Economia di mercato/Feltri

10 rivoluzioni nell’economia globale – Stafano Feltri – Utet (2024)

Quando un giorno gli storici cercheranno il momento in cui e’ finita la globalizzazione che ha plasmato il ventesimo e il ventunesimo secolo, forse sceglieranno proprio il 3 ottobre del 2023.
E’ quella la data su una bozza di documento, rivelata dal giornale Politico.eu, che prevede l’intesa tra Washington e Bruxelles per imporre «una adeguata protezione tariffaria di acciaio e alluminio dalle fonti di eccesso di capacita’ produttiva non dovute al mercato».
Una formula molto opaca che pero’ ha un significato preciso: poiche’ la Cina sussidia la produzione di alluminio e acciaio in modo da poter vendere i prodotti finiti a prezzi piu’ bassi rispetto ai concorrenti europei, allora servono barriere tariffarie che introducano un costo aggiuntivo sull’acciaio e l’alluminio cinesi, in modo da rendere il suo prezzo di vendita finale analogo o superiore a quello dei produttori europei e americani, che cosi’ non rischieranno piu’ di perdere quote di mercato e di dover spegnere le loro acciaierie […]
L’aspetto di rilevanza sistemica e globale di questa vicenda e’ che le ritorsioni tariffarie di Stati Uniti e Unione Europea in risposta ai sussidi cinesi sono in violazione delle regole fissate dalla WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, che proibiscono la discriminazione di questo o quel paese, nel tentativo di creare una concorrenza trasparente e paritaria a livello globale […]
L’aspetto piu’ importante di quelle tariffe e’ che sono tariffe illegali, perche’ decise in modo unilaterale dagli Stati Uniti senza passare dalla WTO.

Info:
https://www.startmag.it/mondo/feltri-economia/
https://appunti.substack.com/p/dieci-rivoluzioni

https://www.settimananews.it/libri-film/raccontare-il-cambiamento/

Capitalismo/Stiglitz

Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Joseph Eugene Stiglitz – Einaudi (2014)

Il capitalismo moderno e’ diventato un gioco complesso, dove per vincere non basta un po’ di cervello.
Chi vince spesso possiede anche caratteristiche meno degne di ammirazione: l’abilita’ di aggirare la legge o di plasmarla a proprio beneficio, il desiderio di sfruttare gli altri, anche i poveri, e la disponibilita’ a giocare scorrettamente quando necessario.
Con le parole di uno di questi giocatori di successo, il vecchio adagio «non importa vincere o perdere, cio’ che conta e’ come si gioca» e’ spazzatura. Conta soltanto se si vince o si perde e il mercato ha un modo semplice di dimostrarlo: la quantita’ di denaro che si realizza.
Vincere il gioco della ricerca della rendita ha permesso a molti di quanti si trovavano in cima alla scala sociale di ammassare vere e proprie fortune, ma non e’ l’unico strumento attraverso il quale si ottiene e si conserva la ricchezza. Anche il sistema fiscale svolge un ruolo cruciale […]
Chi sta in alto ha fatto in modo da disegnare un sistema fiscale che gli pemettesse di pagare meno di quanto sarebbe giusto, ossia una percentuale del proprio reddito inferiore a quella dovuta da chi e’ molto piu’ povero. Definiamo regressivi i sistemi fiscali di questo tipo […]
La ricerca della rendita puo’ assumere varie forme, in virtu’ di concessioni e sussidi governativi nascosti o trasparenti, di leggi che riducono il livello di concorrenza del mercato, di un’applicazione permissiva delle leggi esistenti sulla concorrenza e di statuti che consentono ai grandi gruppi economici di avvantaggiarsi sugli altri o di trasferire i propri costi al resto della societa’.
Il termine «rendita» veniva originariamente utilizzato per descrivere le entrate dei proprietari terrieri, che le percepivano in virtu’ della terra posseduta e non per aver fatto qualcosa. Diversa e’ da sempre la situazione dei lavoratori, i cui salari ne ricompensano la fatica. Il termine «rendita» fu poi esteso per includere i profitti o rendite monopolistiche, ossia il reddito che si ricava dal semplice controllo di un monopolio.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/15721-joseph-stiglitz-per-combattere-le-disuguaglianze-bisogna-abbandonare-subito-le-idee-di-milton-friedman.html

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Economia di mercato/Mattei

L’economia è politica. Tutto quello che non vediamo dell’economia eche nessuno racconta – Clara E. Mattei – Fuoriscena (2023)

Dalla prospettiva del mercato il capitalista si comporta da semplice acquirente, non c’e’ nulla di speciale.
Con il capitale iniziale acquista le merci necessarie alla produzione, tra cui anche quella merce particolare che e’ la forza lavoro, ovvero la capacita’ di lavorare in cambio di un salario.
Vediamo uno scambio tra «equivalenti», nessuno sta ingannando o sfruttando nessun altro e chi detiene il capitale paga la merce forza lavoro secondo il prezzo di mercato.
Il prezzo puo’ variare. Se la forza contrattuale di chi riceve un salario e’ alta perche’ ad esempio ci sono pochi lavoratori sul mercato, allora anche il prezzo della merce forza lavoro sara’ alto. Cio’ dara’ a chi lavora la convinzione di essere remunerato correttamente per il proprio lavoro effettivo […]
Ma il segreto scompare una volta che si lascia la sfera del mercato e si entra in quella della produzione […]
Il capitalista paga la forza lavoro, ma non il prezzo del lavoro effettivo o del valore che viene prodotto. Durante il loro turno di otto ore, i lavoratori di una fabbrica Kellogg’s producono cereali e merendine che valgono migliaia di dollari, ma vengono pagati solo 120 dollari al giorno […]
C’è un altro aspetto.
Il profitto non si basa solo sul lavoro salariato non pagato (pluslavoro), ma anche su quello specifico lavoro non remunerato che viene svolto al di fuori dell’azienda e che garantisce il benessere fisico e psicologico del lavoratore. Stiamo parlando, per esempio, del lavoro domestico, ma anche della cura di se’ (sanita’) e della scuola attraverso cui i lavoratori possono formarsi, secondo uno schema tra l’altro sempre piu’ funzionale al mercato. Si tratta di costi essenziali per la riproduzione della classe lavoratrice e per il sano mantenimento della forza lavoro, pero’ il capitalista non deve farsene carico.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/

Capitalismo/Kurz

Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz – Meltemi (2022)

Nel suo sviluppo l’esportazione di capitale tradizionale rispettava qualcosa come un principio di costruzione modulare.
Ad esempio, quando Volkswagen, negli anni Settanta, esportava i suoi capitali negli USA o in Brasile, lo faceva costituendo in questi paesi una struttura aziendale per la produzione di automobili pressoche’ identica a quella originaria. Si trattava di investimenti per l’espansione aziendale nel contesto di un’espansione globale del capitale […]
Analogamente le multinazionali costruivano all’estero societa’ affiliate, che erano copie o cloni della societa’-madre, con le relative divisioni aziendali (dalla produzione all’amministrazione).
L’esportazione di capitale si traduceva quindi nell’espansione meccanica di questa o quella compagnia. Presso la societa’-madre restava solo la centrale di comando superiore, che aveva il compito di compendiare al suo interno tutto questo agglomerato di elementi aziendali indistinguibili.
Il nuovo processo della globalizzazione, a partire dagli anni Ottanta, ha superato questa forma primordiale dell’organizzazione multinazionale sotto molteplici aspetti. All’espansione meccanica, secondo il principio dell’architettura modulare, e’ subentrata un’esportazione di capitale completamente nuova.
Nella crisi della terza rivoluzione industriale il fattore piu’ importante non e’ l’espansione delle capacita’ aziendali verso altri paesi; al contrario, l’esportazione di capitale avviene nel contesto di una contrazione dell’accumulazione globale […]
In questo contesto la cosa piu’ importante, nell’ottica del singolo capitale aziendale, consiste nello sbarazzarsi di ogni zavorra, nel ridurre quanto piu’ possibile i costi, nell’eliminare ulteriormente la forza-lavoro […]
Naturalmente gioca un ruolo, come mai in passato, la vocazione a essere globalmente presenti, cosi’ da assorbire un po’ dappertutto potere di acquisto (dove ce n’e’ ancora) mediante la produzione locale diretta; un impulso che si fa ancor piu’ prepotente in seguito al progressivo inaridimento dei mercati interni.
Esso pero’ viene di gran lunga sovrastato dalla necessita’ di trovare strade del tutto nuove per la riduzione dei costi cosi’ da sopportare i colpi della concorrenza distruttrice.
Pertanto l’esportazione di capitale (sul piano dell’economia reale) ha adesso soprattutto lo scopo di alleggerire i costi delle capacita’ produttive gia’ esistenti e di produrre a costi sempre piu’ bassi.
In conclusione: l’esportazione di capitale si e’ trasformata in una funzione della razionalizzazione aziendale. Non si tratta più di investimenti finalizzati all’espansione dell’impresa bensi’ di investimenti per la razionalizzazione, collegati alla chiusura di attivita’ aziendali e ai licenziamenti di massa.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

Finanziarizzazione/Galli

Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Giorgio Galli, Francesco Bochicchio – Mimesis (2018)

Il capitale finanziario ha dato libera stura al proprio volto peggiore e alla speculazione, che, contrariamente a quanto avvenuto fino ad adesso, e’ ora in grado di arrecare danni non piu’ sopportabili.
In virtu’ del ricorso abnorme ai contratti derivati, che sono la forma piu’ rischiosa di investimenti, le banche d’affari americane sono andate in crisi gravissima nel 2008, e in violazione dei principi del liberismo e’ stato necessario il salvataggio da parte del Tesoro americano, con un esborso pauroso.
Le banche d’affari, dopo il salvataggio, sono riuscite a impedire qualsivoglia riforma del settore finanziario e hanno continuato imperterrite nei loro comportamenti ultra-speculativi, operando anche a danno degli Stati sovrani deboli e compiendo illeciti paurosi.
Chi potra’ risanare gli effetti della prossima crisi, inevitabile (a meno di un riformismo socialdemocratico di sinistra conflittuale e incisivo e non rinunziatario, che il capitale ben difficilmente rendera’ possibile, riformismo socialdemocratico di sinistra che unirebbe contestualmente le caratteristiche di salvare il sistema e di consentire alla classe salariata di organizzarsi) visto il dissennato ricorrere delle banche d’affari alla speculazione, alla ricerca di profitti enormi, convinte di traslare sullo Stato e sul risparmio le perdite?

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/marchesi-libero-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/quotidiano-sud-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf

Economia di mercato/ Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalita’ neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

[Il neoliberismo non e’] un insieme di politiche economiche monetarie o di austerita’ o della mercificazione dei rapporti sociali o della «dittatura dei mercati finanziari».
Si tratta, piu’ fondamentalmente, di una razionalita’ politica ormai diventata globale, che consiste per i governi nell’imporre all’interno dell’economia, ma anche della societa’ e dello Stato stesso, la logica del capitale […]
Cio’ che caratterizza questo modo di governo e’ il fatto che esso si alimenta e si radicalizza attraverso le sue stesse crisi: il neoliberismo si fonda e si rafforza proprio perche’ governa attraverso la crisi.
Dagli anni Settanta, il neoliberismo in effetti si nutre delle crisi economiche e sociali che esso stesso produce. La sua risposta e’ invariante: anziche’ mettere in discussione la logica che ha portato alle crisi, occorre spingere ancora piu’ lontano questa stessa logica e lavorare per il suo indefinito rafforzamento.
Se l’austerita’ produce deficit di bilancio, occorre rafforzare l’austerita’. Se la concorrenza distrugge il tessuto industriale o produce la desertificazione di intere regioni, occorre aumentare la concorrenza tra imprese, territori, citta’ […]
Governare attraverso la crisi e’ possibile unicamente perche’ il neoliberismo e’ diventato un sistema.
Ogni crisi economica, a partire da quella del 2008, e’ letta attraverso i termini del sistema e le risposte alle crisi sono unicamente quelle con esso compatibili.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

 

Capitalismo/Galli

Democrazia, ultimo atto? – Carlo Galli – Einaudi (2023)

Soprattutto con la crisi del 2008 e con il susseguirsi micidiale di pandemia, guerra e inflazione, il neoliberismo – insieme alla globalizzazione – si e’ inceppato: il succedersi di una fase disforica a quella euforica ha mostrato che il paradigma dominante esige sacrifici piu’ che offrire opportunita’, e veicola soprattutto passivita’, sfiducia, disincanto.
La liberta’ e l’autonomia promesse sono sfuggite dalle mani; la liberta’ e’ il poter scegliere merci (se si possiede il reddito sufficiente) o perfino scegliere l’identita’ di genere, purche’ non vengano intaccati i meccanismi dell’economia; il popolo, in gran parte ridotto a «neoplebe», non sembra piu’ in grado di esprimere energia politica, ne’ come unitaria potenza eccezionale (cioe’ come potere costituente) ne’ come soggetto plurale di conflitti, e neppure come insieme di cittadini motivati alla partecipazione anche solo elettorale: l’individualismo si manifesta ormai come apatia di singoli desocializzati.

Info:
https://www.doppiozero.com/democrazia-ultimo-atto
https://www.pandorarivista.it/event_listing/democrazia-ultimo-atto-con-carlo-galli-flavia-giacobbe-e-damiano-palano/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/09/24/news/tramonto_democrazia_libro_di_carlo_galli-415666570/
https://www.youtube.com/watch?v=bMsOzzZ6B1o
https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Carlo-Galli-la-crisi-della-democrazia-bdeb1652-b914-416a-871f-e0478803be64.html

Lavoro/Aloisi

Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Laterza (2020)

La tecnologia ha un ruolo tutt’altro che neutrale poiche’ puo’ determinare un logoramento lento, profondo e pressoche’ invisibile a danno dei salari.
Puo’ succedere che, proprio agendo come forza che immiserisce il contenuto delle attivita’ umane (accrescendo le potenzialita’ invasive dei sistemi di sorveglianza, parcellizzando le mansioni per favorirne l’esternalizzazione, adottando selvaggiamente processi decisionali automatizzati), lo sviluppo digitale finisca per accelerare il processo di sostituzione robotica di ruoli e mansioni e, alla lunga, segni l’estinzione definitiva di un particolare tipo di lavoro: quello di qualita’.
Il guaio, tra l’altro, e’ che la trasformazione assunta a piccole dosi sembra avere effetti paralizzanti sulle risposte dei governi e delle parti sociali nei confronti di ultimi, penultimi e vulnerabili.
Precarizzazione, ribasso e automazione rischiano cosi’ di diventare le tappe forzate di un viaggio lento al termine del lavoro dignitoso.
Contemporaneamente, l’impoverimento contrattuale, il caos normativo e la debolezza dei meccanismi di controllo stanno spianando la strada alla non convenienza del lavoro sicuro, dignitoso e distintivo, e quindi alla sua potenziale sostituzione con infinite opzioni low cost.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%202.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf

https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/

Economia di mercato/Kurz

Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz. – Meltemi (2022)

A partire dai primi anni Novanta la maggior parte degli attori aziendali, cosi’ come dei loro consulenti e leader di opinione, cerca sempre piu’ apertamente di trasformare il mantello giuridico-formale dell’impresa in un “mantello di fedelta’” e in un riferimento globale, non piu’ incastrato nel contesto nazionale, con un proprio simbolismo e una propria “cultura” (o persino una propria “filosofia”).
Solo per fare un esempio, gia’ all’inizio degli anni Novanta il tradizionale “Made in Germany” dovette cedere il passo a “Made by Mercedes”; da quel momento la “coscienza del marchio” e la “cultura del marchio” (che sono l’oggetto della critica culturale di Naomi Klein) hanno conosciuto uno sviluppo impetuoso non solo nella direzione del feticismo del consumo, caratteristico delle masse addomesticate dal capitalismo, ma anche in quella di una “cultura imprenditoriale”, curata fin nei minimi particolari, in cui si esprime la visione del mondo e il narcisismo del management […]
Suscitando i malumori della Bundesbank, Deutsche Bank ha trasferito la sua divisione specializzata nell’investment da Francoforte a Londra, Mercedes-Benz non rende piu’ pubblici i suoi bilanci a Stoccarda bensi’ a New York, mentre il direttivo di Siemens si e’ riunito gia’ una volta, a titolo dimostrativo, a Singapore.
“Siamo costretti a risolvere i nostri problemi aziendali a spese dell’economia nazionale” – dovette ammettere l’allora capo di BMW Eberhard von Kuenheim.
E in quegli stessi anni anche il presidente di Sony, Nobuyuki Idei, dichiarava con franchezza: Noi non siamo un’impresa giapponese. Siamo un’impresa globale la cui sede e’ in Giappone, ma solo per ragioni storiche. Solo il 30% del nostro volume di affari viene realizzato in Giappone.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe