Geoeconomia/Ispi

L’Europa nell’età dell’insicurezza. Le sfide di un continente fragile – ISPI – Mondadori (2024)


Lo scoppio della guerra aperta a Gaza, meno di due anni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, conferma che la crisi irreversibile dell’ordine internazionale liberale, gia’ in atto almeno dalla seconda meta’ degli anni Dieci del XXI secolo, ha raggiunto lo stadio della piena militarizzazione: il collasso dell’ordine non genera piu’, genericamente, crisi, ma vere e proprie guerre.
La natura di questi conflitti armati, come sempre nella storia, riflette la natura della convivenza internazionale circostante: i suoi rapporti di potere, la sua configurazione geopolitica, il suo ordinamento istituzionale e persino i suoi linguaggi […]
Non soltanto l’eventualita’ della guerra non ha affatto smesso di contrassegnare la politica internazionale e di orientare la politica estera dei singoli attori – come provano l’aumento generalizzato delle spese militari e il varo o il rilancio delle alleanze militari, a cominciare dalla NATO –, ma, contravvenendo al mantra liberale ed economicista del «mondo senza confini», le guerre continuano a essere combattute proprio per impadronirsi di spazi o difendere confini; anzi, dove uno Stato, come a Gaza e in Cisgiordania, non c’e’, regrediscono alla forma primordiale della lotta per la nuda terra.

Info:
https://www.mondadori.it/approfondimenti/unione-europea-le-sfide-di-un-continente-fragile-nell-eta-dell-insicurezza/

Geoeconomia/Armao

Capitalismo di sangue – Fabio Armao – Laterza (2024)

I paesi europei – che hanno rivendicato un diritto sovrano a dominare il mondo per secoli fino al Novecento inoltrato – non si puo’ dire che si siano sprecati a fare ammenda dei loro gravissimi peccati storici: dal colonialismo all’imperialismo, con gli annessi dello sterminio di intere comunita’ di nativi e dell’organizzazione del commercio e dello sfruttamento degli schiavi.
Certo, in questi ultimi anni, qualche flebile e occasionale voce ha cominciato a levarsi all’interno di alcuni parlamenti e governi. Niente a che vedere, pero’, con un autentico e condiviso processo collettivo di riparazione – se non altro, qualcosa di altrettanto significativo della Commissione per la verita’ e la riconciliazione istituita dal presidente Nelson Mandela, una delle vittime del regime, nel Sudafrica del post-apartheid.
A un autentico autodafe’, poi, dovrebbero sottoporsi le democrazie novecentesche in senso stretto: per le troppe guerre combattute nel tentativo di arginare il comunismo o di esportare i propri valori, cosi’ come per il sostegno garantito a dittature sanguinose in Africa, Asia e America latina, sulla base di considerazioni (a dir poco avventate) di realpolitik; per non parlare delle tante promesse non mantenute nei confronti dei propri stessi cittadini su equita’, giustizia, diritti. 

Europa/Piketty

Il socialismo del futuro – Thomas Piketty – Baldini+Castoldi (2024)


Per il problema del dumping fiscale e dei tassi minimi d’imposta sui profitti delle societa’, si tratterebbe evidentemente di un cambiamento totale di paradigma, per un’Europa che e’ stata concepita come una zona di libero scambio senza un comune regolamento fiscale.
Il cambiamento e’ comunque indispensabile: che senso ha accordarsi su una base comune d’imposta (l’unico cantiere sul quale l’Europa si trova finora in posizione avanzata) se ciascun Paese puo’ poi fissare un tasso quasi nullo e attrarre cosi’ tutti i consigli d’impresa?
Sulla globalizzazione e’ venuto il momento di cambiare radicalmente la narrazione politica: il commercio e’ una buona cosa, ma lo sviluppo duraturo ed equo esige anche pubblici servizi, infrastrutture, sistemi scolastici e sanitari; i quali, a loro volta, esigono imposte eque.

Info:
https://www.linkiesta.it/2023/05/thomas-piketty-ezra-klein-socialismo-partecipativo/
https://riccardosorrentino.blog.ilsole24ore.com/2021/08/27/piketty-un-sovranista-illiberale-sinistra/?refresh_ce=1

https://www.pandorarivista.it/articoli/capitale-e-ideologia-di-thomas-piketty/ 
https://www.micromega.net/piketty-stiglitz-capitalismo-socialismo
https://www.rivistailmulino.it/a/un-futuro-per-la-socialdemocrazia

https://lespresso.it/c/idee/2020/11/1/piketty-per-salvare-il-futuro-diamo-a-tutti-i-giovani-uneredita-di-cittadinanza/45519

Geoeconomia/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)

Dopo la fase di espansione economica del secondo dopoguerra, si manifesta quella che Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», un’economia cioe’ alimentata da un susseguirsi di recessioni sempre piu’ acute e riprese cicliche gestite con misure di stabilizzazione – smantellamento del welfare state e abbandono della spesa pubblica in primis – che vennero adottate in Occidente a prescindere dall’indirizzo politico che caratterizzava i paesi coinvolti in quel periodo storico: prima la Gran Bretagna, poi la Francia seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Italia; stessa cosa avvenne nei paesi dell’Est e del Sud del mondo.
Privatizzazioni, austerita’ e liberalizzazione dei mercati sono stati i tre pilastri del Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta […]
Il fattore scatenante fu l’improvviso aumento dei tassi di interesse legati al dollaro (dal cinque-sei per cento al venti-ventuno per cento) causato dall’inversione di tendenza impressa da Paul Volker, presidente della Federal Reserve dal 1979 al 1987, il quale, con l’adozione delle politiche monetariste restrittive promosse da Milton Friedman, tento’ di porre rimedio alla caduta del valore del dollaro.
I paesi debitori videro cosi’ schizzare verso l’alto il valore del proprio debito in dollari restando intrappolati nel pagamento di somme via via crescenti.
La risposta fu l’imposizione delle politiche di austerità, secondo il modello classico dell’FMI.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/
https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/

https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

Per potersi difendere in un mondo conflittuale, bisogna investire sulla difesa. Ma se e’ vero che «quanto» si spende e’ importante, lo e’ altrettanto il «come».
Negli anni dell’ordine liberale internazionale non solo diminuirono le spese militari ma cambio’ anche lo scopo della difesa nei paesi occidentali. In Europa, la necessita’ percepita di una difesa territoriale del continente calo’ sensibilmente, mentre prese quota l’idea che le forze armate servissero per operazioni cosiddette «di spedizione», ossia mirate a gestire e stabilizzare crisi – spesso guerre civili – negli angoli più remoti del globo […]
In tutti questi casi, che in gergo Nato venivano definiti «fuori area» (ossia fuori dall’area geografica in cui si applica la difesa collettiva della Nato), serviva certamente la forza militare, ma si trattava di capacita’ specifiche, in prevalenza nell’ambito aeronautico e marittimo, cosi’ come nelle forze speciali e di antiterrorismo.
Inoltre, non dovendosi realmente preparare alla protezione del territorio, l’industria della difesa europea si e’ concentrata sulla produzione di pochi, selezionati sistemi d’arma tecnologicamente avanzati, piu’ che sulla produzione in massa di assets a basso o medio contenuto tecnologico.
Questo ha portato al consolidamento nel settore, con la dismissione di fabbriche di armi nella ricerca di maggiore efficienza, e la cessazione di produzione di segmenti poco profittevoli come quello delle munizioni.
Ora lo scenario strategico si e’ capovolto.
La priorita’ non e’ piu’ quella di partecipare a missioni in giro per il mondo, ancor meno a operazioni mirate al cambio di regime in paesi autoritari. La priorita’ e’ tornata a essere la difesa nel senso piu’ tradizionale del termine: il continente europeo e’ in guerra e la sua sicurezza territoriale minacciata.
D’un tratto gli eserciti hanno ripreso a essere rilevanti e ci sono paesi europei che considerano di introdurre nuovamente la leva.
In quanto a capacita’ militari, non servono solo qualche nave e caccia ad alto contenuto tecnologico, ma molti carri armati, sistemi di difesa aerea, missili, munizioni e pezzi di ricambio, in alcuni casi dotazioni che credevamo appartenenti al passato. Questo perche’ la guerra in Ucraina manifesta caratteristiche tanto da XX quanto da XXI secolo.
Per certi versi e’ una guerra di ieri, fatta di centinaia di migliaia di soldati in trincea, di carri e di artiglieria pesante. Per altri versi e’ una guerra di domani, fatta di droni, satelliti e attacchi cibernetici.
Per combattere una guerra vecchia e nuova al tempo stesso, serve tanto di tutto.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Geoeconomia/Todd

La sconfitta dell’Occidente – Emmanuel Todd – Fazi (2024)

Resta il fatto che l’Occidente e’ oligarchico e che allo stato attuale il sistema della NATO, molto piu’ che una protezione contro la Russia, rappresenta un meccanismo di controllo da parte di Washington sulle elite e sugli eserciti suoi vassalli […]
L’asse Washington-Londra-Varsavia-Kiev e’ oggi la direttrice principale del potere americano in Europa.
Tuttavia, tengo a sottolineare pure che due piccoli Stati, la Norvegia e la Danimarca, sono parti essenziali del meccanismo di controllo di Washington sul vecchio continente: la Norvegia per le azioni militari, la Danimarca per la sorveglianza sui capi europei.
La mia personale ammirazione per i paesi scandinavi […] non mi impedisce di considerare la Norvegia e la Danimarca come delle gigantesche portaerei americane ormeggiate al nostro continente, proprio come lo Stato di Israele e’ una portaerei statunitense ormeggiata al Medio Oriente.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-fatto-quotidiano.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-riformista.pdf?

https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/10/todd-il-manifesto.pdf?

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

Nell’eta’ dell’insicurezza, l’Europa non puo’ fare a meno di un bilancio comune adeguato per affrontare le sfide epocali in corso.
Il modello economico europeo che si basava sulla dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa, dalla Russia per l’energia e dalla Cina per l’industria e’ a soqquadro. Questo significa da un lato ridurre drammaticamente le attuali voci di spesa del bilancio comunitario che riflettono un’era passata: oggi il 30 per cento del bilancio europeo e’ destinato all’agricoltura, un’aberrazione se si pensa alle priorita’ del XXI secolo.
Dall’altro, significa fare un balzo in avanti nell’integrazione europea verso un’unione fiscale, necessaria per assicurare gli investimenti nei beni pubblici europei, come la difesa, il clima e l’energia, la salute pubblica e la tecnologia.
Ma per renderla possibile serve che paesi reticenti come la Germania gettino il cuore oltre l’ostacolo, rendendo programmi quali Next Generation EU strutturali, ma anche che paesi come l’Italia dimostrino serieta’ nel perseguire le riforme necessarie per rimettere i conti pubblici in ordine.
D’altronde non si puo’ pretendere che la Germania paghi di piu’ se l’Italia, che ne beneficerebbe, non dimostra responsabilita’ ed efficienza nella spesa pubblica.
Detto questo, non tutto si riduce alla spesa pubblica.
L’aumento della produzione industriale europea richiede in primo luogo investimenti privati, che fioriscono quando sono presenti altre condizioni essenziali.
Sono fondamentali l’ammodernamento delle infrastrutture, la semplificazione burocratica, la formazione professionale e un sistema di immigrazione che possa compensare il declino demografico del continente e attrarre manodopera ed eccellenze globali.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

Geoeconomia/Zizek

La nuova lotta di classe. Rifugiati, terrorismo e altri problemi coi vicini – Slavoj Žižek – Ponte alle grazie (2016).

Nonostante tutte le critiche al neocolonialismo economico, molti ancora non sembrano accorgersi appieno degli effetti devastanti che ha avuto la globalizzazione dei mercati su molte economie locali, deprivandole della loro elementare autosufficienza […]
Il caso che piu’ chiaramente dimostra le nostre colpe e’ l’odierno Congo, che si afferma ancora una volta come il «cuore di tenebra» d’Africa […]
Gia’ nel 2001, un’inchiesta delle Nazioni Unite sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali congolesi aveva appurato che il conflitto in atto nel paese riguarda soprattutto l’accesso, il controllo e il commercio di cinque risorse minerarie fondamentali: coltan, diamanti, rame, cobalto e oro.
Dietro la facciata della guerra etnica, scorgiamo cosi’ i meccanismi del capitalismo globale.
Il Congo non esiste piu’ come Stato unitario; e’ una molteplicita’ di territori governati da signori della guerra locali che controllano la loro striscia di terra servendosi di eserciti che, di consueto, annoverano bambini drogati.
Ognuno dei signorotti fa affari con un’impresa o una compagnia straniera, che sfrutta il piu’ possibile le ricchezze minerarie della regione. Ironia della sorte, buona parte dei minerali viene usata per costruire prodotti ad alta tecnologia, come computer portatili e cellulari.
Dunque scordatevi che si tratti di condotte selvagge da parte degli indigeni: togliete dall’equazione le industrie straniere high-tech e tutta la narrazione a base di guerre etniche fomentate da antiche passioni va in pezzi.
E’ da qui che dobbiamo cominciare se vogliamo davvero contribuire a interrompere il flusso di rifugiati che proviene dai paesi dell’Africa.
La prima cosa e’ tener presente che la maggior parte dei rifugiati proviene da «Stati falliti», Stati in cui ogni autorita’ pubblica e’ quasi del tutto destituita, per lo meno in ampie zone dei paesi in questione (Siria, Libano, Iraq, Libia, Somalia, Congo e cosi’ via). In tutti questi casi, la disintegrazione del potere statale non e’ un fenomeno puramente locale ma il risultato di decisioni economiche e politiche internazionali; in alcuni, come in Libia e in Iraq, e’ persino il diretto risultato di interventi occidentali.
Il nuovo fenomeno degli «Stati falliti» fra la fine del ventesimo e l’inzio del ventunesimo secolo non e’ – chiaramente – un involontario e sfortunato accidente; e’ piuttosto uno dei modi in cui le grandi potenze praticano il colonialismo economico.

Info:
https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-modena-e-reggio-emilia/semiotica-dei-media/libro-zizek-riassunto-veloce-la-nuova-lotta-di-classe/8305531

Geoeconomia/Massolo

Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia – Giampiero Massolo & Francesco Bechis – Solferino (2024)


Chi sono i guastafeste?
Leader che non si riconoscono nell’ordine internazionale, non s’illudono – come Xi – di guidarne prima o poi uno alternativo, anzi trovano conveniente cavalcare l’instabilita’ per contare.
In un ordine bipolare avrebbero poco spazio. Nel mondo frammentato di oggi, prosperano.
Alcuni – come Putin, gli ayatollah iraniani, il nordcoreano Kim Jong-un – la destabilizzazione la fomentano attivamente. Per altri – il turco Erdogan, i sauditi, le monarchie del Golfo – l’incertezza internazionale e’ un dato del paesaggio, che consente loro di giocare con disinvoltura le proprie carte.
Li accomunano la razionalità e la sintesi lucida degli interessi in gioco che motivano le loro decisioni.
A volte sbagliano i calcoli, ma non agiscono d’istinto […]
I guastafeste hanno oggi un’occasione, piu’ di ieri.
Mentre svanisce del tutto l’illusione di un ordine unipolare a guida americana, cosi’ come si allontana l’idea di un mondo bipolare dominato dalla sola competizione tra Cina e Stati Uniti, si rafforza invece una tendenza opposta. La tendenza al pulviscolo, alla frammentazione, esacerbata dalla pandemia, dalla deglobalizzazione imposta dal virus, cosi’ come dalla guerra in Ucraina che rende piu’ cruento e ideologico lo scontro tra democrazie occidentali e autocrazie revisioniste.
E’ in questo contesto che i guastafeste prendono coraggio e decidono di sfidare l’ordine costituito. Come Putin, il 24 febbraio 2022. O come l’Iran e Hamas, il 7 ottobre 2023.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/realpolitik-di-giampiero-massolo-e-francesco-bechis/
https://www.agi.it/estero/news/2024-05-30/libri-realpolitik-massolo-attrezzarsi-per-un-mondo-anarchico-26583006/

https://www.ilmessaggero.it/libri/realpolitik_il_libro_che_mette_ordine_al_disordine_mondiale-8109413.html
https://formiche.net/2024/06/recensione-di-realpolitik-massolo-bechis/#content
https://blog.ilgiornale.it/franza/2024/06/15/realpolitik-il-disordine-mondiale-e-le-minacce-per-litalia-il-libro-dellambasciatore-massolo-e-del-giornalista-bechis/

Europa/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


A meta’ degli anni Settanta si erano accumulate nei principali centri finanziari enormi quantita’ di capitale monetario, anche provenienti dagli Stati petroliferi, per i quali c’erano sempre meno opportunita’ di investimento redditizio a fronte della recessione globale.
Una strategia per investire questo capitale in modo sicuro e redditizio fu quella di offrire prestiti ai Paesi del Sud globale per il loro “sviluppo”.
Banchieri, economisti e consulenti politici occidentali sono accorsi in tutto il mondo per vendere ai governi delle ex colonie grandi progetti infrastrutturali finanziati con prestiti provenienti dal Nord e realizzati da aziende del Nord.
Di conseguenza, i Paesi del Sud globale si indebitarono enormemente per raggiungere uno “sviluppo” che, nella maggior parte dei casi, si rivelo’ essere una chimera.
Dal 1970 al 2000 il debito dei sessanta Paesi piu’ poveri e’ passato da 25 miliardi a 523 miliardi di dollari.
Molti dei debitori erano dittature sostenute o che erano state portate al potere dall’Occidente (Indonesia, Filippine, Brasile, Uganda, Congo o Haiti), che non dovevano praticamente rendere conto dell’uso del denaro, facendone sparire gran parte in conti svizzeri […]
Attraverso il flusso continuo di interessi che va dal Sud al Nord, i Paesi piu’ poveri del pianeta hanno sovvenzionato l’accumulazione di capitale, soprattutto nei centri finanziari di New York e Londra.
L’indebitamento del Sud del mondo, tuttavia, non costituiva – e ancora oggi lo e’ – solo un buon affare, ma e’ anche un mezzo di controllo politico: chi si indebita diventa ricattabile.
Gli “sporchi” interventi militari o paramilitari hanno potuto cosi’ essere sostituiti dalla “pulita” coercizione dell’economia.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/