Lavoro/Somma

Alessandro Somma – Abolire il lavoro povero – Laterza (2024)

Da un lato il dovere di lavorare, dall’altro il diritto alla sicurezza sociale: si potrebbero sintetizzare cosi’ i termini del patto di cittadinanza cui rinvia la Costituzione italiana, che aggiunge pero’ alcune condizioni destinate a renderlo un veicolo di emancipazione. Due di queste attengono alla sfera individuale e concernono il rispetto della libera scelta dei lavoratori circa il modo di assolvere al dovere di lavorare, quindi la garanzia di una retribuzione sufficiente a condurre una vita dignitosa quale contropartita per il suo adempimento.
Altre condizioni riguardano la relazione tra capitale e lavoro e in ultima analisi l’equilibrio tra mercato e democrazia. Il dovere di lavorare si giustifica invero solo se i lavoratori prendono parte alla definizione dell’indirizzo politico generale, ovvero se sono loro assicurate forme di partecipazione democratica ulteriori rispetto a quelle contemplate dalla rappresentanza politica suffragistica: in particolare la rappresentanza di interessi attraverso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e il ricorso allo sciopero politico.
Il dovere di lavorare deve poi costituire la contropartita per un impegno dello Stato a promuovere attivamente la piena e buona occupazione, e in tal senso a rendere effettivo il diritto al lavoro. Cio’ richiede innanzi tutto di adottare le misure contemplate dal cosiddetto compromesso keynesiano, ovvero incisive politiche redistributive e robusti investimenti pubblici. Richiede poi programmazione e al limite pianificazione economica, oltre che iniziative destinate a creare e conservare posti di lavoro.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/

Societa’/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

Non piu’ data per scontata, l’idea che la pianificazione pubblica sia di gran lunga inferiore alla competizione dei mercati incontra ormai una seria resistenza. Rispondendo al cambiamento climatico e alla pandemia di Covid-19, cosi’ come alle crescenti disuguaglianze di classe e alla dilagante ingiustizia razziale, i nuovi socialdemocratici si uniscono ai populisti e ai socialisti democratici nel tentativo di riabilitare il potere pubblico.
Alcuni, limitandosi al piano nazionale, si battono per un’azione di governo coraggiosa che protegga i cittadini dagli effetti devastanti – economici, ecologici, sociali e politici – della finanziarizzazione.
Gli attivisti dell’alter-globalizzazione e della giustizia ambientale, dal canto loro, immaginano nuovi poteri pubblici, di portata globale o transnazionale, con la forza e il raggio di azione necessari per tenere sotto controllo gli investitori e per superare le minacce transfrontaliere al benessere del pianeta.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Europa/Parsi

Vittorio Emanuele Parsi – Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale – il Mulino (2022)

Il modo in cui la troika (per due terzi) europea ha massacrato i greci per «salvarli» (?) dal fallimento in occasione della crisi dell’euro non ha di sicuro giovato: ne’ al popolo greco ne’ alla credibilita’ dell’Unione.
In quell’occasione – come in altre peraltro – la UE e’ apparsa molto piu’ incline a preoccuparsi per la salute delle banche creditrici (tedesche e francesi innanzitutto), impedendo che il tanto invocato mercato punisse con tutto il suo rigore il moral hazard dei propri manager, piuttosto che intenta ad alleviare le condizioni disperate dei debitori.
In maniera tanto irrazionale quanto scorretta e diseducativa, le istituzioni europee hanno stabilito un principio che con le regole del mercato fa letteralmente a pugni: la speculazione, tanto piu’ quando e’ consapevole e alimentata da evidenti asimmetrie informative, e’ protetta e tutelata in ambito europeo.
I banchieri e gli speculatori finanziari sanno che l’Unione non consentira’ che siano loro a pagare il prezzo delle proprie scelte azzardate oltre il lecito. Per cui, chiunque voglia prestare denaro a potenziali creditori, anche quando questi siano molto probabilmente insolventi, puo’ accomodarsi, tanto ha solo da guadagnare.
A chi osserva che «i greci sono stati puniti per aver mentito all’Unione e barato sui conti pubblici», occorre far notare che semmai sono stati alcuni politici greci a mentire, ma che le loro colpe ricadono su un intero popolo. Un popolo che non poteva sapere quello che stava succedendo e che e’ chiamato a rispondere in solido, sulla sua pelle, di quanto avvenuto ed e’ persino criminalizzato e ridicolizzato per aver «vissuto oltre i propri mezzi».
Un gruppo ristretto di manager bancari e finanziari, che aveva ben altri, piu’ sofisticati e potenti strumenti per intuire che qualcosa non quadrava nei cosiddetti «fondamentali macroeconomici» della Grecia, non ha invece pagato alcun prezzo, e vede i costi dei suoi calcoli avventati scaricati sulle spalle del popolo greco.
C’e’ poco da stupirsi se questa Unione non e’ ne’ amata ne’ stimata da un numero crescente dei suoi cittadini.
Sono episodi gravi e ripetuti come questi ad aver accentuato la percezione che, per come si e’ trasformata a partire dal Trattato di Maastricht, questa Unione rappresenti sempre piu’ «l’Europa delle banche» e sempre meno «l’Europa dei cittadini».

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-o-cambio-di-rotta-per-l-ordine-liberale-di-vittorio-emanuele-parsi/
https://it.gariwo.net/libri-and-co/libri/etica-e-democrazia/titanic-naufragio-o-cambio-di-rotta-per-lordine-liberale-24859.html
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-ordine-liberale-parsi/

Economia di mercato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

La teoria dominante sulle ragioni dell’esistenza delle societa’ di consulenza nelle economie capitalistiche e’ che assolvono a uno scopo «funzionale», consentendo ad altre organizzazioni di aumentare i loro profitti o raggiungere altri obiettivi.
Secondo questa visione, i consulenti sono esperti il cui ruolo e’ trasferire conoscenze tra le organizzazioni, utilizzare determinati approcci gestionali per aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi o fornire competenze qualificate addizionali. In altre parole, sono «esperti, risorse aggiuntive e facilitatori» che creano valore sfruttando le proprie competenze e vendendo conoscenze tecniche o manageriali.
In termini economici, il corollario sarebbe che le societa’ di consulenza esistono perche’ creano «economie di scala» in certe tipologie di conoscenze manageriali, settoriali o tecniche che altri chiamano «economie di conoscenza».
L’industria della consulenza – l’«offerta» – e’ una risposta a una «domanda» da parte di altre organizzazioni economiche, che scelgono di assumere consulenti con l’obiettivo di migliorare i processi e aumentare l’efficienza, riducendo cosi’ i propri «costi di transazione».

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html

Capitalismo/AA.VV.

AA VV – Rapporto sulle disuguaglianze nel mondo – La Nave di Teseo (2019)

La disuguaglianza nelle diverse regioni del mondo e’ molto variabile.
Nel 2016 la percentuale di reddito nazionale assorbito dal 10% dei massimi detentori di reddito del paese era il 37% in Europa, il 41% in Cina, il 46% in Russia, il 47% in Stati Uniti e Canada, e circa il 55% in Africa subsahariana, Brasile e India.
In Medio Oriente, la regione con la maggiore disuguaglianza secondo le nostre stime, il 10% dei massimi detentori di reddito del paese acquisisce il 61% del reddito nazionale.
Nei decenni recenti, la disuguaglianza dei redditi e’ aumentata in quasi tutti i paesi, ma a diverse velocita’, il che sta a indicare che le istituzioni e le scelte politiche influiscono sulla formazione della disuguaglianza.
A partire dal 1980, la disuguaglianza dei redditi e’ rapidamente aumentata in America settentrionale, Cina, India e Russia. In Europa essa e’ cresciuta con moderazione […]
La disuguaglianza economica dipende in larga parte dalla distribuzione non omogenea della proprieta’ del capitale sia pubblico sia privato.
Il nostro studio documenta come, a partire dal 1980, si siano verificati ingenti trasferimenti patrimoniali dal settore pubblico al privato in quasi tutti i paesi, siano essi ricchi o emergenti. Nonostante un incremento notevole della ricchezza nazionale, quella pubblica e’ ora in rosso o prossima allo zero nei paesi ricchi. Una situazione, questa, che riduce la capacita’ dei governi di far fronte alla disuguaglianza e che ha sicure, importanti ricadute sulla disuguaglianza economica fra gli individui.
Nei decenni trascorsi, i paesi sono diventati piu’ ricchi ma i governi sono diventati poveri. Il rapporto tra il capitale privato e il reddito nazionale consente di capire quale sia la ricchezza complessiva controllata dagli individui in un paese in rapporto al capitale controllato dallo stato. La somma del capitale privato e di quello pubblico corrisponde alla ricchezza nazionale. Il rapporto tra capitale privato e capitale pubblico e’ una determinante cruciale del livello di disuguaglianza.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/18217-nicolo-bellanca-l-ideologia-del-capitalismo-ideologico-sull-ultimo-libro-di-piketty.html

Finanziarizzazione/Marcon

Giulio Marcon – Se la classe inferiore sapesse. Ricchi e ricchezze in Italia – People (2023)

«La classe dirigente che ha fatto l’Italia era una classe dirigente che viveva molto del prestigio locale. Aveva rapporti con le casse di risparmio locali, con i dirigenti dell’economia della comunita’, o la chiesa, la politica locale […]
Questo da’ il senso che sei classe dirigente e che ti legittimi nella comunita’ locale di riferimento.
Oggi tutto questo non c’e’ piu’. In un’epoca in cui si fa impresa facendo produrre gli abiti in Cina, si usano gli ingegneri dell’India (in India) per la gestione di un centro di calcolo e si fa gestire il proprio portafoglio finanziario da una societa’ di Londra, i Marzotto e gli Olivetti non sarebbero piu’ possibili».
I ricchi globali, senza rapporto con il territorio e la societa’, si sentono in qualche modo deresponsabilizzati […]
La seconda novita’ e’ che la finanza ha sopravanzato l’economia reale. Si diventa sempre di piu’ ricchi con la finanza che, giorno dopo giorno, ha invaso anche il territorio dell’impresa tradizionale. La finanza è globalizzazione in se’ […]
«Non c’e’ piu’ lavoro, non c’e’ piu’ industria, c’e’ solo finanza. Anche dove c’e’, i manager, i presidenti, i membri dei Consigli di amministrazione badano a portare a casa utili e non a creare posti di occupazione.
E’ molto piu’ facile fare soldi con la finanza che con un’azienda dove, su 100 milioni di fatturato, maturo 5, al massimo 10 di utile: con la finanza, se ne metto 100 in Borsa, ne porto a casa 6-7 senza battere ciglio, senza fare niente […]
La terza trasformazione – la distruzione dei valori pubblici, della collettivita’ – e’ stata causata dal modello neoliberista impostosi nelle nostre societa’ dagli anni Ottanta a oggi.
Con la riduzione del ruolo dello Stato, la svalorizzazione del lavoro (precario e senza diritti) e la privatizzazione di tutto quello che puo’ essere privatizzato, il modello neoliberista ha distrutto l’idea di pubblico, di bene comune, di istituzione, di fiscalita’, di collettivita’ in nome di un’ideologia che ha declinato nel modo piu’ efficace l’assunto di Margaret Thatcher: «Non esiste la societa’, esistono gli individui», con i loro interessi e i loro egoismi […]
Accanto a queste trasformazioni di carattere strutturale (globalizzazione e finanziarizzazione della ricchezza, distruzione dei beni pubblici), vi sono altre cause di cui tener conto e che hanno colpito in pieno anche la classe imprenditoriale: la degenerazione dell’etica, dello spirito civile e della politica come bene comune; la decadenza dell’istruzione e della formazione; l’imbarbarimento della comunicazione pubblica, prima con la tv e oggi – ancora peggio – con il web e i social; la mutazione antropologica delle societa’ del consumo (da economia di mercato a societa’ di mercato), in cui “cittadino” e’ diventato sinonimo di consumatore e “persona” sinonimo di cliente, nel trionfo di un narcisismo di massa, che da malattia individuale e’ diventata patologia sociale […]
L’eredita’ e’ sempre di piu’ la motivazione principale non solo dell’accumulazione e della conservazione della ricchezza, ma anche della crescita delle diseguaglianze. Il rendimento del capitale accumulato (ed ereditato) sale a un tasso sensibilmente superiore a quello della bassissima crescita degli ultimi decenni […]
Il che significa che chi ha ingenti patrimoni vedra’ crescere la propria ricchezza molto di piu’ non solo di chi ha unicamente redditi (che difficilmente crescono oltre il tasso di crescita dell’economia), ma anche di quella diffusa classe media proprietaria che possiede solo la casa (spesso, di modesto valore) in cui vive.
Questo implica una «gravissima diseguaglianza nella distribuzione a lungo termine…

Info:
https://altreconomia.it/se-la-classe-inferiore-sapesse-chi-sono-i-ricchi-e-perche-continuano-a-essere-ammirati/
https://www.lafionda.org/2024/01/09/se-la-classe-inferiore-sapesse/
https://www.ossigeno.net/post/se-la-classe-inferiore-sapesse
https://altreconomia.it/perche-sappiamo-cosi-poco-dei-ricchi/

Lavoro/Dardot

Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Meltemi (2023)

Se l’indebolimento dei sindacati e’ stato storicamente il primo atto dell’offensiva neoliberale sul fronte del lavoro, la sua efficacia e la sua portata non possono essere colte senza tenere conto di quella che, a partire dagli anni Novanta, ne e’ stata una dimensione altrettanto centrale, ossia l’introduzione di un nuovo tipo di management, interamente basato sul requisito della prestazione economica e sulla messa in concorrenza degli individui tra loro, come se non fosse stato sufficiente indebolire le organizzazioni dei lavoratori, ma fosse bensi’ necessario andare oltre, smantellando la struttura collettiva del lavoro […]
Mentre nel modello tayloriano l’organizzazione scientifica del lavoro esigeva che i lavoratori applicassero il piu’ scrupolosamente possibile le regole prescritte dai dirigenti, il neomanagement si basa su un appello all’intelligenza, alla creativita’, all’autonomia e alla responsabilita’. Questo non significa che sia necessario prendere alla lettera le promesse di “realizzazione di se’”, visto che i nuovi metodi restano sottomessi alle sole esigenze del profitto.
Meglio ancora: se il neomanagement puo’ essere a buon diritto definito “post-taylorista” o “post-fordista”, e’ perche’ questa mobilitazione soggettiva, proprio come l’ossessione per le prestazioni quantificate e la competizione tra individui dalla quale si rivela essere inseparabile, fa parte di una mutazione economica molto piu’ ampia, che coinvolge le trasformazioni dei processi produttivi, la globalizzazione dei mercati e la finanziarizzazione dell’economia.
Nel quadro della “nuova divisione cognitiva del lavoro” su scala internazionale, l’innovazione tecnologica e la proprieta’ intellettuale sono i motori piu’ importanti della redditivita’ nelle economie piu’ sviluppate.
Allo stesso tempo, pero’, la pressione degli azionisti ha imposto una “governance dei numeri” che mira a misurare la performance economica di un’azienda in tempo reale, al fine di soddisfare le esigenze di redditivita’ degli azionisti.
Questo insieme di fattori ha dato origine alla nuova funzione dei manager, che consiste nel garantire che gli imperativi del “capitale” siano soddisfatti da coloro che lavorano sul campo, richiedendo loro di identificarsi pienamente con gli interessi dell’azienda […]
In linea con l’attacco ai sindacati, l’obiettivo di questa mutazione manageriale e’ quello di distruggere i sistemi di solidarieta’ (cooperazione, fiducia, ecc.) e costringere gli individui ad adattarsi a un ambiente instabile, in cui si tratta di prevalere sugli altri e di sottomettersi in tal modo a una sorta di divenire-guerriero.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Geoeconomia/Armao

Fabio Armao – Capitalismo di sangue – Laterza (2024)

Ci sono almeno altri due fattori materiali che sembrano rafforzare l’idea qui sostenuta che la guerra di Putin, contrariamente a quanto si legge e si ascolta troppo spesso sui media, non rappresenta il fallimento della globalizzazione bensi’ e’ la dimostrazione della sua incapacita’ di arrestarsi, del fatto che la sua corsa e’ finita fuori controllo.
Il primo e’ la diversa conformazione che assume oggi l’economia di guerra rispetto ai tempi delle due guerre mondiali. Allora, si era resa necessaria un’attenta pianificazione da parte dei paesi belligeranti: una completa riconversione degli apparati industriali, la gestione centralizzata delle risorse, il ricorso al debito pubblico per finanziare le spese. Oggi, innanzitutto, il mercato sembra del tutto capace di soddisfare le crescenti domande dei contendenti senza, al momento, alterare in maniera evidente i flussi produttivi dei normali beni di consumo: la fornitura di mezzi di distruzione di massa della piu’ varia natura non sembra interferire con quella di auto, computer o cellulari per uso civile […]
Sul piano finanziario gli Stati Uniti e i paesi europei si stanno dimostrando capaci di elargire miliardi di dollari e di euro di «aiuti» all’Ucraina sotto forma di armamenti delle proprie aziende e di prestiti finanziati sui mercati finanziari, senza ancora fare ricorso a misure straordinarie (il problema sara’ il debito che ricadra’ sulle prossime generazioni di ucraini). Mentre Putin, dal canto suo, sembra per il momento ancora in grado di far fronte alle spese belliche attingendo agli extraprofitti garantiti dalle esportazioni di gas e petrolio.
Un secondo fattore materiale e’ rappresentato dalle forze in campo. E’ interessante osservare che in questa nuova guerra globale di inizio millennio anche le masse giocano un ruolo alquanto diverso rispetto alle due guerre mondiali. L’Ucraina aggredita, certo, ha dovuto ricorrere alla coscrizione; come, alla fine, lo stesso Putin, con molta piu’ cautela e con non poche difficolta’ create dalla renitenza alla leva di molti giovani. Ma, non diversamente da quanto accade da decenni nei conflitti delle periferie del mondo, sui campi di battaglia vengono schierati anche molteplici gruppi non statali: mercenari, milizie a base etnica, brigate internazionali.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf

Societa’/Gagliano

Giuseppe Gagliano – Deception: Saggio sulla disinformazione e propaganda nelle moderne società di massa – Fuoco ed. (2015)

Mentre in campo pubblicitario il cliente si rivolge a un’agenzia specializzata, la disinformazione si serve di agenti definiti generalmente “di influenza”.
Per entrambi l’obiettivo da raggiungere e’ il pubblico: ogni lancio di prodotto o disinformazione deve essere preceduto da uno studio di mercato che porta alla scelta del supporto adeguato. In pubblicita’ tale supporto e’ generalmente di carattere aneddotico o volto a colpire, stupire e sedurre piuttosto che persuadere il pubblico, in quanto quest’ultimo non si lascia ingannare da quello che legge o vede. Al contrario, nell’ambito della disinformazione e’ necessario non solo persuadere il pubblico ma anche indurlo a credere.
I supporti sono quindi vicende vere o presunte il cui utilizzo in un determinato contesto le trasforma in fattori di un’operazione di disinformazione. In un’azione pubblicitaria, gli elementi di trasmissione sono semplicemente gli strumenti utilizzati: parole e immagini trasmesse nella stampa, dalla televisione, da internet. Se in questo campo un elemento di trasmissione e’ sufficiente, nella disinformazione ne sono necessari piu’ di uno, altrimenti si cadrebbe nella propaganda.
Mentre la pubblicita’ comunica il proprio tema limitandosi alla ripetizione di slogan e immagini, la disinformazione invece puo’ agire in piu’ modi: non diffondendo un’informazione; diffondendo un’informazione incompleta, tendenziosa o chiaramente falsa; saturando l’attenzione del pubblico con un sovraccarico di informazioni che lo distraggono da cio’ che e’ importante e da quello che non lo e’ attraverso commenti di orientamento ideologico, espressi in un linguaggio accessibile al pubblico.

Info:
https://www.scuolafilosofica.com/3800/deception-disinformazione-e-propaganda-nelle-moderne-societa-di-massa-gagliano-g
https://it.everand.com/book/236251500/Deception

Economia di mercato/Keen

Steve Keen – L’economia nuova. Moneta, ambiente, complessita’.Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Meltemi (2023)

E’ il debito privato, non il debito pubblico, la causa scatenante delle crisi economiche.
E’ il credito, e non certo il disavanzo pubblico, a rendersi pericoloso quando e’ troppo ampio rispetto al PIL.
E’ la crescita del debito privato, non la crescita del debito pubblico, il miglior indicatore che una crisi economica si sta avvicinando.
Ed e’ il debito privato, e non il debito pubblico, che puo’ deprimere l’attivita’ economica quando e’ troppo alto.
Queste intuizioni indicano che il livello del debito privato e del credito sono indicatori economici tanto importanti quanto il tasso di disoccupazione o il tasso d’inflazione, se non di piu’. Dovrebbero essere tenuti sotto attento scrutinio e la politica economica dovrebbe essere orientata a mantenerli a un livello relativamente basso.
Resta da decidere che fare, dunque, della teoria economica neoclassica, una teoria che, non solo ignorando il ruolo del debito privato ma anche sostenendo con vigore il ruolo del finanziamento delle imprese attraverso il debito e non attraverso il conto capitale, ha contribuito a che il livello odierno del debito privato triplicasse rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/