Lavoro/Vanetti

Mauro Vanetti – La sinistra di destra. Dove si dimostra che i liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte – Edizioni Alegre (2019)

Dare a tutti gli immigrati documenti, codice fiscale, diritto di voto e cittadinanza.
Questa proposta rivoluzionaria e’ l’unica rivendicazione davvero unificante per la classe operaia […]
L’emigrazione asporta dal luogo di partenza giovani lavoratori intraprendenti, che sono stati cresciuti e istruiti a spese della collettivita’; l’emigrazione frantuma il tessuto sociale, divide le famiglie, svuota le case.
Risultato: le regioni di forte emigrazione in Italia, come quelle del Mezzogiorno, hanno una forte disoccupazione; lo stesso vale per i paesi africani, asiatici, latinoamericani, est-europei, da cui provengono gli immigrati stranieri.
L’emigrazione ha aumentato la disoccupazione, paradossalmente diminuendola nei paesi di arrivo […]
I vantaggi economici nei paesi di arrivo sono di due tipi:- Tutta l’economia si avvantaggia dell’uso di lavoratori già cresciuti e istruiti, per cui non ha dovuto pagare nulla; chi si lamenta perche’ gli immigrati premono sul nostro sistema sanitario, per esempio, si dovrebbe rendere conto che un neonato italiano implica un costo enorme per la collettivita’ prima che possa contribuire all’economia lavorando: una grossa parte di questi costi sono sostenuti dalla famiglia, ma una parte rilevante sono a carico dello stato, per esempio molti costi sanitari, la scuola, ecc.-
Per i capitalisti e’ possibile usare gli immigrati come lavoro a basso costo. Questo e’ un vantaggio solo per qualcuno: per la classe dominante.
Per la classe operaia e’ ovviamente uno svantaggio […]
Contro questa insidiosa manovra, e’ interesse della classe operaia nel suo insieme battersi unita per l’effettiva parita’ di trattamento della forza-lavoro, sia essa nazionale o immigrata.

Info:
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/455-la-sinistra-di-destra-un-libro-di-mauro-vanetti
https://edizionialegre.it/recensioni/liberisti-e-rossobruni-i-nemici-interni-alla-sinistra-giacomo-russo-spena-da-micromega/
https://edizionialegre.it/recensioni/osservazioni-su-un-libro-stimolante-antonio-moscato-dal-blog-movimento-operaio/

https://edizionialegre.it/recensioni/la-liquefazione-della-classe-internazionale/
https://www.dinamopress.it/news/la-sinistra-destra-vecchia-nuova/

Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’abolizione dei controlli sui capitali e la creazione dell’euro hanno privato quasi tutti gli Stati del controllo sulle proprie valute, mettendoli alla merce’ dei mercati obbligazionari e delle agenzie di rating e disattivando uno strumento fondamentale di gestione della crisi.
Gli Stati del centro sono stati spinti in una posizione da tempo familiare a quelli della periferia: l’assoggettamento a forze economiche globali che non avevano alcuna speranza di controllare.
Una risposta e’ stata il passaggio, definito in modo memorabile da Colin Crouch, dal keynesismo pubblico a quello privatizzato.
Mentre il primo aveva utilizzato politiche fiscali e di spesa per stimolare la domanda dei consumatori, il secondo ha incoraggiato l’indebitamento dei consumatori per promuoverne il mantenimento di alti livelli di spesa in condizioni altrimenti sfavorevoli di calo dei salari reali, aumento della precarieta’ e diminuzione delle entrate fiscali delle imprese.
Questo cambiamento, che con la «cartolarizzazione» ha raggiunto vette da capogiro, ha innescato la crisi dei subprime, portandoci, tra il 2007 e il 2008, vicino al tracollo della finanza globale.
L’esito di tale disastro non avrebbe potuto essere piu’ perverso.
Lungi dall’indurre una profonda ristrutturazione del nesso tra economia e politica, la risposta dei poteri forti ha consolidato la presa dei creditori privati sull’autorita’ pubblica.
Dopo aver orchestrato le crisi del debito sovrano, le banche centrali e le istituzioni finanziarie globali hanno costretto gli Stati sotto attacco dei mercati obbligazionari a istituire l’«austerita’», vale a dire a servire su un piatto d’argento i propri cittadini a prestatori internazionali pronti a cannibalizzarli.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
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Economia di mercato/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

La Svizzera e’ in realta’ l’economia piu’ industrializzata del mondo, e detiene il record di produzione manifatturiera pro capite.
Non si vedono molti prodotti «Made in Switzerland», in parte perche’ il paese e’ piccolo (appena 9 milioni di persone circa), ma anche perche’ e’ specializzata in cio’ che gli economisti chiamano «beni di produzione» (macchine, attrezzature di precisione e prodotti chimici industriali) che consumatori comuni, come me e voi, non vedono.
E’ interessante notare che Singapore, un’altra presunta storia di successo post-industriale, e’ la seconda economia piu’ industrializzata del mondo […]
I sostenitori del postindustrialismo fraintendono fondamentalmente la natura dei recenti cambiamenti economici. Cio’ che sta guidando la deindustrializzazione sono principalmente i cambiamenti della produttivita’, non quelli della domanda […]
Mezzo secolo fa, l’industria manifatturiera occupava circa il 40 per cento della forza lavoro nei paesi ricchi ma oggi la stessa – e a volte anche maggiore – quantita’ di produzione e’ portata a termine dal 10-20 per cento della forza lavoro.
La dinamica della produzione e’ un po’ piu’ complicata.
E’ vero che l’importanza del settore manifatturiero nell’economia nazionale e’ diminuita, mentre quella dei servizi e’ aumentata in questi paesi. Tuttavia, cio’ e’ accaduto non perche’ le persone chiedano piu’ servizi di beni manifatturieri in termini assoluti, come i sostenitori della deindustrializzazione vorrebbero farci credere.
E’ successo principalmente perche’ i servizi sono diventati relativamente piu’ costosi, data la piu’ rapida crescita della produttivita’ nel settore manifatturiero rispetto a quello dei servizi. Basti pensare al fatto che i computer e i telefoni cellulari sono diventati molto piu’ economici negli ultimi due decenni, rispetto al taglio di capelli o di un pasto fuori casa […]
Contrariamente al mito postindustriale, la capacita’ di produrre beni manifatturieri in modo competitivo rimane la piu’ determinante del tenore di vita di un paese.
Molti dei servizi ad alta produttivita’ che si suppone stiano sostituendo l’industria manifatturiera, come finanza, trasporti e servizi alle imprese (per esempio consulenza manageriale, ingegneria, design) – non possono esistere senza il settore manifatturiero, perche’ e’ il loro cliente principale.
Questi servizi sembrano «nuovi» soltanto perche’ prima erano forniti da aziende manifatturiere (e quindi conteggiati come produzione del settore manifatturiero), mentre ora vengono forniti da imprese specializzate in tali servizi (e quindi conteggiati come output del settore manifatturiero).
Questo e’ il motivo per cui i paesi con una forte industria manifatturiera, come la Svizzera e Singapore, hanno anche un forte settore dei servizi (anche se non e’ necessariamente vero il contrario).
Inoltre, l’industria manifatturiera e’ ancora la principale fonte di innovazione tecnologica […] Secondo gli ultimi dati disponibili dell’unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), nel 2015, la Svizzera ha prodotto un mva (Valore aggiunto manifatturiero) pro capite di 14 404 dollari (a prezzi 2010) per persona, di gran lunga il più alto al mondo. Al secondo posto, con un certo margine, si trova Singapore, con 9537 dollari. Le cifre corrispondenti erano 9430 dollari per la Germania (al terzo posto), 5174 dollari per gli Stati Uniti e 2048 dollari per la Cina

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Lavoro/Bottini

Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il lavoro del lavoro – Il Sole 24 Ore (2023)

In Europa ancora il 44% dei cittadini (dati Eurobarometro) ritiene che il compito principale per una donna sia occuparsi della casa e della famiglia.
Il mito e la condanna a una vita da «angelo del focolare» trova eco anche in questa nostra contemporaneita’ con le nuove espressioni di caregiver o breadwinner legate al ruolo femminile anche se sembra cosi’ lontana da quello schema archetipico.
E manca, tra l’altro, una reale valorizzazione economica di quel ruolo.
Per l’Istat di fatto le donne che lavorano nel complesso sono impegnate per 60 ore alla settimana tra ore di lavoro esterne e ore di lavoro per la famiglia.
L’altra faccia di questo squilibrio e’ che le donne soffrono di una poverta’ di tempo.
E se questo surmenage venisse remunerato si e’ stimato che sarebbe, nel complesso, di un valore oscillante tra il 10 e il 39% del Pil globale.
E a proposito di empowerment economico, se il lavoro femminile fosse pari a quello degli uomini (in quantita’ e qualità) il Pil del mondo salirebbe del 26 per cento […]
Unione europea e’ all’avanguardia nel mondo per la parita’ di genere: 14 tra i primi 20 Paesi al mondo per l’attuazione della parita’ di genere sono Stati membri dell’UE […] L’Italia e’ un po’ sotto la media europea, con un punteggio generale di 63,5.
Le disuguaglianze di genere sono piu’ marcate nei settori del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti). Ma e’ il lavoro il vero scandalo: l’Italia ha il punteggio piu’ basso di tutti gli Stati membri della Ue e si ferma a 63,3 (il suo punteggio piu’ alto e’ invece nel settore della salute con 88,4 punti).
L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere ha stimato che se i progressi nella riduzione del gender gap proseguono alla velocita’ di quelli di oggi ci vorranno 60 anni per il raggiungimento della effettiva parita’. Con uno scandalo ulteriore: le donne hanno scolarita’ superiori a quelle degli uomini e in genere risultati scolastici piu’ brillanti. Dunque, sono talenti, capitale umano pregiato, competenze che l’Italia tende a sprecare o a usare nel modo piu’ inefficiente creando sacche di sottoccupazione (con ruoli inferiori ai titoli di studio e ai curricula) […]
Si chiama child penalty: i figli, in un Paese che manda deserte le gare per aumentare gli asili nido al Sud con i fondi del Pnrr, finiscono per rappresentare un ostacolo alla piena occupazione delle donne.
L’11% delle madri non ha mai lavorato oppure, alla nascita dei figli, abbandona il lavoro nell’11% dei casi con il primogenito, percentuale che sale al 17% con due figli e al 19% con tre o piu’.
C’e’ una triste controprova di questo ostacolo: le donne single in media guadagnano piu’ degli uomini single.
E’ evidente che il superamento del gender gap passa anche da una diversa concezione e fruizione degli strumenti di welfare e di sostegno alla famiglia. La conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di vita per ogni donna non e’ solo un tema da convegno, e’ la turbinosa gestione della quotidianita’. Almeno fino a quando non lo diventera’ del pari anche per gli uomini. E sconta, tra l’altro, una zavorra culturale che e’ tutta in una risposta data dagli italiani a un sondaggio di World Value Survey. All’affermazione «Un bambino in età prescolare soffre se la mamma lavora» l’81,4% degli italiani dichiara di essere d’accordo. In Europa in media quella percentuale scende al 55,6 per cento.
Il «che fare?» e’ tutto in quei 25 punti di scarto.

 

Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’espropriazione e’ un’accumulazione con altri mezzi, diversi cioe’ dallo sfruttamento.
Facendo a meno della relazione contrattuale attraverso cui il capitale acquista «forza lavoro» in cambio di un salario, l’espropriazione agisce confiscando capacita’ umane e risorse naturali per poi trasferirle con la forza nei circuiti di espansione del capitale.
La confisca puo’ essere manifesta e violenta, come nel caso della schiavitu’ del Nuovo Mondo, oppure puo’ essere mascherata dal mantello del commercio, come nel caso dei prestiti predatori e dei pignoramenti per debiti dell’epoca attuale.
I soggetti espropriati possono essere comunita’ rurali o indigene della periferia o membri di gruppi assoggettati o subordinati nelle aree centrali del capitalismo.
Una volta espropriati, questi individui possono diventare dei proletari sfruttati, se sono fortunati, oppure finire tra i poveri, tra gli abitanti delle baraccopoli, tra i mezzadri, tra i «nativi» o tra gli schiavi, soggetti a un’espropriazione continuativa al di fuori del contratto salariale.
I beni confiscati possono essere lavoro, terra, animali, strumenti, giacimenti minerari o energetici, ma anche esseri umani, le loro capacita’ sessuali e riproduttive, i loro figli e gli organi del loro corpo.
L’essenziale e’ che gli elementi requisiti vengano incorporati nel processo di espansione del valore che definisce il capitale. Il semplice furto non e’ sufficiente.
A differenza del tipo di saccheggio che ha preceduto di molto l’ascesa del capitalismo, l’espropriazione, cosi’ come la intendo qui, e’ una confisca con trasferimento forzato nell’accumulazione.

Info:
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Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Dopo la fase di espansione economica del secondo dopoguerra, si manifesta quella che Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», un’economia cioe’ alimentata da un susseguirsi di recessioni sempre piu’ acute e riprese cicliche gestite con misure di stabilizzazione – smantellamento del welfare state e abbandono della spesa pubblica in primis – che vennero adottate in Occidente a prescindere dall’indirizzo politico che caratterizzava i paesi coinvolti in quel periodo storico: prima la Gran Bretagna, poi la Francia seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Italia; stessa cosa avvenne nei paesi dell’Est e del Sud del mondo.
Privatizzazioni, austerita’ e liberalizzazione dei mercati sono stati i tre pilastri del Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta […]
Le scelte politiche, e conseguentemente l’ordine giuridico che vincola gli attori sociali a rispettarle, agiscono a monte e a valle delle recessioni economiche.
Nell’economia del debito, il punto di inizio e’ rappresentato da quel dato regime economico che si e’ scelto di imporre mediante un preciso sistema di regole (politica dei tassi di interesse, politica del cambio, diritto delle imprese nazionali e multinazionali, regolamentazioni finanziarie, disciplina del mondo del lavoro, ecc.).
In questa fase, viene sostanzialmente deciso quale forma giuridica debba assumere il mercato, nel piu’ ampio contesto socio-politico di riferimento.
Al manifestarsi delle crisi, la politica e’ costretta a prendere delle decisioni di carattere macroeconomico per farvi fronte; le misure anticrisi vengono realizzate per far si’ che i meccanismi macroeconomici di aggiustamento garantiscano la tutela dei grandi capitali internazionali che alimentano l’economia del debito.
La garanzia e’ chiaramente di natura giuridica, consiste cioe’ nella predisposizione di una serie di regole e trattati internazionali mediante cui si obbliga la collettivita’ a sopportare il peso del fallimento del modello economico di riferimento.
In questa fase del ciclo economico, l’assetto istituzionale delle nazioni colpite dalla crisi subisce forti pressioni da parte delle organizzazioni internazionali che contrattano sul piano politico le richieste degli investitori esteri, cosi’ come e’ avvenuto con la caduta dell’ultimo governo Berlusconi […]
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione. Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Lavoro/Vanetti

Mauro Vanetti – La sinistra di destra. Dove si dimostra che i liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte – Edizioni Alegre (2019)

I capitalisti hanno bisogno di una sovrappopolazione relativa di proletari.
Per ottenerla possono importarla da altri paesi, e in parte lo fanno. Ma c’e’ un modo piu’ semplice, con cui viene prodotta localmente la gran parte dei lavoratori “in eccesso”.
Forse qualcuno ne avra’ gia’ sentito parlare: e’ la riproduzione sessuata. I capitalisti sono gente pratica: hanno scoperto che molti proletari sono attratti dall’idea di accoppiarsi con altri proletari e che da queste unioni nascono dei piccoli cuccioli di proletario.
Basta aspettare pochi anni e un cucciolo di proletario diventa quasi sempre un proletario adulto, pronto per essere messo a lavorare. L’80-90% dei proletari italiani e’ fornito da cucciolate partorite e allevate in Italia […]
In Italia a meta’ del 2018 c’erano:- 21 milioni di occupati italiani e 2 milioni e mezzo di occupati stranieri.- 2.400.000 disoccupati italiani e 400mila disoccupati stranieri.- 11.900.000 inattivi italiani e 1.100.000 inattivi stranieri (età 15-64).
In queste statistiche mancano gli immigrati irregolari, che tuttavia non possono cambiare di molto i risultati perche’ sono una piccola minoranza: meno dell’1% della popolazione (si’, lo so che tutti pensano che siano molti di piu’: e’ perche’ c’e’ molta disinformazione).
Gli inattivi inoltre non sono veramente tutti li’ a girarsi i pollici: sono casalinghe, studenti, pensionati precoci, disabili e malati gravi, donne in maternita’, ecc.
L’esercito industriale di riserva, dunque, e’ composto da meno di tre milioni di persone, di cui gli italiani sono oltre l’80%.
Gli immigrati fanno parte sia dell’esercito di riserva sia della parte occupata della classe lavoratrice, visto che il tasso di occupazione tra gli stranieri (64% tra i comunitari, 61% tra gli extracomunitari) e’ superiore a quello degli italiani (59%) […]
Che mestiere fanno gli stranieri che lavorano regolarmente, cioe’ la maggior parte?- 700.000 fanno le colf, le badanti e mestieri simili di assistenza e cura.- 400.000 sono tute blu.- 300.000 lavorano in alberghi e ristoranti.- 300.000 sono occupati nel commercio.- 200.000 fanno i muratori o comunque lavorano in cantiere.
Non elenco i settori con meno di 100.000 addetti stranieri regolari, ma l’agricoltura, dove e’ forte la presenza di immigrati che lavorano senza documenti, sarebbe probabilmente tra i settori piu’ importanti contando anche il lavoro nero. Ne danno testimonianza i campi del Lazio, della Campania, della Puglia, della Calabria, della Sicilia, dove spadroneggia il caporalato su grandi masse di lavoratori extracomunitari, specie africani o asiatici, protagonisti in questi anni di lotte sindacali e rivolte bracciantili come quelle di Rosarno, di Nardo’, dell’Agro Pontino, della Capitanata, di Castelvolturno.

Info:
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Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

Sebbene le enclosure siano state parte integrante di ogni fase del capitalismo, le nuove forme prodotte dall’attuale regime sono tanto ingegnose quanto insidiose.
Com’e’ noto, le biotecnologie all’avanguardia si uniscono alle piu’ moderne leggi sulla proprieta’ intellettuale per progettare inediti modelli di rendita monopolistica.
In alcuni casi, Big Pharma rivendica la proprieta’ di medicinali indigeni a base vegetale. E’ quanto accaduto ad esempio con i farmaci derivati dall’albero di neem indiano, di cui ha recentemente decodificato il genoma, nonostante le qualita’ terapeutiche di questo sempreverde siano note e utilizzate da secoli in tutta l’Asia meridionale.
Allo stesso modo, Big Agra cerca di brevettare varieta’ di colture, come il riso basmati, sulla base di presunti «miglioramenti» genetici, al fine di espropriare le comunita’ agricole che le hanno sviluppate.
In altri casi, invece, gli espropriatori bioingegnerizzano nuove nature storiche che non esistono «in natura». Un esempio famoso e’ quello dei semi Terminator di Monsanto, deliberatamente progettati per essere sterili in modo tale che gli agricoltori debbano acquistarli ogni anno.
Qui, una multinazionale interrompe intenzionalmente il processo naturale di rinnovamento della vita con cui si riproducono le sementi per alimentare il processo artificiale di estinzione della vita che consente al capitale di riprodurre se’ stesso.

Info:
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Economia di mercato/Sciavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Einaudi (2023)

E’ stato il salto tecnologico a determinare il superamento dell’eta’ industriale; la dissoluzione dei grandi sistemi di fabbrica intorno ai quali si aggregavano masse altrettanto imponenti di operai […]
Al suo posto si e’ costruita quella che abbiamo definito, in una prima approssimazione, la forma tecno-finanziaria del capitale […] caratterizzata dalla produzione, a sempre maggiore intensita’ tecnologica, di servizi, di informazione e di altre merci in buona parte immateriali.
Un modello […] tendenzialmente delocalizzato, quanto invece il precedente era radicato nel territorio; con la conseguente crisi, almeno dal punto di vista economico, delle tradizionali sovranita’ degli Stati […] e’ stato il salto tecnologico a trasformare […] la relazione tra capitale e lavoro vivo, penetrando in quest’ultimo fino a mutarne la qualita’.
Si e’ creato cosi’ un tipo di rapporto centrato non piu’ – come una volta – sull’allargamento progressivo e illimitato della base produttiva (piu’ produzione, piu’ lavoro, piu’ ricchezza), e dunque sul modello quantitativo e di massa del lavoro, bensi’ sull’incremento delle specificita’ qualitative delle singole prestazioni. Ciascuna misurata sulla densita’ tecnologica che e’ capace di integrare al suo interno per poi trasformarla in merci di diverse tipologie.
In questa nuova configurazione lo sfruttamento classico – quello che una volta si chiamava l’estrazione del plusvalore attraverso il pluslavoro, il lavoro cioe’ erogato ma non retribuito – e’ riservato solo alle forme di lavoro a piu’ bassa densita’ tecnologica, dove continua a prevalere l’aspetto puramente quantitativo dell’attivita’ umana. Esso e’ lavoro ormai senza difesa; diventato economicamente e socialmente marginale, perche’ attraverso di esso non passa nulla di decisivo per il capitale, e nemmeno per la societa’ nel suo insieme […]
Il valore delle merci dipende ormai dalla tecnologia in esse incorporata, e non piu’ dalla quantita’ di lavoro vivo necessario a produrle, percio’ diminuisce il bisogno di nuovo sfruttamento da parte del capitale […]
Questa frattura segna un autentico passaggio d’epoca, che ha cambiato radicalmente il nostro mondo […]
Ne sappiamo gia’ tuttavia abbastanza per capire che si e’ aperta un’epoca di neoframmentazione corporativa del lavoro, anch’essa non ancora valutata a fondo nella sua portata e nei suoi esiti culturali e sociali di lungo periodo. Il suo sviluppo non determina – vi abbiamo gia’ fatto cenno – ne’ eguaglianza, ne’ legami sociali di massa, ne’ tantomeno stabili vincoli di classe: proprio come accadeva per il vecchio lavoro precapitalistico – un ritorno per alcuni versi paradossale.
Nel nuovo modo di produzione diventano dominanti tipologie di lavoro molto piu’ personalizzate rispetto al passato industriale, che richiederanno probabilmente per il loro espletamento quantita’ di tempo via via minori, mentre aumentera’ la parte di vita da utilizzare per lo studio, la formazione, l’aggiornamento.
Lavori impossibili da unificare sindacalmente: piu’ separati, in concorrenza e in competizione tra loro, ma che saranno in grado sempre meglio di proteggersi contrattualmente da soli, grazie alla forza sul mercato degli specialismi che essi contengono.

Info:
https://www.genteeterritorio.it/una-sinistra-nuova-riflessioni-sul-libro-di-aldo-schiavone/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/02/07/news/aldo_schiavone_politologo_nuovo_libro_sinistra_ordine_mondiale_progressisti-386900578/

Lavoro/Vanetti

Mauro Vanetti – La sinistra di destra. Dove si dimostra che i liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte – Edizioni Alegre (2019)

L’appartenenza di classe – con buona pace dell’Istat – si definisce in primo luogo sulla base del rapporto che si ha coi mezzi di produzione.
In Italia un’elite composta dal 2,8% delle famiglie (dati 2015) ha profitto/interesse/rendita come fonte principale di reddito. Il 44,7% delle famiglie vive soprattutto di reddito da lavoro dipendente, il 39,6% di pensioni, cassa integrazione e altri trasferimenti statali, il 13,0% di reddito da lavoro autonomo (che e’ una combinazione in varie proporzioni di lavoro e profitto).
L’ampiezza delle famiglie dei capitalisti e dei pensionati e’ mediamente minore, quindi in realta’ il numero di persone che vivono direttamente o indirettamente di lavoro dipendente supera il 50%.
La classe lavoratrice, che si era prematuramente dichiarata scomparsa, costituisce la maggioranza!
(Giova qui ricordare che l’espressione classe operaia, una traduzione del tedesco Arbeiterklasse e dell’inglese working class, non si e’ mai riferita, neppure nell’Ottocento, solo a quelli che in italiano chiamiamo operai, ma e’ sinonimo di classe lavoratrice o proletariato. Ricevi uno stipendio per lavorare per una ditta o un ente che non possiedi ne’ gestisci? Sei della working class).
Questi dati sono confermati anche dalle statistiche dell’Organizzazione internazionale del lavoro relative al 2017 […]
Il proletariato, fin dal nome, non si definisce per cio’ che fa ma per cio’ che non ha. O meglio: quel che fa, lavorare per un salario, e’ dovuto al fatto che vi e’ costretto perche’ non possiede un granche’.
Nell’antica Roma era proletario chi possedeva “solo la prole”, cioe’ chi non era un possidente. Naturalmente anche nell’antica Roma i proletari possedevano in realta’ altre cose, tipo i propri vestiti e accessori, utensili e mobili domestici, oggetti di uso quotidiano, talvolta animali e naturalmente cibo. La proprieta’ di cui si parla non e’ la proprieta’ personale (uno spazzolino da denti) bensi’ la proprieta’ privata dei mezzi di produzione (una fabbrica di spazzolini) […]
Cosa posseggono i possidenti?
Vediamo in cosa era allocata la ricchezza delle famiglie in Italia nel 2013.
Una parte importante dei patrimoni ha la forma di oggetti fisici:- Abitazioni: 5.000 miliardi di euro (il 41% di queste abitazioni non sono prime case).- Altri immobili: 500 miliardi.- Capitale fisso (i macchinari, le attrezzature, le scorte, gli impianti usati nella produzione): 200 miliardi.- Oggetti preziosi: 100 miliardi.- Monete e banconote: 100 miliardi.
Un’altra parte e’ invece in forma intangibile, si tratta cioe’ di attivita’ finanziarie:- Depositi bancari e postali: 1.000 miliardi di euro.- Titoli, riserve di assicurazione e crediti: 1.500 miliardi.- Azioni, partecipazioni e altre attivita’ finanziarie: 2.400 miliardi.
Siccome pero’ le famiglie hanno anche 900 miliardi di debiti e altre passivita’, la ricchezza netta e’ di 9.500 miliardi.

Info:
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/455-la-sinistra-di-destra-un-libro-di-mauro-vanetti
https://edizionialegre.it/recensioni/liberisti-e-rossobruni-i-nemici-interni-alla-sinistra-giacomo-russo-spena-da-micromega/
https://edizionialegre.it/recensioni/osservazioni-su-un-libro-stimolante-antonio-moscato-dal-blog-movimento-operaio/

https://edizionialegre.it/recensioni/la-liquefazione-della-classe-internazionale/
https://www.dinamopress.it/news/la-sinistra-destra-vecchia-nuova/