Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

La produzione capitalista non e’ autosufficiente.
La sua esistenza dipende da un libero utilizzo della riproduzione sociale, della natura, del potere politico e dell’espropriazione.
Allo stesso tempo, il suo tendere a un’accumulazione illimitata minaccia di destabilizzare le sue stesse condizioni di possibilita’.
Nel caso delle sue condizioni ecologiche, cio’ che e’ a rischio sono i processi naturali che sostengono la vita, fornendo gli input materiali per l’approvvigionamento sociale.
Nel caso delle sue condizioni socio-riproduttive, a essere messi in pericolo sono i processi socioculturali che, nutrendo le relazioni solidali, le disposizioni affettive e gli orizzonti valoriali, sostengono la cooperazione sociale e producono degli esseri umani adeguatamente socializzati e qualificati per diventare «forza lavoro».
Nel caso delle sue condizioni politiche, a essere compromessi sono i poteri pubblici, sia nazionali che transnazionali, che garantiscono i diritti di proprieta’, fanno onorare i contratti, dirimono le controversie, soffocano le ribellioni anticapitalistiche e mantengono l’offerta monetaria.
Nel caso della dipendenza del capitale dalla ricchezza espropriata, messi a rischio sono l’universalismo professato dal sistema – e quindi la sua stessa legittimita’ – e la capacita’ delle classi dominanti di governare egemonicamente attraverso un mix di consenso e di forza.
In ciascuno di questi casi, il sistema ha una tendenza intrinseca all’auto-destabilizzazione.
Non riuscendo a reintegrare o a riparare le proprie sedi nascoste, il capitale continua a divorare gli stessi supporti da cui dipende. Come un serpente che si mangia la coda, cannibalizza le proprie condizioni di possibilita’.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
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Economia di mercato/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

La globalizzazione degli ultimi decenni non e’ stata un motore per incrementare il benessere, bensi’ la disuguaglianza.
Ha rafforzato il potere delle multinazionali globali in modo da lasciare ai piccoli fornitori locali sempre le carte peggiori e da rendere quasi impossibile un’organizzazione democratica della nostra societa’.
Ha incrementato la ricchezza di una minoranza di individui nei paesi industrializzati, lasciando ai lavoratori con titoli di studio intermedio e al classico ceto medio una massa di svantaggi, sotto forma di posti di lavoro distrutti, condizioni di concorrenza peggiorate e calo dei redditi, che superano di gran lunga il vantaggio del calo dei prezzi per i beni di consumo di massa.
Ma la globalizzazione non guasta soltanto il nostro benessere e la nostra democrazia: si rivela disastrosa anche per motivi legati all’ecologia.
Le reti di creazione del valore ramificate in tutto il mondo, che spesso permettono di trasportare su e giu’ per il pianeta per decine di migliaia di chilometri dei beni durante il loro processo di produzione, si reggono soltanto perche’ in questo modo vengono aggirati gli standard normativi e si risparmia sui costi del lavoro.
Ma se si considerano questi tragitti infiniti sotto l’aspetto della sostenibilita’ ambientale, si rivelano uno spreco di risorse e la fonte dell’emissione di quantita’ colossali di gas a effetto serra, a cui potremmo rinunciare senza alcuna difficolta’. Il diesel che serve a far marciare le enormi navi container sulle rotte che costituiscono l’arteria vitale della globalizzazione e’ forse il combustibile fossile che inquina di piu’ tra tutti quelli attualmente in uso. Per questo una deglobalizzazione e una ri-regionalizzazione della nostra economia sarebbe un passo giusto e assolutamente necessario per migliorare il clima e l’ambiente.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Lavoro/Bottini

Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il lavoro del lavoro – Il Sole 24 Ore (2023)

Non e’ mai stata cosi’ veloce la rivoluzione continua della tecnologia, cosi’ rapida da richiedere uno sforzo enorme nell’adattare anche la formazione di chi, con quelle tecnologie, deve interagire come gestore, come lavoratore e come consumatore.
E’ anche per questo che il mercato del lavoro italiano amplifica piu’ di altri un fenomeno globale: quello del cosiddetto mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
E’ una evoluzione di quella che John Maynard Keynes aveva chiamato «la malattia della disoccupazione tecnologica»: si trattava dei posti di lavoro soppressi dall’automazione, ma oggi si tratta anche dei posti di lavoro che servirebbero per gestire le tecnologie e non si trovano perche’ i curricula non sono adatti alla domanda che viene da industria e servizi alle prese con la rivoluzione digitale.
Boston Consulting in una celebre ricerca ha stimato in 1,4 miliardi le persone interessate al mismatch lavorativo nel 2030 nel mondo.
In Italia sono 10 milioni (38,2%) i lavoratori coinvolti nel gap nelle competenze […]
E anche le parti sociali e i corpi intermedi cercano una strada alternativa: e’ il caso di MetApprendo, piattaforma digitale con badge e blockchain, operativa da quest’anno per 1,5 milioni di lavoratori, o del Fondo For.Te., pensato per la formazione di oltre un milione di dipendenti del settore terziario che sempre da quest’anno rilascera’ gli Open Badge a tutti i lavoratori che utilizzeranno la formazione blended finanziata dal fondo […]
La stabilita’ lavorativa, nel futuro, dipendera’ sempre meno dalla forma contrattuale e dalle connesse tutele legali, quanto piuttosto da una adeguata formazione, non acquisita una volta per tutte ma destinata a continuare per tutta la vita lavorativa.

Info:

https://www.ilsole24ore.com/art/il-lavoro-lavoro-AEtnOaWD

Capitalismo/Wagenkneckt

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Gli algoritmi che analizzano i nostri dati personali si prestano meravigliosamente a truffarci.
Ad esempio, il software di Uber e’ stato programmato non soltanto in modo che le vetture siano indirizzate dove si registra un aumento di chiamate, il che sarebbe comprensibile. Ma fa anche in modo che i prezzi della corsa aumentino quando c’e’ molta richiesta di taxi.
Chiaramente, questa idea puo’ essere sviluppata ancora di piu’.
Ad esempio, si potrebbe anche impostare un algoritmo in modo da variare il costo della corsa a seconda di chi e da dove chiama. Cosi’, se il taxi viene prenotato da qualcuno che in quel momento si trova in un ospedale, si puo’ supporre che ne abbia piu’ bisogno di qualcuno che invece deve tornare a casa dopo aver cenato al ristorante.
Un algoritmo programmato in tal senso, dunque, potrebbe anche spillare piu’ soldi dalle tasche di un paziente che magari e’ appena uscito da una chemioterapia e non puo’ davvero prendere un autobus.
Prezzi maggiorati sono ipotizzabili anche in caso di maltempo o per le donne che chiamano un taxi di notte.
Naturalmente, tutto questo funziona bene solo se in una qualche citta’ Uber distrugge il servizio tradizionale di taxi e conquista il monopolio.
Ed e’ proprio questo il suo obiettivo.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
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Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Nel discutere di neoliberismo, bisogna anche chiarire qual e’ il ruolo degli stati dominanti in questo quadro politico globale, che vede quelli piu’ deboli soggetti al dominio delle organizzazioni internazionali.
L’FMI rappresenta l’egemonia statunitense, e il potere che i mercati assumono tramite esso e’ espressione dell’idea di Stato e di modello economico che le forze politiche americane hanno deciso di far prevalere nel proprio territorio e di esportare nel resto del mondo.
Alla stessa maniera, l’organizzazione speculare, il MES, e’ stata realizzata in maniera tale che il piu’ forte, ossia la Germania con la diretta collaborazione dell’FMI, potesse imporre ai PIGS il prezzo del riequilibrio finanziario internazionale, vale a dire i salvataggi delle banche verso le quali quelle tedesche vantavano dei crediti; queste ultime, a loro volta, erano rimaste coinvolte nella grande crisi del 2007 in quanto avevano investito il proprio surplus commerciale (guarda caso) sui titoli subprime statunitensi, nonche’ nei paesi periferici dell’area euro, gonfiando la bolla del debito privato.
L’attuale struttura della globalizzazione economica e finanziaria presuppone, quindi, che dietro l’affermazione del potere del capitale ci sia pur sempre la legittimazione da parte di uno o piu’ stati forti che seguono una determinata linea di politica economica costruita sulla possibilita’ di esercitare pressioni su quelli piu’ deboli […]
La supremazia delle politiche neoliberiste sull’economia generale si regge sulla capacita’ degli americani di finanziare il proprio disavanzo di conto corrente senza i limiti a cui devono invece sottostare i paesi che non emettono moneta di riserva mondiale.
In questo senso, l’economia del debito fondata sul ruolo centrale degli Stati Uniti nel mondo rappresenta il sistema economico-giuridico attraverso cui i costi del sovraconsumo americano, ovvero il deficit pubblico, vengono scaricati sul resto del mondo. Potremmo chiamarla «la tassa dell’Impero».
Nonostante la stabilita’ del dollaro, la decadenza dell’industria americana, ossia dell’economia reale, e l’alto livello dei consumi interni hanno determinato l’aggravarsi del deficit della bilancia commerciale, finanziato dall’afflusso di capitali dall’estero.
Secondo l’FMI infatti dal 1988 gli Stati Uniti hanno assorbito circa la meta’ della domanda mondiale totale […] Il risultato di tutto questo e’ un indebitamento interno colossale e disavanzi record nella bilancia commerciale […]
Il declino del dollaro avrebbe risvolti enormi sul piano della governance globale improntata sull’economia del debito e sulle funzioni di governo dell’FMI, al punto che tale organizzazione internazionale potrebbe essere messa all’angolo nella gestione delle crisi internazionali; cio’ comporterebbe necessariamente un indebolimento del potere politico ed economico che gli Stati Uniti – e conseguentemente le lobby americane – esercitano nel resto del mondo.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Lavoro/Vanetti

Mauro Vanetti – La sinistra di destra. Dove si dimostra che i liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte – Edizioni Alegre (2019)

Dare a tutti gli immigrati documenti, codice fiscale, diritto di voto e cittadinanza.
Questa proposta rivoluzionaria e’ l’unica rivendicazione davvero unificante per la classe operaia […]
L’emigrazione asporta dal luogo di partenza giovani lavoratori intraprendenti, che sono stati cresciuti e istruiti a spese della collettivita’; l’emigrazione frantuma il tessuto sociale, divide le famiglie, svuota le case.
Risultato: le regioni di forte emigrazione in Italia, come quelle del Mezzogiorno, hanno una forte disoccupazione; lo stesso vale per i paesi africani, asiatici, latinoamericani, est-europei, da cui provengono gli immigrati stranieri.
L’emigrazione ha aumentato la disoccupazione, paradossalmente diminuendola nei paesi di arrivo […]
I vantaggi economici nei paesi di arrivo sono di due tipi:- Tutta l’economia si avvantaggia dell’uso di lavoratori già cresciuti e istruiti, per cui non ha dovuto pagare nulla; chi si lamenta perche’ gli immigrati premono sul nostro sistema sanitario, per esempio, si dovrebbe rendere conto che un neonato italiano implica un costo enorme per la collettivita’ prima che possa contribuire all’economia lavorando: una grossa parte di questi costi sono sostenuti dalla famiglia, ma una parte rilevante sono a carico dello stato, per esempio molti costi sanitari, la scuola, ecc.-
Per i capitalisti e’ possibile usare gli immigrati come lavoro a basso costo. Questo e’ un vantaggio solo per qualcuno: per la classe dominante.
Per la classe operaia e’ ovviamente uno svantaggio […]
Contro questa insidiosa manovra, e’ interesse della classe operaia nel suo insieme battersi unita per l’effettiva parita’ di trattamento della forza-lavoro, sia essa nazionale o immigrata.

Info:
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/455-la-sinistra-di-destra-un-libro-di-mauro-vanetti
https://edizionialegre.it/recensioni/liberisti-e-rossobruni-i-nemici-interni-alla-sinistra-giacomo-russo-spena-da-micromega/
https://edizionialegre.it/recensioni/osservazioni-su-un-libro-stimolante-antonio-moscato-dal-blog-movimento-operaio/

https://edizionialegre.it/recensioni/la-liquefazione-della-classe-internazionale/
https://www.dinamopress.it/news/la-sinistra-destra-vecchia-nuova/

Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’abolizione dei controlli sui capitali e la creazione dell’euro hanno privato quasi tutti gli Stati del controllo sulle proprie valute, mettendoli alla merce’ dei mercati obbligazionari e delle agenzie di rating e disattivando uno strumento fondamentale di gestione della crisi.
Gli Stati del centro sono stati spinti in una posizione da tempo familiare a quelli della periferia: l’assoggettamento a forze economiche globali che non avevano alcuna speranza di controllare.
Una risposta e’ stata il passaggio, definito in modo memorabile da Colin Crouch, dal keynesismo pubblico a quello privatizzato.
Mentre il primo aveva utilizzato politiche fiscali e di spesa per stimolare la domanda dei consumatori, il secondo ha incoraggiato l’indebitamento dei consumatori per promuoverne il mantenimento di alti livelli di spesa in condizioni altrimenti sfavorevoli di calo dei salari reali, aumento della precarieta’ e diminuzione delle entrate fiscali delle imprese.
Questo cambiamento, che con la «cartolarizzazione» ha raggiunto vette da capogiro, ha innescato la crisi dei subprime, portandoci, tra il 2007 e il 2008, vicino al tracollo della finanza globale.
L’esito di tale disastro non avrebbe potuto essere piu’ perverso.
Lungi dall’indurre una profonda ristrutturazione del nesso tra economia e politica, la risposta dei poteri forti ha consolidato la presa dei creditori privati sull’autorita’ pubblica.
Dopo aver orchestrato le crisi del debito sovrano, le banche centrali e le istituzioni finanziarie globali hanno costretto gli Stati sotto attacco dei mercati obbligazionari a istituire l’«austerita’», vale a dire a servire su un piatto d’argento i propri cittadini a prestatori internazionali pronti a cannibalizzarli.

Info:
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Economia di mercato/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

La Svizzera e’ in realta’ l’economia piu’ industrializzata del mondo, e detiene il record di produzione manifatturiera pro capite.
Non si vedono molti prodotti «Made in Switzerland», in parte perche’ il paese e’ piccolo (appena 9 milioni di persone circa), ma anche perche’ e’ specializzata in cio’ che gli economisti chiamano «beni di produzione» (macchine, attrezzature di precisione e prodotti chimici industriali) che consumatori comuni, come me e voi, non vedono.
E’ interessante notare che Singapore, un’altra presunta storia di successo post-industriale, e’ la seconda economia piu’ industrializzata del mondo […]
I sostenitori del postindustrialismo fraintendono fondamentalmente la natura dei recenti cambiamenti economici. Cio’ che sta guidando la deindustrializzazione sono principalmente i cambiamenti della produttivita’, non quelli della domanda […]
Mezzo secolo fa, l’industria manifatturiera occupava circa il 40 per cento della forza lavoro nei paesi ricchi ma oggi la stessa – e a volte anche maggiore – quantita’ di produzione e’ portata a termine dal 10-20 per cento della forza lavoro.
La dinamica della produzione e’ un po’ piu’ complicata.
E’ vero che l’importanza del settore manifatturiero nell’economia nazionale e’ diminuita, mentre quella dei servizi e’ aumentata in questi paesi. Tuttavia, cio’ e’ accaduto non perche’ le persone chiedano piu’ servizi di beni manifatturieri in termini assoluti, come i sostenitori della deindustrializzazione vorrebbero farci credere.
E’ successo principalmente perche’ i servizi sono diventati relativamente piu’ costosi, data la piu’ rapida crescita della produttivita’ nel settore manifatturiero rispetto a quello dei servizi. Basti pensare al fatto che i computer e i telefoni cellulari sono diventati molto piu’ economici negli ultimi due decenni, rispetto al taglio di capelli o di un pasto fuori casa […]
Contrariamente al mito postindustriale, la capacita’ di produrre beni manifatturieri in modo competitivo rimane la piu’ determinante del tenore di vita di un paese.
Molti dei servizi ad alta produttivita’ che si suppone stiano sostituendo l’industria manifatturiera, come finanza, trasporti e servizi alle imprese (per esempio consulenza manageriale, ingegneria, design) – non possono esistere senza il settore manifatturiero, perche’ e’ il loro cliente principale.
Questi servizi sembrano «nuovi» soltanto perche’ prima erano forniti da aziende manifatturiere (e quindi conteggiati come produzione del settore manifatturiero), mentre ora vengono forniti da imprese specializzate in tali servizi (e quindi conteggiati come output del settore manifatturiero).
Questo e’ il motivo per cui i paesi con una forte industria manifatturiera, come la Svizzera e Singapore, hanno anche un forte settore dei servizi (anche se non e’ necessariamente vero il contrario).
Inoltre, l’industria manifatturiera e’ ancora la principale fonte di innovazione tecnologica […] Secondo gli ultimi dati disponibili dell’unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), nel 2015, la Svizzera ha prodotto un mva (Valore aggiunto manifatturiero) pro capite di 14 404 dollari (a prezzi 2010) per persona, di gran lunga il più alto al mondo. Al secondo posto, con un certo margine, si trova Singapore, con 9537 dollari. Le cifre corrispondenti erano 9430 dollari per la Germania (al terzo posto), 5174 dollari per gli Stati Uniti e 2048 dollari per la Cina

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Lavoro/Bottini

Aldo Bottini, Alberto Orioli – Il lavoro del lavoro – Il Sole 24 Ore (2023)

In Europa ancora il 44% dei cittadini (dati Eurobarometro) ritiene che il compito principale per una donna sia occuparsi della casa e della famiglia.
Il mito e la condanna a una vita da «angelo del focolare» trova eco anche in questa nostra contemporaneita’ con le nuove espressioni di caregiver o breadwinner legate al ruolo femminile anche se sembra cosi’ lontana da quello schema archetipico.
E manca, tra l’altro, una reale valorizzazione economica di quel ruolo.
Per l’Istat di fatto le donne che lavorano nel complesso sono impegnate per 60 ore alla settimana tra ore di lavoro esterne e ore di lavoro per la famiglia.
L’altra faccia di questo squilibrio e’ che le donne soffrono di una poverta’ di tempo.
E se questo surmenage venisse remunerato si e’ stimato che sarebbe, nel complesso, di un valore oscillante tra il 10 e il 39% del Pil globale.
E a proposito di empowerment economico, se il lavoro femminile fosse pari a quello degli uomini (in quantita’ e qualità) il Pil del mondo salirebbe del 26 per cento […]
Unione europea e’ all’avanguardia nel mondo per la parita’ di genere: 14 tra i primi 20 Paesi al mondo per l’attuazione della parita’ di genere sono Stati membri dell’UE […] L’Italia e’ un po’ sotto la media europea, con un punteggio generale di 63,5.
Le disuguaglianze di genere sono piu’ marcate nei settori del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti). Ma e’ il lavoro il vero scandalo: l’Italia ha il punteggio piu’ basso di tutti gli Stati membri della Ue e si ferma a 63,3 (il suo punteggio piu’ alto e’ invece nel settore della salute con 88,4 punti).
L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere ha stimato che se i progressi nella riduzione del gender gap proseguono alla velocita’ di quelli di oggi ci vorranno 60 anni per il raggiungimento della effettiva parita’. Con uno scandalo ulteriore: le donne hanno scolarita’ superiori a quelle degli uomini e in genere risultati scolastici piu’ brillanti. Dunque, sono talenti, capitale umano pregiato, competenze che l’Italia tende a sprecare o a usare nel modo piu’ inefficiente creando sacche di sottoccupazione (con ruoli inferiori ai titoli di studio e ai curricula) […]
Si chiama child penalty: i figli, in un Paese che manda deserte le gare per aumentare gli asili nido al Sud con i fondi del Pnrr, finiscono per rappresentare un ostacolo alla piena occupazione delle donne.
L’11% delle madri non ha mai lavorato oppure, alla nascita dei figli, abbandona il lavoro nell’11% dei casi con il primogenito, percentuale che sale al 17% con due figli e al 19% con tre o piu’.
C’e’ una triste controprova di questo ostacolo: le donne single in media guadagnano piu’ degli uomini single.
E’ evidente che il superamento del gender gap passa anche da una diversa concezione e fruizione degli strumenti di welfare e di sostegno alla famiglia. La conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di vita per ogni donna non e’ solo un tema da convegno, e’ la turbinosa gestione della quotidianita’. Almeno fino a quando non lo diventera’ del pari anche per gli uomini. E sconta, tra l’altro, una zavorra culturale che e’ tutta in una risposta data dagli italiani a un sondaggio di World Value Survey. All’affermazione «Un bambino in età prescolare soffre se la mamma lavora» l’81,4% degli italiani dichiara di essere d’accordo. In Europa in media quella percentuale scende al 55,6 per cento.
Il «che fare?» e’ tutto in quei 25 punti di scarto.

 

Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’espropriazione e’ un’accumulazione con altri mezzi, diversi cioe’ dallo sfruttamento.
Facendo a meno della relazione contrattuale attraverso cui il capitale acquista «forza lavoro» in cambio di un salario, l’espropriazione agisce confiscando capacita’ umane e risorse naturali per poi trasferirle con la forza nei circuiti di espansione del capitale.
La confisca puo’ essere manifesta e violenta, come nel caso della schiavitu’ del Nuovo Mondo, oppure puo’ essere mascherata dal mantello del commercio, come nel caso dei prestiti predatori e dei pignoramenti per debiti dell’epoca attuale.
I soggetti espropriati possono essere comunita’ rurali o indigene della periferia o membri di gruppi assoggettati o subordinati nelle aree centrali del capitalismo.
Una volta espropriati, questi individui possono diventare dei proletari sfruttati, se sono fortunati, oppure finire tra i poveri, tra gli abitanti delle baraccopoli, tra i mezzadri, tra i «nativi» o tra gli schiavi, soggetti a un’espropriazione continuativa al di fuori del contratto salariale.
I beni confiscati possono essere lavoro, terra, animali, strumenti, giacimenti minerari o energetici, ma anche esseri umani, le loro capacita’ sessuali e riproduttive, i loro figli e gli organi del loro corpo.
L’essenziale e’ che gli elementi requisiti vengano incorporati nel processo di espansione del valore che definisce il capitale. Il semplice furto non e’ sufficiente.
A differenza del tipo di saccheggio che ha preceduto di molto l’ascesa del capitalismo, l’espropriazione, cosi’ come la intendo qui, e’ una confisca con trasferimento forzato nell’accumulazione.

Info:
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