Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

L’entrata a gamba tesa contro i provider cinesi viene motivata solitamente col fatto che lo Stato cinese, tramite l’accesso alla nostra sfera privata, arriverebbe a incidere sulla nostra economia e in ultima analisi perfino sull’ambito politico. Non fa una piega.
Ugualmente, pero’, la stessa identica motivazione si puo’ addurre se non vogliamo lasciare il controllo della nostra economia e della nostra comunicazione digitale nelle mani delle multinazionali digitali statunitensi, sulla cui stretta cooperazione con lo Stato americano e i suoi servizi segreti non esiste sicuramente piu’ alcun dubbio almeno dal 2013, quando l’insider Edward Snowden rese di dominio pubblico tutto cio’ che sapeva[…]
Del resto, anche gli americani che ficcano il naso nei dati non sono geni che lavorano da soli in un garage, come amiamo sentirci dire, ma al pari dei provider cinesi devono la loro esistenza a sovvenzioni statali miliardarie.
Il Pentagono aveva intuito per tempo l’importanza militare e geostrategica delle tecnologie digitali e quindi vi aveva investito molti soldi. Anche i servizi segreti vi avevano fiutato, gia’ negli anni Novanta, una nuova miniera d’oro per le informazioni che valeva assolutamente la pena sfruttare […]
Ovviamente, da quell’epoca i cinque piu’ grandi gruppi del settore digitale si sono emancipati dai foraggiamenti statali. Ma cio’ di cui hanno bisogno come l’aria e’ che il sistema politico tolleri il loro modello di business, che nel suo accesso disinvolto alla sfera privata dei cittadini va contro le piu’ elementari liberta’ fondamentali e contraddice chiaramente anche la Costituzione statunitense. Facendo partecipare lo Stato americano con i suoi servizi a cio’ che vengono a sapere attraverso le attivita’ di sorveglianza, si comprano il benestare dei politici, svincolandosi al contempo da qualsiasi regolamentazione giuridica […]
Da quando fu varato il Cloud Act, nel marzo del 2018, le autorita’ statunitensi che sono interessate a tutti i dati su persone e imprese, sia nel territorio nazionale sia all’estero, possono pretenderne dai fornitori di cloud americani la pubblicazione anche in maniera del tutto ufficiale. I diretti interessati non ne sanno nulla.
Dunque non dovrebbe preoccuparci il fatto che i dati su tutti i dettagli della nostra vita privata e della nostra economia sono su server di aziende private, anziche’ nei dossier di uno Stato totalitario. Basta soltanto il fatto che siano raccolti e archiviati a spalancare tutte le porte a un loro uso deviato e distorto […]
Gli orologi da fitness, ad esempio, potrebbero funzionare per noi esattamente con lo stesso valore d’uso se fossero acquistati insieme a un software da installare su un apparecchio di nostra scelta capace di analizzare i dati dell’orologio senza collegarsi a internet. Purtroppo non esiste nulla del genere, in quanto non tornerebbe utile per chi vuole ficcare il naso nei dati. E guardarci dentro non interessa soltanto a chi vende quell’apparecchio, ma come sempre anche a Google, Apple o Microsoft, che con la massima naturalezza accedono a tutti i dati e archiviano tutto ciò che gira sui loro sistemi operativi.
Ogni passo ulteriore della digitalizzazione, dunque, nelle attuali condizioni ci rende un po’ piu’ trasparenti, finche’ prima o poi perderemo l’ultimo angolino della nostra privacy e intimita’.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Economia di mercato/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’accumulazione e’ inconcepibile, dopo tutto, in assenza di un quadro giuridico che sostenga l’impresa privata e lo scambio di mercato. Il sistema capitalista dipende in modo cruciale dai poteri pubblici per garantire i diritti di proprieta’, per far onorare i contratti e per dirimere le controversie; per soffocare le ribellioni, per mantenere l’ordine e per tenere a freno il dissenso; per assicurare l’offerta di moneta, che costituisce la linfa vitale del capitale; per prevedere interventi che consentano di prevenire o di governare le crisi; e per codificare e far rispettare sia le gerarchie di status ufficiali, come quelle che distinguono i cittadini dagli stranieri, sia le gerarchie non ufficiali, come quelle che distinguono i lavoratori liberi e sfruttabili, che hanno il diritto di vendere la propria forza lavoro, dagli «altri» dipendenti ed espropriabili, le cui proprieta’ e le cui persone sono semplicemente soggette a confisca.
Storicamente, i poteri pubblici sono stati inquadrati per lo piu’ all’interno di Stati territoriali, in alcuni casi operanti come potenze coloniali. I sistemi giuridici di tali Stati hanno stabilito i confini di quegli spazi apparentemente depoliticizzati in cui gli operatori privati potevano perseguire i propri interessi «economici», liberi da interferenze «politiche».
Sempre gli Stati territoriali hanno mobilitato la «forza legittima» per reprimere la resistenza alle espropriazioni che hanno dato origine e sostenuto i rapporti di proprieta’ capitalistici, hanno conferito i diritti soggettivi ad alcuni negandoli ad altri e hanno nazionalizzato e garantito la moneta.
Avendo di fatto istituito l’economia capitalista, questi poteri politici hanno poi adottato una serie di misure per rafforzare la capacita’ del capitale di accumulare profitti e affrontare sfide. Hanno costruito e mantenuto infrastrutture, compensato i «fallimenti del mercato», indirizzato lo sviluppo economico, sostenuto la riproduzione sociale, mitigato le crisi economiche e gestito le relative ricadute politiche.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Come l’acqua evapora da una teiera che rimane per troppo tempo sul fuoco, cosi’ l’energia e la dedizione, in un operatore sanitario, lentamente lasciano spazio a un inaridimento emotivo, puntellato dal cinismo e dalla frustrazione, quando viene negato il tempo per riprendersi e riposare.
Per questo, Christina Maslach non descrive il burnout come una questione individuale, ma come un problema istituzionale. «Il burnout non deriva dalle persone in se’, ma dall’ambiente in cui lavorano»: dalla decisione aziendale di non fornire organici adeguati, salari adeguati, turni di riposo adeguati, per esigenze di bilancio.
In questo contesto, lo scarto tra le priorita’ organizzative dell’azienda sanitaria e le esigenze del personale trasforma il luogo di lavoro in un posto potenzialmente pericoloso, tanto per gli operatori quanto per i pazienti […]
La sanita’ nazionale italiana ha subito tagli per circa trentasette miliardi di euro in soli dieci anni, fondi che sono stati risparmiati bloccando il turnover e tagliando i costi del personale, impedendo cosi’ di sostituire i medici che andavano in pensione e di allineare le retribuzioni dei medici italiani agli standard europei […]
Tra il 2010 e il 2020, in Italia, hanno chiuso i battenti undici aziende ospedaliere, cento ospedali a gestione diretta, centotredici pronto soccorso (di cui dieci pediatrici) e sono state disattivate ottantacinque unita’ mobili di rianimazione. Chiusure che hanno implicato la perdita di quasi trentasettemila posti letto, ventottomila dei quali ordinari e quasi diecimila di day hospital: ma se i posti letto nelle strutture pubbliche sono stati drasticamente tagliati (− 38 684), quelli nelle strutture private sono aumentati (+ 1747) […]
Negli stessi dieci anni, nonostante le assunzioni fatte durante la pandemia, il Servizio sanitario nazionale ha perso circa trentamila professionisti. Le attivita’ di guardia medica hanno subito un taglio di settecento medici, che ha portato a circa millecinquecento interventi in meno di guardia medica ogni centomila abitanti.
In generale, la riduzione dell’offerta sanitaria nell’assistenza territoriale ha prodotto una sanita’ meno equa, meno pubblica, meno sostenibile, indotta negli anni verso un lento declino attraverso interventi finalizzati a una riduzione progressiva delle risorse umane e strutturali, che non sono state percepite dal cittadino nell’immediato ma che, nel corso degli anni, hanno raggiunto quell’effetto moltiplicatore oggi ben evidente grazie alla pandemia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Nancy Fraser – Laterza (2023)

Attualmente ci troviamo di fronte a una crisi della democrazia. Questo e’ indubbio.
Meno riconosciuto, tuttavia, e’ che questa crisi non e’ un fenomeno isolato e che le sue cause non risiedono esclusivamente nella dimensione politica […]
Legata a processi che trascendono il campo della politica, la crisi democratica puo’ essere colta solo da una prospettiva critica sulla totalita’ sociale.
Che cos’e’ esattamente questa totalita’ sociale?
Molti acuti osservatori la identificano con il neoliberismo, e non senza ragione. E’ vero, come sostiene Colin Crouch, che i governi democratici sono ormai sopraffatti, se non completamente controllati, da aziende oligopolistiche di portata globale, ultimamente liberate dal controllo pubblico. E’ vero anche, come afferma Wolfgang Streeck, che il declino della democrazia nel Nord globale coincide con una rivolta fiscale coordinata del capitale societario e con l’insediamento dei mercati finanziari globali come nuovi sovrani a cui i governi eletti devono obbedire.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
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Economia di mercato/ Gorz

Andre’ Gorz – Ecologia e libertà – Orthotes (2015)

E’ questo il consumo ‘opulento’: un consumo che assicura la crescita capitalistica senza per questo comportare ne’ l’incremento del benessere ne’ la moltiplicazione degli oggetti realmente utili (‘valori d’uso’) a disposizione delle persone in un determinato momento. Al contrario, diviene necessaria una crescente quantita’ di prodotti per assicurare un medesimo livello di soddisfazione dei bisogni.
Quantita’ crescenti di materia ed energia, lavoro e capitale sono cosi’ ‘consumate’ senza che per questo le persone vivano significativamente meglio.
La produzione, quindi, si muta sempre piu’ in distruzione e spreco: la progettazione dei prodotti ne include l’obsolescenza, la loro usura e’ programmata.
E’ cosi’ che abbiamo assistito alla sostituzione della latta con l’alluminio, la cui produzione richiede un quantitativo di energia quindici volte superiore; alla sostituzione dei trasporti ferroviari con quelli stradali, che consumano sei o sette volte di piu’ pur usurandosi ben piu’ rapidamente; alla scomparsa di oggetti con viti o bulloni in favore di oggetti saldati o incastonati e dunque non riparabili; alla riduzione della durata di vita delle cucine e dei frigoriferi attorno ad un limite di sei o sette anni; alla sostituzione delle fibre naturali e del cuoio con materiali sintetici poco resistenti; alla diffusione del vuoto a perdere, tanto costoso in termini energetici quanto i recipienti in vetro; all’introduzione di tessuti e vasellame usa-e-getta; alla costruzione di edifici in alluminio e vetro, la cui refrigerazione estiva richiede tanta energia quanto il riscaldamento invernale, ecc.
Questo tipo di crescita e’ stato una fuga in avanti, non una soluzione sostenibile: esso cercava di aggirare il blocco della caduta del saggio di profitto e la saturazione del mercato per mezzo di un’accelerazione sia della circolazione del capitale che dell’usura dei prodotti.

Info:
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

In generale, dagli anni Ottanta in poi, la priorita’ in Italia non e’ stata quella di risolvere problemi come l’assenza di tutele, le paghe basse, i turni massacranti o l’elevato lavoro nero, ma la necessita’ di creare un mondo del lavoro flessibile, in grado di permettere alle aziende di attrarre personale all’occorrenza per dismetterlo quando non serve piu’, allontanando il ricordo del «posto fisso» che per le imprese rimanda a un’inutile rigidita’ del mercato del lavoro.
Il lavoro non era dunque presentato come un diritto ne’ come un dovere: era un dono, un favore che le aziende facevano a chi lavorava, e un’occasione per fare nuovi amici e nuove conoscenze […]
Un’utile fotografia della situazione l’ha offerta il V Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, che descrive la condizione lavorativa in Italia nei mesi immediatamente successivi alla pandemia.
Per il Censis, i lavoratori sono profondamente insoddisfatti: l’82,3 per cento di essi e’ scontento e ritiene di meritare di piu’, un dato che aumenta sino all’86 per cento tra i giovani e all’88,8 tra gli operai.
Nonostante questa insofferenza, il 56,2 per cento degli occupati non e’ propenso a lasciare il proprio impiego […]
C’e’ una latente, sommersa, ma intensa insoddisfazione verso il proprio lavoro. Prevale tra i lavoratori l’idea di meritare di piu’ e che il lavoro non dia il riconoscimento necessario per generare identita’ e appartenenza […]
E’ un quadro di certo non rassicurante, che indica una normalita’ lavorativa segnata dall’insicurezza e dall’insoddisfazione, nella quale il desiderio di cambiare e’ scoraggiato esclusivamente dalla paura di non trovare un altro impiego.
Il rapporto Censis del 2023 integrava questa lettura con un’analisi ancora piu’ inquietante, in base alla quale circa una persona su due, se potesse, cambierebbe lavoro. Il 57,7 per cento delle persone con al massimo la licenza media, il 45,7 per cento dei diplomati ed il 37,9 per cento dei laureati.
Un’irrequietezza e un’insofferenza diffusa verso il proprio lavoro che, con intensita’ diversa, coinvolge i tanti e diversi protagonisti del lavoro in Italia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Le varie funzioni dell’impresa multinazionale verranno svolte nelle localita’ che consentono specifici vantaggi.
La funzione finanziaria, per esempio, verra’ svolta in un Paese che propone una normativa agevolata sugli aspetti finanziari connessi agli interessi della holding; la funzione «marketing e pubblicita’» sara’ affidata a un’altra societa’ controllata in una nazione diversa; le lavorazioni del prodotto verranno delocalizzate nei paesi che dispongono della manodopera al minor costo.
Tale fenomeno ha delle implicazioni economiche enormi: una quantita’ indefinita di scambi commerciali sono realizzati nell’ambito della stessa impresa e non, come ci si aspetterebbe, fra imprese differenti, dunque concorrenti. Venditore e compratore vengono molto spesso a coincidere, rendendo di fatto lo scambio una finzione economica.
L’illusoria concorrenza sarebbe in realta’ espressione di un mercato sostanzialmente oligopolistico.
La frammentazione «legale» e il trasferimento di quote rilevanti del rischio d’impresa a societa’ prive di una vera organizzazione imprenditoriale si traduce nella deresponsabilizzazione degli investitori internazionali, i quali, grazie al sostegno della finanza creativa, riescono a cartolarizzare le diverse parti dell’impresa. Alcune societa’ diventano veri e propri bacini di debiti, di responsabilita’ e di costi che la grande impresa riversa a cascata sui lavoratori. L’ampia diffusione di societa’ controllate e partecipate si traduce dunque in un moltiplicatore di instabilita’ finanziaria […]
Il capitale internazionale persegue degli interessi che vanno molto al di la’ dello stato di salute dell’economia delle singole nazioni a cui affida qualche anello della catena di produzione e di distribuzione globale.
Tuttavia, il mantenimento di un certo livello di domanda effettiva di beni e servizi e’ cio’ che consente alla globalizzazione finanziaria di restare in piedi. Fin quando i mercati finanziari garantiranno con le loro alchimie una certa quota di reddito alle famiglie dei paesi ricchi, e quindi consumatori, il deterioramento dell’economia dei rispettivi territori verra’ efficacemente celato.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Capitalismo/Galli

Carlo Galli – Democrazia, ultimo atto? – Einaudi (2023)

L’effetto moderatamente livellante della liberaldemocrazia – la creazione della vasta platea del ceto medio, che andava dall’operaio specializzato al piccolo professionista – e’ vanificata: tutti sono esposti alla durezza del mercato, e ben presto davanti a tutti si spalanca il baratro, o il rischio, della perdita delle sicurezze, della precarizzazione e della retrocessione sociale.
Gran parte del lavoro – direttamente o indirettamente – e’ dipendente dalle piattaforme elettroniche di Big Tech o da anonimi poteri finanziari sovranazionali: anche la tradizionale indipendenza economica e intellettuale del lavoro autonomo e professionale deve essere limitata, azzerata; piu’ in generale, la relativa sicurezza economica che e’ necessaria alla partecipazione democratica viene meno.
Il lavoro non costruisce la societa’, e non apre alla partecipazione politica democratica: troppo impegnati nelle difficolta’ economiche, o troppo pressati dalle logiche di mercato e dalla competizione, nella «societa’ del rischio» i lavoratori non sono piu’ ipso facto cittadini – e l’astensione elettorale, il disinteresse per la politica, interrotto da fiammate populiste, o da innamoramenti leaderistici, lo dimostrano […]
Sotto il profilo politico interno (con tutte le differenze dovute alle peculiarita’ di ciascun Paese) la democrazia liberista relega partiti e parlamento a un ruolo minore. I partiti come strutture di potere continuano, certo, a occupare le istituzioni, ma il loro corpo e’ cambiato: sono macchine elettorali, al servizio di un leader che si rivolge direttamente al popolo e che usa il partito come strumento personale […]
Alle mediazioni partitiche e istituzionali, e a quella del lavoro, si sostituisce dunque quella dei media, il cui ruolo principale e’ trasformare le questioni e i processi strutturali in «casi umani» particolari, capaci di coinvolgere emotivamente il «pubblico». La comunicazione prevale sui contenuti; alla rappresentanza subentra la rappresentazione, la politica-spettacolo, che si manifesta nei luoghi dello sport, del divertimento, dell’intrattenimento televisivo, nelle reti dei social e nelle aule dei Palazzi.

Info:
https://www.doppiozero.com/democrazia-ultimo-atto
https://www.pandorarivista.it/event_listing/democrazia-ultimo-atto-con-carlo-galli-flavia-giacobbe-e-damiano-palano/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/09/24/news/tramonto_democrazia_libro_di_carlo_galli-415666570/
https://www.youtube.com/watch?v=bMsOzzZ6B1o
https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Carlo-Galli-la-crisi-della-democrazia-bdeb1652-b914-416a-871f-e0478803be64.html

Lavoro/Fana

Marta Fana -Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Lavoro povero e sfruttamento caratterizzano oggi anche il settore pubblico, grazie a una sempre piu’ diffusa precarizzazione dell’organico delle pubbliche amministrazioni e al contempo all’esternalizzazione e privatizzazione della produzione e distribuzione dei servizi pubblici.
Si va dalle cooperative appaltatrici di servizi di cura, pulizia, manutenzione, refezione scolastica alla privatizzazione di pezzi sempre piu’ consistenti di settori tradizionalmente – e non a caso – statali, come il trasporto pubblico e le poste.
La grancassa mediatica a uso e consumo dei governi per anni non ha fatto altro che stigmatizzare i lavoratori del pubblico come fannulloni, assenteisti, furbetti del cartellino […]
L’esternalizzazione dei servizi pubblici e’ la rappresentazione nitida di come lo Stato abbia abdicato alla sua funzione di garanzia del pieno esercizio dei diritti individuali e collettivi, che in questo caso riguardano congiuntamente sia i lavoratori chiamati a prestare servizio sia i cittadini che di questi usufruiscono. Lo strumento privilegiato degli appalti viene giustificato dalla necessita’ di tagliare la spesa pubblica. In realta’ a diminuire e’ la spesa sociale – sanita’, scuola, trasporti pubblici, asili, ecc. – ma anche quella relativa a tutti i servizi funzionali allo svolgimento delle attivita’ amministrative: archivi, pulizie, manutenzione, giardinaggio, ecc.
Per aggiudicarsi gli appalti e fare utili, le imprese appaltatrici si comportano esattamente come nel settore privato, scaricando il risparmio sul prezzo richiesto in sede di gara sui lavoratori. Quando il cambio d’appalto non implica direttamente un taglio delle retribuzioni e modifiche al contratto, la strategia e’ quella di ridurre le ore lavorative cosi’ da dover comunque pagare meno i lavoratori. Il carico di lavoro pero’ non diminuisce […], una gestione da predatori da parte dei privati, favorita dal potere politico che governa lo Stato e le sue diramazioni amministrative, nella negazione totale di qualsiasi principio di dignita’ del lavoro, ma soprattutto dei lavoratori.

Info:

https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Quando si parla di lavoro, tuttavia, il punto di vista dell’offerta non viene mai preso in considerazione.
L’idea di fondo, infatti, e’ che il lavoro vada accettato con entusiasmo e gratitudine, a prescindere da tutto il resto.
Il fatto che in molti casi sia pagato poco, sia solo parzialmente in regola, o non consenta una vera indipendenza economica o abitativa e’ irrilevante, perche’ la semplificazione politica vuole che ci sia, da un lato, un imprenditore a cui «nessuno ha mai regalato nulla» – che si e’ «spaccato la schiena» con sacrifici e abnegazione e che si e’ guadagnato da vivere con tanta voglia di lavorare – e, dall’altro, dei perdigiorno che non hanno voglia di fare nulla nonostante il buon cuore di chi offre loro un’opportunità […]
L’idea di fondo era che il lavoro e’ sempre una fortuna, anche quando e’ privo di retribuzione.
Per anni, del resto, la creazione di un modello produttivo fondato sulla precarieta’ e lo smantellamento dei diritti ha sedotto la politica piu’ di quanto l’abbia preoccupata […]
In generale, dagli anni Ottanta in poi, la priorita’ in Italia non e’ stata quella di risolvere problemi come l’assenza di tutele, le paghe basse, i turni massacranti o l’elevato lavoro nero, ma la necessita’ di creare un mondo del lavoro flessibile, in grado di permettere alle aziende di attrarre personale all’occorrenza per dismetterlo quando non serve piu’, allontanando il ricordo del «posto fisso» che per le imprese rimanda a un’inutile rigidita’ del mercato del lavoro.
Il lavoro non era dunque presentato come un diritto ne’ come un dovere: era un dono, un favore che le aziende facevano a chi lavorava, e un’occasione per fare nuovi amici e nuove conoscenze.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html

https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/