Stato/Armao

Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra – Fabio Armao – Laterza (2024)

La mercatizzazione della politica – questo l’effetto dell’affermarsi del neoliberismo – prevede una serie di innovazioni correlate tra loro:
– partiti sempre piu’ leggeri, privi di cospicui apparati locali permanenti, ridotti in sostanza a poco piu’ che comitati elettorali che si mobilitano sul territorio in prossimita’ delle elezioni […]
– la presenza di leader carismatici ai quali, tuttavia, non si chiede come nel secolo scorso di farsi interpreti presso i propri seguaci di un modello di societa’ quanto, piuttosto, di vendere un marchio alle masse di potenziali elettori: il simbolo della propria lista […]
– l’uso massiccio della pubblicita’, più che della propaganda in senso stretto, il messaggio ideale essendo ormai diventato un tweet seguito da un like […]
– l’adozione del populismo come standard di messaggio politico, semplice e facilmente spendibile proprio perche’, facendo riferimento a una comunita’ indefinita (la gente comune, non la classe operaia o la borghesia), permette a chiunque di sentirsene parte […]
– la mercificazione delle masse, da intendere come un’evoluzione della semplice manipolazione. Adesso, infatti, non si limita a spacciare loro un messaggio falso o, quantomeno, distorto dalla propaganda nel tentativo, comunque, di coinvolgerle poi direttamente […]
Le conseguenze della mercatizzazione della politica sono da tempo evidenti e vanno dalla volatilita’ del voto – lo spostamento frequente e massiccio delle preferenze da un partito all’altro – al drammatico aumento dell’astensionismo.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/ 

https://www.globalist.it/culture/2024/03/25/capitalismo-di-sangue-analisi-su-conflitti-globali-e-crisi-economica/

Capitalismo/Chomsky

Minuti contati: Crisi climatica e Green New Deal globale – Noam Chomsky, Robert Pollin – Ponte alla Grazie (2020)

Il neoliberismo e’ il motore che alimenta la crisi climatica.
Questo perche’ il neoliberismo e’ una variante del liberalismo classico, e il liberalismo classico si fonda sull’idea che a tutti dovrebbe essere concessa massima liberta’ di perseguire il proprio interesse personale nella cornice del capitalismo di mercato.
Il neoliberismo, tuttavia, si discosta sostanzialmente dal liberalismo classico, e quindi anche dalla premessa di base dell’economia ortodossa secondo cui il libero mercato, lasciato a se’ stesso, produrra’ risultati superiori agli interventi del governo.
E qui veniamo al problema del neoliberismo, quando lo si confronta con il modello di mercato puramente libero celebrato dall’ortodossia economica: quello che di fatto avviene, nel neoliberismo, e’ che i governi permettono alle grandi aziende di perseguire liberamente le opportunita’ di profitto nella massima misura possibile.
Se non che, ogni qual volta i profitti delle grandi aziende sono minacciati, entrano in scena i manovratori del governo che si occupano di mettere le cose a posto e salvare le aziende. Questo non e’ altro che socialismo per i capitalisti e spietato capitalismo del libero mercato per tutti gli altri.
Info:

Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Laterza (2021)

La tendenza populista e’ a declinare la sovranità nazionale in termini prevalentemente culturali.
Ne e’ un esempio la politica di aperta avversione ai valori occidentali e al multiculturalismo alimentata da Vladimir Putin con lo slogan «La Russia non e’ Europa» In modo simile si muove Erdogan, con il suo richiamo identitario al passato ottomano della Turchia. Orban esalta la specificita’ culturale ungherese mentre alimenta il mito di un’Europa centro-orientale, culla di una variante piu’ tradizionalista della civilta’ occidentale. In India, Narendra Modi propaganda il nazionalismo culturale hindu. Trump ha mostrato a sua volta al mondo come lo slogan «Make America great again» abbia potuto veicolare un messaggio di grandezza destinato ai suprematisti bianchi.
Cio’ che i sovranisti al potere hanno in comune, scrive Appadurai, e’ la consapevolezza di non poter davvero controllare le economie nazionali, ormai ostaggio degli investitori stranieri, degli accordi mondiali, della finanza internazionale, del lavoro precario e del capitale in generale.
Tutti promettono una purificazione culturale nazionale come strada verso il potere politico mondiale. Tutti simpatizzano per il capitalismo neoliberista, proponendone versioni adatte all’India, alla Turchia, agli Stati Uniti o alla Russia.
La politica dei confini solidi, della separazione e delle gerarchie tra gruppi etnico-razziali risulta infatti funzionale proprio al sistema di sfruttamento capitalistico della manodopera straniera e subalterna. Il che, come vedremo, deve indurre a dubitare della vocazione antiliberista di questa opposizione al «globalismo».

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_DOMANI.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_FATTO.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/02/SERUGHETTI_CORSERABRESCIA.pdf
https://www.ingenere.it/letture/il-vento-conservatore
https://www.retisolidali.it/il-vento-conservatore-intervista-serughetti/
https://www.osservatore.ch/il-nuovo-vento-conservatore-e-la-destra-antidemocratica_66328.html

Economia di mercato/Parsi

Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2022)

In assenza di provvedimenti politici correttivi (sempre meno concepibili a fronte della vera e propria egemonia culturale acquisita dall’imperante neoliberalismo), l’innovazione tecnologica, in se’ e per se’ positiva, ha generato profitti crescenti che sono stati utilizzati nella quasi totalita’ per remunerare il capitale investito, piuttosto che il lavoro impiegato.
In altri termini, la quota di capitale impiegata per unita’ di prodotto e’ diventata sempre maggiore a fronte della quota di lavoro e il divario in termini di forza contrattuale tra capitale e lavoro e’ continuato a crescere, provocando anche uno stravolgimento del ruolo dello Stato, «che continua a intervenire pesantemente nell’economia, sostenendo non gia’ la parte piu’ debole dentro i rapporti di produzione – i lavoratori – bensi’ quella piu’ forte, le imprese». Si e’ trattato di una netta inversione di tendenza rispetto ai decenni passati della ripartizione tra capitale e lavoro dei profitti derivanti dagli aumenti di produttivita’ generati dall’innovazione tecnologica […]
In una simile situazione, nella quale i redditi reali si contraggono, la sola alternativa che si e’ pensato di poter mettere in campo per consentire la quiete sociale e’ stata quella del mantenimento dello standard di consumi attraverso due vie: l’abbassamento dei prezzi di una serie di beni e servizi (prevalentemente importati o dalla produzione delocalizzata) e il loro sostegno attraverso l’indebitamento privato (la via americana) o pubblico (la via europea), con le conseguenze devastanti evidenziate nella fase attuale della crisi tutt’ora in corso.
E’ un fenomeno che potremmo definire di rentierizzazione del sistema capitalistico, in cui gli investimenti finanziari sono remunerati assai piu’ di quelli produttivi.
Per riprendere ancora lo schema convincente e molto ben documentato di Piketty, quando il tasso di rendimento privato del capitale e’ per lungo tempo molto superiore al tasso di crescita del reddito e della produzione, il sistema economico viene destabilizzato e le diseguaglianze, anche in termini di opportunita’ derivanti dalla diffusione delle conoscenze e delle competenze, crescono, minacciando inevitabilmente le societa’ democratiche e i valori sui quali si fondano.
Il fatto che il tasso di rendimento del capitale sia superiore al tasso di crescita dell’economia
significa che i patrimoni ereditati dal passato si ricapitalizzano a un ritmo piu’ rapido del ritmo di crescita della produzione e dei salari.
Questa disuguaglianza esprime una contraddizione logica di fondo. L’imprenditore tende inevitabilmente a trasformarsi in rentier, e a prevaricare sempre di piu’ chi non possiede nient’altro che il proprio lavoro. Una volta costituito il capitale si riproduce da solo e cresce molto piu’ in fretta di quanto cresca il prodotto.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-ordine-liberale-parsi/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/14/titanic-il-sistema-liberale-di-fronte-a-una-scelta-combattere-le-disuguaglianze-o-fallire-il-nuovo-libro-di-vittorio-emanuele-parsi/6590356/
https://www.idiavoli.com/it/article/titanic-naufragio-occidente-ordine-liberale
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/253-stato-mercato-e-democrazia-note-a-margine-di-titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale
https://www.letture.org/titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale-vittorio-emanuele-parsi
https://www.arcipelagomilano.org/archives/51270

 

Lavoro/Dardot

La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – Meltemi (2023)

Tutte le trasformazioni che hanno interessato il mondo del lavoro negli ultimi trent’anni sono state ogni volta giustificate in nome di una “guerra economica” in cui la questione chiave e’ quella della performance e della competitivita’.
Sia che venga presentata come una realta’ ineluttabile a cui adattarsi, che diventerebbe quindi una questione di vita o di morte, sia che venga descritta come una “sfida” e un’“opportunita’” per l’innovazione e la liberta’ imprenditoriale, questa guerra alla competitivita’ e’ l’assioma che oggi si impone a tutte le riforme economiche e politiche, costituendo cosi’ la base della neoliberalizzazione del lavoro.
La guerra in questione non puo’, quindi, essere ridotta a una semplice metafora […]
Sebbene la guerra per la competitivita’ non sia una guerra nel senso militare del termine, comporta comunque l’uso di strategie e pratiche che si rivelano in grado di produrre effetti, e che passano in particolare attraverso il modo in cui l’arsenale giuridico intende, secondo le parole della Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee (CGCE), “modernizzare”, “rendere flessibile” e “abbassare il costo del lavoro”, in modo da erigere la norma della concorrenza a principio intangibile.
Ma questa logica di guerra della competitività economica non può essere ridotta solo ai piani del diritto e delle riforme politiche. Essa si estende in realtà fino al lavoro vivo e agli individui stessi, poiché se il neomanagement e la governance d’impresa mirano con tutti i mezzi a rendere le aziende il più competitive possibile, ciò non comporta solo l’esigenza di una “mobilitazione totale” da parte di tutti i dipendenti nella lotta tra aziende, ma anche l’instaurazione di una sorta di “guerra di tutti contro tutti” all’interno dei luoghi di lavoro.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Europa/Balibar

Crisi e fine dell’Europa? – Étienne Balibar – Bollati Boringhieri (2016)

Un’Europa che sta sopravvivendo alla propria agonia, invischiata in una logica di disfacimento dagli esiti impredicibili. Perche’, nel contesto attuale irreversibilmente globalizzato, la fine parrebbe gia’ avvenuta.
La costruzione politica europea si e’ inceppata sulle sue contraddizioni irrisolte: sul dogma neoliberista della cosiddetta concorrenza non falsata, che ha esaltato l’antagonismo permanente degli interessi e ha rinsaldato le posizioni dominanti, con enormi costi sociali; sulla divisione dei poteri tra istituti comunitari e Stati membri, che ha consentito a ciascuna parte di invocare la propria irresponsabilita’ e ha scatenato al tempo stesso reazioni nazionalistiche; sulla questione delle frontiere esterne, gia’ rese fluide dalla compresenza di organismi e aree che includono alcuni Stati e non altri – dallo spazio Schengen all’eurozona –, e adesso diventate il luogo dell’impossibile demarcazione tra Nord e Sud, dove si decidono le sorti di masse crescenti di migranti, «esseri umani senza Stato» che reclamano il loro «diritto ad avere dei diritti».
Sembra che dell’Unione europea restino soltanto uno pseudofederalismo oligarchico e una moneta unica strumento dei mercati finanziari, mentre dovunque riprendono vigore un malinteso sovranismo e chiusure identitarie a tinte populiste e xenofobe.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Capitalismo/Brown

Il disfacimento del demos – Wendy Brown – Luiss University Press (2023)

La concorrenza soppianta lo scambio; la disuguaglianza soppianta l’uguaglianza.
Nel neoliberalismo, la concorrenza prende il posto dell’enfasi liberale sullo scambio come principio fondamentale e dinamica di mercato […]
La concorrenza produce vincitori e sconfitti; il capitale ha successo distruggendo o cannibalizzando altri capitali. Pertanto, quando la concorrenza di mercato diventa generalizzata come principio sociale e politico, qualcuno trionfa e qualcuno muore… come principio sociale e politico.
Il capitale umano rimpiazza il lavoro. In parallelo alla sostituzione dello scambio con la concorrenza e dell’uguaglianza con la disuguaglianza da parte della ragione neoliberale, il capitale umano prende il posto del lavoro.
Quando la concorrenza diventa il principio di base del mercato, tutti coloro che prendono parte al mercato sono rappresentati come capitali, piuttosto che come produttori, venditori, operai, clienti o consumatori.
In quanto capitale, ogni soggetto e’ rappresentato come dotato di spirito imprenditoriale, per quanto piccolo, povero o privo di risorse, e ogni aspetto dell’esistenza umana e’ il prodotto dell’imprenditorialita’ […]
L’imprenditorialita’ rimpiazza la produzione.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/

Europa/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)

Si e’ definitivamente chiarito che il federalismo cui si ispira l’Unione ha una finalita’ decisa- mente piu’ circoscritta: rappresentare il vincolo esterno con cui imporre la spoliticizzazione del mercato.
Il tutto nel solco di quanto precisato fin dagli anni Trenta da un padre del neoliberalismo, che affidava alla dimensione sovranazionale il fondamentale compito di rimuovere ogni ostacolo alla libera circolazione dei fattori produttivi in quanto espediente attraverso cui ottenere la moderazione fiscale degli Stati membri: una pressione fiscale elevata «spingerebbe il capitale e il lavoro da qualche altra parte».
La libera circolazione consentiva insomma di spoliticizzare l’ordine economico, dal momento che sottraeva alle «organizzazioni nazionali, siano esse sindacati, cartelli od organizzazioni professionali», il «potere di controllare l’offerta di loro servizi e beni».
Di piu’: se lo Stato nazionale alimentava «solidarieta’ d’interessi tra tutti i suoi abitanti», la federazione impediva legami di «simpatia nei confronti del vicino», tanto che diventavano impraticabili «persino le misure legislative come le limitazioni delle ore di lavoro o il sussidio obbligatorio di disoccupazione».
Se cosi’ stanno le cose, l’Unione europea e’ tutt’altro che una entita’ incompiuta, capace di mettersi al servizio di un diverso modo di concepire lo stare insieme come societa’, se solo gli Stati fossero disponibili a cedere ulteriori porzioni di sovranita’ nella definizione delle politiche fiscali e di bilancio.
L’Unione europea e’ al contrario la realizzazione fedele e vincente di un modello politico ed economico incompatibile con il proposito di ripristinare l’equilibrio tra democrazia e mercato, e piu’ precisamente quello cui prelude il patto di cittadinanza fondato sul lavoro cosi’ come e’ stato concepito dalla Carta fondamentale.
Lo e’ innanzi tutto perche’ alimenta il sovranazionalismo come ideologia apparentemente distante dal nazionalismo, ma in ultima analisi identica nel produrre un effetto distorto: quello per cui l’architettura istituzionale viene ritenuta il fine ultimo e non anche lo strumento attraverso cui plasmare lo stare insieme come societa’.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/

Lavoro/Dardot

Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Meltemi (2023)

L’offensiva neoliberale ha tuttavia mire ancora piu’ radicali e ambiziose: smantellare l’istituzione del lavoro dipendente, cosi’ come e’ stata costruita intorno al “compromesso fordista” (che consisteva nell’associare al lavoro dipendente un certo numero di tutele e di diritti sociali) e sostituirla con quella dell’imprenditore di se’ stesso, che lavora in modo flessibile e non beneficia di tutele sociali e giuridiche.
Questo nuovo modello, a cui si fa comunemente riferimento con una varieta’ di termini (uberizzazione, gig economy, capitalismo delle piattaforme), e’ per il momento ben lungi dall’essere egemonico, poiche’ l’occupazione salariata “tradizionale” resta ancora di gran lunga maggioritaria su scala mondiale.
Ciononostante, esso e’ al centro di tutte le riforme del diritto del lavoro, che tendono a indebolire ulteriormente le tutele garantite del lavoro dipendente.
Lo sviluppo del “precariato” – che puo’ essere collegato a un’intera panoplia di nuove forme di lavoro precario, e talvolta anche gratuito o quasi gratuito (workfare, click work, ecc.) – ha anche avuto l’effetto di rendere sempre meno leggibili i contorni stessi della categoria sociale del “lavoro”.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Stato/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

L’interpretazione piu’ diffusa del neoliberismo e’ che incarni un insieme di politiche economiche in linea con il suo principio di base: l’affermazione del libero mercato.
Parliamo di deregolamentazione delle industrie e dei flussi di capitale; di una radicale riduzione delle misure statali di welfare e protezione per i piu’ vulnerabili; della privatizzazione e dell’appalto di beni pubblici, dall’istruzione, i parchi, i servizi postali, le strade e il welfare sociale alle carceri e agli eserciti; della sostituzione di regimi fiscali e tariffari progressisti con regimi regressivi; della trasformazione di tutti i bisogni o desideri umani in un’impresa redditizia, dalla preparazione per l’ammissione al college ai trapianti d’organo, dall’adozione ai diritti di emissioni, dall’evitare le code ad accaparrarsi un posto in cui stendere le gambe su un aeroplano; e, piu’ di recente, della finanziarizzazione di ogni cosa e del crescente predominio del capitale finanziario sul capitale produttivo nella dinamica dell’ economia e della vita di tutti  i giorni […]
I detrattori di queste politiche e pratiche si concentrano di solito su quattro effetti deleteri.
Il primo e’ una disuguaglianza intensificata, in cui gli strati piu’ alti acquisiscono e mantengono una ricchezza ancora piu’ cospicua, quelli in fondo alla scala finiscono letteralmente per strada o nei sempre piu’ numerosi quartieri poveri urbani e suburbani del mondo, mentre lo strato mediano lavora piu’ ore per un salario piu’ basso, minori benefit, minore sicurezza e minori promesse di pensionamento o di mobilita’ verso l’alto rispetto all’ultimo mezzo secolo […]
La seconda critica rivolta alla politica economica e alla deregolamentazione dello Stato neoliberista riguarda la commercializzazione volgare o immorale di oggetti e attivita’ considerati inadatti alla mercatizzazione. L’accusa e’ che la mercatizzazione contribuisce allo sfruttamento o al degrado degli esseri umani (per esempio, bambini di madri surrogate del Terzo Mondo per ricche coppie del Primo), perche’ limita o stratifica l’accesso a cio’ che dovrebbe essere accessibile e condiviso per tutti (istruzione, natura incontaminata, infrastrutture), o perche’ permette cose terribili o gravemente ingiuriose per il pianeta (traffico d’organi, diritti di emissione, deforestazione, fratturazione idraulica […]
In terzo luogo, i critici del neoliberismo inteso come politica economica di Stato sono angosciati anche dalla crescente intimita’ tra il capitale aziendale e finanziario e lo Stato, e dal predominio delle  corporation nelle decisioni politiche e nella politica  economica […]
Spesso, infine, i critici della politica neoliberista sono preoccupati per la devastazione economica provocata dal predominio e dalla liberta’ del capitale finanziario, soprattutto per gli effetti destabilizzanti delle bolle e di altre fluttuazioni radicali dei mercati finanziari. Resi evidenti dallo shock immediato e dalla lunga coda del tracollo del capitale finanziario del 2008-2009, questi effetti sono messi in rilievo anche dalle crepe che si vanno sempre piu’ allargando tra le sorti di Wall Street e la cosiddetta economia “reale”

Jnfo:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/