente dai colonnelli della ‘regola aurea’.
Negli ultimi trent’anni, la pace sociale non e’ stata forse comprata dai governi, sia di destra sia di sinistra, al prezzo di un aumento del debito? Non e’ forse tempo di risarcimenti, si domandano gli ipocriti del debito sovrano?
«Cos’e’ che non va in questa metafora?», s’interroga Paul Krugman.
La risposta e’ semplice: in una famiglia i ricavi sono indipendenti dalle spese. Si possono quindi ridurre le seconde mantenendo il livello dei primi e sperare di saldare i debiti rateizzando le scadenze dei rimborsi.
Ma a livello nazionale le cose non funzionano cosi’ per una semplice ragione: le spese degli uni sono i ricavi degli altri.
«La tua spesa e’ il mio ricavo e le mie spese sono il tuo ricavo». Se per eliminare il debito di un paese ci si limita a comprimere le spese, «il mio ricavo crolla perche’ tu spendi meno, e il tuo ricavo si contrae perche’ io spendo meno».
Il crollo dei ricavi peggiora il problema del debito, creando una situazione di deflazione da debito che a partire dal 1933 l’economista Irving Fisher ha formulato attraverso questo crudele paradosso: «Piu’ i debitori rimborsano, piu’ il loro debito aumenta». «I momenti buoni per praticare l’austerita’ sono quelli di boom, non i momenti di crisi», affermava dal canto suo Keynes.

Info:
https://www.repubblica.it/cultura/2014/11/24/news/christian_salmon_la_politica_prigioniera_dei_racconti_dei_suoi_leader-101287976/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/16/politica-nellera-storytelling-renzi-linterprete-vecchia-destra-neo-liberale/1398969/

Lavoro/De Haas

Migrazioni. La verità’ oltre le ideologie. Dati alla mano – Hein de Haas – Einaudi (2024)

I sindacati hanno sempre guardato con sospetto alla prassi di assumere lavoratori migranti, giudicandola una manovra aziendale del tipo divide et impera, per indebolire il potere dei sindacati mediante l’importazione di manodopera a basso costo.
A partire dagli anni Novanta, pero’, sia i sindacati sia i partiti di sinistra hanno mostrato un approccio piu’ ambiguo all’immigrazione, forse perche’ hanno iniziato a capire che i migranti rappresentano una quota sempre piu’ ampia della classe operaia e quindi del loro bacino elettorale.
Mentre sinistre e sindacati attenuavano l’ostilita’ storica verso l’immigrazione per lavoro, i politici conservatori e di estrema destra adottavano proprio i classici argomenti della sinistra. E lo hanno fatto con l’intenzione di attirare nelle loro file gli operai autoctoni delusi dai politici di sinistra, che tradizionalmente ne difendevano gli interessi ma che sembravano ormai poco attenti ai loro problemi quotidiani.
Il populismo di destra ha colmato questo vuoto di rappresentanza scaricando sull’immigrazione, oltre che sui politici progressisti che avrebbero incoraggiato un’«immigrazione di massa», la colpa della precarieta’ del lavoro e della stagnazione salariale.
In tal modo, una questione della classe operaia ha finito per trasformarsi in una questione nazionalistica.

Info:
https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/undici-miti-sulle-migrazioni-secondo-sociologo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/01/migranti-il-sociologo-de-haas-i-cambiamenti-climatici-hanno-un-impatto-indiretto-per-gestire-i-flussi-bisogna-ripensare-leconomia/7712706/
https://rbv.biblioteche.it/community/forum/reviews/show/6141

https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/de-haas-ha-contato-22-miti-sul-fenomeno-migratorio
https://ilmanifesto.it/hein-de-haas-varcate-le-frontiere-uomini-e-donne-stipati-nei-luoghi-comuni-della-politica
https://www.lastampa.it/politica/2024/09/29/news/migranti_de_haas_politica_integrazione_accoglienza-14673169/
https://www.ilfoglio.it/politica/2024/06/24/news/ecco-22-miti-da-sfatare-sui-migranti-rifugiati-e-cambiamenti-climatici-6673916/

Economia di mercato/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)

Si dice spesso che la speculazione e’ sostanzialmente un gioco a somma zero per quanto riguarda la totalita’ degli speculatori; ma nella pratica le cose vanno diversamente.
Infatti, mentre i profitti confluiscono nelle mani dei privati durante la fase di espansione di una bolla speculativa, non appena questa scoppia, le casse pubbliche sono solitamente pronte a compensare gran parte delle perdite e a scaricarle sulla societa’ in generale.
Un esempio tipico e’ la grande crisi bancaria e immobiliare degli Stati Uniti del 1982, nota come “Savings and Loan Crisis”: dopo lo scoppio della bolla, il settore pubblico si e’ assunto la responsabilita’ dei costi per ben 124 miliardi di dollari, mentre le societa’ private hanno dovuto coprire perdite per soli 29 miliardi.
Questo schema si e’ ripetuto dall’inizio degli anni Ottanta nelle innumerevoli crisi bancarie e finanziarie, fino alla crisi finanziaria globale del 2008 e alla successiva “crisi dell’euro”.
Per rendere la speculazione redditizia in modo duraturo, pertanto, non solo e’ necessario abolire le norme ostruzionistiche, ma anche garantire che le perdite speculative non siano sostenute dagli stessi speculatori. Sebbene questo principio sia incompatibile con l’ideologia neoliberista, esso ha ricoperto fin dall’inizio un ruolo cruciale nella pratica.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Capitalismo/Stiglitz

La strada per la libertà – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)

Oggi e’ il neoliberismo – la fede nei mercati non regolamentati e senza freni – ad aver portato a enormi disuguaglianze, offrendo terreno fertile ai populisti.
I crimini del neoliberismo comprendono l’aver reso i mercati finanziari liberi di far esplodere la piu’ grande crisi finanziaria nell’arco di tre quarti di secolo; l’aver reso il commercio libero di accelerare la deindustrializzazione; e l’aver reso le grandi aziende libere di sfruttare in egual misura consumatori, lavoratori e ambiente […]
Questa forma di capitalismo non incrementa la liberta’ nella nostra societa’. Ha invece portato alla liberta’ di pochi a spese dei molti. Liberta’ per i lupi; morte per le pecore.
Problemi simili si presentano a livello internazionale, rivelando interessanti e importanti correlazioni tra il concetto di regole e l’ideale di liberta’. Non che la globalizzazione proceda senza regole, ma quelle regole garantiscono liberta’ e impongono costrizioni in modi che generano ovunque lo stesso destino divergente per lupi e pecore: solamente, i lupi e le pecore sono distribuiti in diverse regioni e nazioni del mondo.
Insite nei cosiddetti «trattati di libero scambio» ci sono regole che riducono la liberta’ dei Paesi in via di sviluppo, dei mercati emergenti e delle persone che li’ vivono, mentre ampliano la liberta’ di sfruttamento da parte delle multinazionali.