Geoeconomia/Zizek

La nuova lotta di classe. Rifugiati, terrorismo e altri problemi coi vicini – Slavoj Žižek – Ponte alle grazie (2016).

Nonostante tutte le critiche al neocolonialismo economico, molti ancora non sembrano accorgersi appieno degli effetti devastanti che ha avuto la globalizzazione dei mercati su molte economie locali, deprivandole della loro elementare autosufficienza […]
Il caso che piu’ chiaramente dimostra le nostre colpe e’ l’odierno Congo, che si afferma ancora una volta come il «cuore di tenebra» d’Africa […]
Gia’ nel 2001, un’inchiesta delle Nazioni Unite sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali congolesi aveva appurato che il conflitto in atto nel paese riguarda soprattutto l’accesso, il controllo e il commercio di cinque risorse minerarie fondamentali: coltan, diamanti, rame, cobalto e oro.
Dietro la facciata della guerra etnica, scorgiamo cosi’ i meccanismi del capitalismo globale.
Il Congo non esiste piu’ come Stato unitario; e’ una molteplicita’ di territori governati da signori della guerra locali che controllano la loro striscia di terra servendosi di eserciti che, di consueto, annoverano bambini drogati.
Ognuno dei signorotti fa affari con un’impresa o una compagnia straniera, che sfrutta il piu’ possibile le ricchezze minerarie della regione. Ironia della sorte, buona parte dei minerali viene usata per costruire prodotti ad alta tecnologia, come computer portatili e cellulari.
Dunque scordatevi che si tratti di condotte selvagge da parte degli indigeni: togliete dall’equazione le industrie straniere high-tech e tutta la narrazione a base di guerre etniche fomentate da antiche passioni va in pezzi.
E’ da qui che dobbiamo cominciare se vogliamo davvero contribuire a interrompere il flusso di rifugiati che proviene dai paesi dell’Africa.
La prima cosa e’ tener presente che la maggior parte dei rifugiati proviene da «Stati falliti», Stati in cui ogni autorita’ pubblica e’ quasi del tutto destituita, per lo meno in ampie zone dei paesi in questione (Siria, Libano, Iraq, Libia, Somalia, Congo e cosi’ via). In tutti questi casi, la disintegrazione del potere statale non e’ un fenomeno puramente locale ma il risultato di decisioni economiche e politiche internazionali; in alcuni, come in Libia e in Iraq, e’ persino il diretto risultato di interventi occidentali.
Il nuovo fenomeno degli «Stati falliti» fra la fine del ventesimo e l’inzio del ventunesimo secolo non e’ – chiaramente – un involontario e sfortunato accidente; e’ piuttosto uno dei modi in cui le grandi potenze praticano il colonialismo economico.

Info:
https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-modena-e-reggio-emilia/semiotica-dei-media/libro-zizek-riassunto-veloce-la-nuova-lotta-di-classe/8305531

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo & Francesco Bechis – Solferino (2024)


Chi sono i guastafeste?
Leader che non si riconoscono nell’ordine internazionale, non s’illudono – come Xi – di guidarne prima o poi uno alternativo, anzi trovano conveniente cavalcare l’instabilita’ per contare.
In un ordine bipolare avrebbero poco spazio. Nel mondo frammentato di oggi, prosperano.
Alcuni – come Putin, gli ayatollah iraniani, il nordcoreano Kim Jong-un – la destabilizzazione la fomentano attivamente. Per altri – il turco Erdogan, i sauditi, le monarchie del Golfo – l’incertezza internazionale e’ un dato del paesaggio, che consente loro di giocare con disinvoltura le proprie carte.
Li accomunano la razionalità e la sintesi lucida degli interessi in gioco che motivano le loro decisioni.
A volte sbagliano i calcoli, ma non agiscono d’istinto […]
I guastafeste hanno oggi un’occasione, piu’ di ieri.
Mentre svanisce del tutto l’illusione di un ordine unipolare a guida americana, cosi’ come si allontana l’idea di un mondo bipolare dominato dalla sola competizione tra Cina e Stati Uniti, si rafforza invece una tendenza opposta. La tendenza al pulviscolo, alla frammentazione, esacerbata dalla pandemia, dalla deglobalizzazione imposta dal virus, cosi’ come dalla guerra in Ucraina che rende piu’ cruento e ideologico lo scontro tra democrazie occidentali e autocrazie revisioniste.
E’ in questo contesto che i guastafeste prendono coraggio e decidono di sfidare l’ordine costituito. Come Putin, il 24 febbraio 2022. O come l’Iran e Hamas, il 7 ottobre 2023.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/

Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


A meta’ degli anni Settanta si erano accumulate nei principali centri finanziari enormi quantita’ di capitale monetario, anche provenienti dagli Stati petroliferi, per i quali c’erano sempre meno opportunita’ di investimento redditizio a fronte della recessione globale.
Una strategia per investire questo capitale in modo sicuro e redditizio fu quella di offrire prestiti ai Paesi del Sud globale per il loro “sviluppo”.
Banchieri, economisti e consulenti politici occidentali sono accorsi in tutto il mondo per vendere ai governi delle ex colonie grandi progetti infrastrutturali finanziati con prestiti provenienti dal Nord e realizzati da aziende del Nord.
Di conseguenza, i Paesi del Sud globale si indebitarono enormemente per raggiungere uno “sviluppo” che, nella maggior parte dei casi, si rivelo’ essere una chimera.
Dal 1970 al 2000 il debito dei sessanta Paesi piu’ poveri e’ passato da 25 miliardi a 523 miliardi di dollari.
Molti dei debitori erano dittature sostenute o che erano state portate al potere dall’Occidente (Indonesia, Filippine, Brasile, Uganda, Congo o Haiti), che non dovevano praticamente rendere conto dell’uso del denaro, facendone sparire gran parte in conti svizzeri […]
Attraverso il flusso continuo di interessi che va dal Sud al Nord, i Paesi piu’ poveri del pianeta hanno sovvenzionato l’accumulazione di capitale, soprattutto nei centri finanziari di New York e Londra.
L’indebitamento del Sud del mondo, tuttavia, non costituiva – e ancora oggi lo e’ – solo un buon affare, ma e’ anche un mezzo di controllo politico: chi si indebita diventa ricattabile.
Gli “sporchi” interventi militari o paramilitari hanno potuto cosi’ essere sostituiti dalla “pulita” coercizione dell’economia.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Geoeconomia/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

L’invasione dell’Iraq, giustificata dalla menzogna delle armi di distruzione di massa e in violazione del diritto internazionale, rappresento’ l’apice dell’egemonia statunitense, la manifestazione piu’ eclatante dell’hybris imperiale e, di conseguenza, l’inizio del suo declino. In quel momento non era chiaro che il potere relativo degli Stati Uniti fosse sul punto di diminuire.
Per quanto Washington avesse dichiarato guerra globale al terrorismo, e’ sempre stato evidente che le organizzazioni terroristiche, a partire da al-Qaeda, non rappresentavano una reale minaccia al potere americano […]
Al-Qaeda non ha mai avuto la capacita’, ne’ in fondo l’ambizione, di rappresentare una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti o di competere da pari con la superpotenza statunitense.
Che il potere relativo di Usa ed Europa fosse in declino relativo si capi’ qualche anno piu’ tardi. A partire dal 2005-06, scoppio’ la bolla del mercato immobiliare americano. Con il crollo dei prezzi degli immobili, i proprietari iniziarono ad abbandonare i loro mutui, causando un collasso dei titoli garantiti da ipoteca e, conseguentemente, innescando la bancarotta o il ricorso al salvataggio di diverse banche, a partire da Lehman Brothers nel settembre 2008. La bancarotta di Lehman Brothers, e la sottostante crisi finanziaria, sfocio’ nella Grande Recessione che duro’ fino all’estate del 2009.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


I giganteschi sussidi al petrolio sostengono in modo ingente anche l’industria automobilistica, in crisi in tutto il mondo.
Se i veri costi del petrolio venissero trasferiti sui prezzi della benzina, guidare un’auto sarebbe inaccessibile per la maggior parte delle persone e il settore crollerebbe […]
Anche il settore aeronautico, che e’ responsabile della quota di gas serra in piu’ rapida crescita, viene sovvenzionato in modo ingente. Le sue infrastrutture, in particolare la costruzione di aeroporti, sono pagate principalmente dai contribuenti. Il carburante per aerei non e’ tassato in tutto il mondo e l’aviazione e’ anche esclusa dai negoziati sul clima delle Nazioni Unite […]
I produttori di aerei Airbus e Boeing ricevono per via diretta o indiretta iniezioni di denaro dallo Stato per miliardi di euro. Senza tutti questi sussidi, sarebbe impensabile che volare in Europa sia piu’ economico che viaggiare in treno.
L’agricoltura industriale, anch’essa uno dei maggiori killer del clima, e’ sovvenzionata dalla sola Unione Europea per un ammontare di circa cinquanta miliardi di euro ogni anno […]
Praticamente tutte le grandi societa’ traggono profitto dalla rete di paradisi fiscali e di scappatoie fiscali create dagli Stati e, nonostante tutti i discorsi a parole, ostinatamente mantenute. Solo nell’Unione Europea le perdite di entrate statali dovute all’evasione fiscale e all’economia sommersa ammontano a circa mille miliardi di euro all’anno. Con questa cifra si potrebbero pagare, sul medio periodo, tutti i debiti nazionali dell’UE.
Questo elenco, che potrebbe essere esteso per diverse pagine, dimostra che il “libero mercato” e’ un mito che serve a nascondere il fatto che le grandi imprese, apparentemente onnipotenti, possono sopravvivere solo grazie alla flebo dello Stato.
Questa constatazione e’ altamente esplosiva. Nelle democrazie, infatti, l’uso del denaro delle tasse e’ deciso, almeno in teoria, dai Parlamenti eletti dai cittadini. E i cittadini potrebbero in linea di principio decidere che tutti questi trilioni di euro non debbano piu’ confluire nei settori piu’ distruttivi del pianeta, ma nella ristrutturazione socio-ecologica. In questo consiste una delle leve piu’ potenti per una profonda trasformazione della societa’.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

 

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo & Francesco Bechis – Solferino (2024)

Sono due i nodi principali che le diplomazie europee non sembrano riuscire a sciogliere.
Uno e’ di prospettiva e l’altro di metodo.
Il primo: siamo abituati a declinare la «questione africana» in chiave soprattutto emergenziale, vale a dire che ne affrontiamo i problemi – il terrorismo jihadista, lo sfruttamento delle risorse, i flussi migratori – solo quando bussano anche alla nostra porta.
Mancano una visione olistica, d’insieme e una vera pianificazione non solo contingente. Altri, molto più spregiudicati, occupano gli spazi che lasciamo liberi e ne traggono vantaggio, spesso scaricando le conseguenze su di noi.
Il secondo nodo e’ la carenza di pragmatismo, a cui fa da contraltare l’insistenza nel voler riproporre in Africa modelli che non possono funzionare al di fuori del mondo occidentale. «Condizionalita’»: ecco la parola che piu’ di tutte fa venire l’orticaria ai leader africani quando siedono al tavolo con i grandi d’Europa.
Non c’e’ finanziamento, cooperazione commerciale o di sicurezza di uno Stato europeo che non la contenga.
Clausole di ogni genere come precondizione perche’ la collaborazione possa svilupparsi. Il rispetto dei diritti umani. Le riforme economiche e sociali. La lotta alla corruzione, l’indipendenza del sistema giudiziario. O ancora, la tutela dell’ambiente e della biodiversita’.
Intendiamoci: cause sacrosante. Ma spesso decontestualizzate e ridotte a lacciuoli legali e formule di maniera, a cui appendere l’intesa politica con gli Stati africani.
E’ un problema e iniziamo solo oggi, in ritardo, ad accorgercene.
Alle orecchie dei capi di Stato e di governo africani tutte queste «condizionalita’» suonano come imposizioni, peraltro intrise di una lezione morale poco praticabile: se volete lavorare con noi, dovete diventare come noi […]
Il caso della Tunisia e’ eloquente: per mesi l’Europa ha cercato di trattare con Kais Saied, l’eccentrico presidente tunisino a capo di un Paese divenuto epicentro dei traffici di migranti nel Mediterraneo.
E piu’ di una volta le richieste di Bruxelles sul rispetto delle minoranze e le riforme del lavoro, in un Paese che ragiona con categorie completamente diverse, hanno rischiato di far saltare il tavolo. Per il rais di Tunisi, come del resto per i tanti leader del Global South che abbiamo citato, sono consigli non richiesti o, peggio ancora, imposizioni di Stati occidentali che si atteggiano a detentori della verita’.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content

 

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)


Ci sono poi motivi specifici per il disprezzo dell’integrazione europea.
Effettivamente la Ue e’ un costrutto intrinsecamente liberale. Nonostante il progetto europeo nascesse negli anni Cinquanta, l’Europa che conosciamo e’ quella dagli anni Ottanta in poi, ossia l’Europa del mercato unico, dell’euro e di Schengen, un periodo storico caratterizzato, come abbiamo visto, da un neoliberismo spinto.
E’ un’Europa che ha creato la moneta unica ma stenta a compiere il passo successivo verso un’unione fiscale, un’Europa in cui ha regnato il dio della concorrenza interna, ma che per decenni non si e’ occupata con la stessa alacrita’ e dedizione della crescente competizione internazionale, a partire da quella cinese.
E’ un Europa in cui sono state aperte le frontiere interne prima di sciogliere i nodi riguardo alla gestione di quella esterna. Quindi, quando si abbatterono sull’Europa la crisi finanziaria e la recessione, non solo l’Unione non era attrezzata per affrontarle, ma le sue istituzioni e molti dei suoi Stati membri, i cosiddetti «frugali», percorsero la via opposta a quella intrapresa da Washington con Barack Obama.
Mentre gli Usa perseguirono immediatamente e aggressivamente una politica monetaria anticiclica, gli europei lo fecero solo molto dopo, ossia con l’arrivo di Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea nel 2011. Dal punto di vista fiscale, Washington fu meno espansiva, iniettando solo circa 1 miliardo nell’economia statunitense nel 2009, ma gli Stati dell’eurozona fecero addirittura il contrario, perseguendo l’austerita’.
Non a caso, negli Stati Uniti la crisi passo’ a partire dal 2009, mentre in Europa si trascino’ per anni. La Bce non poteva stampare moneta facilmente come faceva la Federal Reserve (il cui dollaro e’ la principale valuta globale) e l’Unione europea non disponeva di una capacita’ fiscale per introdurre misure anticicliche nell’economia europea. Inoltre, l’ideologia ordoliberale era diffusa in Europa.
Affrontare la crisi diversamente richiedeva un cambio di paradigma che gli europei non riuscirono a compiere per tempo. Alla fine si fece il minimo sindacale per evitare il crollo dell’euro, avviando i primi passi verso un’unione bancaria, e quando Draghi da governatore della Bce dichiaro’ che avrebbe fatto «whatever it takes» per salvare l’euro, i mercati si calmarono.
La casa comune europea rimase in piedi, ma ne usci’ devastata economicamente, socialmente e, appunto, politicamente.
Di conseguenza, l’euroscetticismo negli anni della crisi dell’eurozona schizzo’ alle stelle.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)


Questo post, estratto dall’opera di Balibar del 2016, gia’ pubblicato nell’aprile 2020, e’ riproposto all’attenzione e alla riflessione per l’attualita’ che riveste in questo periodo

L’Europa ha creduto di costruire delle frontiere europee, ma in realta’ non ha frontiere, e’ essa stessa, in quanto tale, una frontiera complessa: contemporaneamente una e molteplice, fissa e mobile, rivolta verso l’esterno e l’interno.
Per usare un termine inglese, in questo caso piu’ pregnante, e’ una Borderland, una «terra di frontiera».
Cio’ significa, a mio parere, due cose di portata fondamentale e paradossale, le cui conseguenze continueranno a sfuggirci se continueremo a ragionare in termini di sovranita’ nazionale e di controlli in senso tradizionale: in primo luogo, che l’Europa non e’ uno spazio dove le frontiere si giustappongono, ma dove si sovrappongono senza riuscire veramente a fondersi; in secondo luogo, che l’Europa e’ uno spazio dove le frontiere si moltiplicano e si spostano costantemente […]
Riguardo al primo punto […] l’Europa non ha un’unica identificazione in termini di «territorio».
Siamo portati a credere che i confini esterni dell’Europa siano le frontiere reali dell’Europa, ma non e’ vero. Perche’ questi confini non coincidono ne’ con quelli del Consiglio d’Europa (che include la Russia, l’Ucraina, la Turchia e tutti gli Stati balcanici e rientra nelle competenze della Corte europea dei diritti dell’uomo), ne’ con quelli della NATO (che include gli Stati Uniti, la Norvegia, la Turchia ecc. ed e’ responsabile della protezione del territorio europeo, in particolare contro gli avversari dell’Est, e di una parte delle operazioni militari sulla sponda meridionale del Mediterraneo), ne’ con la spazio Schengen (che include la Svizzera ma non il Regno Unito), ne’ con l’eurozona, dove regnano la moneta unica e l’unione bancaria sotto il controllo della Banca centrale europea (e che include ancora la Grecia ma non il Regno Unito, la Svezia, e la Polonia).
Visti gli avvenimenti recenti, credo sia d’obbligo ammettere che queste diverse aree non arriveranno mai a fondersi. E che, di conseguenza, l’Europa non sia definibile come un territorio se non in modo riduttivo e di fatto contraddittorio. […]
Ritorniamo comunque al triste spettacolo che ci offre in questo momento l’Europa di fronte alla sfida migratoria e tentiamo di definire piu’ precisamente il senso delle moltiplicazioni, degli spostamenti delle frontiere.
E’ il nostro secondo punto […]
L’appartenenza formale all’Unione europea e’ diventata un criterio secondario: i Balcani sono in Europa, come vogliono d’altronde la geografia e la storia, di modo che, ad esempio, il «muro» ungherese taglia l’Europa e riproduce il tipo di segregazione che pretende di escludere (come ha fatto osservare a mezza voce il portavoce della Commissione). D’altra parte, alcuni Paesi europei da altri Paesi sono considerati non europei, ma piuttosto delle zone tampone.
Ma questa definizione non e’ assoluta, funziona in senso relativo, secondo un gradiente, come direbbero i fisici, che acquista un significato politico, sociologico, ideologico e anche antropologico.
Il Sud, l’altra Europa che non e’ del tutto europea ma mantiene un piede nel Terzo Mondo o gli serve da porta di accesso, per la Francia e’ l’Italia, ma per l’Inghilterra e’ la Francia; per la Germania e’ l’Ungheria e tutto quello che si trova al di la’, ma per l’Ungheria e’ la Serbia, la Macedonia, la Grecia e la Turchia…
Quindi ci chiediamo: chi ferma chi? Chi e’ la guardia di frontiera dell’altro? Risposta: l’altro Stato, quello che sta piu’ a sud (o a sud- est) […]
Possiamo dunque arrivare alla doppia conclusione che si impone: nei fatti la frontiera esterna dell’Europa passa dovunque al suo interno, la taglia in parti sovrapposte; e di conseguenza l’Europa stessa – pur facendo parte del Nord – non e’ altro che una delle zone dove si gioca la grande e impossibile demarcazione del mondo attuale tra Nord e Sud. Una demarcazione che in realta’ non e’ piu’ localizzabile.
Se a questo si aggiungono le demarcazioni economiche (a volte percepite come culturali) che si stanno scavando tra il Nord e il Sud del continente, all’interno dell’Unione europea stessa, per effetto del liberismo economico e dei rapporti tra Paesi creditori e debitori, si capisce come alcuni Paesi membri siano tentati di amputarne altri per proteggersi meglio contro quello che rappresentano o che portano in Europa.
Salvo che un atteggiamento del genere pragmaticamente non ha senso, perche’ dove si fara’ passare la superfrontiera? Come la si definira’ sotto il profilo giuridico?

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo, Francesco Bechis – Solferino (2024)


Lo stare al mondo si traduce ancora prevalentemente nella difesa coriacea e a tratti un po’ dogmatica dei singoli interessi nazionali.
Ora che il disimpegno americano e le sfide di Russia e Cina imporrebbero all’Europa di proiettare potenza e di assumere un ruolo come blocco, di rafforzare l’autonomia strategica in settori chiave come la difesa, l’innovazione e il digitale, l’energia, succede l’opposto.
Sono piuttosto gli Stati membri, alcuni piu’ di altri, a servirsi dell’Unione per aumentare il loro peso nazionale e la loro proiezione esterna, in sostanza a sovrapporre il proprio interesse nazionale all’interesse europeo. Il risultato e’ lo stallo.
Il rischio concreto, spesso confermato dai fatti, e’ l’irrilevanza dell’Europa nel suo complesso sullo scenario globale.
Questa visione riduttiva, molto identitaria ed eccessivamente pragmatica finisce per muovere tutti i grandi Paesi europei […]
E’ un metodo che persiste, nonostante tutto, favorito anche dalla bolla nella quale per molto tempo si e’ cullata l’Europa. Quel triplice sogno dell’era merkeliana, gia’ piu’ volte ricordato e ormai tramontato, di garantire la resilienza del continente, delegando la sicurezza agli americani, le forniture energetiche ai russi, i mercati ai cinesi.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/

Europa/ Scheildler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


In Europa, istituzioni non elette e dominate da lobbisti industriali, come la Commissione Europea e l’“Eurogruppo”, determinano una parte considerevole dell’agenda politica; i programmi di austerita’ che impongono autoritariamente sono sulla buona strada per distruggere il progetto di integrazione europea.
La perdita di credibilita’ della democrazia
rappresentativa ha due facce. Da un lato, le correnti antidemocratiche che si affidano a soluzioni autoritarie stanno guadagnando vigore da piu’ parti; l’ascesa di nuovi movimenti e partiti estremisti di destra in tutto il mondo ne e’ un tipico esempio, come pure il trionfo dei fondamentalisti teocratici. Anche gli appelli a una ecodittatura o a un governo mondiale tecnocratico si fanno sempre piu’ forti […]
D’altro canto, in tutto il mondo e’ iniziata la ricerca di nuove forme di democrazia che superino i filtri della rappresentanza, del denaro, del debito e dell’opinione pubblica manipolata; ne sono un esempio il movimento dei “Senza Terra” dell’America Latina, il movimento “15-M” spagnolo, la “Primavera Africana”, le innumerevoli iniziative territoriali negli Stati Uniti nate dal movimento “Occupy” e anche molti movimenti influenzati dal pensiero di Gandhi in India.
La democrazia rappresentativa non e’ piu’ intesa come l’obiettivo finale da raggiungere, ma come una tappa intermedia sulla via dell’autentica autodeterminazione e auto-organizzazione […]
Si tratta quindi di difendere il parlamentarismo dalle forze autoritarie e dal “colpo di Stato delle multinazionali”, costruendo al contempo nuove strutture alla base per superare gradualmente i limiti della democrazia rappresentativa. Questa doppia strategia e’ ancora piu’ importante perche’ la democratizzazione dal basso e’ ancora agli inizi e richiede molto tempo. La democrazia di base e i principi del consenso sono gia’ praticati con successo in molte strutture locali, dai negozi per bambini alle cooperative.
Ma come questi principi possano essere trasferiti a forme organizzative piu’ ampie e’ ancora in gran parte una questione aperta.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/